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C ORNIFICIO G ALLO

Nel documento Frammenti poetici da Augusto a Domiziano (pagine 107-110)

I POETI IN FRAMMENTI DELLA PRIMA GENERAZIONE AUGUSTEA

C ORNIFICIO G ALLO

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CORNIFICIO GALLO

In aggiunte tarde alle Vite e in alcuni scoli virgiliani, compare il nome dell’obtrectator Cornificio, qui contra Vergilium conatus est scribere1. La tradizione più antica, al contrario, annovera

Cornificio fra gli amici del Mantovano e suggerisce di identificarlo con il Codrus della settima ecloga (Codrum plerique Vergilium accipiunt, alii Cornificium…de quo bene sentit)2. Questi esegeti alludono

verosimilmente a un personaggio diverso dall’obtrectator e forse identificabile con Quinto Cornificio3, poeta neoterico della cerchia catulliana.

Si è ipotizzato che i commentatori successivi, dando per certa l'identificazione fra Cornificio e Codro, possibile ma in realtà difficilmente dimostrabile, abbiano isolato il v. 26 della settima ecloga (rumpantur ut ilia Codro) e, sulla base di quest'unico elemento, abbiano pensato che Cornificio andasse annoverato, insieme a Bavio e Mevio, fra gli obtrectatores Vergilii. L'intera notizia si fonda dunque presumibilmente su un fraintendimento ed è probabile che non sia mai davvero esistito un obtrectator con questo nome4.

Anche il cognome Gallus, attestato in alcune delle testimonianze tarde, è probabilmente dovuto soltanto alla confusione con il celebre Cornelio Gallo5 .

Non si può considerare dirimente neppure il presunto frammento di Cornificio riportato dal tardo grammatico Cledonio, con il quale l'autore avrebbe criticato l'anomalo impiego virgiliano di hordeum al plurale6. Il medesimo verso, d'altronde, è considerato da Servio Danielino7 addirittura il

frutto di un attacco congiunto dei più celebri obtrectatores Bavio e Mevio8. Il frammento circolava

probabilmente in forma anonima e non è difficile ipotizzare che i grammatici potessero attribuirlo ora all'uno ora all'altro obtrectator, a seconda degli scoli a loro disposizione.

Testimonianze

1

Schol. Bern. ad Verg. ecl. 2, 39 (dixit Damoetas, invidit stultus Amyntas):

1 Vd. test. 1, 2 e 5, anche se numerose sono le altre attestazioni: ad es. Schol. Bern. ad Verg. ecl. 3, 102; 5, 8 e 15; 7, 16, 18, 44, 51, 57, 65, 69 ecc. Su Cornificio si vedano in particolare PIR2 C 1230; WISSOWA 1901, pp. 1628-1631; GÖRLER 1987, pp. 808- 809; COURTNEY 1993, p. 285.

2 Vd. test. 3-4. Nel caso del test. 3, in cui tuttavia la tradizione oscilla tra Cornificius e Cornutus, è presupposta l'amicizia con Virgilio (cfr. GÖRLER 1987, p. 808), che avrebbe svelato a Cornificio l'indovinello dei vv. 104-105 (Dic, quibus in terris, et eris

mihi magnus Apollo, / tris pateat caeli spatium non amplius ulnas), da ricondursi a un certo Celio, evocato dal termine caelum,

un mantovano noto come dissipatore dei suoi beni, che aveva risparmiato soltanto la porzione di terra necessaria alla sua sepoltura (cfr.CUCCHIARELLI 2012,pp. 234-235).

3 Sul neoterico Quinto Cornificio vedi HOLLIS 2007, pp. 149 sgg. Per la possibile identificazione con il Codro menzionato da Virgilio e Valgio, vd. Valgio Rufo, fr. 2.

4 WISSOWA 1901, p. 1628.

5 Ivi, p. 1629; COURTNEY 1993, p. 285. Non attendibile è con buona probabilità anche la notizia riportata da Schol. Bern. ad

Verg. ecl. 7, 51 e 65, secondo cui Cornificio sarebbe stato un sostenitore di Marco Antonio: gli scoliasti avrebbero derivato

verosimilmente questa informazione dalla biografia dell’obtrectator Anser, cfr. GÖRLER 1987, p.808. 6 Vd. fr. 1. Sull’uso virgiliano di hordea si veda LA PENNA 1981, pp. 215-216.

7 Serv. Dan. ad Verg. georg. 1, 210. 8 Vd. Bavio e Mevio.

CORNIFICIO GALLO

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Allegorice Cornificium dicit, qui contra Vergilium conatus est scribere.

2

Schol. Bern. ad Verg. ecl. 7, 69 (Haec memini, et victum frustra contendere Thyrsin):

Thyrsin aut Macrum poetam dicit, ut praedictum est, aut Cornificium a se superatum.

3

Philarg. ad Verg. ecl. 3, 104-105 (dic, quibus in terris, et eris mihi magnus Apollo, / tris pateat caeli spatium non amplius ulnas):

Dicit Cornificius (C, Philarg.: cornif. LN: Cornutus P, schol. Bern.) ab ipso Vergilio audisse quod Caelium Mantuanum quendam tetigit: qui, consumptis omnibus facultatibus, nihil sibi reliquit nisi locum trium ulnarum ad sepolturam.

4

Schol. Veron. ad Verg. ecl. 7, 22-23 (quale meo Codro, concedite - proxima Phoebi / versibus ille facit-):

Codrum plerique Vergilium accipiunt, alii Cornificium, nonnulli Helvium Cinnam putant, de quo bene sentit.

5

Vita Monacens. 1, 71-72:

Isti inimici Virgilii adversabantur illi: Cornificius, Clodius, Mebeus, Vabeus, Archades, Vavius et Mevius.

Frammenti

1 (= 4 Bl., 4 Co.)

Cledon. 5, 43 K:

Cornificius Gallus inde reprehendit Vergilium:

ordea qui dixit, superest ut tritica dicat

Serv. Dan. ad Verg. georg. 1, 210: sane reprehensus Vergilius dicitur a Bavio et Mevio hoc versu: ‘hordea – dicat’.7

Colui che ha detto "hordea", manca solo che dica "tritica".

HEXAMETER

L’unico frammento che la tradizione attribuisce (non concordemente, come abbiamo visto) all’obtrectator Cornificio Gallo, è un esametro di contenuto grammaticale, che ha come bersaglio l’impiego virgiliano della forma hordea, in luogo del singolare hordeum.

CORNIFICIO GALLO

101

Virgilio ricorre al plurale in tre occasioni: ecl. 5, 36 (grandia saepe quibus mandauimus hordea sulcis); georg. 1, 210 (excercete, viri, tauros, serite hordea campis) e 317 (agricola et fragili iam stringeret hordea culmo). Il sostantivo occupa in tutti e tre i casi il quinto piede per esigenze metriche, come spiega Servio nel suo commento al v. 36 della quinta ecloga (grandia hordea): usurpative metri causa dixit: nam 'triticum', 'hordeum', 'vinum', 'mel' numeri tantum singularis sunt, unde plurali in prosa uti non possumus. Anche Quintiliano in inst. 1, 5, 16 si occupa dell’anomalo utilizzo di pluralia tantum (come scalae e scopae) al singolare e di singularia tantum (come hordeum e mulsum) al plurale: ‘scala' tamen et 'scopa' contraque 'hordea' et 'mulsa', licet litterarum mutationem detractionem adiectionem habeant, non alio vitiosa sunt quam quod pluralia singulariter et singularia pluraliter efferuntur. Lo stesso Quintiliano specifica poco dopo: sed hoc quoque notare contentus sum, ne arti culpa quorundam pervicacium perplexae videar et ipse quaestionem addidisse. L’autore dell’Institutio oratoria sottolinea, in tal modo, che non intende soffermarsi troppo a lungo sulla disamina di simili varianti morfologiche, già sufficientemente dibattute “a causa della colpevole ostinazione di alcuni”. Possiamo immaginare, pertanto, che la polemica sull’uso del plurale al posto del singolare e viceversa fosse piuttosto comune. Si vedano in proposito, tra gli altri, anche Don. GLK IV 376, 31: semper singularia (…), quamquam multa consuetudine usurpata sint, ut ‘vina’, ‘mella’, ‘hordea’; e Char. 118 B (= 93 K): nam quod auctores dixerint 'frumenta' 'hordea' 'mella' non nos moveat: abusi sunt enim licentia vetustatis.

Possiamo ipotizzare dunque che, dal punto di vista grammaticale, Cornificio si avvicinasse alle posizioni degli analogisti. Anche Cesare, nel De analogia, pur affermando l’indipendenza delle norme linguistiche dalle leggi della realtà naturale, ribadisce che alcuni sostantivi, come quadrigae, sono corretti solo se declinati al plurale, mentre altri, come harena, soltanto al singolare (Gell. 19, 8, 3-4 = Caes. fr. 3 p. 147 Fun.). Proprio come Cesare, anche Cornificio avrebbe biasimato e criticato tamquam scopulum qualunque termine fosse risultato inauditum atque insolens (Gell. 1, 10, 4 = Caes. fr. 2 p. 146 Fun.).

Il frammento di Cornificio sembrerebbe inserirsi, inoltre, nella tradizione della poesia grammaticale, inaugurata in particolare da Lucilio che, secondo la testimonianza di Plin. N. H. praef. 7, primus condidit stili nasum. Soprattutto nel nono libro delle Satire, infatti, il poeta affronta questioni ortografiche e morfologiche e ricorre all’argomento grammaticale per lanciare degli strali polemici specialmente contro i poeti tragici. Tra i principali bersagli della satira luciliana c’è il contemporaneo Accio, con cui dovette scontrarsi per questioni di carattere linguistico, quali la geminazione delle vocali lunghe (Porph. ad Hor. sat. 1, 10, 53 = Lucil. fr. 348 M)9. Aulo Gellio riassume con queste parole

le numerose e sferzanti critiche che Lucilio rivolse ai grandi poeti del suo tempo, ricordando come anche lui fosse uno spietato obtrectator: neque magno intervallo postea Q. Ennius et iuxta Caecilius et Terentius et subinde et Pacuvius et Pacuvio iam sene Accius clariorque tunc in poematis eorum obtrectandis Lucilius fuit.

Si segnala, infine, un confronto con il fr. 2 di un altro critico di Virgilio, Numitorio10, che

attaccò il poeta rimproverandogli la rusticitas dell’espressione cuium pecus (ecl. 3, 1).

9 Sulla celebre disputa grammaticale tra Lucilio e Accio si vedano i recenti contributi, cui rimando per una bibliografia aggiornata, di CHAHOUD 2019, pp. 63 sgg. e MANCINI 2019, pp. 1-6.

Nel documento Frammenti poetici da Augusto a Domiziano (pagine 107-110)