Probabilità oggettiva e frequentismo
2. Perché Keynes scrive il Treatise on Probability?
Ciò che intendo dimostrare in questo capitolo è che il Treatise on Probability è stato scritto da Keynes per opporsi proprio ad una teoria frequentista della probabilità. L’obiettivo keynesiano non era però trovare un’alternativa valida alla teoria frequentista, ma voler contribuire sul piano puramente teorico elaborando una teoria alternativa della probabilità da poter utilizzare come mezzo per la guida delle azioni umane. Infatti, nelle parole di Keynes, “the importance of probability can only be derived from the judgement that it is rational to be guided by it in action; and practical dependence on it can only be justified by a judgement that in action we ought to act to take some account of it. It is for this reason that probability is to us the ‘guide of life’” (Keynes 1921, p. 323). Dunque, lo scopo del capitolo è mostrare come Keynes compari la sua teoria con quella frequentista, mettendo in risalto i limiti di quest’ultima. Tale critica, che emerge sin dalla stesura della dissertazione del 1907, assumerà un carattere definitivo nell’edizione del 1921, nella quale ad essere messa sotto forte accusa è la teoria frequentista di John Venn. Nelle parole di Dardi, “è chiaro che rispetto alle controversie del tempo Keynes stava dalla parte del logicismo di Russell contro l’approccio ‘algebrico’ di Boole e Venn” (Dardi 1991, p. 67).
Molti di coloro che si sono interessati ad uno studio dettagliato sul Keynes probabilista ritengono in effetti che la sua teoria rappresenti un punto di
suo pensiero parallelamente alla stesura dei Principia Ethica di Moore, nella cui opera rileva, anche se solo implicitamente, l’impostazione consequenzialista della teoria frequentista, e dunque l’idea che sia eticamente giusto fare solo ciò che, in media, ha fornito i migliori risultati possibili. Secondo Baccini (2004, p. 654), “Moore’s ethics represent the starting point and perhaps also the finishing line of Keynes’s reflections on probability”. Da alcuni scritti del 1904 sembra in effetti che la critica di Keynes a Moore sia il riflesso del suo lavoro svolto in parallelo nel campo della probabilità. Infatti, se per Moore il bene è un concetto indefinibile, per Keynes tale indefinibilità è tipica della nozione di probabilità (Passmore 1967).
Tuttavia, nota sempre Baccini, “when Keynes came up against the analytical tradition in the theory of probability, he had to submerge himself in an extensive literature in which decision theory under uncertainty represented a legitimate topic of discussion”. Inoltre, Keynes lavorava “within a theoretical context which, in Britain, was dominated by the frequentist tradition” (Baccini 2004, p. 654). Keynes pone in contrapposizione ad un’argomentazione frequentista – nella quale la probabilità è definita in riferimento ad eventi che occorrono ripetitivamente – una concezione della probabilità di tipo epistemico. Lavora a questa critica sin dalla prima versione della tesi di dottorato, nella quale cerca di sostenere l’utilità della sua nuova teoria che, differentemente dalla precedente, cerca di superarne i limiti e colmarne le lacune.
A sostegno di questa tesi, si può notare che sin dalla prima edizione del TP Keynes attacca la teoria frequentista sistematizzata da John Venn in The Logic
of Chance. Il saggio di Venn fu infatti uno dei più influenti del tempo e Keynes
stesso afferma – all’interno del TP – di averlo dettagliatamente esaminato. L’ipotesi che, sulla scia di autorevoli interpreti, intendo avanzare è che Keynes abbia letto Venn tramite il suggerimento di Francis Ysidro Edgeworth, che riteneva la Logic of Chance un’opera di necessaria lettura.
Sappiamo che Edgeworth fu “the beneficiary of dozens of unrecorded conversations with Keynes himself about the TP” (Brady 2017, p. 4). Proprio grazie a tali incontri Edgeworth sembra aver superato gli altri studiosi nella comprensione del Treatise on Probability. Egli comprese che la probabilità introdotta da Keynes doveva essere intesa come una misura di ‘intervallo di valore’, confutando così coloro che ritenevano l’approccio di Keynes alla probabilità puramente ordinale. Edgeworth, inoltre, sembra aver compreso i temi centrali del TP, ovvero l’importanza del ruolo giocato dall’induzione e dall’analogia e la comprensione di concetti importanti, quali quello di peso degli argomenti. Egli si rese conto che Keynes aveva apportato degli enormi contribuiti allo studio probabilistico. Dalla sua recensione all’opera keynesiana sembra infatti che egli sia stato uno dei pochi ad aver compreso sia la linea di pensiero proposta da Keynes che lo scopo ultimo del suo lavoro (Brady 2016).
conseguentemente abbiano sistematizzato le loro opere, nelle quali emerge un Keynes estremamente critico nei confronti della teoria di Venn ed un Edgeworth conciliante tra le due visioni (keyesiana e venniana) che sembrano antipodiche.
Il punto di vista di Edgeworth emerge chiaramente in una serie di articoli, recensioni e note che lo stesso autore ha scritto sul tema della probabilità18.
Come Venn, definisce la probabilità nei termini di esperienza delle frequenze relative. Quello che convenzionalmente possiamo definire il Treatise di Edgeworth sembra essere l’anello mancante tra il TP e la Logic of Chance, dato che in esso viene anche introdotta una nozione epistemica nuova – quella di
credibilità – che lo avvicina a Keynes e che lo allontana dal frequentismo
mainstream di Venn, fino a fargli abbracciare un tipo di frequentismo sui generis. Nonostante alcuni passi a favore di un punto di vista conciliatorio, secondo Keynes Edgeworth non era in grado di dar voce a una teoria della probabilità come strumento utile per la teoria delle decisioni, incappando in un errore simile a quello di Venn. Aprì così la strada alla revisione di Keynes, che cercò di rimuovere l’impasse venniano.
18 Vedi Baccini (2001). L’insieme degli articoli, delle recensioni e delle note relative al tema della
probabilità si possono considerare come un vero e proprio Treatise on Probability che Edgeworth non ha mai pubblicato in forma unitaria.