Il nuovo ruolo del Private Equity nel panorama industriale italiano
3.2 Il passaggio generazionale e il ruolo del private equity Come noto, le imprese familiari sono il fulcro dell’industria italiana Esse
possono essere definite come quelle in cui «il capitale sociale e l’attività di gestione risultano controllati da un’unica famiglia o da più famiglie collegate tra loro da vincoli di parentela, di stretta affinità, o da solide alleanze»77. Per quanto
Politecnico Innovazione , consorzio della Fondazione Politecnico di Milano che dal 2000 al 2007
ha fornito alle piccole e medie imprese servizi avanzati per l'innovazione tecnologica;
Assotec Scarl , società di Assolombarda e Camera di Commercio di Milano che dal 1998 al 2007 ha assistito le piccole e medie imprese nei progetti di innovazione tecnologica.” Dal sito www.provincia.milano.it
77 Corbetta G., (1995), Le imprese familiari. Caratteri originali varietà e condizioni di sviluppo, Egea,
76 riguarda le forme di governance è possibile individuare quattro modelli principali:
Controllo assoluto: esercitato da un solo soggetto che dispone della maggioranza dei diritti di voto;
Controllo familiare: se la maggioranza dei diritti di voto è nelle mani di più soggetti di una stessa famiglia che partecipano congiuntamente al controllo e delegano la gestione ad uno o più membri delle famiglia stessa;
Controllo di coalizione: esercitato da più soggetti proprietari (nessuno con la maggioranza dei voti), legati da patti di sindacato o accordi formali; Controllo a supervisione: quando vi è quasi una separazione tra controllo e
proprietà. I proprietari effettuano il controllo, mentre la gestione è affidata a manager.
Esse presentano innegabili punti di forza, quali la stabilità della proprietà, l’orizzonte temporale di lungo periodo della famiglia, la convergenza tra obiettivi della proprietà e del management e la forte motivazione dei manager e dei collaboratori. Inoltre un sondaggio della PricewaterhouseCoopers (PwC)78 del 2012 sui Family Business mostra come le aziende a gestione familiare risultino in tutto il mondo “profitable, resourceful, and confident about the future”, quindi va da sé che investire nelle imprese a gestione familiare sia una scelta ragionevole ed appropriata in questo contesto economico.
La molteplicità dei modelli di governance ci riconduce ad un problema fortemente sentito, soprattutto negli ultimi anni e in specie in Italia, ossia il passaggio generazionale, dipendente ovviamente anche dai vari modelli illustrati. Come già accennato in precedenza i dati riguardanti il passaggio generazionale in Italia sono molto rilevanti:
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Leader nel settore dei servizi professionali alle imprese con particolare riferimento alla revisione ed organizzazione contabile, ai servizi di consulenza direzionale e di supporto alle operazioni di finanza straordinaria, alla consulenza fiscale e legale. PwC opera in 158 paesi nel mondo con oltre 169.000 professionisti. In Italia è presente in 21 città con oltre 3.000 collaboratori, che si impegnano ogni giorno combinando ampie capacità professionali a livello internazionale con la conoscenza dei mercati locali. I principali settori dove i nostri clienti operano sono: servizi finanziari, prodotti industriali e beni di
consumo, tecnologia, media e telecomunicazioni, energia e utilities, settore pubblico e sanità. Dal sito
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Tabella 2: Percentuale delle imprese familiari e dei loro addetti sul totale di
imprese e dipendenti %
Imprese familiari 92,9
Dipendenti di imprese familiari 79,3
Fonte: Università Bocconi su dati Istat 1996 e Banca d’Italia. Tabella 3: I dati del passaggio generazionale in Italia
Imprenditori con più di 60 anni 43% del totale Imprenditori familiari coinvolti ogni
anno nel passaggio generazionale
80.000
Numero di imprese che nei prossimi anni dovrà affrontare il problema
40% del totale
Presenza di un discendente nel gruppo di comando dell’azienda
70% del totale
Imprenditori che manifestano l’intenzione di lasciare l’impresa ad
un familiare 68% del totale
Aziende che scompaiono al passaggio alla seconda generazione
50% del totale
Aziende che superano la terza generazione
15% del totale
Imprenditori che considerano il passaggio generazionale un fenomeno gestibile con grandi difficoltà o impossibile da gestire
80% del totale
Aziende che hanno già definito accordi per la successione
20% del totale
Fonte: Unione Fiduciaria S.p.A. 2006
Durante il passaggio generazionale l’equilibrio familiare può essere messo a dura prova ma se gestito strategicamente, può davvero rivelarsi un’occasione per la crescita dell’azienda. È necessario quindi saper affrontare in anticipo questo momento cruciale per la vita aziendale, attraverso un piano strategico, poiché la successione è un passaggio delicato nell'evoluzione dell'impresa e si può essere tentati di rinviare ogni discussione. É fondamentale prevedere come il processo di transizione probabilmente si evolverà, in modo da poter iniziare a prepararsi il
78 più presto possibile. È necessario avere una visione a lungo termine per il futuro dell’azienda e una strategia per raggiungere tale obiettivo, e anche se questa sarà inevitabilmente strettamente legata con gli obiettivi personali dell’imprenditore, è importante tenere le due cose separate. Innanzitutto va considerato che il processo successorio può essere inquadrato in tre differenti situazioni:
Erede unico: è l’eventualità meno problematica, infatti non vi è la necessità
di spartire tra più eredi l’azienda, ma vi è il passaggio diretto e completo della proprietà. L’unico rischio sorge nel caso in cui l’erede non abbia le capacità o l’intenzione di continuare l’attività imprenditoriale. A quel punto ci sono due soluzioni alternative: o la vendita dell’azienda a terzi oppure la proprietà resta in mano all’erede, ma la gestione viene affidata a manager professionisti.
Più eredi in competizione: quando ci si trova in questa situazione si parla
della cosiddetta “deriva generazionale”, caratterizzata dallo “sfilacciamento” dei rapporti familiari e dal raffreddamento del legame azienda-famiglia. Infatti in presenza di più eredi, magari con differenti quote azionarie, il problema che si pone è la tendenziale frammentazione proprietaria, dei diritti e dei poteri, con possibili differenti pretese dei singoli. Ci si può trovare nel caso in cui alcuni eredi desiderano liquidare la quota e non occuparsi dell’azienda, altri che vogliono restare soltanto azionisti senza occupare ruoli di gestione, e altri, invece, interessati proprio alla gestione. Ovviamente, oltre al problema delle competenze, si può evidenziare un problema di conflitto fra le esigenze dei vari eredi e di interessi contrastanti. In questo caso la possibile soluzione potrebbe essere, per le società di capitali, la creazione di una holding di famiglia a gestione professionale, gestita appunto da manager e professionisti esterni, affinché l’azienda sia guidata in modo imparziale ed efficiente.
Assenza di eredi: l’assenza può essere dovuta per mancanza effettiva di un
erede legittimo, oppure per incapacità o disinteressamento dell’erede. In entrambi i casi la soluzione più ovvia è la cessione a terzi, che comunque lascia l’imprenditore insoddisfatto.
79 Quindi le possibili soluzioni ai problemi di successione sono varie: si può parlare come abbiamo già detto di holding di famiglia a gestione professionale, del trust, dei patti di famiglia, oppure del family buy out, con la presenza di un investitore professionale.
La holding di famiglia oltre a dare la possibilità di gestire accuratamente il passaggio generazionale, consente di dirimere le eventuali controversie tipiche di una conduzione familiare. L’interposizione della holding professionale ha la finalità di rendere trasparenti ed imparziali i rapporti tra la famiglia e le società operative. Con il termine holding si definisce una società di capitali la cui attività tipica è quella di acquisire e detenere partecipazioni in altre società. Più in particolare, la holding di famiglia si caratterizza per i seguenti aspetti:
i soci sono membri di una stessa famiglia;
il controllo è concentrato nelle mani del fondatore, che conferisce nella holding le proprie partecipazioni detenute nelle società operative, e degli eredi, che acquisiscono quote del capitale della holding;
le partecipazioni detenute consentono di controllare in modo unitario la/le società operativa/e appartenenti allo stesso nucleo familiare.
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Schema 3: Holding di famiglia a gestione esterna
Gestione operativa
Fonte: Cardascia D. G., Passaggio generazionale: patti di famiglia e investitori istituzionali, su Amministrazione & Finanza, 10/2006, p. 62.
Al momento della successione, nel caso di conflitti tra eredi, la holding può essere affidata a figure esterne indipendenti e professionali che, disponendo di autonomia nell’amministrazione dei beni e nella scelta delle figure professionali a cui affidare le società operative, fanno in modo che il passaggio generazionale risulti fluido e il reperimento di mezzi finanziari meno complicato. La scelta della holding risulta vincente non soltanto a livello teorico, ma, da dati recenti, si può notare come negli ultimi dieci anni la quota di aziende familiari di medie e
Azionisti esterni Capitalisti Azionisti liquidati Valori mobiliari Brevetti e marchi HOLDING DI FAMIGLIA a gestione esterna Azionisti Imprenditori C/C bancari Immobili Società off-shore Aziende operative
81 grandi dimensioni (con un fatturato di almeno 50 milioni di euro) controllate da una holding è aumentata dal 32% al 38%, sulla spinta dei vantaggi in termini di redditività (il ROE delle aziende controllate è del 5,4%, contro il 4,5% delle altre) e di capacità di rimborso del debito (il rapporto Pfn/Ebitda è di 6,6, contro 5,6)79.
L’altra eventualità è il trust, istituto di origine inglese80
definito come “l’insieme
dei rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente, (...) qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o
per un fine specifico”81 nel quale sono coinvolti quattro soggetti:
Il settlor (costituente): tramite un atto di disposizione trasferisce l’intestazione di un bene o di un patrimonio nel fondo del trust;
Il trustee: è una figura con una funzione fiduciaria. Viene nominata dal settlor e deve amministrare e gestire il bene secondo le regole del trust fino a quando il bene non verrà ceduto al beneficiary;
Il beneficiary (beneficiario): è il soggetto a favore del quale è stato istituito il trust, e che, a tempo debito, beneficerà del bene o del patrimonio.
Il protector (supervisore): è una figura eventuale, di solito una persona di fiducia del settlor, che ha l’incarico di vegliare sull’operato del trustee.
Il trust è entrato nel nostro ordinamento soltanto nel 1989, in seguito alla legge di ratifica n. 364 della Convenzione dell’Aja, ma di recente, con l’introduzione dell’art. 2645-ter del codice civile, si è diffuso l’utilizzo di questo strumento molto duttile ed adattabile. Infatti il trust può essere utilizzato nel caso di successione in cui vi siano eredi ancora non pronti per il passaggio di consegne, vuoi per motivi anagrafici o di scarsa formazione tecnico-manageriale. Spostando ad una data futura l’effettivo trasferimento di proprietà è così possibile identificare il miglior sostituto o magari preparare sul campo i futuri eredi.
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Dalla ricerca Le holding dei gruppi italiani a controllo familiare, del 2012 di Guido Corbetta, Alessandro Zattoni e Fabio Quarato della Cattedra AIdAF-Alberto Falck di Strategia delle aziende familiari della Bocconi in collaborazione con Ernst & Young. La ricerca analizza tutte le aziende familiari italiane con fatturato superiore ai 50 milioni di euro, utilizzando il database dell’Osservatorio AUB.
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Il trust è nato nei Paesi di Common Law in epoca medioevale come mezzo per superare i limiti che il sistema giuridico feudale inglese poneva nei confronti di feudatari e dei monaci cristiani.
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Schema 4: Organizzazione di un trust
Fonte: Cardascia D. G., Passaggio generazionale…, op. cit.
L’imprenditore, alternativamente, può decidere in anticipo come gestire il momento della successione, grazie all’introduzione nel nostro ordinamento
Trustee Disponente Azionisti Imprenditori Azionisti esterni Capitalisti Aziende operative Società off-shore Immobili Brevetti Marchi Protector Controllore Azionisti liquidati Beneficiary Legittimario Trustee
83 dell’articolo 768-bis82
sui cosiddetti patti di famiglia. Prima di questo articolo, per disposizione del legislatore, il bene impresa era posto sullo stesso piano degli altri beni mobili ed immobili nell’ambito delle successioni, così che il passaggio generazionale, a causa del vecchio divieto di patti successori, poteva avvenire soltanto in seguito alla dipartita dell’imprenditore. I patti di famiglia sono contratti con i quali l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda ad uno o più discendenti. Questi contratti non sono altro che “l’insieme di principi e regole, condivisi e sottoscritti da familiari soci, che possono riguardare alcuni o tutti gli aspetti del rapporto famiglia-impresa, le scelte possono riguardare anche temi come la missione imprenditoriale della famiglia, la visione di sviluppo dell’impresa, la trasferibilità delle quote all’esterno e all’interno della famiglia, i criteri di valutazione delle quote stesse…”83
. Si può, quindi, evidenziare che l’introduzione dei patti di famiglia abbia l’obiettivo di rendere il passaggio ai vertici di un’impresa il frutto di un processo decisionale meditato in anticipo, mirato a creare le condizioni ideali perché la titolarità dell’impresa “passi” da una generazione all’altra, senza pregiudicare la competitività né la coesione e l’armonia della famiglia. Infatti se questo momento viene gestito per tempo e condiviso all’interno della famiglia e dell’impresa è possibile evitare tutta una serie di conflitti. Ovviamente non è la soluzione perfetta, ma si presta a dare maggiore chiarezza ai ruoli all’interno dell’azienda e più razionalità alla gestione del cambiamento. Evidentemente i patti di famiglia non risolvono tutte le questioni, ed in particolare quelle relative alla liquidazione dei soci non più interessati alla gestione. É raro che l’azienda possieda le risorse economiche necessarie a far fronte a queste esigenze e, di conseguenza, è necessario aumentare il peso e la qualità delle fonti esterne di finanziamento e managerialità. Il capitale di rischio, a mio parere, può facilitare le imprese ad affrontare il passaggio generazionale o almeno a superare alcuni problemi da
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“È patto di famiglia il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti.” Dal Codice Civile.
83 Alessi M. e Montemerlo D., (2000), I patti di famiglia: uno strumento di buon governo per le imprese
84 esso derivanti, come per esempio la volontà di alcuni membri della famiglia di acquisire il controllo dell’azienda, nonostante la penuria di mezzi finanziari. D’altronde il ruolo del capitale di rischio sembra essere proprio quello di supporto e spinta alle imprese valide e con elevate potenzialità di sviluppo, quindi è ovvio che, anche nel caso delle imprese familiari, esso possa svolgere un sorta di ruolo di “selezionatore” degli imprenditori meritevoli di essere sostenuti, escludendo quelli non idonei a guidare l’azienda. La presenza di un investitore esterno, non invischiato nelle vicende familiari, e con un buon grado di autonomia decisionale, come può essere appunto un investitore di private equity, può svolgere un ruolo cruciale nel momento del passaggio generazionale. Ovviamente le aziende oggetto delle attenzioni di questi investitori devono mostrare delle caratteristiche tali da far si che l’azienda possa affermarsi nell’attuale scenario economico. Quindi devono essere solide, profittevoli e con prodotti o servizi affermati sul mercato. Nel caso in cui l’azienda decida di sostituire i soci non più interessati con finanziatori esterni alla famiglia, la tecnica finanziaria più utilizzata è quella del family leveraged buy out (FLBO). Si tratta di un’operazione attraverso la quale l’investitore rileva o partecipa al rilevamento di imprese familiari, utilizzando la tecnica, già descritta, del leveraged buy out. La scelta dell’azienda da finanziare dipenderà da alcuni fattori e requisiti, quali:
Consistente quota di mercato: non è necessario che sia leader del settore, ma che abbia una buona posizione e che goda di un vantaggio competitivo, magari dato dal possesso di un prodotto o servizio maturo;
Presenza di un reddito positivo: è auspicabile che vi sia una costanza dei cash flow, così da avere una migliore capacità di rimborso dei debiti finanziari;
Basso livello di indebitamento: è ovvio che per attuare un’operazione di LBO è necessario che l’azienda non presenti una situazione di forte indebitamento, e nemmeno la presenza di passività potenziali;
85 L’operazione di FLBO risulta efficace sia quando vi è la mancanza di eredi, sia quando il controllo è disperso tra più componenti. Tale soluzione consente, quindi, di effettuare interventi di “sfoltimento” al fine di contenere la “deriva generazionale”, e di reperire i mezzi finanziari necessari agli acquirenti. L’imprenditore riesce così ad assicurare alla propria azienda la massima continuità gestionale, indispensabile per una crescita stabile ed equilibrata, ed in più a rafforzare e stabilizzare l’assetto societario. L’investitore non si limita a portare capitali di sostituzione, ma contribuisce, appunto, alla riorganizzazione della compagine azionaria, spesso ridisegnando la struttura societaria in relazione alle esigenze della proprietà e della gestione. “L’investitore istituzionale spinge verso la trasparenza e la funzionalità, oltre a rafforzare l’operato di quegli esponenti della proprietà che dimostrano di avere maggiori competenze manageriali. Inoltre questo è spesso il primo passo per liberare energie all’interno dell’impresa, che portano poi a successivi sviluppi dove nuovamente l’investitore istituzionale può avere un ruolo sia come finanziatore che come socio attivo interessato alla massima creazione di valore nell’impresa84”.