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impresa, e società “semi-amministrazioni”, svolgenti attività amministrativa in forma privatistica.

Il legislatore ha dettato disposizioni di stampo pubblicistico388 per le società erogatrici di servizi pubblici locali, disposizioni speciali e derogatorie rispetto al diritto del codice civile.

In primo luogo, quanto all’applicabilità della disciplina dei pubblici appalti, il comma 6 dell’art. 3-bis, del d.l. n. 138 del 2011, ha disposto che “le società affidatarie in house sono tenute all’acquisto di beni e servizi secondo le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni; il comma 15 dell’art. 4, d.l. n. 138 del 2011, che “le società cosiddette «in house» e le società a partecipazione mista pubblica e privata, affidatarie di servizi pubblici locali, applicano, per l’acquisto di beni e servizi, le disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni”. Il comma 16, invece, ha specificato una delle condizioni di applicabilità dell’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Questo stabilisce che le società con capitale pubblico, anche non maggioritario, che non sono organismi di diritto pubblico e hanno ad oggetto della loro attività la realizzazione di lavori o opere, ovvero la produzione di beni o servizi, non destinati ad essere collocati sul mercato

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Si tratta di un organo titolare della funzione di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione delle risorse economiche dell’ente locale, composto da tre membri (uno solo nei Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, nelle unioni dei Comuni e nelle Comunità montane), eletti per tre anni dai consigli degli enti locali, e scelti uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, uno tra gli iscritti nell’albo dei dottori commercialisti, e uno tra gli iscritti nell’albo dei ragionieri.

388

A.M. DE MICHELE, I processi di pubblicizzazione delle società partecipate dalle Regioni e dagli enti locali, in Istituzioni del federalismo / Quaderni, 2, 2011, p. 69 ss.

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in regime di libera concorrenza, ivi comprese le società eroganti servizi pubblici locali (e quindi, il disposto trova applicazione solo nei casi di gestione in esclusiva del servizio), non siano tenute ad applicare la normativa sui pubblici appalti per la realizzazione dell’opera pubblica o la gestione del servizio per le quali sono state specificamente costituite, se la scelta del socio privato è avvenuta nel rispetto di procedure di evidenza pubblica, il socio privato ha i requisiti di qualificazione previsti dal presente codice in relazione alla prestazione per cui la società è stata costituita, e la società provvede in via diretta alla realizzazione dell’opera o del servizio, in misura superiore al 70% del relativo importo. Il comma 16 ha specificato, per le società eroganti servizi pubblici locali, la prima condizione, stabilendo che questo articolo si applica se la scelta del socio privato è avvenuta mediante procedure competitive ad evidenza pubblica le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione di specifici compiti operativi connessi alla gestione del servizio.

In secondo luogo, quanto al reclutamento del personale e al conferimento degli incarichi, l’art. 18, co. 2-bis, del d.l. n. 112 del 2008 ha esteso l’ambito applicativo delle disposizioni che stabiliscono a carico delle amministrazioni divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, in relazione al regime previsto per l’amministrazione controllante, anche “alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione (individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell’ art. 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311)”. Le predette società – prosegue la norma - adeguano inoltre le proprie politiche di personale alle disposizioni vigenti per le amministrazioni controllanti in materia di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze.

Il comma 6 dell’art. 3-bis, del d.l. n. 138 del 2011, ha disposto poi che le società affidatarie in house “adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché delle disposizioni che stabiliscono a carico degli enti locali divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, contenimento degli oneri contrattuali e

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delle altre voci di natura retributiva o indennitarie e per le consulenze anche degli amministratori”.

Il comma 17 dell’art. 4, del d.l. n. 138 del 2011, invece, che non si applica alle società quotate, ha previsto che “fermo restando quanto previsto dall’articolo 18, comma 2-bis, primo e secondo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le società a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell’articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165“. Questi consistono nella “adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l’imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all’ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione; nella “adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire”; nel “ rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori”; nel “decentramento delle procedure di reclutamento”; nella “composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell’organo di direzione politica dell’amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali”.

Infine, previsioni derogatorie sono quelle, che si sono esaminate, che pongono limiti all’operatività delle società.

Questo essendo l’attuale assetto normativo, è da rilevare che la giurisprudenza389 in passato ha talvolta superato il dato positivo, estendendo l’applicazione della disciplina pubblicistica in forza di una pretesa natura pubblica delle società in questione, riconosciuta in base agli indici di pubblicità degli enti390: se ne è, così,

389 La prima pronuncia amministrativa è quella che affermò la natura di ente pubblico dell’Agip:

Cons. Stato, sez. IV, 19 gennaio 1938, in Giur. it, 1938, III, 109, contraddetta poi da Corte Cass, SS.UU, 7 marzo 1940, n. 1337, in Foro it., 1941, I, 199, giudice che però aveva qualificato come ente pubblico la Banca d’Italia.

390 Individuati in dottrina da G. M

IELE, La distinzione tra ente pubblico e privato, in Riv. dir. comm., 1942, p. 54 ss.; L.R.LEVI, La persona giuridica pubblica (concetto ed elementi distintivi), in Riv. trim. dir. pubbl., 1951, p. 591 ss.; M.S. GIANNINI, Lezioni di diritto amministrativo, I,

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osservata la struttura e il funzionamento, cioè la costituzione, i poteri speciali attribuiti ad alcuni azionisti, il controllo pubblico e il tipo di attività svolta391, affermandosi che “devono considerarsi pubbliche anche le società che svolgono attività di rilievo oggettivamente pubblicistico e che proprio per questo sono tenute a operare come pubbliche amministrazioni (…) nella considerazione dell’evoluzione della nozione di pubblica amministrazione attualmente riferita (…) non al regime giuridico formale cui gli enti sottostanno quanto piuttosto ai dati sostanziali che ne caratterizzano la struttura, l’attività e la funzione”392. Così, si sono definite le società miste come modulo organizzativo dell’ente locale a preminente connotazione pubblicistica393: in realtà, secondo queste letture, ci si servirebbe della struttura organizzativa della società, che rimane tale solo formalmente, mancando la sostanza e quindi la natura dell’istituto.

Milano, 1950, p. 150 ss.; A.M.SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, 1957, p. 103 ss.; Id. Enti pubblici ed enti privati d’interesse pubblico, ora in Scritti giuridici, Napoli, 1990, p. 518, in cui però osservava che “l’operatore giuridico non deve preoccuparsi eccessivamente se, superando vecchie mentalità, deve classificare come privato un ente che presenti elementi di pubblicità. Gli è che non sono sufficienti uno o più di siffatti elementi a far considerare un ente come pubblico. In presenza di una disciplina e di un regime particolari fissati dall’ordinamento, la posizione giuridica dell’ente certamente non mancherà di godere di una sua tipica configurazione. Peraltro non è possibile, in assenza di indizi sicuri e decisivi, configurarlo come pubblico, vale a dire come soggetto differente da quelli comuni, in quanto appartenente all’organizzazione dello Stato, e pertanto ammesso a fruire di un regime speciale. Ciò risponde al noto principio, in virtù del quale, in mancanza di una chiara volontà legislativa, nel campo del diritto va applicata la disciplina comune e non quella speciale”.

391

Cons. Stato, sez. II, 28 febbraio 1996, n. 366, in Cons. Stato, 1996, I, 1428; Cons. Stato, sez. VI, 7 novembre 2000, n. 4082, in www.giustamm.it; Cons. Stato, sez. VI, 1 aprile 2000, n. 1885, in Foro it., 2001, III, 71; Cons. Stato, sez. V, 3 settembre 2001, n. 4586, in Foro it., 2002, III, 554; Cons. Stato, 25 giugno 2002, n. 3448, in Cons. Stato, 2002, I, 1355; Cons. Stato, sez. IV, 21 dicembre 2004, n. 315, in www.giustamm.it: si afferma che è necessario procedere a un’adeguata istruttoria, volta a considerare assetto e funzionamento interno della società, al fine di stabilire se ci si trovi davanti a un caso di privatizzazione solo formale dell’esercizio di funzioni, tale da sottrarre la società “a un inquadramento nella sfera del diritto privato e configurare una longa manus dell’amministrazione”; Cons. St, sez. IV, 30 gennaio 2006, n. 308, in Riv. Corte Conti, 2006, 1, 246.

392

Cons. Stato, sez. VI, 17 ottobre 2005, n. 5830, in Riv. amm. app., 2005, 4, 342.

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Questa ricostruzione si è avvalsa del principio della neutralità della forma societaria rispetto al conseguimento dello scopo pubblicistico; scopo di per sé non in contrasto con il fine societario lucrativo previsto dall’art. 2247 del codice civile.394.

Dall’attribuzione della natura pubblica alle società a partecipazione pubblica, poi, è conseguita l’estensione della disciplina dettata per gli enti pubblici395.

In dottrina, allo stesso modo, taluni hanno ritenuto396 che la forma societaria data dal legislatore a un soggetto non sia vincolante; ciò, in base talvolta a un giudizio di derogatorietà delle norme di diritto singolare rispetto alle norme di diritto societario comune397; si è poi elaborata la nozione di ente pubblico in forma societaria398.

394 Tra tante, Cons. St, sez. VI, 14 dicembre 2001, n. 1303, in www.giustamm.it; Cons. Stato, sez.

V, 3 settembre 2001, n. 4586, in Foro it., 2002, III, 554: “ai fini dell’identificazione della natura pubblica di un soggetto la forma societaria è neutra; le società di capitali possono essere un’articolazione organizzativa dell’ente”.

395 Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2002, n. 2724, in www.giustamm.it; Cons. Stato, Ad. Plen., 23

luglio 2004, n. 9, in www.giustamm.it; Corte dei Conti, sez. giur. Lombardia, delib. n. 114 del 2006, in www.dirittodeiservizipubblici.it.

La nozione di “ente pubblico sostanziale”, dunque, deriverebbe principalmente dall’impostazione sostanzialista della Corte di giustizia europea (C.VITALE, Modelli privatistici di collaborazione stabile tra amministrazioni: le società a partecipazione integralmente pubblica nel sistema locale, cit., p. 93 ss.)

396 La tesi della non vincolatività della qualificazione data dal legislatore è seguita da A.A RENA, Le società commerciali pubbliche (natura e costituzione). Contributo allo studio delle persone giuridiche, Milano, 1942, ma in una prospettiva diversa, poiché l’Autore affermò che anche gli enti qualificati dal legislatore come pubblici potessero avere natura privatistica, essendo in realtà da qualificare come società commerciali, se il lucro – distribuito ai soci - era fine insieme al fine pubblico.

397 F.C

AMMEO, Società commerciale ed ente pubblico, Firenze, 1947; G.FERRI, Azionariato di Stato e natura giuridica dell’ente, in Foro it., 1941, I, p. 199 ss.; F.GALGANO, Pubblico e privato nella qualificazione della persona giuridica, in Riv. trim. dir. pubbl., 1966, p. 282 ss.; F.A. ROVERSI MONACO, La giurisprudenza sulle società a partecipazione pubblica, in Dir. e soc., 1973, p. 801: “soltanto una serie di deviazioni dallo schema societario privatistico che siano tali da concretare una disciplina in senso pubblicistico sostanzialmente difforme da quella dettata dal codice civile permetterebbe di affermare la natura pubblica di una società per azioni, ma questo è un problema di diritto positivo”.

398 M.S.G

IANNINI, Persone giuridiche pubbliche e private, in Stato e diritto, 1940, p. 128 ss.; G. FERRI, Azionariato di Stato e natura giuridica dell’ente, in Foro it., 1941 I, p. 199 ss.; A.ARENA, Le società commerciali pubbliche, cit.; G.ROMANO PAVONI, Teoria delle società, Milano, 1953, p. 97 ss.; G.MIELE, Attualità e aspetti della distinzione tra persone giuridiche pubbliche e private, in Studi in onore di E. Crosa, II, Milano, 1960; G.GUARINO, L’organizzazione pubblica, Milano, 1977; M.NIGRO, Sulla natura giuridica della Rai, in Cons. Stato, 1977, p. 797 ss.; G.VISENTINI,

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Altra parte della dottrina399, invece, ha sostenuto la natura in ogni caso privata, anche se speciale, della società, ritenendo che la qualificazione come società per azioni costituisca un rinvio al corpo normativo dettato per le società dal codice civile.

In questo senso si è affermato400 che “il rapporto che si instaura tra ente politico e la società si configura come rapporto di servizio nel senso che questa deve fornire al primo, e per questo agli utenti, le utilità che il servizio comporta, conformemente alla qualità e nella misura dall’ente richieste”, ma questo rapporto non deve necessariamente avere carattere pubblico, né deve intercorrere necessariamente con soggetti pubblici (in tal senso viene paragonato al rapporto di impiego): la natura privata della società risponde anche alle esigenze del legislatore che ha voluto una struttura più agile rispetto agli enti pubblici; si tratta di un ente soggetto al mercato, infatti è possibile il suo fallimento; e “pur essendo l’attività della società connessa con il soddisfacimento di fini pubblici, l’interesse pubblico relativo rimane all’esterno della società, pertinendo esso all’ente pubblico titolare del servizio”. Su questa posizione si è collocata la Corte di cassazione401, che ha prevalentemente sostenuto la natura privata delle società a partecipazione pubblica.

Partecipazioni pubbliche in società di diritto comune e di diritto speciale, Milano, 1979; G.ROSSI, Gli enti pubblici in forma societaria, in Serv. pubbl. e app., 2004, p. 226 ss.

399 S.C

ASSESE, Azionariato di Stato, in Enc. Dir., IV, 1959; Id, Partecipazioni statali ed enti di gestione, Milano, 1962: l’Autore ha sostenuto l’irrilevanza giuridica della qualificazione come ente pubblico perché questo nomen non era in grado di evocare una disciplina unitaria di genere, prevista solo in norme di specie riferite solo ad alcuni enti pubblici; V.OTTAVIANO, Sull’impiego a fini pubblici della società per azioni, in Riv soc., 1960, p. 1013 ss.; G.MINERVINI, Contro il diritto speciale delle imprese pubbliche “privatizzate”, in Riv. delle società, 1994, 4, p. 740 ss.; P.PIZZA, Le società per azioni di diritto singolare tra partecipazioni pubbliche e nuovi modelli organizzativi, Milano, 2007.

400 V. O

TTAVIANO, Relazione introduttiva, in F. Trimarchi (a cura di) Le società miste per i servizi locali, Atti del convegno, Messina, 22-23 Novembre 1996, cit.

401 Tra tante, Corte Cass. SS.UU., 6 maggio 1995, n. 4991, in Riv. amm., 1995, 1052, secondo cui le

società per azioni costituite dai Comuni e dalle Province a norma dell’art. 22, co. 3, della 1. n. 142 del 1990, per la gestione di pubblici servizi, previa costruzione od acquisizione delle opere ed infrastrutture necessarie, operano come persone giuridiche private, nell’esercizio della propria autonomia negoziale, senza alcun collegamento con l’ente pubblico, nei confronti del quale hanno assunto l’obbligo di gestire il servizio; atteso che, da un lato, il rapporto tra l’ente territoriale e la società non è riconducibile né alla figura della concessione di pubblico servizio, né all’ipotesi di concessione per la costruzione di opere pubbliche e che, dall’altro, non è consentito all’ente pubblico locale di incidere unilateralmente sullo svolgimento del rapporto medesimo e sull’attività della società mediante l’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali.

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In questo senso, dopo un percorso giurisprudenziale in cui si era affermata la giurisdizione contabile402 sui danni arrecati da amministratori e dipendenti di società a partecipazione pubblica, si è ritenuto dirimente, per escluderla, la natura giuridica privatistica del soggetto danneggiato e del suo patrimonio, e il rilievo che “le disposizioni del codice civile sulle società per azioni a partecipazione pubblica non valgono a configurare uno statuto speciale per dette società e che (alla luce anche di quanto indicato nella relazione al codice) la scelta della pubblica amministrazione di acquisire partecipazioni in società private implica il suo assoggettamento alle regole proprie della forma giuridica prescelta”403.

Corte Cass. SS.UU., 15 aprile 2005, n. 7799, in Foro it., 2005, I, 2726, sentenza di regolamento di giurisdizione, afferma che la partecipazione pubblica a una società (sia che si presenti come tale al momento della sua costituzione, sia che diventi tale per l’acquisto successivo di quote), qualsiasi ne sia la misura, non muta la qualificazione privatistica; attengono quindi alla giurisdizione del giudice ordinario le delibere comunali che riguardano i comportamenti da tenere in assemblea.

402 A partire da Corte Cass. SS.UU., 22 dicembre 2003, n. 19667, in Giur. it., 2004, 1830. La

sottoposizione al controllo della Corte dei Conti, riguarda, invece, più che la natura della società, la provenienza delle risorse.

403 Il nuovo orientamento è stato inaugurato con la sentenza 19 dicembre 2009, n. 26806, in Riv.

Corte Conti, 2009, 6, 218, secondo cui spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine all’azione di risarcimento dei danni subiti da una società a partecipazione pubblica per effetto di condotte illecite degli amministratori o dei dipendenti (nella specie, consistenti nell’avere accettato indebite dazioni di denaro al fine di favorire determinate imprese nell’aggiudicazione e nella successiva gestione di appalti), non essendo in tal caso configurabile, avuto riguardo all’autonoma personalità giuridica della società, né un rapporto di servizio tra l’agente e l’ente pubblico titolare della partecipazione, né un danno direttamente arrecato allo Stato o ad altro ente pubblico, idonei a radicare la giurisdizione della Corte dei conti. Sussiste invece la giurisdizione di quest’ultima quando l’azione di responsabilità trovi fondamento nel comportamento di chi, quale rappresentante dell’ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio, in tal modo pregiudicando il valore della partecipazione, ovvero in comportamenti tali da compromettere la ragione stessa della partecipazione sociale dell’ente pubblico, strumentale al perseguimento di finalità pubbliche ed implicante l’impiego di risorse pubbliche, o da arrecare direttamente pregiudizio al suo patrimonio (in questo senso, SS.UU. 7 luglio 2011, n. 14957; SS.UU. 12 ottobre 2011, n. 20940; SS.UU. 5 luglio 2011, n. 14655, in www.dirittodeiservizipubblici.it).

In ultimo, Corte Cass. SS.UU., 9 marzo 2012, n. 3962, in www.dirittodeiservizipubblici.it, afferma che la natura di organismo di diritto pubblico non è di ostacolo alla giurisdizione del giudice ordinario per danni inferti direttamente al patrimonio della società per azioni, perché si tratta di istituti che operano su piani differenti e quindi rispondono a diversi principi normativi ed a diverse finalità: il primo attiene alla disciplina di derivazione comunitaria in materia di procedure di aggiudicazione ad evidenza pubblica di appalti e quindi di scelta da parte della società del contraente privato, mentre la seconda alla responsabilità amministrativa-risarcitoria

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Recentemente, invece, si è dato rilievo al dato fenomenico della varietà tipologica della società a partecipazione pubblica404, soprattutto in relazione al tipo di attività svolta.

Così, si sono ripresi temi oggetto in passato di riflessioni che avevano posto in luce che l’impresa pubblica era stata legislativamente sottoposta alla medesima disciplina di quella privata405, e che quindi dal riconoscimento della qualifica di imprenditore ai sensi dell’art. 2082 del codice civile, facevano conseguire la necessità del rispetto del requisito di economicità. Nel recente dibattito, infatti, si distingue tra società pubbliche che sono semi-amministrazioni406 e società pubbliche che sono imprese, e che dovrebbero essere sottoposte alla disciplina societaria civilistica.

Questa distinzione si muove come auspicio di un riordino della disciplina delle società pubbliche da parte dello stesso legislatore, non come superamento del dato positivo407.

dell’amministratore o del dipendente nei confronti della società (nello stesso senso, Corte Cass. SS.UU., 5 luglio 2011, n. 14655, in Resp. civ. e prev., 2011, 12, 2596).

404 G.N

APOLITANO, Le società pubbliche tra vecchie e nuove tipologie, in Riv. Soc., 2006, p. 1000; M.CAMMELLI-M.DUGATO, Lo studio delle società a partecipazione pubblica: la pluralità dei tipi e le regole del diritto privato. Una premessa metodologica e sostanziale, in M. Cammelli-M. Dugato (a cura di), Studi in tema di società a partecipazione pubblica, cit., p. 1 ss.; C.IBBA, Le società a partecipazione pubblica: tipologie e discipline, in C. Ibba, M. C. Malaguti, A. Mazzoni (a cura di), Le società “pubbliche”, cit., p. 1 ss.

405M.S.G

IANNINI,Le imprese pubbliche in Italia, in Riv. soc., 1958, p. 227; V.OTTAVIANO,Sulla