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1.2 La risonanza magnetica come tecnica di diagnostica biomedica

1.2.4 Parametri MRI

In questo paragrafo vengono discusse le principali caratteristiche delle im- magini MRI. Il segnale MRI è un segnale analogico che necessita di essere

Figura 1.13: Sequenza di acquisizione 3D dove lungo le due direzioni ortogonali alla direzione di lettura vengono effettuate codifiche di fase [20].

rilevato, campionato e digitalizzato. A tal scopo, il criterio di Nyquist è di fondamentale importanza per minimizzare gli errori che potrebbero portare alla presenza di artefatti all’interno dell’immagine. Infine, il risultato di un esame MRI è una matrice 3D di immagini digitali tomografiche.

Risoluzione spaziale

Il voxel (Volumetric Picture Element) è il più piccolo elemento di volume in un’immagine ed il suo valore rappresenta un singolo campione all’interno di una griglia tridimensionale equispaziata.

Le dimensioni del voxel determinano la risoluzione spaziale: l’altezza del voxel coincide con lo spessore della slice, mentre la parte frontale del voxel è il pixel, la cui lunghezza e larghezza definiscono la dimensione della matrice (vedi Figura 1.14).

Più piccola è la grandezza del voxel e migliore sarà la risoluzione spaziale (ossia il più piccolo dettaglio distinguibile in un’immagine).

La dimensione della parte del corpo in esame è stabilita dall’operatore e l’area della zona da rappresentare è chiamata campo di vista (Field of View, FOV), le cui dimensioni sono definite dal numero di pixel lungo ˆx e lungo ˆy e dalle loro dimensioni:

Figura 1.14: Singola slice da un’acquisizione MRI.

dove la dimensione dei pixel è determinata dallo spazio tra due punti del k–spazio:    dim pixelx= ∆k2πxNx = 1 γGx∆tNx dim pixely = ∆k2πyNy = 1 γ∆GyτyNy (1.84) cioè dipende dall’intensità del gradiente e dall’intervallo di tempo in cui questo viene applicato. Se il prodotto tra questi due termini aumenta, allora la risoluzione spaziale migliora (allo stesso tempo diminuisce la risoluzione temporale e cresce l’energia depositata nel corpo).

La risoluzione spaziale può, quindi, essere definita in funzione del FOV: RS = # di pixelFOV = FOVx

Nx

FOVy

Ny (1.85)

che rappresenta la risoluzione spaziale nel piano. Se consideriamo anche lo spessore della slice ∆z, la risoluzione spaziale diventa semplicemente:

RS = FOVx Nx FOVy Ny ∆z (1.86) Tempo di acquisizione

Il tempo di acquisizione è il tempo necessario per il campionamento del k–spazio per tutto il volume da rappresentare. Se t = T R è il tempo di ripetizione, ossia il tempo che intercorre tra un impulso RF e il successivo (necessario per riempire una linea del k–spazio), allora il tempo di acquisizione

è dato da:

Tacq= T R × Ny (1.87)

Qualora si voglia migliorare il rapporto segnale–rumore (Signal to Noise Ratio, SNR), è possibile ripetere più volte ogni step di codifica di fase. In questo modo otteniamo più di un’acquisizione per ciascuna immagine, e queste vengono poi mediate per eliminare in parte il rumore e migliorare, così,

il SNR. Introducendo il numero di volte in cui la sequenza viene ripetuta, NEX (Number of Excitation), il tempo di acquisizione viene ridefinito come: Tacq= T R × Ny×NEX (1.88)

Osserviamo che il tempo di acquisizione è indipendente dal numero di slice; questo perché una stessa riga del k–spazio può essere acquisita in uno stesso intervallo di tempo TR: diminuendo TR diminuisce anche il numero di slice che è possibile ottenere.

Infine, per un’acquisizione 3D, il tempo di acquisizione deve tener conto anche del numero di codifiche di fase lungo ˆz, pertanto:

Tacq= T R × Ny× Nz×NEX (1.89)

Rapporto segnale–rumore

Nell’ambito della diagnostica per immagini, il termine “segnale” si riferisce all’intensità del voxel. In ogni acquisizione MRI c’è una certa quantità di segnale disponibile che è legata al segnale misurato dalla bobina di ricezione e che dipende dalle caratteristiche del tessuto e dal tipo di sequenza utilizzata. Inoltre, tutte le misure sono caratterizzate da rumore che deriva da fluttuazioni casuali della corrente che influenzano i conduttori presenti che, nel nostro caso, sono rappresentati dalle bobine di ricezione e dai tessuti del corpo del paziente che conducono elettricità.

In una immagine ottenuta tramite risonanza magnetica, ogni singolo voxel contiene una parte di segnale e una parte di rumore casuale; per capire quanto la presenza del rumore influenzi la misura, si introduce il concetto di rapporto segnale–rumore, di fondamentale importanza in MRI: immagini con un basso SNR risultano sfocate rendendo impossibile identificare i vari tessuti, rischiando, così, di perdere i dettagli più fini o quelli con basso contrasto.

Il segnale S(r) proveniente dal voxel è la densità protonica ρ(r) nell’ele- mento di volume ∆x∆y∆z in una certa posizione r dell’immagine ricostruita. Nel caso dei protoni, questo segnale può essere espresso come:

S(r) ∝ ρ0ω0 γ2}2 4kBT B0B⊥(r)∆x∆y∆z = ρ0 γ3}2 4kBT B02B⊥(r)Vvoxel (1.90)

per cui il segnale del singolo voxel è direttamente proporzionale al suo volume, a ρ0B⊥ e a B02. Inoltre, è inversamente proporzionale alla temperatura del

campione.

Le fluttuazioni termiche vengono definite rumore bianco perché si com- portano allo stesso modo per tutte le frequenze all’interno della larghezza di banda del sistema di rivelamento. Il rumore bianco viene tipicamente

descritto da una distribuzione gaussiana la cui deviazione standard, nel caso delle fluttuazioni termiche, è data da [20]:

σT =p4kBT × R × BW (1.91)

dove R è la resistenza efficace (data dalla somma delle resistenze della bobina, delle componenti elettroniche e del corpo del paziente) e BW è la larghezza di banda del sistema di rivelamento:

BWriv =

1

∆t= γGxLx (1.92) con ∆t l’intervallo di campionamento e Lx=FOVx.

Poiché il segnale dell’immagine è legato alla trasformata di Fourier, pos- siamo sfruttare un’importante proprietà per il rumore nel dominio delle immagini: la deviazione standard misurata in un qualsiasi voxel dell’imma- gine è sempre più piccola della deviazione standard del segnale misurato, cioè

σ0 =

σm

pNxNy

(1.93) Il SNR è, quindi, definito dal rapporto tra il segnale del singolo voxel e la deviazione standard del rumore. Ripetendo l’intera acquisizione Nacq volte e

calcolando la media dei segnali ottenuti in ogni acquisizione, aumentiamo il SNR; in particolare se ogni acquisizione è indipendente l’una dall’altra, allora il SNR migliora di una quantità pNacq. Pertanto:

SNR/voxel ∝ pNacq ρ0γ 3 }2 4kBTB 2 0B⊥(r)VvoxelpNxNy √ 4kBT × R × BWriv (1.94) Se ora consideriamo solo i parametri di acquisizione (ossia tutti quei parametri variabili che possono essere scelti per ogni esame MRI), il rapporto segnale–rumore può essere scritto come:

SNR/voxel ∝ pNacq

∆x∆y∆zpNxNy

BWriv

= ∆x∆y∆zpNxNyNacq∆t

(1.95) e dalla definizione del tempo di campionamento Ts= Nx∆t:

SNR/voxel ∝ ∆x∆y∆zpNyNacqTs (1.96)

Da quest’ultima relazione risulta evidente che l’utente può aumentare il SNR scegliendo opportuni valori per il numero di voxel, il numero di acquisizioni o le dimensioni del voxel. In particolare, si osserva come il SNR sia proporzionale al volume del voxel: aumentando il volume aumenta anche il rapporto segnale–rumore perché è maggiore il numero di protoni visualizzati

nel voxel e, di conseguenza, è maggiore il segnale ricevuto; ma allo stesso tempo bisogna considerare che la risoluzione spaziale diminuisce.

In sostanza, lo scopo principale in un esame MRI è quello di trovare un buon compromesso tra risoluzione spaziale, rapporto segnale–rumore e tempo di acquisizione.

In ultimo, consideriamo la dipendenza del SNR dal campo statico B0.

Dall’Equazione (1.90) sappiamo che SNR ∝ B2

0nel limite di piccole dimensioni

del campione. In realtà, la dipendenza del rumore dal campo magnetico statico è molto più complicata e pertanto ne riportiamo solo l’andamento generale: per campi magnetici bassi (B0 ≤ 1.5T) il rumore deriva principalmente

dal magnete e SNR ∝ B7/4

0 ; per campi più elevati, il contributo al rumore

dovuto al campione diventa dominante e SNR ∝ B0. Questa è la ragione

fondamentale per la quale si cerca di utilizzare campi magnetici di intensità sempre maggiore per la MRI.