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ASTROCITI: RUOLO PATOLOGICO

PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE

- Alzheimer. La malattia di Alzheimer (AD) è una patologia neurodegenerativa cronica e progressiva, che si sviluppa molto prima della sua manifestazione clinica; l’eziologia rimane tutt’ora sconosciuta (vedi Verkhratsky et al., 2016, e referenze ivi riportate). A livello istopatologico, la malattia è caratterizzata dalla comparsa di placche senili, formate dall’accumulo extracellulare di β-amiloide, e da grovigli neurofibrillari intraneuronali costituiti dalla proteina tau fosforilata (Selkoe, 2001). Le trasformazioni morfologiche e funzionali degli astrociti si verificano già negli stadi precoci della patologia e risultano principalmente caratterizzati da atrofia, mentre il numero degli astrociti rimane inalterato (Beauquis et al., 2014; Kulijewicz-Nawrot et al., 2012; Olabarria et al., 2010; Verkhratsky et al., 2010; Yeh et al., 2011). Gli astrociti atrofici perdono la capacità di adempiere alle loro essenziali funzioni omeostatiche, innescando quindi una profonda e irreversibile catena di cambiamenti patologici nel cervello che sfociano nel tempo in un indebolimento dei contatti sinaptici e in un precoce deficit cognitivo (Verkhratsky et al., 2016). Gli astrociti hanno anche un ruolo importante nella sinaptogenesi e nel mantenimento delle sinapsi (Verkhratsky e Nedergaard, 2014); ne consegue che una loro alterazione può portare ad una diminuzione o perdita dell’attività sinaptica, rappresentante l’evento precoce nella progressione della patologia (Verkhratsky et al., 2014a, 2010).

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Inoltre, un’atrofia funzionale degli astrociti va a compromettere la loro capacità di controllare la clearance della β-amiloide (Kimura et al., 2014). Gli stadi precoci della malattia di Alzheimer vedono inoltre dei cambiamenti nel metabolismo di astrociti e neuroni; in particolare, si è osservata una progressiva riduzione nel metabolismo del glucosio (Mosconi et al., 2008). Poiché gli astrociti presentano un pathway glicolitico più dinamico, è verosimile che queste cellule risentano maggiormente del metabolismo alterato del glucosio (Verkhratsky et al., 2016). Alois Alzheimer aveva anche osservato la presenza di cellule gliali ipertrofiche che andavano a circondare i neuroni danneggiati e le placche senili (Alzheimer, 1910); analisi più recenti condotte su cervelli post-mortem di pazienti affetti da AD hanno rilevato una up- regolazione dei principali marker astrocitari, quali GFAP e la proteina S100β (Meda et al., 2001; Rodriguez et al., 2009; Verkhratsky et al., 2010; Griffin et al., 1989). Diversi studi hanno dimostrato che l’esposizione di colture di astrociti a concentrazioni consistenti di β-amiloide influenza l’espressione di proteine coinvolte nei segnali Ca2+ e nell’omeostasi, in maniera dipendente dalla regione cerebrale (Grolla et al., 2013; Lim et al., 2014), e innesca una down-regulation dell’espressione dei trasportatori per il glutammato (Matos et al., 2008). Tuttavia, ancora poco si conosce riguardo ai meccanismi molecolari che sono alla base di questi eventi. Ad oggi le terapie per l’AD sono limitate e inefficaci; le scoperte degli ultimi anni attribuiscono agli astrociti un ruolo sempre più centrale nelle patologie neurodegenerativa e in quest’ottica appaiono come un potenziale bersaglio farmacologico per l’AD. Infatti, come riportato sopra, gli astrociti subiscono profondi cambiamenti durante tutte le fasi di progressione del morbo di Alzheimer (Verkhratsky et al., 2016).

- Sclerosi laterale amiotrofica (SLA) . La SLA è una patologia neurodegenerativa cronica, progressiva ed incurabile ad eziologia sconosciuta; è caratterizzata da una compromissione delle funzioni motorie dovuta ad un progressivo indebolimento neuromuscolare, irrigidimento dei muscoli e spasticità (vedi Verkhratsky et al., 2016, e referenze ivi riportate). Gli astrociti sembrano coinvolti in numerosi meccanismi responsabili dei danni neuronali associati alla SLA; teoricamente queste cellule potrebbero contribuire alla morte neuronale sia direttamente (rilasciando sostanze neurotossiche), che indirettamente (con la perdita delle loro funzioni omeostatiche e protettive) (Verkhratsky et al., 2016).

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Se si trapiantano precursori astrogliali wild-type nel midollo spinale di animali transgenici, si osserva un ritardo nella progressione della patologia e un prolungamento dell’aspettativa di vita (Lepore et al., 2008). Papadeas e colleghi hanno invece dimostrato il concetto inverso: l’impianto di astrociti che esprimono la forma mutante del gene hSOD1 nel midollo spinale di roditori wild-type è sufficiente per innescare la degenerazione dei motoneuroni e la sintomatologia tipica della SLA

in vivo (Papadeas et al., 2011). Esperimenti in vitro avvalorano il ruolo patologico

dell’astroglia: co-colture di neuroni e motoneuroni mostrano come gli astrociti siano responsabili dell’aumento di fattori che provocano danno neuronale (Bilsland et al., 2008; Di Giorgio et al., 2008; Ferraiuolo et al., 2011; Haidet-Phillips et al., 2011; Marchetto et al., 2008; Nagai et al., 2007; Phatnani et al., 2013). Questi fattori comprendono, tra gli altri: un eccesso di glutammato extracellulare e di D-serina, un aumento nella secrezione di prostaglandina E2, un eccessivo rilascio di interferone-γ, la secrezione di TNFβ, il rilascio del fattore di crescita nervoso (NGF) e il rilascio di lipocalina 2 (Valori et al., 2014).

- Malattia di Parkinson (PD). Esistono ad oggi pochissimi studi su un possibile coinvolgimento degli astrociti nella patogenesi del Parkinson, anche se vi è un consenso generale sul fatto che sia i fattori ambientali che la predisposizione genetica siano eziologicamente rilevanti. Un ruolo particolare è rivestito da diversi agenti tossici, che potrebbero coinvolgere gli astrociti (Rappold e Tieu, 2010); tra questi, il miglior esempio è il PD indotto da 1-metil-4-fenil-1,2,3,6-tetraidropiridina (MPTP), una sostanza lipofila che, dopo aver attraversato la BBB, viene accumulata negli astrociti e qui convertita nel metabolita tossico MPP+ per mezzo della monoamminossidasi B (MAO-B). MPP+ viene poi liberato dagli astrociti e trasferito nei neuroni dopaminergici, dove va a compromettere la sintesi di ATP e ad aumentare la produzione di ROS, portando quindi a morte neuronale (Meredith et al., 2008). I livelli di MAO-B, che è espressa quasi esclusivamente negli astrociti (Ekblom et al., 1993), aumentano con l’invecchiamento, un fattore di rischio accertato per il PD. Inoltre, l’espressione dei livelli di questo enzima sono correlati con la morte neuronale nella substantia nigra (Mahy et al., 2000; Mandel et al., 2003). I livelli globali di glutatione, prodotto principalmente dagli astrociti, risultano molto ridotti (di ~ il 40%) nel Parkinson, e questo dato potrebbe indicare una carenza nella protezione astrocitaria contro lo stress ossidativo (Rappold e Tieu, 2010).

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Gli astrociti contengono anche proteine legate alla patologia, quali α-sinucleina (AS), parkina e fosfo-tau: è stato rilevato che queste cellule in vitro sono in grado di accumulare AS e formare grandi corpi di Lewy astrocitari (Lee et al., 2010). Un aspetto interessante è che nel Parkinson solo gli astrociti protoplasmatici mostrano un elevato accumulo di AS nel citoplasma, mentre non si registrano cambiamenti evidenti a livelli degli astrociti fibrosi (Song et al., 2009). Poiché l’accumulo di AS aumenta la vulnerabilità degli astrociti allo stress ossidativo, conducendoli all’apoptosi, la degenerazione degli astrociti protoplasmatici potrebbe verificarsi in tutte le sinucleopatie (Song et al., 2009). Infine, sempre più linee di ricerca hanno evidenziato come la proteina astrocitaria S100β possa agire come una citochina o una proteina con profilo molecolare associato al danno non solo nell’infiammazione ma anche nelle patologie neurodegenerative (Iuvone et al., 2007).