• Non ci sono risultati.

1.5.1 ALLESTIMENTO SALA PARTO

Circa 10 giorni prima della presunta data del parto occorre aver allestito un’adeguata sala parto dove porre un box parto adatto alla cagna e alla cucciolata in arrivo.

Occorre allestire un ambiente tranquillo, appartato, con superfici lavabili e disinfettabili per il parto e l’allattamento, così da evitare che la femmina scelga luoghi scomodi da raggiungere o da tenere sotto controllo per il proprietario, e con la possibilità di mantenere controllata la temperatura .

Le condizioni ideali di temperatura variano a seconda della settimana post- partum: durante la prima settimana la temperatura corretta sarà di 30- 32°C, durante la seconda di 28-30°C, durante la terza di 24-28°C; dopo la terza di 20-24°C. il tasso di umidità ideale è di 55-60%, per evitare che i neonati si disidratino. La temperatura ideale si potrà ottenere facilmente con lampade ad incandescenza (Majolino, 2010).

Molti allevatori dispongono di un’apposita cassa rispondente a criteri specifici: l’ampiezza deve essere tale da permettere alla cagna di distendersi comodamente lasciando spazio ai cuccioli; lateralmente deve essere delimitata da pareti sufficientemente elevate per impedire l’uscita della cucciolata fino alle 4-6 settimane; devono essere presenti le sponde laterali anti-schiacciamento dei cuccioli. Sul pavimento della cassa verranno

disposti asciugamani, lenzuola, coperte o giornali in modo da fornire un ambiente confortevole e facile da pulire (Mellea, 2005-2006).

Figura 29: Immagine di una cassa parto con fondo lavabile e pareti antischiacciamento. Per gentile concessione

All. Delle Stregonie

Questa cassa dovrà essere sistemata in un ambiente isolato e tranquillo e dovrà essere messa a disposizione della cagna 7-14 giorni prima del parto, per offrirle la possibilità di abituarvisi (Feldman e Nelson, 1998).

1.5.2 FISIOLOGIA DEL PARTO

Durante gli ultimi 5-10 giorni di gravidanza la ghiandola pituitaria fetale rilascia un ormone, l’ACTH (AdrenoCorticoTropic Hormone), probabilmente in risposta a uno stimolo di stress per la crescita ultimata o da ipossia. L’ACTH agisce stimolando a sua volta il rilascio dalle surrenali di corticosteroidi, che agiscono sulla placenta determinando una diminuzione della produzione di progesterone e, in contemporanea, un aumento della

produzione di estrogeni attraverso l’attivazione di sistemi enzimatici aromatasici (questo avviene nelle ultime 12-48 ore) (Feldman e Nelson, 1998; Majolino, 2010).

Il cortisolo materno raggiunge il suo picco ematico il giorno prima del parto.

L’incremento della sintesi e della liberazione di estrogeni con l’avvicinarsi del parto e il contemporaneo calo del tasso ematico di progesterone, esalta la sintesi dei recettori specifici per l’ossitocina a livello dell’utero e la produzione di prostaglandine.

Gli estrogeni sensibilizzano l’utero all’ossitocina, aumentano la contrattilità del miometrio e inducono la sintesi e il rilascio di prostaglandine, che provocano la luteolisi. Proprio grazie all’effetto luteolitico, le prostaglandine causano un ulteriore calo del tasso ematico periferico di progesterone e la conseguente rimozione del blocco operato da questo ormone sul miometrio; all’intensa liberazione di PGF2α, attive anche sulla muscolatura miometriale, farà seguito l’inizio dell’attività contrattile uterina (Concannon et al, 1988).

Le prostaglandine inoltre provocano la liberazione di relaxina, l’ultimo importante ormone coinvolto nel parto, che porterà ad un rilascio della pelvi e delle vie genitali. A questa stessa sostanza è attribuito un ruolo nel mantenimento dello stato di quiescenza dell’utero, soprattutto nelle ultime fasi della gravidanza, nonché nella sensibilizzazione del miometrio all’ossitocina, mediante lo stimolo alla formazione di recettori specifici (Sherwood, 1988).

Probabilmente, in risposta agli estrogeni e alle prostaglandine, ma anche per le contrazioni uterine e per la pressione esercitata dai feti, la cervice si

all’ipotalamo, provoca la secrezione e il rilascio di ossitocina che rinforza e mantiene gli effetti contrattuali delle prostaglandine (Majolino, 2010).

1.5.3 SEGNI PREMONITORI DEL PARTO

Montata lattea: Nelle pluripare si verifica circa una settimana prima del parto, mentre nelle primipare 2-3 giorni prima o ancora più tardivamente.

Rilasciamento vulvare: Il rilasciamento vulvare accompagnato da dilatazione è dovuto alla distensione dei legamenti del bacino e della sinfisi pubica, sotto la spinta degli estrogeni e della relaxina.

Scioglimento del tappo mucoso: Si manifesta con la comparsa di muco filante a livello delle labbra vulvari circa 24-48 ore prima dell’inizio del travaglio; segnala l’avvenuta dilatazione del collo dell’utero.

Abbassamento della temperatura corporea: Circa 18-24 ore prima del parto si ha un abbassamento della temperatura corporea (misurata a livello rettale) della cagna, sotto i 37.5°C (37-36.7°C) e rimane a queste livello poche ore solamente, per poi risalire; occorre misurarla almeno tre volte al giorno per poter essere sicuri di osservare questo fenomeno (Concannon et al, 1977a). Dal declino della temperatura al parto intercorrono solamente 10-24 ore (Linde-Forsberg e Eneroth, 1998). La diminuzione della temperatura corrisponde a 10-14 ore dopo la caduta del tasso ematico del progesterone. Il parto non può avvenire se il progesterone non scende sotto i 2ng/ml (per predire l’inizio del parto può essere utile valutare la progesteronemia, che se sarà sotto i 2ng/ml, indicherà parto nelle 24 ore successive) (Majolino, 2010) (figura 30).

Figura 30: il miglior segno di imminenza del parto nella cagna è la marcata caduta della temperatura rettale.

Durante l’ultima settimana di gravidanza, la temperatura fluttua perché il rilascio di prostaglandine causa una caduta transitoria del progesterone plasmatico periferico, che ha effetto termoregolatore. Durante la prima fase del travaglio la diminuzione di temperatura è più pronunciata ed entro 12 ore dal raggiungimento del valore inferiore e prima che la temperatura torni ai valori normali la cagna dovrebbe trovarsi nella seconda fase del travaglio (England and Von Heimendahl, 2013).

Contrazioni uterine: Le contrazioni uterine non sono apprezzabili visivamente anche se compaiono già da metà gravidanza come contrazioni lente e moderate. Contemporaneamente al brusco calo di progesterone (24- 48 ore prima del parto) si può notare una diminuzione nel loro numero e nella loro durata ed un aumento dell’intensità.

Perdite vulvari: Perdite vulvari di colore verde scuro (uteroverdina) testimoniano l’avvenuto distacco placentare e indicano che l’espulsione dei cuccioli è imminente.

Comportamento: prima dell’inizio del parto la cagna aumenta il livello di attività e si prepara “il nido” (Lamm and Makloski, 2012).

1.5.4 PRIMO STADIO: RILASSAMENTO E DILATAZIONE

DELLA CERVICE

È lo stadio caratterizzato da contrazioni uterine e dalla dilatazione della cervice. Non è facilmente riconoscibile dal comportamento dell’animale che, di solito, appare più nervosa, agitata, anoressica, si apparta, scava e può avere episodi di vomito (Majolino, 2010; Lamm e Makloski, 2012).

L’utero si contrae: le contrazioni del miometrio si presentano ad intervalli regolari, sempre più ridotti, determinando un energico aumento della pressione intra - cavitaria. Queste contrazioni non sono visibili dall’esterno, il proprietario rileva tremori ed un’aumentata frequenza respiratoria. Lla cagna può spesso presentarsi inquieta, nervosa, anoressica, con tremiti, affanno o vomito (Concannon et al, 1989).

Questo primo stadio dura circa 6-12 ore, ma la durata è influenzata dal carattere dell’animale, soggetti più agitati e nervosi prolungano questa fase anche fino a 36 ore (Linde-Fosberg e Enroth, 1998; Johnston et al., 2001).

1.5.5 SECONDO STADIO: ESPULSIONE DEI FETI

La durata media della fase espulsiva è di circa 3-6 ore ma può arrivare tranquillamente a 24-36 ore in caso di cucciolate numerose (Wykes e Olson, 1993).

Questa fase ha inizio quando la cervice è completamente dilatata; la transizione dal primo al secondo stadio è difficile da apprezzare ed è in parte dipendente dall’impegnarsi della testa del feto nel canale utero- vaginale.

Prima dell’espulsione del primo cucciolo può comparire una sacca piena di liquido piuttosto trasparente chiamata sacco allantoideo; la rottura di tale

sacca comporta la “rottura delle acque” e da questo momento alla nascita del primo cucciolo può passare un periodo di tempo che va da pochi minuti a 3-12 ore.

La cagna in genere è coricata o in posizione come se dovesse defecare, si volta ripetutamente per ripulirsi poiché dalla vulva si hanno perdite intermittenti di fluidi; questa posizione aumenta la pressione endo - addominale ed in genere provoca contrazioni ripetute e vigorose. Dall’esterno è possibile rilevare le contrazioni dei muscoli addominali che accompagnano l’espulsione di ogni singolo feto.

Ogni cucciolo, grazie ai propri movimenti spontanei, alle contrazioni uterine ed addominali, stimolate dal suo passaggio attraverso il collo dell’utero (riflesso di Ferguson) avanza nelle vie genitali e si presenta a livello delle labbra vulvari contenuto all’interno del sacco amniotico.

La madre rompe coi denti il sacco amniotico nel momento in cui il cucciolo è stato partorito, lo pulisce leccandolo vigorosamente e stimolando al tempo stesso il respiro, inoltre reciderà dei denti il cordone ombelicale, facendo emostasi e mangerà la placenta. Se ciò non avviene sarà compito del clinico, entro 2 minuti dalla nascita, liberare il cucciolo dagli invogli fateli, asciugando bene le narici dal liquido amniotico, per facilitare il primo atto respiratorio.

Normalmente i cuccioli vengono partoriti ogni 20-60 minuti; una pausa di superiore alle 4 ore deve far preoccupare (Majolino, 2010).

Nascite successive alla prima sono spesso annunciate da un breve ritorno al comportamento agitato del primo stadio, che cessa non appena il feto successivo è impegnato.

La sequenza delle espulsioni può avere andamento irregolare nel tempo, in quanto, spesso, la cagna tenderà ad espellere un certo nel numero di feti, per arrestarsi temporaneamente prima di riprendere la normale contrattilità uterina. Una sequenza caratteristica è quella in cui vengono

espulsi due o tre cuccioli a distanza di 10-30 minuti con una fase di riposo di 1-3 ore prima di ripetere il processo (Van der Weyden et al, 1981).

Sia la presentazione anteriore che posteriore nella cagna sono normali (Roberts, 1986). La presentazione podalica (circa il 40% dei cuccioli) presenta qualche difficoltà in più: la fase espulsiva può durare di più ed essere più difficoltosa; a volte è necessario aiutare il passaggio del cucciolo esercitando una piccola trazione durante le contrazioni della madre con movimenti oscillatori laterali e facendo compiere al cucciolo una traiettoria curvilinea verso il posteriore della cagna, non verso la coda, seguendo l’andamento curvilineo del canale del parto (Johnston, 1986; Linde-Forsberg e Enroth, 1998; Noakes etal., 2001).

1.5.6 TERZO STADIO: ESPULSIONE DELLE PLACENTE

Coincide con l’espulsione delle membrane fetali e si alterna in maniera più o meno regolare con il secondo stadio.

I cuccioli possono essere partoriti con le membrane intatte o attaccati semplicemente con il cordone ombelicale alla placenta, che rimane nelle vie genitali. In quest’ultimo caso la placenta sarà espulsa separatamente, prima o assieme alle successive nascite.

La placenta, normalmente segue di 5-15 minuti l’espulsione del singolo cucciolo, anche se, talora, alla nascita di due cuccioli consegue l’espulsione in successione delle due placente (Wykes e Olson, 1993).

La placentofagia costituisce un comportamento normale (Feldman e Nelson, 1998). È controverso se lasciare mangiare tutte le placente alla madre, anche se si è supposto che gli ormoni placentari possano aiutare l’involuzione

uterina e la produzione di latte. È probabilmente sconsigliabile lasciare mangiare tutte le placente in caso di cucciolate numerose (Majolino, 2010).

La fine del parto è segnalata solamente dal fatto che la cagna si tranquillizza e accudisce la cucciolata; è bene palpare l’utero per accertarsi che non vi siano rimasti feti e, eventualmente se sussiste il dubbio, effettuare una ecografia o radiografia in posizione latero-laterale.

Quando il parto è terminato una singola dose di ossitocina (5-15 UI i.m.) è una precauzione per assicurare una rapida involuzione uterina e l’espulsione di placente o invogli fetali eventualmente rimasti in utero ed inoltre stimola la produzione di latte da parte della ghiandola mammaria (Majolino, 2010).

Intervallo fra le nascite

L’intervallo fra le nascite in un parto normale, non complicato è di 5-120 minuti. L’espulsione del primo feto è in genere la più lunga. Nell’80% dei casi i feti vengono partoriti alternativamente dai 2 corni uterini. Durante il parto di una cucciolata numerosa, la cagna può interrompere le spinte e riposarsi per più di 2 ore tra la nascita di 2 feti consecutivi, dopodiché ricomincia il secondo stadio del parto seguito ancora dal terzo stadio, fino alla nascita di tutti i cuccioli (England and Von Heimendahl, 2013).

Completamento

Il parto è in genere completo entro 6 ore dall’inizio del secondo stadio del travaglio ma può durare fino a 12 ore. Non si dovrebbe mai consentire una durata superiore a 24 ore a causa dei rischi sia per la cagna che per i feti (England and Von Heimendahl, 2013).

1.5.7 ASSISTENZA AL PARTO E SUE COMPLICANZE

Monitoraggio stato di salute dei cuccioli

Il parametro più attendibile da prendere in considerazione, per valutare lo stato di salute fetale o meglio il grado di sofferenza al termine della gravidanza, è il rilievo della frequenza cardiaca fetale, mediale ecografia addominale della madre.

Una frequenza cardiaca normale deve essere superiore a 200 bpm (battiti per minuto); una frequenza inferiore a 200 indica già sofferenza fetale (se fra 180-200 può essere compatibile con un parto che avviene nelle 24 ore successive); una frequenza sotto 180 bpm prevede un cesareo se non inizia il parto entro le 12 ore. Una frequenza sotto 160 bpm non lascia molte speranze per la sopravvivenza dei cuccioli anche con un cesareo eseguito nell’immediato (Davidson, 2006a; Davidson, 1998).

Inerzia uterina primaria

È caratterizzata dall’incapacità di espellere feti attraverso il canale del parto che non presenta anomalie se non per un’incompleta dilatazione della cervice. La causa esatta non è del tutto chiara ma sembra che possano influire diversi fattori quali: cause di tipo meccanico, ormonale, anatomico e genetico.

Si parla di inerzia uterina primaria completa quando non sono presenti segni del secondo stadio del parto, ovvero lo stadio espulsivo; possono essere presenti perdite vaginali da lochiazioni, verdastre (segno clinico che denota un distacco placentare), in assenza di contrazioni uterine espulsive o con contrazioni deboli, infrequenti e improduttive. L’atonia può presentarsi

L’inerzia uterina è più frequente in cagne obese e/o anziane, come pure per l’eccessiva distensione dell’utero dovuta a un numero elevato di feti o a un feto macrosomico, ma anche per patologie sistemiche quali l’ipocalcemia, un’infezione uterina, la setticemia, un’inadeguata nutrizione o un trauma.

In cagne con inerzia uterina occorre sempre valutare il calcio sierico e la glicemia (Majolino, 2010).

Inerzia uterina secondaria

È dovuta a ostruzione, di origine fetale o materna, che porta alla perdita di contrattilità della muscolatura dell’utero:

Torsione dell’utero: evenienza rara per cui un feto, o più di uno, non possono essere espulsi (a seconda della sede della torsione);

Ernia inguinale o perineale: cedimento dei muscoli inguinali o del perineo, per cui l’utero gravido, o una porzione di esso, può erniare al di fuori della cavità pelvica con impossibilità di espellere i feti;

Rottura dell’utero: condizione rara (soprattutto in soggetti anziani con contrattilità uterina protratta e incapacità di espellere i feti) data da rottura della parete uterina e passaggio di un feto, o più di uno, in cavità addominale con impossibilità di espulsione (può associarsi a peritonite);

Anomalie di conformazione uterina: in letteratura è stata riportata un’anomalia uterina data da un corpo uterino e primi tratti delle corna, che formano un sottile tubo fibroso di circa 1 cm di diametro;

Distocia per ostruzione: più frequenti ma sempre rare sono le anomalie riportate a carico della vagina o della vulva. Si possono osservare setti fibrosi che bipartiscono il canale del parto o la presenza di bande di tessuto fibroso, che costituiscono un impedimento alla progressione fetale. Di solito queste condizioni sono di ostacolo alla monta naturale e

basta un’ispezione vaginale nel caso di inseminazione artificiale per renderle evidenti (Majolino, 2010).

Figura 32: Distocia per malformazione vaginale. Banda di tessuto connettivo che bipartisce il canale vaginale

ostacolando la nascita del cucciolo (Majolino, 2010).

Distocia per cause fetali

La presentazione, la posizione e/o la postura dei cuccioli durante il parto possono predisporre alla distocia. Il 60% dei cuccioli viene partorito in posizione craniale longitudinale e il restante 40% in posizione caudale longitudinale.

La presentazione trasversa è piuttosto rara e, di solito, è associata a una presentazione bicorne di un singolo feto, ovvero un posizionamento a livello della biforcazione dell’utero con la testa e le zampe anteriori che si accrescono in un corno uterino e le zampe posteriori e coda nell’altro corno. Tale presentazione si traduce in ostruzione del canale del parto.

testa: la morte fetale, prima dell’avere impegnato il canale del parto, predispone alla distocia di tipo ostruttivo.

Figura 33: Posizioni fetali nel canale del parto: a) posizione cefalica eutocica; b) posizione podalica eutocica; c)

presentazione cefalica distocica con arti sotto di se; d) presentazione podalica distocica con arti sotto di se; e) presentazione cefalica distocica con testa piegata di lato; f) presentazione cefalica con ventro-flessione della testa; g) posizione distocica con feto ripiegato su se stesso (Majolino, 2010).

Posizioni fetali associate a distocia: zampe anteriori flesse sotto il torace in posizione craniale; con le zampe posteriori flesse sotto l’addome in posizione caudale; con la testa ruotata lateralmente; con la testa flessa

ventralmente sotto il torace (sono possibili alcune manovre ostetriche ma limitate a seconda della dimensione del soggetto).

Figura 34: Manovra per favorire l’espulsione di un cucciolo in posizione cefalica e podalica (Majolino, 2010).

Sviluppo fetale anormale: idrocefalo, cucciolo edematoso o anasarca (soprattutto in Bulldog Inglese) e difetti di sviluppo (zampe supplementari, ernia addominale, ernia toracica), sono associati a distocia (Majolino, 2010).

1.5.8 GRAVIDANZA PROLUNGATA OLTRE IL TERMINE

La durata della gravidanza della cagna è di 63±1 giorni dal momento dell’ovulazione (giorno in cui il progesterone è compreso fra 5 e 8 ng/ml). Un

ed occorre fare un controllo della fattrice per valutare le cause di tale ritardo e lo stato di salute dei cuccioli.

La diminuzione della temperatura sotto i 37.5°C indica l’avvenuta luteolisi (termine di gravidanza), mentre il repentino calo del progesterone (sotto i 2 ng/ml) segnala che la cagna dovrebbe partorire entro 24 ore.

In due diversi studi, rispettivamente il 59% e il 48% delle cagne con distocia e/o gravidanza prolungata avevano gestazioni con un singolo feto: sembra che un singolo feto non sia sufficiente a stimolare adeguatamente, dal punto di vista ormonale, le contrazioni uterine necessarie per l’espletamento di un parto normale in tempi normali (Thuròczy, 2006; Davidson, 2006; Freshman, 1998).

In caso di gravidanza prolungata oltre il termine, calcolato dal giorno dell’ovulazione, il trattamento indicato è rappresentato dal taglio cesareo se i battiti scendono sotto i 180 bpm e il liquido amniotico è scarso (Majolino, 2010).

1.5.9 PUERPERIO

Nel corso del puerperio, periodo post-partum, la cagna, dopo ore di travaglio, può presentarsi con esaurimento fisico, disidratazione, squilibri acido-base, ipotensione, ipocalcemia, ipoglicemia o una combinazione di queste condizioni. E’ normale la presenza di un lieve aumento della temperatura rettale, fino a 39°C per alcuni giorni; tuttavia la temperatura non dovrebbe superare i 39,5°C, poiché la presenza di febbre è il risultato di un processo patologico dell’utero, ritenzione placentare o metrite, o della mammella, mastite (England and Von Heimendahl, 2013; Majolino, 2010).

Durante questo periodo l’utero incorre in una fase di riparazione tissutale, terminata la quale giunge ad una condizione di tipo anestrale, ritornando a dimensioni ridotte e preparandosi allo stadio proestrale successivo. Questa fase di riparazione richiede dalle 4 alle 6 settimane nel corso delle quali possiamo osservare uno scolo verde o marrone - rossastro scuro, definite lochiazioni. Nella prima settimana le sedi di inserzione placentare presenteranno una superficie ruvida, granuleggiante, rivestita di muco e sangue; dalla quarta settimana appariranno di dimensioni ridotte con rivestimento mucoso chiaro. Se persiste uno scolo ematico per più di 6 settimane si deve sospettare una sub - involuzione dei siti placentari. Il processo riparativo sarà completato solo dopo 3 mesi (Albassam et al, 1981; England and Von Heimendahl, 2013; Majolino, 2010).

2. INFERTILITA’ NELLA CAGNA E

Documenti correlati