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Generalmente i cambi di set up erano un’attivit`a che richiedeva una persona abile, con esperienza e con una certa conoscenza molto approfondita dei macchinari, uten- sili e attrezzature. Per svolgere gli attrezzaggi infatti erano incaricati i capi turno, i team leader e i manutentori, mentre gli operatori non erano abilitati a svolgere tale attivit`a.

I cambi di set up inoltre richiedevano una grande quantit`a di tempo. Una so- luzione per evitare i cambi di setup, potrebbe essere quella di aumentare i volumi dei lotti. In questo modo il tempo di set up `e quasi irrilevante rispetto al tempo produttivo di lavoro. Viceversa, se i lotti sono di piccole dimensioni, l’effetto del tempo di set up ha un influenza molto grande. Di fatto c’`e una relazione che lega la quantit`a del lotto e i costi derivanti da esso, questa relazione `e rappresentata dal lotto economico di produzione.

Si puo infatti graficare la relazione tra la curva rappresentante il costo dei setup e la retta dovuta ai costi di stoccaggio del prodotto. Il punto di intersezione tra la curva che rappresenta il costo dei setup e la retta che rappresenta il costo di stoccag- gio del prodotto, `e il cosiddetto lotto economico di produzione. Questa intersezione costituisce il punto di ottimo tra i vantaggi e svantaggi dei setup e dello stoccaggio del prodotto. Lo studio relativo al lotto economico `e stato effettuato dall’azienda e non rientra nell’analisi in questa tesi. Ci`o che ci interessa, `e che la durata del setup `e fondamentale per garantire la flessibilit`a e reattivit`a necessaria per soddisfare le richieste del cliente.

Figura 8.3: Il lotto economico di produzione

Figura 8.4: 3 setup nell’arco della settimana

Dalle immagini si puo notare che il numero di prodotti realizzati nello stesso arco di tempo della settimana nei 2 modelli `e uguale, ma il numero di set up `e diverso. Nella seconda immagine si vede infatti che ci sono pi`u cambi di setup ma di durata inferiore rispetto alla prima. In questo modo si riesce a garantire una maggiore capacit`a di risposta al mix richiesto dal mercato.

Attraverso la metodologia SMED infatti, si riescono a ridurre notevolmente i tempi di setup; inoltre, la necessit`a di persone esperte con certe capacit`a e cono- scenze della macchina, richieste durante la fase degli attrezzaggi, possono essere in gran parte eliminate. La riduzione dei tempi di set up inoltre, riduce le scorte di magazzino, infatti la riduzione del lotto permette di ridurre a sua volta il tempo di ritorno in produzione di un articolo permettendo la riduzione della scorta (muda). Dal punto di vista dell’OEE, la riduzione dei tempi di setup permette di aumentare l’indice di disponibilit`a, quindi riducendo l’indisponibilit`a degli impianti, aumenta il tempo disponibile per produrre.

8.3

La storia

Lo SMED nasce in Giappone, presso gli stabilimenti Mazda della Toyo Kogyo ad hiroshima nel 1950. Shigeo Shingo svolse degli studi su 3 presse da 250, 750 e 800 tonnellate che risultavano per l’azienda, i colli di bottiglia. Infatti la capacit`a produttiva non riusciva a soddisfare le richieste del mercato; ma allo stesso tempo, la saturazione delle tre presse risultava essere al di sotto del 50 %. Dallo studio effettuato, fu chiaro a Shingo che le operazioni di setup sono fondamentalmente di due tipi:

– Internal Exchange of Die (IED): Sono le operazioni interne al setup; in pratica sono le attivit`a che possono essere svolte a macchina ferma e che non portano valore aggiunto.

– Outside Exchange of Die (OED): Sono le operazioni interne al setup; in pratica sono le attivit`a che possono essere svolte mentre la macchina sta lavorando. Il secondo caso di SMED fu nel 1957 nello stabilimento Mitsubishi a Hiroshima. Qui Shingo fu sottoposto al problema di una piallatrice, utilizzata per i blocchi di motori navali, la cui capacit`a produttiva risultava essere al di sotto del 50%. Il principale problema che causava l’inefficienza era la difficolt`a nel centraggio e posizionamento del motore sulla piallatrice. Shingo pens`o quindi all’installazione di una seconda slitta scorrevole dove eseguire le operazioni di setup; in questo modo bastava cambiare le slitte quando si passava da un lotto all’altro. Questo permise un incremento della produttivit`a dell’impianto di circa il 40%.

Il terzo caso si svolse nello stabilimento principale della Toyota Motor Company nel 1970. In questo caso, il management chiese a Shingo di ridurre il tempo di attrezzaggio di uno stampo da 1000 tonnellate, che richiedeva una messa a punto di 4 ore. In questo caso molta attenzione fu dedicata nella distinzione delle attivit`a interne ed esterne (IED e OED), cercando di migliorarne entrambe. Si arriv`o quindi ad un tempo di setup di 90 minuti. La richiesta successiva da parte del management giapponese, visti i miglioramenti, fu quella di portare il tempo di setup della stessa pressa a 3 minuti; Shingo riusci a raggiungere tale obiettivo grazie a un’ispirazione

che gli permise di convertire le IED in OED. Grazie a questo concetto, si cerc`o di lavorare affinch`e ogni setup durasse meno di 10 minuti; per questo tale tecnica venne rinominata: Single Minute Exchange of Die (SMED), cio`e cambio dello stampo in meno di 10 minuti. Tale metodo ebbe un successo tale che tutti gli stabilimenti Toyota cominciarono ad utilizzarlo ed evolverlo fino a farlo diventare parte integrante del Toyota Production System.

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