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Il paradigma della Shoah: la memoria “forte” della deportazione

I. Il contesto storiografico: avvio e sviluppo di una storiografia ai margini

4. Il paradigma della Shoah: la memoria “forte” della deportazione

sull’internamento e la deportazione ha assunto la Shoah a scapito delle altre forme di internamento civile e militare ed è passato del tempo prima che la storiografia si occupasse anche delle altre categorie di internati e per alcune di queste – quella degli “zingari” o dei cittadini nemici ad esempio – mancano ancora lavori di schedatura e ricostruzioni focalizzate sulle vicende personali dei singoli internati che consentano di ricostruire un quadro complessivo più preciso e dettagliato . 222

Quando si parla di campi di concentramento il pensiero corre inevitabilmente ai più tristemente noti lager nazisti, ai campi di sterminio e, in particolare, a quello che è divenuto il luogo simbolo della Shoah: Auschwitz, uno dei primi campi a essere liberato dall’Armata sovietica nel gennaio del 1945 mostrandosi al mondo come la più imponente e terribile delle fabbriche di morte approntate dal regime nazista.

Il campo polacco ha calamitato a lungo e comprensibilmente l’attenzione della ricerca e della divulgazione, contemporaneamente assumendo nell’uso corrente un valore metonimico tanto forte da oscurare ogni altra manifestazione dei fenomeni concentrazionari , in una tendenza del 223

senso comune già naturalmente incline alla semplificazione e alla generalizzazione, come

Si veda Capogreco, I campi del duce. L’internamento civile nell’Italia fascista (1940-1943), cit., pp. VII, 77.

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Si confronti con C. Di Sante, Campi di internamento, in Gli italiani in guerra. Conflitti, identità, memorie dal

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Risorgimento ai nostri giorni, vol. IV, tomo 2, Il Ventennio fascista: la seconda guerra mondiale, cit., p. 583. A.V. Sullam Calimani, I nomi dello sterminio, Einaudi, Torino 2001, pp. 71-75.

dimostrato dalla rapida fortuna di definizioni quali «secolo dei campi» per designare il Novecento . 224

Dopo una lunga fase di silenzio e rimozione, la Shoah, a partire dagli anni sessanta, iniziò a emergere come «fenomeno storico fondamentale» e «soggetto autonomo nel processo della memoria collettiva» ; da evento marginale della Seconda guerra mondiale e sfumatura di una 225

monolitica prassi nazista di aggressione e violenza per cui le vittime erano tali senza alcuna distinzione, ha assunto progressivamente uno status autonomo, trasformandosi in una vera e propria disciplina – quella degli Holocaust Studies – insediandosi «al centro della memoria occidentale come un momento di svolta nella storia del Novecento» . A partire dagli anni 226

ottanta, dalla seconda metà in particolare, si è cominciato ad assistere a una massiccia produzione scientifica sulle leggi razziali e la deportazione dall’Italia e la questione ebraica ha assunto una posizione di centralità negli studi sul fascismo, entrando rapidamente in qualunque discorso sulla storia del regime fascista e della Seconda guerra mondiale in Italia . 227

Questo ha consentito un enorme incremento delle conoscenze in merito ma, per contro, si è accompagnato allo sviluppo di quella che Enzo Traverso ha definito una «forma di “autismo” metodologico [che] coesiste con il comparativismo intrinseco alla storicizzazione della Shoah» , in virtù del quale l’evento è stato slegato dal contesto storico globale di una guerra 228

totale dispiegata contro categorie di nemici molto eterogenee.

La categoria di unicità attorno alla quale si è costruita la conoscenza della Shoah, se condivisibile sul piano storiografico in quanto ponderato risultato di attenta analisi storica, nell’uso pubblico può diventare problematica perché dato assunto a priori che rischia, come

Kotek, Rigoulot, Il secolo dei campi. Detenzione, concentramento e sterminio. La tragedia del Novecento, cit.

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Sulle riserve in proposito alla definizione «secolo dei campi», semplificazione che «non aiuta lo sforzo euristico di comprensione. Appiattisce vicende, a tratti omologhe ma anche distinte, all’interno di un unico paradigma» si vedano C. Vercelli, Tanti olocausti. La deportazione e l’internamento dei campi nazisti, Giuntina, Firenze 2005, pp. 17-23, (la citazione a p. 17) e Id, Il secolo dei campi? I lager nazisti e i gulag staliniani tra interpretazione e comparazione, in «Asti contemporanea», n. 9, 2003, pp. 13-108.

R.S.C. Gordon, Scolpitelo nei cuori. L’Olocausto nella cultura italiana (1944-2010), Bollati Boringhieri, Torino

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2013, (edizione originale: The Holocaust in Italian Culture, 1944-2010, Stanford University Press, Stanford 2012), pp. 14-15.

E. Traverso, Il secolo armato. Interpretare le violenze del Novecento, traduzione di L. Cortese, Feltrinelli, Milano

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2012, (edizione originale, L’Histoire comme champ de bataille. Interpréter les violences du XXᵉ siècle, La Découverte, Paris 2011), p. 106. Si veda anche Id., Il passato: istruzioni per l’uso. Storia, memoria, politica, cit., pp. 52-60, 79-86.

Si veda Stefanori, La Resistenza di fronte alla persecuzione degli ebrei in Italia (1943-1945), cit., pp. 4-5.

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Traverso, Il secolo armato. Interpretare le violenze del Novecento, cit., p. 106.

sottolineato giustamente da David Bidussa, di produrre un effetto di astoricità e di proporsi come «schermo» a una riflessione di carattere generale . 229

Come ha scritto Valentina Pisanty sulla scia di un concetto elaborato da Giovanni De Luna, la Shoah «riscattata dalla latenza a cui era stata consegnata nell'immediato dopoguerra», ha visto così affermarsi la sua memoria come «paradigma per tutte le altre memorie collettive» . Mentre 230

chiunque sa cosa sia stata la Shoah, pochi ad esempio hanno mai sentito parlare del Porrajmos che in lingua romanes designa le persecuzioni e lo sterminio delle popolazioni sinte e rom cui peraltro non fa cenno nemmeno la legge n. 211 del 20 luglio 2000 che ha istituito in Italia il giorno della memoria, la cui ricorrenza è stata fissata per il 27 gennaio . 231

Anche per quanto riguarda l’internamento ebraico, la deportazione verso lo sterminio, nella sua incommensurabile tragicità, ha oscurato nella prospettiva storiografica, ma anche all’interno della stessa memoria ebraica, le vicende precedenti all’8 settembre.

Enormi progressi si sono registrati nell’ambito della ricostruzione della deportazione ebraica dall’Italia – si pensi al monumentale lavoro di schedatura condotto da Liliana Picciotto della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea –, mentre si è a lungo 232

trascurato il fatto che per molti dei deportati, il percorso di umiliazione e internamento era iniziato ben prima dell’8 settembre 1943 o del successivo ordine di polizia del 30 novembre; prima che – come ha sottolineato Michele Sarfatti – anche in Italia si passasse dalla persecuzione

D Bidussa, Narrazione, rievocazione, rappresentazione. Le domande alla storia e i percorsi di memoria, in Oltre

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la notte. Memoria della Shoah e diritti umani. In occasione degli 80 anni di Elie Wiesel, a cura della Comunità ebraica di Venezia, Giuntina, Firenzae 2009, p. 83.

V. Pisanty, Abusi di memoria. Negare, banalizzare, sacralizzare la Shoah, Bruno Mondadori, Milano 2012. Si

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veda anche Ead., Banalizzare e sacralizzare, in Baiardi, Cavaglion, Dopo i testimoni. Memorie, storiografie e narrazioni della deportazione razziale, cit., pp. 185-194.

P. Bonetti, I nodi giuridici della condizione di Rom e Sinti in Italia, in Id., A. Simoni, T. Vitale (a cura di), La

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condizione giuridica di Rom e Sinti in Italia, vol. I, Giuffrè, Milano 2011, p. 18. Si veda il testo della legge n. 211 del 20 luglio 2000, pubblicato in «Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana», n. 177, 31 luglio 2000. Sul giorno della memoria si vedano Gordon, Scolpitelo nei cuori. L’Olocausto nella cultura italiana (1944-2010), cit. pp. 284-298, D. Bidussa, La politica della memoria in Italia. Appunti sulla storia e la pratica del Giorno della memoria, in «Annali del Dipartimento di Storia», Politiche della memoria, a cura di A. Rossi Doria e G. Fiocco, n. 3, 2007, pp. 89-108, D. Bidussa, Attorno al Giorno della Memoria, in M. Flores, S. Levis Sullam, M.-A. Matard- Bonucci, E. Traverso (a cura di), Storia della Shoah in Italia. Vicende, memorie, rappresentazioni. Vol. II. Memorie, rappresentazioni, eredità, UTET, Torino 2010, pp. 550-567, E. De Cristofaro, L’inquadramento giuridico del passato: memoria della Shoah e legge italiana, ibidem, pp. 337-356, F. Rocchetti, Il simbolo del voto unanime: l'istituzione del "Giorno della memoria" attraverso il dibattito parlamentare, in G. Capriotti (a cura di), Antigiudaismo, Antisemitismo, Memoria. Un approccio pluridisciplinare, EUM, Macerata 2009, pp. 331-346 e F. Focardi, Rielaborare il passato. Usi pubblici della storia e della memoria in Italia dopo la Prima Repubblica, in G. Resta. V. Zeno-Zencovich (a cura di), Riparare Risarcire Ricordare. un dialogo tra storici e giuristi, Editoriale Scientifica, Napoli 2012, pp. 241-271, in particolare p. 268.

L. Picciotto, Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall'Italia (1943-1945), nuova edizione, Mursia, Milano

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dei diritti alla persecuzione delle vite , tanto che alcuni, già da tempo discriminati e privati dei 233

diritti di uomini e di cittadini dalla normativa antiebraica del regime, avevano già alle spalle due anni ininterrotti di internamento perché colpiti dal provvedimento allo scoppio del conflitto. In questo caso non si tratta ovviamente di un uso strumentale finalizzato all’autoassoluzione – si è accennato precedentemente al nocumento recato agli studi storici dal “demone” del confronto – ma semplicemente, nelle esperienze degli stessi ebrei discriminati, internati e deportati, quanto è avvenuto prima dell’8 settembre 1943, in confronto con l’efferata brutalità della persecuzione nazista e della soluzione finale, è stato automaticamente relativizzato ed è passato in secondo piano, ricordato nel complesso positivamente e in alcuni casi queste esperienze hanno assunto addirittura i tratti del ricordo felice; questo è vero sopratutto nel caso degli ebrei stranieri che hanno trovato in Italia un rifugio, quantunque «precario», dalla persecuzione nazista, scappando da condizioni di violenza e segregazione insostenibili, per i quali la parentesi dell’internamento fascista tra il 1940 e il 1943 fu un triennio di tregua, quasi avulso dal continuum che legava la persecuzione subita nei territori occupati dalla Germania e quella subita anche in Italia dopo l’armistizio.

Un esempio in questo senso è la lapide apposta nel 1993 dal dott. Paul Pollak, unico sopravvissuto dei circa cento ebrei internati nel campo di Urbisaglia deportati ad Auschwitz: «Nelle ore grigie ed oscure di Auschwitz abbiamo sempre visto avanti a noi, come un miraggio,

Si veda M. Sarfatti, La Shoah in Italia. La persecuzione degli ebrei sotto il fascismo, Einaudi, Torino 2009 (1ª

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il luminoso giardino dell’Abbadia di Fiastra, in Italia paese di sole e di buona gente. Paul Pollak 8 settembre 1943-1993» . 234

Come ha notato John Foot, i morti «non potevano tramandare alcun ricordo felice del passato» 235

e il fatto che Pollak fu l’unico sopravvissuto degli ebrei deportati da Urbisaglia a Fossoli e poi ad Auschwitz, fa sì che la targa diventi «uno strano modo per ricordare un internamento che portò direttamente tutti, fuorché uno, alla camera a gas» . 236

Anche la storia dell’internamento ebraico è stata dunque per lungo tempo relegata in una posizione marginale nella riflessione sulla storia degli ebrei italiani durante il fascismo; come ha opportunamente evidenziato Michele Sarfatti «in linea generale si può dire che da parte degli ebrei italiani l’internamento è stato vissuto come un episodio tutto sommato minore della propria

La lapide si trova all’interno del giardino, sul muro esterno della foresteria, perpendicolare alla facciata del

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palazzo Giustiniani-Bandini. Il testo della lapide è stato riportato, con qualche imprecisione, anche in Galluccio, I lager in Italia. La memoria sepolta nei duecento luoghi di deportazione fascisti, cit., p. 100. Una foto della lapide si può vedere all’indirizzo [http://www.damjanabratuz.ca/family/urbisaglia2011.htm]. Si tratta del sito personale della Dr.ssa Damjana Bratuž, figlia di Rudolf Bratuž, ex internato nel campo di Urbisaglia, in cui racconta della cerimonia di conferimento della cittadinanza onoraria del Comune di Urbisaglia a lei e a sua sorella l’11 luglio 2011. Si veda in proposito il Verbale di Deliberazione n. 23 del 11 luglio 2011 del Consiglio Comunale del Comune di Urbisaglia. Si veda inoltre R. Cruciani, Campo di concentramento di Urbisaglia Bonservizi all’abbadia di Fiastra, Villa Bandini: Memorie dell’internato Bratuž Rudolf (Bertossi Rodolfo), s.e., s.l. 1998. Il dott. Pollak ha scritto anche un memoriale dedicato alla sua esperienza di internamento a Urbisaglia conservato presso l’Archivio del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, nel fondo Israel Kalk. P. Pollak, Das Konzentrationslager Urbisaglia (Macerata), ACDEC, Israel Kalk, III-IV. Confino e altri campi, b. 3, f. 33. Testimonianze del medico viennese Pollak. Il fascicolo conserva anche la deposizione di Pollak al Comando Sovietico di Cracovia, dal titolo ProtoKoll, rilasciata dopo la sua liberazione da Auschwitz, avvenuta l'8 febbraio 1945 in cui racconta le sue esperienze a Buchenwald, Urbisaglia e Auschwitz. Il fondo Israel Kalk, donato nel 1982 al CDEC dalla moglie Giorgetta Lubatti Kalk, è stato digitalizzato ed è consultabile all’indirizzo [http://www.cdec.it/Fondo_kalk/ default.asp]. Il memoriale è stato pubblicato in diverse occasioni: in una pubblicazione di carattere divulgativo, redatta nel 1993 in occasione di una mostra di posta militare e aggiornata in una nuova edizione nel 2000, opera di un appassionato di filatelia marchigiano Roberto Cruciani, nel 1997 nel volume di Aldo Chiavari dedicato alla liberazione di Macerata e nel 2010 nel volume, curato da Christina Köstner e Klaus Voigt, incentrato sulle esperienze degli ebrei austriaci che scapparono dalla persecuzione nazista rifugiandosi in Italia, R. Cruciani (a cura di), E vennero...50 anni di libertà, (1943-1993). Campi di concentramento, prigionieri di guerra, internamento libero nelle Marche, 1940-1943, Artivisive, Macerata 2000 (1ª edizione, 1993), pp. 29-35, A. Chiavari, L’ultima guerra in Val di Chienti. Il passaggio del fronte e la liberazione nel Maceratese, Sico, Macerata 1997, pp. 195-203, P. Pollak, Il campo di concentramento di Urbisaglia (Macerata), in C. Köstner, K. Voigt (a cura di), «Rinasceva una piccola speranza». L’esilio austriaco in Italia (1938-1945), traduzione di L. Melissari, Forum, Udine 2010, (edizione originale, Österreichisches Exil in Italien 1938-1945, Mandelbaum, Wien 2009), pp. 274-275. Anche la figlia del dott. Pollak, dott.ssa Helga Feldner, arrestata a Vienna e deportata a Theresienstadt, è stata insignita della cittadinanza onoraria dal Consiglio comunale di Urbisaglia nel gennaio 2015. Si vedano S.S. Kalmar, Goodbye Vienna!, Strawberry Hill Press, San Francisco 1987, p. 94 e D.J. Hecht, Jüdische Jugendliche während der Shoah in Wien. Der Freundeskreis von Ilse und Kurt Mezel, in A. Löw, D.L. Bergen, A. Hájková (a cura di), Alltag im Holocaust. Jüdisches Leben im Großdeutschen Reich 1941-1945, Oldenbourg, München 2013, p. 114. Si veda inoltre l’intervista a Feldner realizzata dalla USC Shoah Foundation Institute e pubblicata sul canale YouTube dell’istituto Yad Vashem all’indirizzo [https://youtu.be/4kWEtVZzUUo].

Foot, Fratture d’Italia. Da Caporetto al G8 di Genova. La memoria divisa del paese, cit., p. 206.

235

Ibidem, pp. 206-207.

vicenda complessiva di quegli anni. E forse proprio questa svalutazione ha inciso anche sulla riflessione degli storici» . 237

5. Le prime testimonianze e i tentativi di ricostruzione “a caldo”