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Perché parlare di influencer e di influencer marketing?

4.1 Gli influencer e l’ influencer marketing

4.1.1 Perché parlare di influencer e di influencer marketing?

Parlare della figura dell’influencer, nella sua definizione più empirica - dato che a livello informale queste figure sono più o meno sempre esistete dalla nascita del web - e della nuova branca del marketing, quella dell’influencer marketing, trova la sua ragione in quanto parte integrante di un contesto comunicativo che è lo stesso trattato nella mia Tesi. Emily Weiss, Gabi Gregg, Sonia Peronaci, Chiara Ferragni sono, di fatto, delle influencer. Tuttavia non è tra gli obbiettivi di questo Elaborato trattare specificamente del rapporto tra questi “nuovi comunicatori” e le imprese, né tanto meno di approfondire le modalità

di collaborazione tra gli stessi. Il blogger, l’instagramer, lo youtubers, hanno assunto la forma di opinionisti, in alcuni casi pseudo giornalisti, trend setter, veri punti di riferimento per lettori, follower, viewer, e con televisioni, riviste, quotidiani, brand a sgomitare per metterli sotto contratto per una collaborazione. Ormai i palinsesti televisivi sono ricchi di programmi di cucina dove varie “Food Blogger” giudicano piatti invitanti, riflesso di un gusto “popolare” che non ha niente da invidiare ai critici culinari più celebri. I brand aziendali di moda scelgono le fashion blogger di riferimento, inviando loro le proprie collezioni e coinvolgendole magari in eventi unici creati ad hoc. In questo modo l’azienda viene riconosciuta dal target di riferimento che autonomamente e volontariamente si è creato attorno alla figura della blogger, la quale, indossando il capo dell’azienda, darà risalto alla figura di “donna normale” che incarna e in cui potersi rispecchiare.

Ecco, di tutto questo non parleremo.

Ciò che voglio trattare in questo spazio è la capacità comunicativa di questa “ondata di comunicatori” - per dirla come Kile Wong nell’articolo sopra citato -, in termini di coinvolgimento e di creazione di un seguito numericamente significativo e di come questi comunicatori emergenti si relazionino, dialoghino e valutino il proprio pubblico, in termini di apertura ad un eventuale business. Per molti di questi, le iniziali richieste di collaborazione da parte delle aziende hanno rappresentato l’inizio di una maturazione professionale e comunicativa, un primo segno che, ciò che inizialmente era partito per gioco, per la volontà di condividere aspetti della propria vita, per amore della fotografia e della scrittura, poteva diventare qualcosa di più: un lavoro. Ecco spiegato il motivo del precedente paragrafo. L’influencer marketing è una “nuova forma” di marketing, capace di analizzare e fare proprie alcune dinamiche che si sono generate negli ultimi due anni nel web e che “sfrutta” la capacità di alcune personalità di creare un seguito attorno a tematiche specifiche. Ma allo stesso tempo è stato capace di dare dignità al ruolo del comunicatore “moderno” attraverso gli strumenti che questi ha a disposizione. Una sorta di rapporto di do ut des molto significativo.

A questo punto c’è da fare una piccola precisazione, che vale soprattutto per i comunicatori che utilizzano il blog come principale piattaforma comunicativa (ma che, ricordiamo, non può mai essere l’unica). Parlare di blog professionisti sembra quasi una contraddizione in termini. Il blogger è infatti, per definizione, una persona che scrive per sé stesso in uno spazio fondamentalmente personale. Questo spazio mantiene la sua natura personale anche se utilizzato per fini commerciali: ancora nessuno riceve un compenso solo per quanto si scrive in esso e la maggior parte dei blogger non riesce a vivere grazie alla pubblicità. L’offerta di prodotti da parte delle aziende, l’invito ad eventi

spesati, le varie recensioni e post “redazionali”, hanno un peso relativo, quello che il blogger gli conferisce. L’organizzazione e la regolamentazione del proprio spazio personale varia a seconda della volontà del comunicatore, il quale, attraverso il blog, condivide le proprie conoscenze, la propria vita con chi ne è interessato da un punto di vista personale, ma anche con potenziali interessati al suo profilo come possibile partner. Tale spazio personale non viene mai intaccato, da un punto di vista formale almeno, dato che il blogger esercita la sua principale funzione in qualunque caso, che lo faccia per se stesso o in nome di qualche azienda: disintermedia l’informazione. La differenza sta, forse, nell’autonomia del comunicatore, che lo rende libero di esprimersi liberamente rispetto al proprio gusto e alle proprie competenze.

I case studies analizzati nel terzo capitolo sono tutti esempi di professioniste della comunicazione che ce l’hanno fatta, che sono state capaci di creare contenuti, generare uno spazio di conversazione sapientemente gestito; e proprio attorno a questi contenuti si è creato un seguito che, ampliandosi sempre di più, si è infine palesato come un vero e proprio segmento di mercato. A quel punto, Emily, Gabi, Chiara e Sonia hanno deciso di fare il “grande passo”, forti di una credibilità e affidabilità costruita attraverso post, foto, testi quotidiani e tanto tanto tempo. Hanno deciso di fare della propria attività un business vero e proprio, di creare un prodotto/servizio frutto della collaborazione e della conoscenza del proprio pubblico. Un prodotto/servizio ad hoc, proprio per quel segmento di mercato “auto-creatosi” attorno ai loro blog, per sua natura già “in target”. Ognuna di loro, nella propria esperienza, ha avuto collaborazioni lavorative con brand prestigiosi, elemento che ha concorso ad accrescere senza dubbio la loro notorietà, consolidando allo stesso tempo la loro reputazione. Sono state necessariamente aiutate, almeno inizialmente, da investitori che hanno creduto in loro, come nel caso di Swimsuitforall per Gabi Gregg e Banzai per Sonia Peronaci.

Ma alla base del loro successo non ci sono stati solo gli strumenti promozionali per accrescere la notorietà del loro blog, né tanto meno le collaborazioni con brand più o meno autorevoli; ciò che più ha decretato il loro successo è stata la capacità di offrire contenuti originali e interessanti (sotto forma di testi, di immagini, di video) per gli utenti del web. In particolare sono state capaci di capire il proprio pubblico, attraverso quelle conversazioni tra e con utenti, che altro non sono se non la linfa vitale per un blog. Sono state capaci di coinvolgere i propri lettori prediligendo la trattazione di un tema specifico, non trattando troppi argomenti in maniera poco approfondita, ma rivolgendosi ad una nicchia (tale almeno inizialmente). Sono state capaci di adattarsi alle diverse forme di comunicazione e piattaforme che si sono affiancate al blog, mantenendo sempre la propria identità. Lo ripetiamo, il consolidamento di social come Facebook, aveva generato una

sorta di opinione comune sul fatto che il blog, a quel punto, sarebbe venuto meno in favore di nuove forme di comunicazione adattate alle nuove piattaforme. In realtà sappiamo bene com’è andata: i social network, invece di decretare la morte del blog, hanno in realtà creato l’effetto opposto, diventando veri e propri strumenti promozionali del blog nonché piattaforme dove potersi esprimere in maniera diversa. Il blog insomma è “solo” uno strumento di comunicazione, che il blogger deve usare assieme a tanti altri mezzi per veicolare il proprio messaggio. Il comunicatore “moderno”, non può esimersi dall’avere una pagina fan su Facebook, un profilo su Twitter per cinguettare i propri pensieri, un account Instagram per condividere le foto più belle, fare parte di Pinterest per far conoscere le proprie preferenze ed i propri gusti e perché no, un canale You Tube dove poter “mettere la faccia”.

Una buona comunicazione, che crei seguito, che generi conversazioni interattive tra utenti, attorno a cui si crei autonomamente un numero significativo di persone, può non avere come fondamenta un blog. Può e, di fatto, esiste. Due piattaforme, in particolare, si prestano a questo tipo di comunicazione, per le loro stese caratteristiche intrinseche: Instagram e You Tube.