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Nel diritto europeo, la necessità di tutelare la concorrenza nelle pubbliche gare cui partecipino società a capitale pubblico si articola in due esigenze. La prima è quella di garantire la partecipazione alle gare di tutti i soggetti: a questa corrisponde il principio di neutralità e parità di trattamento tra imprese pubbliche e private (v. supra, parr. 1.1 e 3.3). La Corte di Giustizia ha precisato che il principio di parità di trattamento non è violato per il solo fatto che l’amministrazione aggiudicatrice ammetta a partecipare ad una procedura di aggiudicazione organismi che ricevono, da essa stessa o da altre amministrazioni aggiudicatrici, sovvenzioni381, o che sono da essa partecipati382.

La seconda esigenza è quella di garantire che la concorrenza non sia falsata a causa della partecipazione alla gara di soggetti che rientrano nella categoria degli organismi di diritto pubblico. Questa è espressa nel quarto considerando della direttiva 2004/18/CE, secondo cui “gli Stati membri dovrebbero provvedere affinché la partecipazione di un offerente che è un organismo di diritto pubblico a una procedura di aggiudicazione di appalto pubblico non causi distorsioni della concorrenza nei confronti di offerenti privati”.

La giurisprudenza nazionale ha negato l’ammissibilità della partecipazione a gare di società a capitale pubblico, talvolta anche prescindendo dalla presenza dei

381

Ex multis, Corte giust., sez. VI, 7 dicembre 2000, C-94/99, in Urb. e app., 2001, 46.

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caratteri dell’organismo di diritto pubblico, valutando distorsiva della concorrenza la titolarità di “privilegi”.

Questi sono stati individuati dall’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture nelle “asimmetrie informative di notevoli dimensioni (…) in grado di eludere sostanzialmente il rischio di impresa”383

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La giurisprudenza amministrativa, invece, li ha per lo più individuati nell’avere in partenza un mercato protetto, derivante da affidamenti diretti384. Soprattutto in una pronuncia del Consiglio di giustizia amministrativa della regione Sicilia, in un passo che di seguito si riporta, è stato affermato385 che tali affidamenti diretti fanno sì che l’impresa usufruisca, sostanzialmente, di un aiuto di Stato, “vale a dire di una provvidenza economica pubblica atta a diminuirne o coprirne i costi”: “il privilegio economico non necessariamente si concretizza, brutalmente, nel contributo o sussidio diretto o nell’agevolazione fiscale o contributiva, ma anche garantendo una posizione di mercato avvantaggiata rispetto alle altre imprese. Anche in questo senso, il privilegio non necessariamente si realizza in modo semplicistico introducendo limiti e condizioni alla partecipazione delle imprese concorrenti, ma anche, ed in maniera più sofisticata, garantendo all’impresa una partecipazione sicura al mercato cui appartiene, garantendo, in sostanza, l’acquisizione sicura di contratti il cui provento sia in grado di coprire, se non tutte, la maggior parte delle spese generali, in sintesi: un minimo garantito. Non è necessario che ciò determini profitto, purché l’impresa derivi da tali contratti quanto è sufficiente a garantire e mantenere l’apparato aziendale. In una tale situazione, è fin troppo evidente che ogni ulteriore acquisizione contrattuale potrà avvenire offrendo sul mercato condizioni concorrenziali, poiché l’impresa non deve imputare al nuovo contratto anche la parte di costi generali già coperta, ma solo il costo diretto di produzione. Gli ulteriori contratti, sostanzialmente, diventano più che marginali e permettono o la realizzazione di un profitto

383 Deliberazione 9 maggio 2007, n. 135, in www.autoritalavoripubblici.it.

384 T.A.R. Roma, sez. II, 5 giugno 2007, n. 5192, in Giur. it., 2007, 12, 2880; T.A.R. Brescia, sez.

II, 27 maggio 2010, n. 2164, in www.dirittodeiservizipubblici.it, in cui si afferma che vi può essere distorsione della concorrenza se la quota di mercato detenuta non è stata “il frutto di una sana conquista, ottenuta all’esito di una competizione paritaria con gli altri operatori economici”, ma è stata acquisita “in maniera anomala, senza sottoporsi al meccanismo selettivo capace di individuare l’offerta oggettivamente migliore”; nei medesimi termini T.A.R. Brescia, sez. I, 26 novembre 2008, n. 1689, in www.dirittodeiservizipubblici.it.

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Cons. Giust. Amm. Sicilia, 4 settembre 2007, n. 719, in www.giustizia-amministrativa.it; così anche Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2008, n. 4080, cit.

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maggiore rispetto all’ordinaria economia aziendale del settore, ovvero di offrire sul mercato prezzi innaturalmente più bassi, perché non gravati dall’ammortamento delle spese generali. Nell’uno o nell’altro caso, il meccanismo del minimo garantito altera la par condicio delle imprese in maniera ancora più grave perché con riflessi anche sul mercato dei contratti privati. L’impresa beneficiaria di questa sorta di minimo garantito, infatti, è competitiva non solo nelle gare pubbliche, ma anche rispetto ai committenti privati, sicché, in definitiva, un tale sistema diviene in sé assai più pericoloso e distorcente di una semplice elusione del sistema delle gare. Potenzialmente ciò induce ed incoraggia il capitalismo di Stato e conduce alla espulsione delle imprese private marginali”. Alla necessità di evitare conflitti di interesse e di tutelare la par condicio tra i concorrenti nelle procedure competitive ad evidenza pubblica per il conferimento della gestione di servizi pubblici locali, il legislatore ha risposto con disposizioni volte a evitare elementi potenzialmente distorsivi della concorrenza, conseguenti alla sostanziale coincidenza tra soggetti affidanti e affidatari, nel caso in cui questi ultimi siano società partecipate dai primi. Tali disposizioni ammettono, dunque, la partecipazione a gare di società a capitale pubblico, anche se affidatarie dirette, e così superano le anzidette posizioni giurisprudenziali.

In particolare, nei commi 22-26 dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, sono state individuate, per garantirne l’imparzialità, cause di incompatibilità dei membri della commissione, di cui al medesimo art. 4, co. 11, lett. e, nominata dall’ente affidante e composta da soggetti esperti nella specifica materia, deputata alla valutazione delle offerte. Essi non devono aver svolto né svolgere alcun’altra funzione o incarico tecnico o amministrativo relativo alla gestione del servizio di cui si tratta; coloro che hanno rivestito, nel biennio precedente, la carica di amministratore locale, non possono essere nominati componenti della commissione di gara relativamente a servizi pubblici locali da affidare da parte del medesimo ente locale; sono esclusi da successivi incarichi di commissario coloro che, in qualità di componenti di commissioni di gara, abbiano concorso, con dolo o colpa grave accertati in sede giurisdizionale con sentenza non sospesa, all’approvazione di atti dichiarati illegittimi; è prevista, poi, l’applicazione, ai componenti delle commissioni di gara, delle cause di astensione previste dall’art. 51 del codice di procedura civile; infine, nell’ipotesi in cui alla gara concorra una società partecipata dall’ente locale che la indice, i componenti della commissione di gara non possono essere né dipendenti né amministratori dell’ente locale stesso.

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Nel caso in cui sia gestore del servizio una società partecipata dall’ente affidante, sorge poi la problematica di garantire il controllo sulla gestione, il cui presupposto è la scissione tra compiti di gestione e funzioni di controllo386.

A questa esigenza rispondono le disposizioni contenute nei commi 19-21 dell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, che stabiliscono le incompatibilità per i gestori: gli amministratori, i dirigenti e i responsabili degli uffici o dei servizi dell’ente locale, nonché degli altri organismi che espletano funzioni di stazione appaltante, di regolazione, di indirizzo e di controllo di servizi pubblici locali, non possono svolgere incarichi inerenti la gestione dei servizi affidati da parte dei medesimi soggetti; il divieto si applica anche nel caso in cui tali funzioni siano state svolte nei tre anni precedenti il conferimento dell’incarico inerente la gestione dei servizi pubblici locali, e opera anche nei confronti del coniuge, dei parenti e degli affini entro il quarto grado dei soggetti indicati allo stesso comma, nonché nei confronti di coloro che prestano, o hanno prestato nel triennio precedente, a qualsiasi titolo attività di consulenza o collaborazione in favore degli enti locali o dei soggetti che hanno affidato la gestione del servizio pubblico locale; alle società quotate nei mercati regolamentati, invece, si applica la disciplina definita dagli organismi di controllo competenti; inoltre, non possono essere nominati amministratori di società partecipate da enti locali coloro che nei tre anni precedenti alla nomina hanno ricoperto, negli enti locali che detengono quote di partecipazione al capitale della stessa società, la carica di amministratore (cioè sindaco, anche metropolitano, presidente di provincia, consigliere comunale anche metropolitano e provinciale, componente di giunta comunale, metropolitana e provinciale, presidente di consiglio comunale, metropolitano e provinciale, presidente, consigliere e assessore di comunità montana, componente degli organi delle unioni di Comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché componente degli organi di decentramento).

Inoltre, la nuova disciplina contenuta nell’art. 4 del d.l. n. 138 del 2011, prevede, al comma 18, che in caso di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali a società in house, e in tutti i casi in cui il capitale sociale del soggetto gestore è partecipato dall’ente locale affidante, la verifica del rispetto del contratto di servizio nonché ogni eventuale aggiornamento e modifica dello stesso sono

386 Già agli inizi del Novecento si osservava che sarebbe stato conveniente stabilire per i servizi

municipalizzati un’amministrazione a parte, distinta da quella comunale, per avere i vantaggi di “una proficua autonomia”, affidando la direzione dell’impresa a “elementi liberi e competenti” (G. RICCA SALERNO,op. cit., p. 782).

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sottoposti, secondo modalità definite dallo statuto dell’ente locale, alla vigilanza dell’organo di revisione economico-finanziaria387 di cui agli artt. 234 e seguenti del d.lgs. n. 267 del 2000, ferme restando le disposizioni contenute nelle discipline di settore vigenti alla data di entrata in vigore del decreto.

4.6. La questione della natura delle società a partecipazione pubblica e del