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FUNZIONI E STRUTTURA DELL’INDUSTRIA DEL RATING

2.5 L’ORGANIZZAZIONE DEL SETTORE

Nel procedere ora ad analizzare la struttura del settore relativo alle agenzie di rating, ci si concentra sulla struttura di mercato in merito alle loro prestazioni e i comportamenti delle imprese del segmento con il fine ultimo di realizzare un impianto conoscitivo, che permetta di organizzare le osservazioni iniziali e suscitare nuove questioni per analisi successive.

Le agenzie di rating, che si presentano come uno strumento attraverso il quale i prestatori di risorse trovano supporto nel “dissolvere l’opacità che circonda le relazioni del prestito” (White, 2001, 4), hanno una presenza sostanziale in tutto il mondo. Infatti, Moody’s e S&P’s offrono una copertura di rating espandendosi in tutta Europa. Tuttavia la prima agenzia è più radicata nel continente asiatico di quanto non lo sia S&P’s, che invece offre ampio servizio nelle zone dell’America Latina.

Oltre alle tre maggiori agenzie di rating, che assumono una posizione oligopolistica sul mercato globale, come precedentemente citato, non esiste un numero elevato di agenzie di rating sul mercato finanziario. Le agenzie di rating minori non riconducibili alle tre imprese a livello globale, che possono essere prontamente identificate, sono poco più di trentacinque e sono attive su un territorio esterno all’ambito americano, sparse in tutto il mondo. Nei paesi asiatici come India, Giappone e Corea se ne possono individuare tre mentre solamente due sono riconducibili in zone come Cile, Cina, Pakistan e Svezia. La scarsa quantità di questi soggetti fuori del territorio USA può essere spiegata dal fatto che i mercati obbligazionari di questi paesi probabilmente non sono

così sviluppati come quello americano, motivo per cui le agenzie assumono una minore rilevanza nel supportare una corretta allocazione informativa nei diversi ambiti obbligazionari.

La presenza di sole poche grandi agenzie di rating nel contesto internazionale trova, inoltre, un’altra ragione nella regolamentazione. Proprio la riforma normativa del 1975 attraverso l’introduzione delle NRSROs, “Nationally

Recognized Statistical Rating Organizations”, s’introducono barriere all’ingresso

del segmento di mercato relativo all’attività di rating, precludendone l’accesso a tutte le entità non riconosciute come tali. Tuttavia questo va a spiegare in parte come l’industria del rating si sia adattata a seguito delle nuove norme imposte a seguito della riforma ma non spiega la così forte concentrazione tra i partecipanti all’attività di rating in precedenza al 1975.

Tale fenomeno invece può trovare spiegazione in via alternativa anche sulla base delle economie di scala8 e sulla reputazione. Proprio quest’ultima, infatti, viene a costituirsi dall’ampia esperienza formatasi su un gran campione di emissioni obbligazionarie. I prestatori potrebbero preferire di gran lunga pochi giudizi e agenzie standardizzate, così che gli obbligazionisti possano più prontamente realizzare dei confronti sulle valutazioni relative a strumenti di debito e sugli emittenti stessi, basati su un giudizio degli esaminatori relativo al giudizio della probabilità di default.

Per quanto concerne invece gli attori nell’industria del rating nei loro comportamenti, si pone l’attenzione sulle decisioni legate all’attribuzione delle commissioni per l’erogazione del servizio.

Fino ai primi anni ’70 le più grandi agenzie guadagnavano la maggior parte delle loro entrate dalla vendita delle loro pubblicazioni e del materiale correlato. Era dunque loro consuetudine far pagare gli investitori obbligazionisti per le informazioni fornite dalle loro opinioni. Questo comportamento veniva ricondotto al meccanismo retributivo originario delle agenzie di rating, definito “investors

pay model”, per cui gli investitori corrispondevano le commissioni applicate in

risposta del servizio informativo richiesto (White, 2001).

Tuttavia nel corso degli anni ‘70 il cambiamento si registrò a fronte di Moody’s e

8 Le economie di scala sono sistemi economici per cui si consegue una riduzione dei costi medi di produzione di un

Fitch, giacché iniziarono a sottoporre i costi della loro attività alle stesse imprese emittenti di titoli di debito, e pochi anni dopo anche S&P’s si adattò a questa nuova prassi. L’avvento del nuovo meccanismo di attribuzione delle commissioni “issuers pay model”, per cui il costo del servizio valutativo è ancora oggi addebitato all’emittente, viene ad consolidarsi anche a seguito di nuove tecnologie che hanno permesso una facile circolazione delle informazioni. La fruibilità di queste indicazioni andavano così a costituire grosse difficoltà nel prevenire comportamenti opportunistici, nella pubblicazione delle informazioni riguardanti gli stessi emittenti (Ferri, Lacitignola, 2009).

Inoltre, alla base di questo cambiamento, oltre che proteggersi da comportamenti di “free-riding”9

, i prenditori nutrivano anche l’intento di fornire

maggiori rassicurazioni in capo agli investitori in merito alla qualità delle loro emissioni. Il meccanismo dell’“issuers pay model” cercava dunque grazie le valutazioni espresse nei rating di fornire l’alimentazione e il sostegno alle reputazioni delle imprese richiedenti finanziamento e facilitare così il collocamento dei loro strumenti sul mercato obbligazionario.

Per di più la struttura delle commissioni addebitate sono divenute anche un’indicazione relativa ai guadagni e alle prestazioni delle agenzie di rating; quest’ultime oggetto di numerosi casi di conflitto di interesse sulla base della loro attuale struttura.

Dietro al dibattito sul potere di mercato delle agenzie di rating, si cela sempre la questione se le indicazioni offerte da questi soggetti siano realmente in grado apportare informazioni aggiuntive al mercato obbligazionario. Si sa per certo che il rating è fortemente correlato con i tassi medi di default, ma questo effetto di per sé non è un indicatore del fatto che il rating sia in grado di fornire informazioni aggiuntive utili al mercato. Tuttavia studi empirici hanno evidenziato che i cambiamenti di rating forniscono informazioni aggiuntive al mercato finanziario. La parte più consistente della letteratura conviene con il risultato, infatti, che gli effetti dei cambiamenti del rating nel breve termine detengono un impatto dal punto di vista informativo, soprattutto sul versante delle azioni di revisioni di declassamento. Già Hands nel 1992 e poi Gho e

9

I comportamenti di “free riding” aprono la problematica relativa ai comportamenti legati ad individui che si trovano a beneficiare di un bene (o di un servizio) senza sopportare alcun onere per il suo godimento. Solitamente alla problematica dei comportamenti di “free riding” si rimanda alle forme opportunistiche approfondite nel precedente capitolo.

Ederington nel 1993 trovano evidenze di una sottoprestazione sul versante dei rendimenti azionari del mercato americano nel giorno dell’annuncio del downgrading e nelle due settimane successive ad esso (Calderoni, Colla, Gatti, 2009).