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6.4 La fruizione del MAB di Cosenza

6.4.1 L’osservazione sul campo

Ho trascorso due settimane ad osservare i passanti lungo il percorso del MAB. Il periodo di osservazione è avvenuto, la prima volta, nella settimana tra il 28 dicembre 2010 ed il 4 gennaio 2011 e successivamente tra il 26 marzo ed il 3 aprile 2011.

La seconda settimana di osservazione è stata più soddisfacente della prima in quanto, in primo luogo, il periodo tra fine dicembre ed inizio gennaio è molto freddo per cui le persone evitano di soffermarsi su ciò che li circonda, camminando a passo piuttosto sostenuto.

Inoltre quello è un periodo caratterizzato dalle feste natalizie per cui la gente risultava distratta dalle vetrine sfarzose che toglievano la scena alle sculture del MAB.

Durante la prima settimana ho assistito ai primi segnali di inciviltà. In occasione della notte di San Silvestro, il comune aveva organizzato un concerto live di Fiorella Mannoia: questo evento ha fatto sì che si riversassero sul corso migliaia di persone. L’indomani ai piedi delle sculture, nonché ai basamenti, molte bottiglie di spumante e champagne, resti dei bagordi della notte precedente.

Nel corso di quella settimana ho effettuato le interviste dei commercianti di Corso Mazzini. Come accennavo nel paragrafo sul disegno della ricerca, ho

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scelto di intervistare i commercianti i cui negozi si trovano in prossimità della sculture.

Gli intervistati sono stati 12 e in quasi tutti i casi si è trattato dei titolari.

Sebbene mi presentassi come una dottoranda dell’Unical ed illustrassi brevemente l’oggetto della mia ricerca, le commesse si rifiutavano di sottoporsi all’intervista barricandosi spesso in un “non siamo autorizzate a rispondere”, per cui sono dovuta recarmi più volte presso lo stesso negozio sperando di incontrare il titolare.

In un solo caso una commessa, che lavorava presso una Erboristeria, ha risposto alle mie domande. Il suo negozio si trova tra “Le Tre Colonne di Sosno” e il “Grande Metafisico” di De Chirico. Si è trattato di un caso isolato e soprattutto determinato dal fatto che l’intervistata avesse una formazione artistica essendo laureata in DAMS presso l’Unical.

“Appena laureata, io e le mie colleghe, avevamo presentato un progetto al comune in cui ci offrivamo come guide turistiche della città. Inizialmente tanto per fare un po’ di pratica e farci conoscere lo avremmo fatto anche gratuitamente. Ma il Comune non ci ha mai risposto. L’idea era di organizzare delle guide in tutta la città. Anche per MAB avevamo previsto delle guide. Queste sculture sono bellissime ma se i visitatori non trovano una didascalia informativa che indichi autore, anno di esecuzione, titolo, i visitatori passano indifferenti.

Ora lavoro qui. Doveva essere un lavoro temporaneo in attesa di trovare qualcosa più affine ai miei studi. Ma è difficile.”

Dalle interviste effettuate ai titolari dei negozi, emerge una forte disinformazione, sintomo della poca promozione effettuata dalle istituzioni. Inoltre i commercianti erano poco propensi a raccontare. Se per i passanti, come si avrà modo di illustrare più avanti, la mia domanda diventava lo spunto per raccontare i propri punti di vista e dare suggerimenti, per i commercianti ciò non è avvenuto.

Le loro risposte sono state molto più telegrafiche: sembrava fossero timorosi di dare la risposta sbagliata.

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Alla domanda “Conosce il MAB?” la prima risposta era “No!” di getto.

Mi sono accorta da subito, quindi, che cambiando la domanda in “Conosce il museo all’Aperto?” ho ricevuto risposte affermative. L’acronimo non consentiva loro di collegarlo immediatamente al museo, mentre indicando il nome per esteso, capivano subito a cosa mi stessi riferendo.

E’ proprio un intervistato a confermare che poco è stato fatto a livello informativo:

“I cosentini fondamentalmente su queste cose sono abbastanza disinformati. Vedi, anch’io so qualcosina per sentito dire perché ne parlo ogni tanto con i miei amici ma il cosentino stesso non le sa queste cose” (commerciante di abbigliamento)

Alcuni commercianti credono che il donatore Carlo Bilotti sia, in realtà, l’autore della maggior parte delle opere.

“conosco il De Chirico, poi qualcosa di Bilotti, e poi il lupo di Rotella” (commerciante di scarpe)

“Bilotti è l’architetto che in effetti ha dato le statue” (titolare di una boutique )

In pochi sono a conoscenza che il museo è nato grazie ad una donazione. Un intervistato alla domanda “sa che queste opere sono state donate?” ha risposto:

“No, non lo so. Ignoro la situazione. A chi dobbiamo dire grazie?” (gestore di un bar del corso)

Una commerciante di abbigliamento casual ha dato una sua personalissima interpretazione del motivo della donazione:

“Questo Bilotti ha fatto tutte le sculture e poi le ha regalate al Comune solo perché voleva che gli venisse intitolata la piazza. Infatti ora Piazza Fera si chiama Piazza Bilotti. Dimmi tu se è una

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cosa seria!!! Poi “ste” sculture sono proprio brutte, Arrasu sia (Dio ce ne scampi)!”

Sembra che il messaggio della donazione non risulta acquisito da quasi tutti i soggetti intervistati.

Gli intervistati hanno consapevolezza che le opere non sono state acquistate dal Comune di Cosenza ma poco sanno in merito alla donazione mentre le idee, sul fatto di cosa abbia spinto Bilotti a compiere questo gesto, appaiono confuse come anche quelle in merito alla stessa identità di Carlo Bilotti (artista, architetto, etc).

Ancora più confuse appaiono poi le idee sugli autori, di cui solo pochi conoscono i nomi.

“Queste qui sono opere per il 30% di scultori cosentini e calabresi, che io sappia. Fra le altre mi sembra che ci sia uno scultore spagnolo che ha fatto delle opere e un’altra, che è a Piazza Fera, è di uno scultore francese molto noto31” (gestore bar del corso).

Tutti mi hanno confermato di aver visto diversi turisti soffermarsi a fare delle foto per cui tutti concordano che di sicuro la presenza di questo museo ha dei risvolti positivi dal punto di vista turistico, mentre i pareri sono discordanti sul fatto che esso possa essere di beneficio alla città ed ai cittadini.

I negozianti non provano un senso di appartenenza o affezione verso queste sculture: sebbene le abbiano sotto i propri occhi quotidianamente, un po’ per mancanza di informazione ed un po’ per scarso senso civico, le considerano come dei beni di cui non prendersi cura. Tanto che sono a conoscenza che spesso le sculture sono prese di mira da vandali, ma nulla fanno per evitare questo malcostume.

Quello che manca ai negozianti cosentini è il senso di appartenenza alla res publica che in questo caso è il MAB. Appartiene alla città e quindi a nessuno.

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Il loro atteggiamento è restio: la presenza di quelle sculture non li beneficia, a parer loro, in termini economici quindi assumono nei loro confronti una sorta di indifferenza, apatia, quando non antipatia.

Al massimo, dunque, quelle sculture possono interessare ai turisti ma come giustamente ha fatto notare Mario Bozzo, nel corso dell’intervista riportata nella sezione dedicata ai donatori, “la promozione del territorio passa attraverso la conoscenza di coloro che lo abitano”.

Quindi, se gli stessi commercianti si facessero promotori della diffusione del MAB forse molti più turisti si recherebbero a visitare la città dei Bruzi, con evidenti ritorni economici anche per i loro affari.

L’opera che, tra i commercianti intervistati, sembra essere più gradita e di cui spesso ricordano anche l’autore è “Il lupo della Sila” di Mimmo Rotella. Anche coloro i quali hanno apertamente dichiarato di non apprezzare la contemporaneità delle sculture, gradiscono però il Lupo, animale legato al territorio – il lupo della Sila è una specie protetta sulla quale, negli anni, è stata fatta una massiccia opera di sensibilizzazione anche nelle scuole – e soprattutto perché la figura del lupo è legata al Cosenza Calcio che ha fatto di questo animale il proprio simbolo.

“Ogni tanto qualcuno cerca di abbracciarsi il lupo: si vedono queste invasioni” (flaneur)

La scultura di Mimmo Rotella quindi è entrata nelle simpatie dei commercianti, specie gli uomini, in quanto legata in qualche modo a qualcosa, il calcio, che essi sentono più vicino al loro mondo e che quindi riescono a comprendere con maggiore facilità.

Dalla ricerca quindi emerge che gli intervistati indicano come preferenza il Lupo della Sila non tanto perché ne apprezzano la plasticità o la bellezza artistica, quanto per il valore simbolico di cui esso è portatore.

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“Anche perché non è che a me piacciano tanto a dir la verità [le sculture], tranne il lupo che rappresenta la città di Cosenza e i cosentini ma il resto non mi piace”(gestore bar).

E’ possibile, a questo punto, delineare un parallelismo tra il Ritratto di gentiluomo con flauto del Savoldo ed il Lupo della Sila.

Giovanni Gerolamo Savoldo - Ritratto di giovane gentiluomo con il flauto"1526 Brescia, Pinacoteca Tosio-Martinengo

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I dipendenti della banca di provenienza ex Bipop, hanno indicato, tra le opere d’arte che ricordavano appartenere alla collezione UniCredit l’opera del Savoldo.

Come illustrato nel paragrafo 3.4, nel 1994, anno in cui fu acquistata l’opera da parte della Bipop (Banca Popolare di Brescia), vennero messe in campo diverse campagne pubblicitarie tra i dipendenti ed i clienti.

Il risultato, a distanza di anni, è che oggi quell’opera possiede un forte capitale simbolico, rappresentando essa l’orgoglio bresciano della Bipop. L’opera del Savoldo e la scultura di Rotella sono più conosciute rispetto ad altre perché la loro immagine è stata collegata a storie di successo e dal forte coinvolgimento emotivo. Nel dettaglio, il Lupo della Sila di Rotella è stato accolto dalla popolazione cosentina perché in esso viene identificata la squadra della città dei Bruzi.

Durante le sessioni di osservazione in situ, ho notato che la gente passa a accanto alla sculture, osservandole distrattamente o, in taluni casi, ignorandole.

Avviene dunque ciò che Anna Lisa Tota identifica come “ascolto intermittente” quando descrive la relazione che si instaura tra i passanti e il monumento (Tota, 1999, 82).

Si tratta, dunque, di un’attenzione disattenta, che i passanti dedicano alle sculture del MAB e che avviene perché non si instaura immediatamente un dialogo.

Alcuni passanti si soffermavano dinanzi la scultura perché questa emette un suono – la scultura di Dalì San Giorgio e il drago, l’unica che ha l’impianto, nascosto nel basamento, ancora funzionante. Quando ci si avvicina un sensore di movimento rileva una presenza ed emette una musica per destare l’attenzione dei passanti.

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Salvador Dalì, San Giorgio e il drago. MAB Cosenza

La musica dovrebbe essere un richiamo per far avvicinare i passanti i quali poi avrebbero modo di interagire con la scultura, ascoltandone la breve guida che il basamento interattivo è in grado di fornire. Gran parte delle sculture furono dotate di questo basamento “evoluto”, il quale però è stato oggetto di vandalismo. I circuiti sono stati distrutti per cui, attualmente, per nessuna scultura è previsto questo servizio informativo. Solo il basamento di Dalì emette ancora la musica mentre non risulta funzionante la didascalia.

La musica attira i passanti, specie nei giorni festivi in cui la propensione dei flaneurs a guardarsi attorno è maggiore.

“Perché vi siete fermati davanti a quella scultura?”(intervistatore) “Per la musica. Volevamo [anche] ascoltare la storia ma non parlava.”(flaneur)

Le sculture introdotte nel MAB in un secondo tempo – come per esempio I Grandi Archeologi ed il Grande Metafisico di De Chirico, sono state collocate su basamenti in marmo certamente più solidi di quelli “evoluti” e meno facilmente soggetti ad atti vandalici.

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Giorgio De Chirico, Il grande Metafisico. MAB Cosenza (a sx) Giorgio De Chirico, I Grandi Archeologi, MAB Cosenza (a dx)

Perché le sculture diventino nuovamente visibili ai passanti, è necessario che avvenga qualcosa che rompa la routine, che si verifichi un elemento inusuale altrimenti, come sostiene Schulz, l’uomo non è spinto a interrogarsi su ciò che appartiene alla sfera del quotidiano.

E’ il caso di una coppia di ragazzi che nel passare commentano fra di loro il degrado a cui sono sottoposte le sculture per cui improvvisamente esse diventano visibili ai loro occhi.

“non so se tu l’hai notato prima dato che stavi dall’altra parte, qui è sfondata la colonna dei Bronzi di Sosno!. La stessa cosa era successa alla bagnante e per giunta una macchina dei vigili ha rotto allo stesso modo questa cosa qua” (flaneur uomo)

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Sacha Sosno, I due guerrieri. MAB Cosenza

La sua compagna replica affermando:

“Io ho vissuto per molti anni a Perugia. Se hai l’occhio pronto a percepire la differenza, a notare ciò che ti cambia intorno, allora vedi che viene spostata qualunque cosa ruota attorno all’opera e allora scorgi qualsiasi altro particolare però se sei poco attento,la vita ti prende per altre cose, passano inosservate cioè sono lì, si trovano a metà di Corso Mazzini, le vedi tutti i giorni però non hai quella curiosità” (flaneur donna)

Durante l’intervista inoltre, i ragazzi descrivono un aneddoto legato al museo che mostra come tra i turisti, specie quelli provenienti dall’estero, il museo all’aperto susciti molto interesse e che quindi, correttamente valorizzato, potrebbe diventare una risorsa per la città e per il turismo.

“Abbiamo fatto una volta un convegno all’Università e sono venuti due docenti dell’Università di Atene. Siccome per combinazione abbiamo rotto la macchina abbiamo fatto il giro dal corso per andarne a prenderne un’altra, questi hanno visto questo museo all’aperto e sono rimaste estasiate. Una di queste, davanti alla statua di Ettore e Andromaca, si è commossa, aveva il pianto in gola” (flaneur uomo)

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Giorgio De Chirico, Ettore e Andromaca. MAB Cosenza

Non sempre però sono gli atti vandalici o i deturpamenti a suscitare l’interesse dei passanti verso le sculture. Spesso è sufficiente l’introduzione di una novità.

“Stavo osservando infatti che ora le hanno messe su un piedistallo perché prima erano più basse.” (flaneur

)

All’inizio della ricerca mi ponevo la domanda se le sculture del MAB fossero entrate a far parte della vita dei cittadini o percepite come delle intruse.

Alla luce della ricerca condotta emerge che per la maggior parte dei commercianti esse non sono percepite come un’attrazione da cui gli stessi possono trarne dei vantaggi in termini economici. La sensazione è che non vengono percepite come un patrimonio per la città da tutelare e da rispettare. Essi denunciano l’inciviltà delle persone nell’imbrattarle o nel usarle come cestino per i rifiuti ma nulla fanno per evitare che ciò accada. Inoltre, altro dato che emerge è che essi hanno informazioni incomplete, spesso errate e frammentarie.

I flaneurs presentano una situazione completamente diversa. Come si è detto i passanti venivano avvicinati solo se essi mostravano interesse verso la scultura (si soffermavano oppure vi rivolgevano lo sguardo). Il primo dato che emerge è che durante le fasi osservanti, il numero di passanti che mostravano un simile interesse erano pochi, e per lo più concentrati durante i giorni festivi. Durante i giorni feriali, invece, le persone non sembravano mostrare interesse.

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Tra gli intervistati poi è emerso che essi, in linea con le teorie di Schutz, mostravano interesse qualora notavano qualcosa di diverso rispetto al solito. Non ha importanza se la novità ha una connotazione positiva (cambio di basamento, inserimento nuova scultura) o negativa (atti vandalici, basamenti distrutti). Essa ha il potere di destare interesse nel passante, infrangendo la sfera della routine, del quotidiano.

I flaneurs si accorgono se avviene una variazione del routinario ma quello che emerge è che non tutti hanno le conoscenze per capire cosa hanno di fronte. Infatti uno dei flaneur afferma di essersi accorto della variazione del basamento della scultura ma rimarca che di non essersi mai soffermato prima di allora.

No, [non mi ero mai soffermato] infatti mi sono soffermato proprio a guardarle perché hanno fatto il piedistallo quindi prima erano più basse e ora sono più alte” (flaneur n.10)

Una ragazza intervistata si giustifica dicendo che non conosce le sculture perché proviene da un’altra città (Catanzaro):

“No, hai fatto la domanda forse alla persona sbagliata”. (flaneur n. 9)

Quindi il vero problema è che solo alcuni degli intervistati conoscevano i nomi degli autori, mentre la maggior parte ignoravano completamente gli autori e il fatto che il museo fosse una donazione.

La sensazione è che oggi le sculture del MAB siano considerate dai cittadini dei libri scritti in una lingua indecifrabile, o degli stranieri con cui non è possibile stabilire una comunicazione. La vera sfida sarebbe dunque poter fornire a quelle persone l’alfabeto per poter dare il via un “dialogo” tra le persone e le sculture.

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