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Il patto di famiglia, secondo la nostra ricostruzio ne, non può essere considerato esclusivamente una mera attri-

l’oggetto “tridimensionale” del patto di famiglia

9. Il patto di famiglia, secondo la nostra ricostruzio ne, non può essere considerato esclusivamente una mera attri-

buzione a titolo gratuito: nel suo nucleo trovano posto, infatti, sia il connotato transattivo sia quello divisorio. È opportuno, dunque, analizzare anche questi profili per comprendere sino a che punto essi rilevino nell’analisi funzionale, oltre che in quel-

145 Rileva G. CAPOZZI, op. cit., pag. 1474, che la rinuncia potrebbe es-

sere effettuata anche nel contesto della stipulazione, mediante inter- vento in atto da parte degli altri soci.

146 Così G. RIZZI, op. cit., pag. 122, per il quale l’ammissibilità «fa per-

no sull’astratta idoneità della quota, in quanto “bene”, ad essere og- getto di diritti reali limitati, nonché sulla compatibilità della costitu- zione (ovviamente con il consenso degli altri soci) di simili diritti con l’intuitus personae che informerebbe l’organizzazione sociale».

la strutturale, dell’istituto. Un primo fondamentale ragguaglio giunge da autorevole dottrina147, secondo la quale il contratto di transazione, sulla scia della ricerca di somiglianze con il provvedimento giurisdizionale definitivo, sarebbe caratterizzato da una duplicità di oggetti: da un lato l’oggetto immediato, cioè la res dubia vel litigiosa, dall’altro l’oggetto mediato, ovvero il contenuto delle reciproche concessioni148. In questo senso, a noi sembra possibile ipotizzare nell’ambito di questa teorica una scissione e conseguente assegnazione dei rimanenti sche- mi causali entro determinate posizioni sistematiche: in quest’ottica le reciproche concessioni caratteristiche della tran- sazione dovrebbero rientrare nell’oggetto mediato, mentre l’apporzionamento distributivo sarebbe l’elemento focale della

res dubia, ovvero il motivo del possibile contendere dei contra-

147 M. FRANZONI, La transazione, cit., pag. 132: «l’oggetto immediato

della transazione è la res litigiosa intesa come cosa o comportamento conflittuale su cui le parti disporranno. E questa disposizione non di- pende dalla lite in sé, dalla incertezza oggettiva della situazione con- troversa, bensì proprio dalla pretesa e dalla contestazione tra di loro contrapposte. A questo si affianca un oggetto mediato che è dato dalle “prestazioni in cui consistono le reciproche concessioni”». Segnala, tuttavia, G. GITTI, op. cit., pag. 150, che sarebbe più opportuno ragio- nare in termini flessibili con un’analisi che «dalla somma di più defi- nizioni “stipulative” [id est con valore di certezza in senso relativo, n.d.a.] dell’oggetto di diverse classi contrattuali [porti] a configurare una nozione certamente variegata e non più unitaria dell’oggetto del contratto, ma forse proprio per questo più vicina alla sua realtà, an- che applicativa».

148 Il parallelo pare maggiormente corretto rispetto all’atto introduttivo

del giudizio civile, poiché il termine petitum dettato dall’art. 163 c.p.c., n. 3, indica sia il provvedimento richiesto al giudice (immediato) sia la situazione sostanziale dedotta in giudizio (mediato). Cfr. in merito F.P. LUISO, Diritto processuale civile, II, cit., pag. 7; L. MONTESANO – G. A- RIETA, Trattato di diritto processuale civile, I, Padova, 2001, pag. 310,

per cui il petitum immediato identifica il tipo di tutela giurisdizionale invocata, mentre quello mediato è il bene della vita che il soggetto che propone la domanda vuole conseguire nei confronti dell’altra parte; analogamente, C. MANDRIOLI, Diritto processuale civile, I, Torino, 2007,

pag. 159. In termini civilistici si potrebbe affermare che l’oggetto im- mediato si riferisce all’obbligazione, mentre quello mediato alla pre- stazione: così L. VIOLA, Il contratto, Padova, 2009, pag. 411, secondo il

quale, così ragionando, dovrebbe ritenersi oggetto del contratto «la prestazione intesa come ogni modificazione della situazione materiale che derivi dall’impegno assunto dalle parti». Non nascondiamo, tutta- via, che mentre per il caso della transazione sembra verosimilmente accettabile, sebbene non pacifica, una duplicazione della nozione di oggetto, più complicato appare estendere la stessa operazione erme- neutica anche agli altri contratti. Per una disamina delle varie teorie elaborate dalla dottrina nel corso del Novecento si segnala P. FAVA, op.

enti ed il fine ultimo che si vuole raggiungere mediante la disat- tivazione di alcune tutele pervasive e la liquidazione dei legitti- mari. Una siffatta ricostruzione non può essere contestata dagli interpreti facendo leva sull’apparente estraneità della liquida- zione e rinuncia alla riduzione rispetto alla divisione dei beni: in realtà, una eventuale obiezione di questo tipo non considere- rebbe che le parti possono creare, modificare o estinguere an- che «rapporti diversi da quello che ha formato oggetto della pre- tesa e della contestazione» 149 . Cominciando a ragionare sull’oggetto mediato, non occorre soffermarsi troppo sul fatto che l’oggetto della transazione, in base alle regole generali dei contratti, debba essere possibile, lecito, determinato o quanto- meno determinabile150. Mentre gli aspetti di carattere generale non appaiono problematici, un sicuro indice di incertezza ap- plicativa proviene dalle modalità di estrinsecazione delle reci- proche concessioni: se è pur vero che la struttura del rapporto transattivo non sembra controversa dal momento che si discor- re di un impoverimento dell’assegnatario151 a fronte di una ri- nuncia dei legittimari all’esperimento dell’azione di riduzione, le concrete modalità realizzative appaiono talmente ampie e varie- gate da dover essere analizzate accuratamente: molti problemi saranno affrontati nell’analisi della struttura del patto, per cui, almeno per il momento, ci atterremo a una riflessione generale.

Sinora abbiamo ipotizzato che l’assegnatario potesse ta- citare le ragioni dei legittimari attraverso l’erogazione di un credito e che tutto ciò fosse non solo necessario, ma anche suf- ficiente per il prodursi degli effetti del contratto: l’esigenza di un inquadramento sintetico per sviluppare le nostre disserta- zioni è stata, per forza di cose, più forte della pur doverosa mi- nuziosità analitica. È opportuno rimediare in questa sede. L’adempimento dell’obbligazione ex lege può avvenire, in tutto o in parte, a norma dell’ultima parte dell’art. 768 quater, secondo comma, anche attraverso una dazione di beni in natura, me-

149 Cfr. G. GITTI, op. cit., pag. 163, secondo cui questo aspetto rientra

nel «possibile itinerario che lega la transazione al rapporto preesisten- te» nell’ambito delle varianti del c.d. contratto normativo successivo, quale è la transazione a detta dell’Autore. Tutto ciò deve essere, a no- stro avviso, inquadrato mediante la considerazione secondo cui i con- traenti del patto di famiglia prevengono una lite potenziale e non ne risolvono una attuale.

150 G. GITTI, op. cit., ibidem, per il quale, peraltro, la norma ex art.

1966 c.c. deve essere intesa nel senso che, per transigere, le parti debbano avere interesse ad agire processualmente.

151 Ma è possibile anche un adempimento da parte dell’imprenditore?

diante espresso accordo tra i contraenti152: questa previsione introduce un elemento notevole di flessibilità all’interno dell’istituto ma solleva alcuni dilemmi se posta in relazione con il comma successivo, il quale disciplina l’imputazione del valore dei beni assegnati agli altri legittimari non assegnatari alle quo- te di legittima loro spettanti. La norma potrebbe apparire ca- rente dal punto di vista del coordinamento sistematico e non in linea con la realtà concreta delle disponibilità economiche in capo alle parti: secondo un’interpretazione prima facie – si rile- va –, affinché possa applicarsi l’istituto dell’imputazione ex se, i beni, pur provenienti dal patrimonio dell’assegnatario, dovreb- bero essere considerati, con una sorta di fictio juris, provenienti dal disponente153; l’interpretazione è stata aspramente criticata dalla dottrina, dal momento che, così ragionando, non si po- trebbe distinguere l’ipotesi del secondo comma da quella del terzo. Si potrebbero proporre allora due interpretazioni alterna- tive: ipotizzare che i beni siano assegnati dall’imprenditore a modo di liquidazione della quota potenziale di legittima – tesi da rigettare per evitare disparità di trattamento ingiustificate – oppure, con esercizio interpretativo acrobatico, ritenere che l’assegnazione da parte dell’imprenditore, qualificabile come adempimento del terzo con datio in solutum, debba essere im- putata al valore stabilito ante mortem ex art. 768 quater, se- condo comma, cioè nei limiti della valutazione pattizia dei ce- spiti154. Una soluzione possibile – forse la più ragionevole – è

152 L’ ipotesi legislativa è strettamente correlata, come evidenziato da

alcuni commentatori, alla datio in solutum prevista dall’art. 1197 c.c., dal momento che «il c.d. pactum de in solutum dando non è altro che un negozio modificativo del rapporto giuridico originario, tramite il quale le parti mutano i termini del rapporto che tra loro intercorre […]»: cfr. A. ZACCARIA, La prestazione in luogo dell’adempimento fra

novazione e negozio modificativo del rapporto, Milano, 1987, pp. 11 e 122, secondo cui la datio in solutum rientrerebbe nella categoria dell’obbligazione con facoltà alternativa, la quale include tutte le fatti- specie a quest’ultima affini, essendo meramente terminologica la di- sputa circa l’individuazione casistica delle relative ipotesi normative. In aggiunta a questa osservazione, rileviamo che non è da escludere l’eventualità di un accordo successivo tra debitore e creditori per re- golare i propri rapporti in maniera differente rispetto a una liquida- zione pecuniaria originariamente prevista nel patto. Riguardo alla correlazione tra patto e prestazione in luogo dell’adempimento si ve- dano C. CACCAVALE, op. cit., pag 54; A. DI SAPIO, op. cit.; G. FIETTA, op.

cit., pag. 94.

153 Cfr. G. PETRELLI, op. cit., secondo cui la disposizione avrebbe con-

notato eccezionale.

154 Le due tesi alternative mostrano segnali di inadeguatezza secondo

F. GAZZONI, op. cit.: la prima causerebbe una forte discriminazione tra

quella di considerare i beni assegnati a norma del terzo comma dell’art. 768 quater come una sorta di eccedenza rispetto alla misura delle quote stabilite in contratto, a testimonianza del fatto che «il regime ordinario della successione dei legittimari mantiene il suo vigore, laddove non risultino mantenuti, nelle debite proporzioni, gli equilibri che il patto di famiglia tipica- mente involge»155. Senza volersi addentrare in maniera eccessi- va in una materia che sarà oggetto di apposita trattazione, se- gnaliamo un’ulteriore increspatura nel piano dei rapporti tra le parti ed i terzi: l’art. 768 sexies disciplina il caso di legittimari che non abbiano partecipato al patto e che chiedano, in seguito all’apertura della successione nel patrimonio dell’imprenditore, la corresponsione del credito pecuniario come stabilito dai valo- ri cristallizzati nel contratto, con l’aggiunta degli interessi lega- li156. Orbene, parte della dottrina157 pone in evidenza che nella suddetta disposizione non viene menzionato affatto il caso

seconda si atteggerebbe a riscrittura totale della norma, dando vita a una anticipazione ante mortem della divisione testamentaria inter libe- ros, con la peculiarità della sua inattaccabilità post mortem. Obietta G. PETRELLI, op. cit., che la discriminazione della prima teoria non sussi-

sterebbe, dato che, per principio generale, l’azienda o la partecipazio- ne devono essere imputate alla quota di legittima dell’assegnatario. Sulla “datio” a opera di un terzo vedasi A. ZACCARIA, op. cit., pp. 299

ss.

155 Così G. PALERMO, op. cit., pag. 82; in senso apparentemente affine

F. GAZZONI, op. cit., per il quale la liquidazione dovrebbe essere effet-

tuata ex necesse dal discendente e le assegnazioni da parte dell’imprenditore, volte a una molteplicità di scopi, sarebbero mera- mente eventuali. Quest’ultima opinione pone, tuttavia, il problema di dover valutare, nella realtà dei fatti, quanti assegnatari abbiano la forza economica per poter adempiere l’obbligazione ex lege, essendo assai arduo, specialmente ai giorni nostri, reperire risorse cospicue mediante un finanziamento bancario.

156 Come sottolinea F. VOLPE, op. cit., pag. 353, il diritto di credito ex lege sorge al momento dell’apertura della successione, ma è determi- nato al momento della stipulazione del patto. Ciononostante si po- trebbe ritenere che gli interessi decorrano dal momento della soprav- venuta esigibilità del credito, quindi dalla morte del de cuius: su quest’ultimo profilo v. T. ASCARELLI, Obbligazioni pecuniarie, in Com-

mentario del codice civile Scialoja – Branca, cit., 1959, pag. 566. In ogni caso, si profila il problema di risolvere la deteriorità di tratta- mento, dal lato quantitativo-pecuniario, tra terzi e contraenti, in par- ticolare valutando le conseguenze della mancata convocazione alla stipula di soggetti già esistenti e conosciuti: se ne tratterà prossima- mente nella trattazione.

157Segnatamente M.C. ANDRINI, op. cit., la quale nutre dubbi sulla co-

stituzionalità dell’art. 768 sexies, dissipati soltanto da una ricostru- zione in chiave procedimentale, ovvero ipotizzando due momenti at- tributivo-distributivi (uno inter vivos, l’altro mortis causa): se ne parle- rà nel prossimo capitolo.

dell’adempimento, in tutto o in parte, in natura. Sorge sponta- neo il quesito se si tratti di una previsione preclusiva della stessa ipotesi, in senso assoluto, oppure sia qualificabile come una dimenticanza trascurabile. A nostro modo di vedere quest’ultima interpretazione è maggiormente plausibile: non potrebbe, difatti, giustificarsi dal punto di vista costituzionale una discriminazione così forte dei soggetti non partecipanti al patto, i quali hanno, invece, ben diritto di regolare i propri rap- porti con i contraenti come meglio credono. Non a caso si è uti- lizzato il termine “contraenti”, in quanto le risorse per tacitare i legittimari sopravvenuti, id est quelli non conteggiati ai fini del- la spartizione delle quote, dovrebbero provenire dagli assegna- tari già beneficiati, mentre la liquidazione dei legittimari cono- sciuti ed esistenti al momento della stipula seguirebbe le nor- mali regole dettate dalla riforma158. Una lettura in termini di ammissibilità di una datio in solutum a favore dei c.d. terzi in- dicati nella rubrica dell’articolo in esame è, in esito ai nostri ra- gionamenti, sicuramente preferibile. Autorevole dottrina rileva inoltre, a livello sistematico, che il suddetto adempimento in natura non risulterebbe novativo in senso oggettivo, «qualunque

sia la specie della prestazione sostitutiva, nell’ipotesi in cui, no-

nostante l’intervenuta modificazione, rimanga pur sempre il

medesimo scopo economico del rapporto»159. In ogni caso, al di là delle considerazioni sull’adempimento in natura dell’obbligazione ex lege, le nostre precedenti osservazioni su- scitano, ancora una volta, nell’interprete un senso diffuso di flessibilità insito nel patto di famiglia160. Questa sensazione è posta in evidenza, particolarmente, da una duplice circostanza, enunciata da alcuni Autori con argomenti che noi riteniamo condivisibili: in primo luogo, l’adempimento dell’obbligazione pecuniaria può provenire senza dubbio anche dal disponente161,

158 Sulla natura dell’obbligazione pecuniaria adempiuta dei contraenti

si tornerà nel capitolo IV.

159 A. ZACCARIA, op. cit., pag. 195, che impernia il proprio ragionamen-

to sull’essenzialità dell’animus novandi soltanto nel caso di novazione, per cui può ben configurarsi un negozio modificativo non novativo. Conforme P. PERLINGIERI, Dei modi di estinzione delle obbligazioni di-

versi dall’adempimento, in Commentario del codice civile Scialoja - Branca, Roma, 1975, pag. 80, il quale propone «nel dubbio, qualora la modificazione non appaia obiettivamente incompatibile con la persi- stenza dell’obbligazione originaria, la conservazione di questa».

160 G. PALERMO, op. cit., pp. 101 ss., parla significativamente di

“schema multifunzionale a struttura variabile”.

161 Si tratterà, a seconda dei molteplici casi prospettabili, di una mo-

dificazione soggettiva del rapporto obbligatorio ex latere debitoris, op- pure di un adempimento del terzo ex art. 1180 c.c. Sulla distinzione

ipotesi che sembra essere quella maggiormente plausibile, dal momento che difficilmente i discendenti dell’imprenditore sa- ranno in possesso di un patrimonio talmente capiente da assi- curare il soddisfacimento di ogni pretesa; in secondo luogo, i non assegnatari potranno ben rinunciare al credito loro spet- tante162. Le ipotesi appena menzionate paiono strettamente col- legate: la prima configura una liberalità indiretta a favore dell’assegnatario, come tale destinata a essere imputata alla sua quota di legittima; la seconda, dal canto suo, appare prefe- ribilmente definibile come una remissione del debito163 – in quanto tale preclusiva di accrescimento della quota rinunziata a quella spettante agli altri legittimari – senza troppi dubbi a- scrivibile a una liberalità atipica, poiché caratterizzata dall’intento non patrimoniale di beneficiare il creditore164: que-

in merito a queste figure si rinvia, da ultimo, a M. TALAMANCA – M. MAGGIOLO, Trattato delle obbligazioni, vol. 1, t. 5, Padova, 2010, pp.

11 ss.

162 Si è già discusso nel capitolo I, § 5, dei problemi sottesi alla confi-

gurazione della rinunzia quale patto successorio rinunciativo e dell’alternativa tra remissione del debito e rinuncia al credito, per i quali si rinvia, in generale, a G. PALERMO, op. cit., pag. 156.

163 Contra F. GAZZONI, op. cit., secondo cui si tratterebbe di una ri-

nunzia al credito, la quale potrebbe porre problemi nel caso in cui l’assegnatario abbia interesse a rifiutarla, per esempio essendovi cre- ditori del legittimario pronti ad agire in revocatoria oppure nell’eventualità che la rinuncia provenga dal coniuge dell’imprenditore risposatosi, potendo quest’ultimo fatto costituire in- dice presuntivo di vizio del consenso. A nostro modo di vedere l’inquadramento nell’ambito della rinuncia al credito non appare ra- gionevole anche per i motivi sopra esposti. Inoltre, come rileva D. RU- BINO, Obbligazioni alternative, in solido, divisibili e indivisibili, in

Commentario del codice civile Scialoja – Branca, cit., 1968, pag. 265, la remissione opera soltanto in direzione di chi ha inteso beneficiare l’assegnatario e in ogni caso gli altri creditori non dovrebbero dolersi dell’estinzione parziale, in quanto avrebbero dovuto comunque corri- spondere al consorte la sua quota interna: ovviamente questa linea di pensiero è valida se si configura la situazione dei legittimari in termi- ni di solidarietà attiva, con applicazione del secondo comma dell’art. 1301 c.c. Sull’importanza dell’eadem causa obligandi come fatto ge- neratore dell’obbligazione solidale v. anche F. D. BUSNELLI, voce Ob- bligazioni soggettivamente complesse, in Enciclopedia del diritto, XXIX, 1979, pag. 333.

164Nonostante questa sia l’ipotesi tradizionale, non bisogna trascurare

l’eventualità che la remissione sia inserita in operazioni e accordi più ampi e complessi: cfr. un esempio in Cass. sez. lav., sent. 2021/1995. Sulla variabilità della causa della remissione del debito si veda il pre- gevole riepilogo di P. FAVA, Le obbligazioni, Milano, 2008, pp. 882 ss.

Da segnalare la critica di parte della dottrina alla configurabilità di una causa onerosa della remissione: cfr. P. PERLINGIERI, op. cit., pag.

sta interpretazione è resa necessaria dalla considerazione se- condo cui, ragionando diversamente, da un lato i discendenti preferiti sarebbero doppiamente – ed ingiustificatamente – av- vantaggiati e dall’altro lato essi non trarrebbero alcun beneficio da una rinunzia effettuata ex art. 768 quater, a meno che non provenga, ovviamente, da tutti gli aventi diritto165. I non asse- gnatari, come si è già affermato, ricevono la liquidazione a fron- te di un sacrificio, ovvero di una rinuncia eccezionale a esperire l’azione di riduzione, la quale rientra nello schema sinallagma- tico insito nella natura transattiva del patto di famiglia. Non si affronterà tuttavia, in questa sede, l’analisi dell’ultimo comma dell’art. 768 quater, dato che quest’ultima norma appare con- nessa a doppio filo con le tematiche inerenti alle patologie e so- pravvenienze del patto, per cui operiamo un rinvio in funzione di un esame approfondito in merito166.

L’oggetto immediato del secondo rapporto, a differenza di quello mediato in precedenza esaminato, ha natura divisionale. Questa notazione è calibrata sullo scopo che le parti intendono perseguire attraverso la disattivazione delle tutele dei legittima- ri: la stabilità, cioè, non è altro che uno strumento per consen- tire a tutti i contraenti, ivi compreso l’imprenditore167, di attua- re il disegno distributivo senza rovesciamenti successivi. Que- sta analisi paga il fio di una ineliminabile, anche se non negati- va, astrazione: quando si afferma che la contesa sorgerebbe a causa dell’apporzionamento si intende, implicitamente, “per ef- fetto dell’errata considerazione della dimensione delle singole quote spettanti a ciascun erede”; non è perciò l’operazione divi- soria, intesa come spartizione dei beni tra i coeredi, a essere in sé latamente difettosa, bensì è l’entità della stessa, in mancan-

nell’equivoco di ravvisare gli estremi del negozio remissorio nella alie- nazione del rapporto creditorio che può essere variamente attuata, per la soddisfazione di un qualsiasi interesse delle parti».

165 La rinuncia opera in relazione alla liquidazione pattizia, pur para-

metrata alle rispettive quote: al momento dell’apertura della succes- sione, ovviamente, i non assegnatari avranno diritto a ottenere l’intera quota di legittima loro spettante. Sottolinea correttamente G. AMADIO, Patto di famiglia e funzione divisionale, cit., che la rinuncia

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