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all’abolizione della pena di morte

9. La Carta Araba dei Diritti dell’Uomo

9.1 La pena di morte e la Shari’a

Prima di procedere ad un esame dei criteri penali della legge Shari’a occorre sottolineare che non tutti gli Stati islamici la seguono e che i paesi che la osservano non sempre hanno una popolazione composta dalla maggioranza di fede musulmana.215 Secondo le organizzazioni internazionali umanitarie che operano in questi territori le politiche concernenti la pena di morte sono varie. In nove paesi in cui i musulmani sono almeno il 90% della popolazione come Gibuti e Senegal, la pena di morte è stata completamente abolita, mentre in altri dodici paesi dove è presente una rappresentanza musulmana all’interno della popolazione come Algeria, Mali, Mauritania e Marocco, l’abolizione è solo di fatto in quanto l’ultima esecuzione risale a quasi un decennio fa. Rimangono sempre in attività le esecuzioni dell’Iran, dell’Arabia Saudita e del Pakistan. Da qui la difficoltà a definire il carattere dello Stato islamico, dovuta all’interpretazione e alla pratica totalmente diversa che ogni paese ha delle ideologie e delle teologie. Va quindi sottolineato che, sebbene l’Islam e la Shari’a216

siano rilevanti in questioni come la pena di morte, non si deve essere vittima di generalizzazioni ed è

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Human Rights information Platform, Arab Charter on Human Rights, 19/08/2011, http://www.humanrights.ch/en/standards/other-regions-instruments/arab-charter-on-human- rights/

215

P. COSTA, Il diritto di uccidere, Feltrinelli, Milano 2010, p. 137-290.

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Quello che viene definito Shari’a è il prodotto di un processo graduale di interpretazione del Corano e della raccolta ed interpretazione della Sunna (racconti della tradizione del Profeta). Il Corano è la prima fonte della legge shariatica con i suoi 6000 versetti dei quali solo 80 hanno carattere giuridico, mentre la Sunna, inferiore al Corano, ha un contenuto più esteso e particolareggiato. Mentre il Corano viene universalmente riconosciuto, sui racconti della Sunna vi sono dei dubbi in quanto nei secoli alcuni racconti sono stati erroneamente attribuiti al profeta per promuovere posizioni teologiche o politiche differenti.

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comunque utile un’analisi anche sociologica per comprendere le politiche sul tema. 217

Il discorso islamico, come spiega Bernard Weiss, si può distinguere fra

shari’a e fiqh, il primo prodotto di legislazione il cui autore è Dio e il secondo

consta di interpretazioni giuridiche i cui autori sono gli uomini portando ovviamente alla creazione di scuole di pensiero in totale disaccordo sulle interpretazioni delle leggi.218 Se volessimo suddividere i principi penali della

Shari’a ne uscirebbero tre categorie di reato: hudud, jinayat, ta’zir. La prima

consiste in alcuni reati specifici le cui pene sono prescritte dal Corano o dalla Sunna, il reo viene processato e ne la vittima ne l’autorità statale hanno potere discrezionale sulla pena in quanto la punizione coranica è immutabile. I crimini appartenenti alla seconda categoria sono atti che causano lesioni fisiche e punibili con il taglione o con il pagamento di un compenso monetario. Anche queste sono descritte da Corano e Sunna ma lasciano spazio alla discrezionalità riguardo la pena da infliggere. L’ultima categoria fa riferimento al potere discrezionale del governante o giudice di punire comportamenti riprovevoli. Un esempio significativo di disaccordo è presente sul tema dell’apostasia219, cioè l’abbandono della propria religione, il quale è

condannato dal Corano senza prescriverne la punizione.220 Dalla maggioranza dei giuristi tradizionali questo reato viene classificato come

hudud e quindi punibile con la morte come prescritto dalla Sunna, ma allo

stesso tempo questa condanna andrebbe contro il diritto fondamentale alla libertà religiosa sancito da più di cento versetti del Corano, infatti nella

217

P. COSTA, p. 145.

218

N.J. COULSON, Conflicts and tensions in Islamic Jurisprudence, The University of Chicago Press, Chicago 1969, p. 34.

219 L’apostasia è anche una causa di perdita della capacità giudica che dipende dal carattere

confessionale del diritto musulmano. Dal punto di vista religioso è vista in maniera peggiore della miscredenza e nel campo del diritto, l’apostata è ritenuto privo di capacità giuridica. Nel momento in cui viene comprovata l’apostasia, l’apostata non è più ritenuto degno di rapporti con la società. Se sposato si attua lo scioglimento del matrimonio, se di condizione libera i suoi beni passano direttamente di diritto all’erario musulmano e il suo atto di ultima volontà viene considerato nullo. F. CASTRO, Il modello islamico, Giappichelli Editore, Torino 2000, p. 34.

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contemporaneità il suddetto reato di apostasia viene nella maggioranza dei casi punito con la morte.221 La difficoltà ad avere un consenso generalizzato fra i musulmani è dato dall’alta considerazione che hanno della Sunna con rispetto al Corano, in quanto entrambi sottolineano di obbedire a Dio e al profeta.222 Anche per i rapporti extramatrimoniali il Corano prevede al versetto 24:2 che uomo e donna siano flagellati con cento frustate non facendo menzione sulla pena di morte; ma per la dottrina dominante delle scuole di giurisprudenza islamica che si rifanno agli insegnamenti profetici della Sunna per i colpevoli di adulterio viene prescritta la pena capitale. Per le categorie di crimini in cui viene chiamata in causa la discrezionalità del governante sulla scelta della punizione, non è detto che la pena capitale venga esclusa a priori; ma dipende dalle scuole di pensiero sostenute dai giudici. Di conseguenza, lo stesso reato compiuto in diversi paesi islamici può avere differenti tipi di punizioni. 223

221

Ibid.

222 Il versetto 33:36 del Corano può essere liberamente tradotto così: ”Quando Dio e il suo

Inviato hanno decretato qualcosa, non è bene che il credente o la credente scelgano a modo loro. Chi disobbedisce a Dio e al suo Inviato è palesemente sulla strada sbagliata.”

223

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IV.