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FUNZIONI E STRUTTURA DELL’INDUSTRIA DEL RATING

ASSEGNAZIONE DEL RATING E PROBLEMATICHE OPERATIVE

3.5 LE PROBLEMATICITA’ LEGATE AL PROCESSO D’ASSEGNAZIONE

3.5.3 GLI “UNSOLICITED RATING”

Un’altra problematica relativa all’attribuzione del rating, che suscita non poche polemiche, riguarda gli “unsolicited rating”. Questa tipologia si distingue per non essere richiesta, né pagata dagli emittenti. Tuttavia gli “unsolicited

rating” sono assegnati quando esiste una base sufficiente d’informazioni

pubbliche a supporto delle analisi relative al giudizio e all’attribuzione, giacché non essendo richiesti le agenzie non dispongono di informazioni confidenziali dall’impresa. Inoltre, si ritiene che questi rating possano essere distorti ed

eccessivamente conservatori, proprio perché gli analisti delle agenzie non dispongono dei dati interni degli emittenti (Ferri, Lacitignola, 2009). Pertanto questi strumenti fanno dubitare sulla loro effettiva capacità di favorire l’efficienza sul mercato dal punto di vista informativo.

Questa classe di rating “non richiesti” viene temuta dagli emittenti perché tali valutazioni solitamente vanno a rappresentare il rischio di credito dell’emittente attraverso una luce peggiore di quella in cui effettivamente il soggetto si trova, con la semplice giustificazione da parte delle agenzie di riflettere esclusivamente le informazioni pubbliche sul mercato. Gli “unsolicited rating” tendono a essere pertanto più bassi delle valutazioni richieste dagli stessi emittenti. Infatti, alcune ricerche empiriche, come quelle condotte da Poon nel 2003 e da Poon e Firth nel 2004 hanno messo in evidenza che i rating non richiesti, emessi in particolare da S&P’s e Fitch, sono più bassi dei “solicited

rating”. Nell’esaminare i rating richiesti e non, assegnati da Fitch alle banche

asiatiche, anche Roy nel 2005 asserisce che gli “unsolicited” sono inferiori rispetto ai “solicited” proprio perché le valutazioni non richieste sono basate esclusivamente sulle informazioni pubblicamente disponibili piuttosto che contemplare informazioni discrezionali e private, fruibili dalle agenzie solo attraverso un processo su richiesta (Fairchild, Flaherty, Shin, 2009).

La mancanza di una richiesta, da parte dell’emittente nell’attribuzione di un giudizio di rating, porta però al sorgere di un sospetto relativo alla presenza di probabili conflitti di interesse. Infatti, le agenzie sono solite servirsi di questi rating come “minaccia” di modo da indurre gli emittenti a richiedere ufficialmente la valutazione di rating per ottenerne di migliori, costringendoli a pagare per tale servizio. Infatti, Byoun e Shin, mettendo a confronto queste due tipologie di rating limitatamente alla realtà di S&P’s, evidenziano nello studio intrapreso nel 2002 che circa più del 40% delle imprese oggetto di “unsolicited

rating” rientrano nella dimensione di speculative grade, rispetto invece alle

imprese oggetto di valutazioni espressamente richieste che in tale categoria vi rientrano solo con meno del 5% (Fairchild, Flaherty, Shin, 2009). La questione, per di più, ha una certa rilevanza se si tiene conto che il rating nei mercati finanziari influisce sul costo del denaro di terzi. Gli emittenti temono, dunque, di venir svantaggiati dalle valutazioni non richieste, così da preferire la cooperazione con le agenzie. Gli emittenti che scelgono di non favorire di

questo servizio di rating hanno generalmente un profilo finanziario più debole (Poon, 2003). Questo comportamento fa sì che gli “unsolicited rating” possano in realtà costituire per le agenzie un mezzo per creare nuovi business con gli emittenti sottoposti a tale prassi.

Questa tipologia di rating è utilizzata dalle agenzie, inoltre, come strumento attraverso cui espandere le proprie quote di mercato, poiché con gli “unsolicited

rating” forniti agli investitori, questi soggetti cercano di ricavare un vantaggio

competitivo rispetto alle concorrenti, che non forniscono questo servizio. Nello specifico le piccole agenzie di rating si servono di questo particolare strumento per costruire la loro reputazione, poiché non molti emittenti sono inizialmente disposti a pagare per rating offerti da questi soggetti.

In risposta alle indagini per l’emissione di questi rating indebiti, le principali agenzie giustificano questi comportamenti come un impegno alla diminuzione delle asimmetrie informative nei confronti degli investitori. Le agenzie di rating sostengono, infatti, di svolgere un servizio non solo in favore degli emittenti ma anche degli investitori e si trovano a giudicare emittenti ed emissioni gratuitamente ogniqualvolta ci sia un interesse sufficiente a loro riguardo (Poon, 2003). La prospettiva delle agenzie è pertanto quella di emettere tali giudizi con l’intento di contenere l’incertezza in certe situazioni al fine di garantire una maggiore informazione ai partecipanti del mercato. Proprio a tal riguardo gli “unsolicited rating” sono soliti a comparire nei contesti in cui gli investitori nutrono una percezione distorta del rischio di credito.

Per di più le agenzie di rating, il cui obiettivo rientra nell’irrompere nelle scene di nuovi mercati, sono motivate a intraprendere tali pratiche sentendosi persino giustificate a farlo. S&P’s, ad esempio, ha tentato di addentrarsi sul mercato nipponico recentemente, emettendo aggressivamente più di 150 “unsolicited

credit rating” di lungo termine nei confronti di emittenti giapponesi a partire

dagli inizi del 2000 (Poon, 2003). La questione dei rating non richiesti rappresenta un pericolo reale, pertanto sarebbe corretto prevenire il fenomeno attraverso potenziali comportamenti anticompetitivi dei leader del mercato rispetto alle agenzie di più piccola reputazione.

Tuttavia un eventuale divieto agli “unsolicited rating” erigerebbe una barriera all’entrata poiché tale prassi è ampiamente utilizzata come meccanismo di accesso da parte dei nuovi entranti nel segmento del rating. Più trasparenza e

qualità nel controllo potrebbero invece contenere questi comportamenti senza porre ostacoli per chi volesse entrare nel mercato, senza sconvolgere le pratiche di questo business model.