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Miglioramento dei processi produttivi attraverso l'implementazione della Lean Production

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Academic year: 2021

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(1)

Universit`

a di Pisa

Scuola di Ingegneria

Laurea Magistrale in Ingegneria Robotica e

Automazione

Tesi di laurea

Miglioramento dei processi produttivi

attraverso l’implementazione della

Lean Production

Candidato:

Relatori:

Chen Zhi Shu

Prof. Andrea Caiti

Ing. Maurizio Zara

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(3)

Dedicato alla mia famiglia che mi ha sempre sostenuto in ogni situazione

(4)
(5)

Indice

1 Introduzione 6

2 Obiettivo della tesi 7

3 L’azienda Cebi Motors S.p.A. 8

3.1 La storia . . . 8

3.2 Mercato di riferimento . . . 12

3.3 Fatturato . . . 14

3.4 Tipi di prodotto . . . 17

3.4.1 Micromotori per la movimentazione sedile . . . 17

3.4.2 Micromotori per la movimentazione cristalli . . . 19

3.4.3 Motoriduttori . . . 20

4 La Lean Production 21 4.1 Introduzione . . . 21

4.2 Origini del TPS . . . 22

4.3 La metodologia del Lean thinking . . . 23

4.3.1 I 7 sprechi . . . 24

4.3.2 i principi del Lean thinking . . . 26

5 OEE 29 5.1 Introduzione . . . 29

5.2 OEE aziendale . . . 29

5.3 Raccolta dati OEE . . . 35

6 Il processo 37 6.1 Il reparto movimentazione sedile . . . 37

6.1.1 Assemblaggio rotore . . . 37

6.1.2 Saldature flange . . . 39

6.1.3 Assemblaggio motore . . . 40

6.2 Organizzazione della produzione . . . 42

7 L’implementazione di tecniche Lean 44 7.1 La casa della Lean . . . 44

7.1.1 5S . . . 46

7.1.2 Just In Time . . . 51

7.1.3 Kanban . . . 51

(6)

8 Il progetto SMED 56

8.1 Introduzione al setup . . . 56

8.2 perch`e si implementa lo SMED . . . 57

8.3 La storia . . . 59

8.4 Struttura del progetto . . . 60

8.5 Fase SMED . . . 60

8.5.1 Definizione del current state . . . 60

8.5.2 Calendarizzazione eventi SMED . . . 62

8.5.3 Monitoraggio evento SMED . . . 63

8.5.4 Riunione SMED . . . 64

8.5.5 Conversione attivit`a interne (IED) in esterne (OED) . . . 66

8.5.6 Parallelizzare le operazioni . . . 72 8.6 Fase cantiere . . . 73 8.6.1 Miglioramenti . . . 74 8.6.2 Fase di formazione . . . 77 8.6.3 Monitoraggio . . . 78 8.7 Risultati . . . 78 9 Il progetto TPM 85 9.1 Introduzione alla manutenzione . . . 85

9.2 Strategie di manutenzione . . . 86

9.3 KPI della manutenzione . . . 87

9.4 Total Productive Maintenance . . . 88

9.4.1 La storia . . . 89

9.4.2 I pilastri del metodo . . . 89

9.5 La manutenzione autonoma . . . 91

9.5.1 Struttura del progetto . . . 92

9.5.2 L’importanza della formazione . . . 93

9.6 Gli step della manutenzione autonoma . . . 94

9.6.1 Pulizia iniziale . . . 94

9.6.2 Rimediare alle fonti di sporco . . . 97

9.6.3 Creazione dei primi standard . . . 98

9.6.4 Ispezione generale . . . 101

9.6.5 Ispezione autonoma . . . 102

9.6.6 Standardizzare . . . 103

9.6.7 Completamento manutenzione autonoma . . . 103

9.7 Risultati . . . 103

10 Conclusioni 106

(7)

Capitolo 1

Introduzione

Il seguente lavoro espone l’implementazione di attivit`a di miglioramento dei proces-si produttivi in un azienda con grandi volumi. Le attivit`a fanno riferimento alle tecniche della Lean Production, che rappresenta oggi, uno degli strumenti pi`u usati dalle aziende per riuscire ad ottimizzare i propri processi e a ridurre gli sprechi.

Verr`a introdotta l’azienda e la sua storia, i tipi di prodotto che vengono realizzati, le caratteristiche del mercato di riferimento e il fatturato. Ci sar`a poi l’introduzione teorica della Lean Prodcution: dalla nascita di tale metodologia fino ai suoi principa-li strumenti. L’implementazione di tale metodologia nell’azienda `e ampia e riguarda principalmente due progetti: SMED e TPM. Questi progetti hanno l’obiettivo di ridurre o eliminare gli sprechi dovuti alla mancata gestione ottimale della disponi-bilit`a, e all’eliminazione degli sprechi dovuti alla non corretta organizzazione della manutenzione e produzione, affinch`e le linee si fermino il meno possibile e si aumenti l’indice di performance aziendale OEE.

L’OEE rappresenta il drive per l’azienda. Infatti `e in base a questo indicatore che vengono fatte le varie valutazioni e si prendono di conseguenza le decisioni. Si analizzeranno inoltre i risultati ottenuti dall’implementazione delle tecniche Lean e gli sviluppi futuri.

(8)

Capitolo 2

Obiettivo della tesi

L’obiettivo della tesi `e quello di esporre le attivit`a svolte in azienda nel periodo di stage, della durata di 6 mesi. Nella tesi verranno affrontati tutti i punti di analisi dal punto di vista della metodologia della produzione e analisi dei processi, per poi suc-cessivamente implementare determinate tecniche di miglioramento. La trattazione principale riguarda l’implementazione di tecniche della Lean Production nell’ambi-to produttivo, con l’intennell’ambi-to di moninell’ambi-torare i miglioramenti ottenuti e consolidare le metodologie implementate. Gli strumenti utilizzati sono stati studiati lungo tutto il periodo di stage, con il supporto fondamentale del responsabile della produzione, che ha monitorato e guidato tutte le attivit`a svolte.

Negli anni passati l’azienda aveva intrapreso un processo di miglioramento attra-verso l’implementazione del Kanban; per`o tuttavia c’`e stata la necessita di estendere e implementare la logica della Lean Production attraverso altri progetti.

Nel seguente lavoro verranno quindi descritte tutte le attivit`a svolte nel periodo di stage, riguardanti l’implementazione delle logiche Lean, come: 5S, Visual Mana-gement, SMED, TPM e Problem Solving. Il Kanban verr`a spiegato per completezza della metodologia, ma non `e frutto del lavoro svolto nel periodo di stage. Inoltre, prima della trattazione pratica, ci sar`a anche una trattazione teorica introduttiva che spiega lo stato dell’arte della metodologia. In questo modo si possono apprez-zare le differenze di implementazione dovute alle diverse realt`a e processi. Inoltre tutti gli schemi e i grafici sono frutto di un lavoro che mira a rendere evidenti i risultati ottenuti attraverso comparazioni che rendono pi`u facile la comprensione di determinate logiche.

(9)

Capitolo 3

L’azienda Cebi Motors S.p.A.

3.1

La storia

Verso la met`a degli anni ’70 a Grisignano di Zocco in provincia di Vicenza, gra-zie all’iniziativa di un imprenditore locale, nasce la Nuova SME. L’agra-zienda nasce producendo prevalentemente motori elettrici in corrente continua per giocattoli. La produzione era quasi artigianale e le lavorazioni erano prevalentemente manuali. Per`o, grazie al settore fiorente e all’acquisto di nuovi macchinari che permisero la produzione in serie, riusc`ı a produrre in un anno fino a 10 milioni di pezzi.

Figura 3.1: logo Nuova SME

(10)

In seguito inizi`o una lenta trasformazione del mercato che consent`ı all’azienda di passare da motori ‘semplici’ a motori sempre pi`u professionali e tecnologicamente avanzati. Questo salto permise all’azienda di affacciarsi prima al settore informatico e poi a quello automobilistico, compiendo pertanto un notevole salto qualitativo, sia dal punto di vista produttivo che dal punto di vista gestionale e organizzativo.

Figura 3.3: Motori FH 244 (alzacristalli elettrici e movimentazione tettucci apribili)

La Nuova SME cominci`o cosi a fornire clienti sempre pi`u grandi e prestigiosi come: Olivetti, FIAT, Alfa Romeo, Lancia e Renault. L’azienda entr`o cosi in un setto-re nel quale gli standard qualitativi hanno un’importanza fondamentale. Si pass`o quindi dalla produzione di componenti ’domestici’ a componenti 100% automotive, implicando quindi:

• Zero PPM (Parti Per Milione); ovvero zero pezzi scarti di componenti che arrivano dai fornitori e prodotti scarti dal processo

• Puntualit`a di consegna; entra come fattore importante la puntualit`a di conse-gna del prodotto al cliente rispettando le date stabilite.

• Rispetto degli Standard qualitativi; gli standard dal punto di vista qualitativo nel settore automotive sono molto severi e spesso soggetti a Customer Specific Requirements (CSR), cio`e specifiche da rispettare richieste dal cliente.

Nel 1994 l’azienda cambia propriet`a ed entra a far parte di un gruppo interna-zionale composto da 14 aziende specializzate nel settore della componentistica auto ed elettrodomestici, il gruppo CEBI.

(11)

Figura 3.4: logo gruppo Cebi

Si procedette cosi ad una ricapitalizzazione e riorganizzazione che pose le basi per un notevole e repentino sviluppo. Grazie a questo cambiamento la Nuova SME ha potuto beneficiare delle sinergie derivanti dall’appartenenza al gruppo, dell’efficace rete commerciale operante in tutto il mondo e della disponibilit`a delle risorse fi-nanziarie investibili in ricerca e impianti. Infatti dopo l’acquisizione da parte della nuova propriet`a, gli investimenti in attrezzature e risorse umane sono stati notevoli; l’azienda ha cosi potuto strutturarsi dal punto di vista organizzativo con persona-le adeguatamente formato per affrontare prospettive presenti e future di interesse tecnico e commerciale.

Nel 1996 la Nuova SME cominci`o a progettare e successivamente verso la fine degli anni ’90, a produrre anche motoriduttori per il settore automobilistico, oltre alla normale produzione fino a quel momento dei motori elettrici.

(a) Un tipo di motoriduttore (b) Altro tipo di motoriduttore

I motoriduttori progettati rappresentarono l’acquisizione di un nuovo segmento di mercato oltre all’ampliamento della gamma di prodotti offerti. All’inizio del 1998 la Nuova SME, anche in funzione delle nuove possibilit`a apertesi, si trasfer`ı in un nuovo e pi`u moderno stabilimento (sede attuale) con una superficie coperta complessiva di circa 9.700 mq. situato a Veggiano in provincia di Padova, abbandonando i vecchi locali ubicati a Grisignano di Zocco.

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Figura 3.6: Vecchi stabilimenti a Grisignano di Zocco (VI) - 1975

Figura 3.7: Nuovo stabilimento a Veggiano (PD) - 1998

Nel nuovo stabilimento a Veggiano, nel 2001 vennero attuati i lavori di ampliamento dello stabilimento volti ad ottenere una superficie coperta complessiva di circa 16.000 mq. suddivisi sui due piani, per un totale di circa 21.000 mq.

Notevole sforzo fu destinato all’ammodernamento delle linee di produzione. Que-sto consent`ı all’azienda di produrre minimizzando i costi di lavorazione grazie anche all’elevato grado di automazione presente nel processo produttivo. La visione della Nuova SME infatti `e sempre stata quella di innovarsi e stare al passo con le nuo-ve tecnologie, innuo-vestendo ogni anno nella ricerca e sviluppo con il preciso scopo di sviluppare nuovi prodotti non rientranti nell’attuale gamma dell’azienda.

Da gennaio 2016 la Nuova SME cambia nome e diventa CEBI Motors S.p.A. assumendo di fatto il nome del gruppo a cui appartiene.

(13)

Figura 3.8: Cebi Motors oggi - 2016

Oggi, nonostante i mutamenti repentini dei scenari economici mondiali e l’affacciarsi di nuovi concorrenti competitivi su scala mondiale, CEBI Motors, puntando sulla ricerca e sviluppo, l’ingegnerizzazione dei processi, oltre che nelle aree gestionali e sistema qualit`a, regge la competitivit`a e si afferma nel mercato come leader mon-diale della produzione di micromotori e motoriduttori elettrici in corrente continua. Punto di forza dell’azienda `e l’elevata flessibilit`a della produzione, che consente di personalizzare il prodotto in funzione della necessit`a della clientela.

3.2

Mercato di riferimento

Cebi Motors attualmente produce componenti solo ed unicamente per il settore automobilistico. L’obiettivo strategico dell’azienda `e quello di produrre su larga scala grandi quantitativi di prodotti a basso costo, aprendosi pertanto la possibilit`a di offrirli sul mercato ad un buon rapporto di qualit`a/prezzo. I range di prodotti si dividono in:

• motori per la movimentazione sedile. • motori per la movimentazione cristalli. • motori per le portiere scorrevoli.

• motori per la movimentazione tettuccio. • motori per la movimentazione baule.

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Figura 3.9: applicazione prodotti Cebi Motors

Nel mondo automotive i costruttori di automobili vengono chiamati OEM e denomi-nano le aziende nella loro supply chain o catena di fornitura come tier 1, tier 2 e cosi via. OEM (Original Equipment Manufacturer), significa letteralmente dall’inglese ‘produttore di apparecchiature originali’ ed `e attribuito ad aziende che realizzano il prodotto finito per il mercato di consumo. L’azienda Tier 1 rappresenta il forni-tore diretto dell’OEM. l’azienda tier 1 avr`a a sua volta dei fornitori, che vengono chiamati Tier 2. Cebi Motors si colloca nella supply chain delle OEM come Tier 2. Grazie a un focus continuo all’innovazione e al progresso tecnologico, Cebi Mo-tors si afferma nel mercato per la qualit`a e affidabilit`a dei propri prodotti. Nel mercato automobilistico, l’offerta `e principalmente centrata nei motori per la movi-mentazione sedile, che rappresentano il prodotto di punta con l’80% circa del volume di produzione totale. L’azienda per riuscire a diversificare il mercato, sta investendo nello sviluppo di nuovi modelli di motoriduttori ad alte prestazioni, da proporre al mercato.

I principali clienti della Cebi Motors, sono: Brose, Magna, Hi lex Italy, Hi Lex Spain, Algo, Adient, HUF, Kiekert, Almas. Quest’ultimi sono tutti Tier 1 e sono collocati rispettivamente in Germania, Repubblica ceca, Italia, Spagna, Ungheria, Canada e Polonia. Nella categoria delle OEM, i principali clienti finali dei motori per la movimentazione sedile sono: Volkswagen group, Daimler –Mercedes, BMW, Tata Group, FCA e Geely. Mentre per la movimentazine dei cristalli: FIAT, Renault-Dacia, Jaguar – Land rover e GM. Per i motori movimentazione baule, i principali clienti sono: Porsche e Daimler – Mercedes.

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Figura 3.10: Principali clienti finali di Cebi Motors

3.3

Fatturato

Cebi Motors ha visto negli anni una notevole crescita sotto tutti i punti di vista. L’innovazione e i continui investimenti anche nei periodi di crisi, hanno fatto si che l’azienda sia rimasta al passo con le tecnologie. Questo ha reso i suoi prodotti sem-pre pi`u affidabili sul mercato, conquistandosi la fiducia dei suoi clienti e attirandone altri. Gli investimenti consistono principalmente in nuovi processi, nuovi impianti produttivi e soprattutto nella ricerca e sviluppo. Infatti l’azienda guarda con otti-mismo le nuove sfide, rappresentate da clienti sempre pi`u esigenti e un mercato che richiede prodotti con qualit`a sempre pi`u alta.

Questi investimenti hanno portato Cebi Motors ad aumentare il proprio fatturato in modo considerevole. Infatti da un fatturato di circa 45 milioni nel 2010, l’azienda ha piu che raddoppiato il suo fatturato oggi (2016), arrivando quasi a 96 milioni. Le prospettive sono rosee; l’azienda prevede di espandere il proprio stabilimento ormai saturo per acquistare altre linee di produzione ed aumentare la propria capacit`a produttiva che `e attualmente di circa 23 milioni di pezzi l’anno. Infatti la sfida per il 2017, `e quella di riuscire entro la met`a dell’anno, a rendere operativa la prima linea di produzione nel nuovo stabilimento, gestito completamente dalla sede di Veggiano. Inoltre, se le richieste del cliente seguono il trend, la previsione `e quella di acquistare ogni anno, nuove linee di produzione fino a saturare anche il secondo stabilimento, che ha una superficie di circa 22,000 mq.

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Figura 3.11: Fatturato Cebi Motors S.p.A.

(17)

Figura 3.13: Suddivisione dei principali clienti finali per motori movimentazione sedile

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3.4

Tipi di prodotto

Le linee di prodotto principali sono due: i micromotori elettrici e i motoriduttori; cia-scuna delle quali comprende varie tipologie. Le differenze tra le varie versioni sono, oltre che dimensionali, caratterizzate da diverso filtraggio elettrico, diverse connes-sioni elettriche (connettori diversi con sensoristica diversa) e diversi avvolgimenti che si traducono poi alla fine, in prestazioni del motore diversi.

I micromotori sono piccoli motori in corrente continua che permettono di tra-sformare l’energia elettrica in un movimento rotatorio in uscita. I motori vengono progettati e prodotti con gli accorgimenti tecnici necessari a far si che le carat-teristiche tecniche corrispondano completamente a quanto richiesto dal cliente. Il prodotto pu`o essere destinato a vari utilizzi in funzione delle dimensioni e della po-tenza. Attualmente le principali linee di prodotto sono suddivise in motori per la movimentazione dei cristalli e motori per la movimentazione sedile.

3.4.1

Micromotori per la movimentazione sedile

I motori per la movimentazione sedile sono sviluppati e prodotti su commessa ed hanno un volume di produzione molto maggiore rispetto ai restanti prodotti. Infatti circa 80% dei motori prodotti all’anno dalla Cebi Motors appartengono alla movi-mentazione sedile. I motori di questa categoria sono i seguenti modelli: MOTS, MOCS ed FCI.

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Figura 3.16: caratteristiche dei motori MOTS prodotti

Figura 3.17: caratteristiche dei motori MOCS prodotti

(20)

3.4.2

Micromotori per la movimentazione cristalli

I motori alzavetro sono uno dei prodotti storici dell’azienda e, come dal nome, servo-no per la movimentazione dei cristalli delle automobili. I motori alzavetro principali sono i seguenti modelli: MOTL, MOTP e MOTC.

Figura 3.19: caratteristiche dei motori MOTL prodotti

Figura 3.20: caratteristiche dei motori MOTP prodotti

(21)

3.4.3

Motoriduttori

I motoriduttori sono dei dispositivi che consentono di ottenere dal moto rotatorio del micromotore, un moto ridotto nella velocit`a ma con coppia molto maggiore. Il prodotto `e destinato principalmente all’utilizzo nel settore auto per alzacristalli e/o tettucci apribili.

Figura 3.22: caratteristiche dei motoriduttori prodotti

(22)

Capitolo 4

La Lean Production

4.1

Introduzione

Quando si pensa alla Lean Production o ”produzione snella” generalmente si consi-dera che tutto inizi`o dalla Toyota, o prima ancora dalla Ford e le sue linee di pro-duzione innovative che produssero la famosa Ford Model T [Figura 2.1]. In realt`a, il concetto che sta alla base della produzione di massa, cio`e l’intercambiabilit`a delle parti, non era una creazione di Ford ma era un’idea che aleggiava gia da diverso tempo; ad esempio, l’uso di pezzi perfettamente intercambiabili e assemblabili senza adattamenti, erano gia usati da Eli Whitney verso la fine del 1700, per produrre il Moschetto ovvero un arma da fuoco per uso militare.

Figura 4.1: Ford Model T

Anche le linee di produzione di fatto non erano una novit`a. Infatti gia nel 1574, il Re francese Henry III documentava come i veneziani costruivano i galeoni attra-verso processi a flusso continuo, sfruttando la standardizzazione delle postazioni di assemblaggio.

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Il metodo Ford per`o ottenne molto successo attraverso l’innovazione della catena di montaggio e produzione di massa, e fu un metodo molto efficiente soprattutto nel periodo della seconda guerra mondiale. Ci`o che segn`o l’avvento della Lean pro-duction rispetto alla produzione di massa introdotta da Ford, `e il cambiamento di tendenza dettato da ordini di mercato sempre pi`u bassi e variegati. Infatti il declino della produzione di massa, fu anche la mancanza di flessibilit`a delle linee di produ-zione, per cui i tempi di risposta alle esigenze del mercato non erano affatto veloci. Inoltre veniva adottata una struttura di gestione distaccata tra il management e i lavoratori della produzione; si pensava infatti al management come la ’mente’ e i lavoratori come le ’braccia’; tipica gestione ’top-down’.

La Lean Production a differenza del metodo Ford, applica concetti ben diversi e alternativi. Esso infatti richiama concetti adottati in Giappone dalla casa automo-bilistica Toyota, in cui si fa riferimento alla crescita del personale produttivo, alla riduzione degli sprechi ed una struttura organizzativa che coinvolge tutto il personale aziendale verso il raggiungimento degli obiettivi. Tale metodologia a cui fa riferi-mento la Lean Production e che ebbe tanto successo si chiama Toyota Production System (TPS).

4.2

Origini del TPS

Il fondatore della Toyota, Kiichiro Toyoda ispirandosi a suo padre, un industriale e grande inventore a cui va la famosa invenzione del telaio automatico, diede vita nel 1933 alla Toyota Motor Corporation. Kiichiro oltre alla passione, fu motivato a investire sulle auto dopo il grande terremoto che colpi la pianura kanto nel 1923, che caus`o centinaia di migliaia di morti e la distruzione in gran parte del paese. Le ferrovie furono distrutte dal grande terremoto, quindi le auto, che erano l’unico mez-zo di trasporto rimasto, ebbero un ruolo importantissimo per lo spostamento delle persone. Siccome i tempi per risanare le ferrovie erano significative, il dipartimento municipale decise di ordinare dalla Ford Motor Corporation, 800 telai di camion da usare nell’immediato come bus di trasporto.

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L’insorgere della domanda di automobili a seguito del terremoto si spos`o perfet-tamente con la produzione di massa adottata da Ford, che era pi`u competitiva dal punto di vista della capacit`a di fornitura e dal punto di vista del costo; infatti le auto Ford erano meno costose del 20-30 percento rispetto alle auto europee e avevano un tempo di attesa dall’ordine di circa 3 mesi rispetto ai 6 mesi delle concorrenti. Per questo lo scenario automobilistico fu dominato dai costruttori d’auto americani.

Nel 1950 Eiji Toyoda, ingenere meccanico e cugino di Kiichiro Toyoda, intraprese un viaggio di 3 mesi in America presso la Ford River Rouge complex a Deardborn in Michigan, per imparare il sistema produttivo adottato dagli americani. Eiji al suo ritorno in Giappone, motivato dall’esperienza in America not`o che la Toyota aveva un’ampio margine di miglioramento, soprattutto visti i numeri di automobili prodotti; Toyota produsse in tredici anni poco pi`u di 2500 automobili rispetto agli 8000 veicoli al giorno prodotti dalla Ford. Per questo, Eiji cominci`o a sviluppare un nuovo sistema produttivo in collaborazione con l’ingegnere di produzione Taiichi Ohno. Taichi infatti not`o che la causa della bassa produttivit`a della Toyota era dovuta principalmente alle inefficienze e agli sprechi.

Per riuscire quindi ad essere competitivi con le case automobilistiche americane, la Toyota dovette adottare un sistema di gestione diverso dal Fordismo, soprattut-to perch`e possedeva una disponibilit`a di infrastrutture minore a causa del periodo post-guerra. Il sistema di gestione adottato non si basava sulla produzione di massa, ma era basato invece su un sistema semplice di innovazione della produzione dove si puntava al contributo dell’operaio, non piu considerato come il ’braccio’ ma con-siderato come una figura attiva per il miglioramento dell’azienda. Toyota negli anni perfezion`o tale modello in un logica dove la parola chiave era: flessibilit`a della pro-duzione. Questo sistema ebbe un successo tale che port`o la Toyota a diventare uno dei principali leader del mercato automobilistico. Nacque cosi il Toyota Production System (TPS) o Toyota Way da cui la Lean fa riferimento.

4.3

La metodologia del Lean thinking

Il termine Lean Thinking o pensiero snello `e stato coniato da James P. Womack e Daniel T. Jones, attraverso lo studio del sistema produttivo Toyota. Da questo studio, videro che la metodologia giapponese prevedeva una organizzazione delle persone, strutturata per portare il massimo benificio dal punto di vista del valore e dell’eliminazione degli sprechi, denominati anche muda in giapponese. Questa metodologia, nacque prima nell’area produttiva e successivamente si estese poi in tutte le aree aziendali.

Il principio base per cui le aziende cominciano ad implementare la Lean `e l’e-liminazione di tutte le attivit`a che incrementano i costi e non aggiungono valore. Secondariamente, la riduzione degli sprechi e la conseguente semplificazione dei pro-cessi, conferisce agli stessi una maggiore affidabilit`a, cio`e la qualit`a del prodotto assicurata nel tempo.

Prima di definire lo spreco e come eliminarlo, bisogna definire ci`o che ha valore. Il Valore rappresenta qualcosa per cui il cliente `e disposto a pagare. Per cliente non si considera solo colui che acquister`a i prodotti che escono dal magazzino, ma sono da considerare anche come clienti, tutti i processi intermedi che usufruiscono di un bene o servizio all’interno o all’esterno dell’azienda. Possiamo considerare

(25)

per esempio la squadra di manutenzione all’interno di uno stabilimento; i clienti della manutenzione sono gli enti che ne richiedono gli interventi, come ad esempio la produzione.

Questo sistema organizzativo oltre a portare benefici dal punto di vista del valore, tende anche a ridurre gli sprechi, intesi come attivit`a inutili che non danno valore aggiunto, cio`e il cliente non `e disposto a pagarlo. Ad esempio se un azienda A utilizza 3 persone per produrre un 1 kg di farina e un’altra azienda B produce lo stesso kg di farina, ma utilizzando 5 persone, il cliente preferir`a quello prodotto dall’azienda A perch´e ha un prezzo inferiore a parit`a di valore percepito.

Figura 4.3: Valore percepito dal cliente in funzione de costo

4.3.1

I 7 sprechi

L’eliminazione degli sprechi `e il primo principio della Lean da applicare se si vuo-le avere una organizzazione snella. Possiamo fare riferimento ad uno scultore che scolpiva il marmo per liberare la forma (valore) intrappolata all’interno del bloc-co, eliminando la roccia non necessaria (spreco) che la ricopriva. Come lo scultore, l’obiettivo della Lean `e quello di eliminare in tutti i processi e prodotti gli sprechi affinche rimanga solo ci`o che ha valore.

Lo spreco nel Lean thinking, viene categorizzato in:

• Muda tipo I : Attivit`a indispensabili, ma non danno valore aggiunto al pro-dotto. Ad esempio gli attrezzaggi eseguiti su una macchina per passare da una tipologia di prodotto ad un’altra; `e un’attivit`a necessaria perch´e il clien-te vuole il prodotto B e non pi`u il prodotto A. Oppure un altro esempio di muda tipo I `e l’attesa per eseguire i controlli di sicurezza all’aeroporto; sicu-ramente i controlli di sicurezza sono necessari, ma non l’attesa, quindi questo rappresenta uno spreco necessario che per`o non aggiunge valore.

• Muda tipo II : Attivit`a inutili che non creano valore aggiunto e che vanno eli-minati. Ad esempio il layout non ottimizzato di una linea di assemblaggio pu`o contribuire ad una movimentazione eccessiva; infatti se i componenti necessari

(26)

alla produzione sono collocati in un posto lontano, si spender`a tanto tem-po per movimentare questi comtem-ponenti. Baster`a quindi ridisegnare il layout avvicinando i componenti utili per eliminare questo tipo di spreco.

I passi da seguire per eliminare efficacemente gli sprechi sono:

1. Rendere lo spreco facilmente visibile: prima di eliminare lo spreco si deve essere capaci di vederlo, altrimenti non sar`a possibile eliminarlo.

2. Essere coscienti della presenza dello spreco: lo spreco deve essere percepito come spreco, cio`e come qualcosa che non porta valore.

3. Essere responsabili dello spreco: si deve identificare chi `e il responsabile del-l’eliminazione dello spreco.

4. Misurare lo spreco: si deve riuscire a quantificare lo spreco e su cosa impatta, altrimenti verr`a percepito come poco importante e le persone non saranno motivati per eliminarlo.

5. Eliminare o ridurre lo spreco: dove `e possibile lo spreco deve essere eliminato. Oltre allo spreco (muda), la Lean prevede altri 2 sprechi su cui bisogna intervenire il Mura ed il Muri.

Mura significa sovraccarico e si riferisce prevalentemente al carico eccessivo di un processo, di un servizio o di una risorsa umana oltre le sue capacit`a normali. Infatti l’eccessivo stress pu`o provocare fermi, difetti e ritardi. Lavorando ad esempio in Just in Time (JIT), cio`e produrre solo ci`o che `e stato gia venduto o che si prevede di vendere in tempi brevi, si pu`o evitare il Mura.

Muri invece significa irregolarit`a e si riferisce alle irregolarit`a nei volumi di pro-duzione. La fluttuazione variabile dovuta a dei picchi alti e bassi nella schedulazione della programmazione, provoca periodi di sovraccarico e periodi di inattivit`a. Quin-di un modo per ridurre il Muri `e implementare l’Heijunka ,cio`e il livellamento della produzione.

Taiichi Ohno, ritornando al sistema produttivo Toyota, indic`o 7 tipi di muda da eliminare. Questi sono elencati di seguito:

1) Difetti

Oltre ai difetti di qualit`a del prodotto, include anche i difetti generati da lavori d’ufficio oppure produzione con specifiche errate o uso di troppa materia prima e cosi via. Il prodotto con difetti pu`o essere successivamente recuperato attraverso rilavorazioni, quindi la generazione di difetti non solo `e uno spreco dal punto di vista delle risorse e materiali, ma creer`a anche ostacoli nella schedulazione, inattivit`a nelle stazioni successive e aumento del Lead Time cio`e il tempo di inizio e fine di un processo.

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2) Sovrapproduzione non necessaria

Questo succede quando sono stati prodotti pi`u beni di quanti ne possono essere ven-duti. Questo spreco `e pericoloso perch´e si puo pensare di avere in magazzino beni di valore quando in realt`a, questi beni possono essere gia obsoleti; quindi rappresenta-no un costo all’azienda, rappresenta-non solo per la perdita di guadagrappresenta-no ma anche per lo spazio utile occupato.

3) trasporti non necessari

La movimentazione di persone, attrezzature, forniture, strumenti, documenti o ma-teriali non aggiungono valore, perch´e non comportano nessuna trasformazione che il cliente `e disposto a pagare.

4) Attese

Quando risorse come le persone e gli impianti sono forzati ad attendere a causa di ritardi negli arrivi o a causa della indisponibilit`a delle risorse o al ritardo delle informazioni, siamo di fronte ad uno spreco dovuto all’attesa.

5) Scorte

Immagazzinare materia prima, semilavorati o prodotti finiti oltre le quantit`a neces-sarie, rappresenta un investimento che non porta ancora un guadagno.

6) movimenti

I movimenti manuali non necessari effettuati da operatori per eseguire una certa operazione, rappresentano uno spreco. Questi possono essere ad esempio: cercare, raggiungere, camminare, piegarsi, alzare e altre attivit`a fisiche non richieste. Questo pu`o succedere quando il posto di lavoro `e ingombrante o disorganizzato.

7) Processi

Sono le fasi del processo inefficienti o che non aggiungono valore al cliente all’interno del ciclo di lavoro. Questi possono essere l’aggiunta di una risorsa pi`u costosa del necessario, oppure aggiungere al prodotto features che il cliente non richiede.

4.3.2

i principi del Lean thinking

I principi che caratterizzano il Lean Thinking identificati da Womack e Jones sono: il valore (value), il flusso del valore (value stream), fare scorrere il flusso (flow), il flusso tirato dal cliente (pull), la perfezione (kaizen) e lo sviluppo dei fornitori (lean supply chain). Vediamo nel dettaglio tali principi.

• Il valore (value): Lo spreco ed il valore sono strettamente correlati. In tutti i processi industriali e non, bisogna innanzitutto riuscire a determinare ci`o che rappresenta valore per il cliente. Da qui inizia la caccia allo spreco per identificare di fatto ci`o che vale.

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Figura 4.4: esempio di Miuda, Muri e Mura

• Il flusso del valore (Value stream): il flusso del valore per un determinato pro-dotto, consiste nella serie di attivit`a atte a trasformare la materia prima in prodotto finito. Questo si attua eseguendo tre attivit`a fondamentali: 1) Defi-nizione del prodotto/servizio (dall’idea alla progettazione e ingegnerizzazione fino poi alla produzione del bene o erogazione del servizio). 2) Gestione delle informazioni (dalla ricezione degli ordini, alla programmazione della produzio-ne fino alla consegna del prodotto o erogazioproduzio-ne del servizio) 3) Trasformazioproduzio-ne fisica dalla ricezione della materia prima alla realizzazione del prodotto finito consegnato al cliente o realizzazione del servizio.

• Fare scorrere il flusso (Flow): bisogna far si che le attivit`a che creano valore, formino un flusso continuo. Per fare questo, bisogna lavorare su ogni progetto, ordine e prodotto dall’inizio fino alla fine in modo che non vi siano tempi di attesa, inattivit`a o scarti tra una fase e l’altra e in ogni fase. Il concetto di Flow era stato raggiunto da H. Ford nei primi anni del ‘900, riducendo del 90% il lavoro richiesto per il montaggio di una vettura, convertendo a flusso continuo il montaggio finale. Questo metodo pero, funzionava bene solo per produzioni di grande serie. L’innovazione della produzione snella `e quella di riuscire a ottenere flussi continui anche nelle piccole produzioni abbattendo i tempi di attrezzaggio e ‘miniaturizzando’ i macchinari. La rimozione di tempo ed energie sprecate, rappresenta una grande opportunit`a di miglioramento dal punto di vista qualitativo e quantitativo per una azienda, consentendo di focalizzare l’attenzione e gli sforzi alla creazione di valore.

• Il flusso tirato dal cliente (Pull): Quando un azienda ha definito il valore per il cliente, ha identificato il flusso di valore ed ha ottimizzato il flusso affinch´e scorra senza interruzioni eliminando gli sprechi, a questo punto allora si pu`o permettere ai clienti di tirare il processo (flusso di valore). Ci`o significa che l’azienda `e capace di progettare, programmare e realizzare solo quello che il cliente vuole, nel momento in cui lo vuole. Si fa quindi in modo che sia il

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cliente a tirare il prodotto che vuole e non l’azienda a spingere verso i clienti i suoi prodotti.

• La perfezione (kaizen): Questo principio rispecchia la metodologia giapponese verso la ricerca della ‘perfezione’ o miglioramento continuo (kaizen). Se l’im-plementazione dei punti precedenti `e corretta, si mette in moto un processo continuo di miglioramento dove una volta identificato uno spreco ed eliminato, bisogna ricominciare il ciclo per identificarne altri ed eliminarli.

• Lo sviluppo dei fornitori (Lean supply chain): Anche se non facilmente imple-mentabile, lo sviluppo fornitori in ottica di miglioramento rappresenta l’ultimo passo per la conclusione di un piano Lean. Esso consiste principalmente nel-l’instaurare rapporti di partnership con i fornitori attraverso l’integrazione di essi nei processi aziendali interni, facilitando in questo modo anche il controllo qualit`a in accettazione, in quanto i prodotti che arrivano sono certificati dal fornitore stesso ed hanno il free-pass concordato. Questo approccio `e diretto principalmente ai fornitori strategici che possono portare beneficio all’azienda.

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Capitolo 5

OEE

5.1

Introduzione

Al giorno d’oggi, con il mercato completamente globalizzato e con il rapido cambia-mento delle tendenze, le aziende sono sempre pi`u competitive tra di loro. Per questo si cerca di puntare sull’innovazione e sul miglioramento della produzione, offrendo al cliente prodotti con qualit`a sempre pi`u alta ed in tempi sempre pi`u brevi.

Uno degli indicatori pi`u diffusi nel mondo manifatturiero automotive per indica-re le performance e quindi la competitivit`a di una azienda `e l’OEE, che `e l’acronimo di Overall Equipment Efficiency. Per cui un azienda attraverso questo indicatore pu`o vedere come sta performando e dove pu`o intervenire per migliorare. L’Overall Equipment Efficiency, significa letteralmente “efficienza generale delle apparecchia-ture o macchine” ed `e uno strumento sviluppato e proposto da S. Nakajima (1988), per valutare il progresso di un progetto di miglioramento in un azienda.

Una macchina, idealmente, dovrebbe lavorare continuamente alla massima velo-cit`a nominale, senza generare nessun tipo di problema legato alla qualit`a del pro-dotto. Ovviamente si sa che la maggior parte delle macchine non raggiunge queste prestazioni ideali, perch´e in genere avranno degli arresti dovuti a rotture, malfun-zionamenti, manutenzioni o produzione di pezzi scarti. L’OEE da quindi un valore a queste inefficienze che causano l’abbassamento di rendimento e produttivit`a delle macchine.

5.2

OEE aziendale

L’OEE `e un indicatore adimensionale ed `e frutto del prodotto di tre elementi prin-cipali:

• Disponibilit`a: perdite per inoperativit`a. Sono dovute principalmente a guasti, tempi di setup in cui la macchina non `e operativa e aggiustamenti. Ulteriori perdite possono essere causate da tempi di start up, cio`e l’avviamento dopo il fermo.

• prestazioni : perdite di velocit`a. Queste perdite sono dovute a microferma-te, riduzioni di velocit`a o aumento del tempo di produttivit`a nominale della macchina.

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• qualit`a: perdite per difetti. Sono dovute alla produzione di pezzi scarti e rilavorazioni.

Partendo da una disponibilit`a di tempo teorica di 24 ore su tutti i giorni dell’anno, ci saranno delle ore che saranno dedotte dovute a festivit`a non lavorate, manuten-zioni programmate e giorni settimanali non lavorati, come ad esempio il sabato e la domenica. Ogni azienda ha il proprio calendario in cui si decide quali giorni lavorare e quali non lavorare. Si ottiene cosi la disponibilit`a di tempo teorica effettiva, cio`e la disponibilit`a teorica, priva di tutti quei giorni in cui l’azienda `e obbligata a non produrre.

Figura 5.1: Indice di disponibilit`a `e dato dal rapporto di A/B

Figura 5.2: Indice di prestazione `e dato dal rapporto di C/D

Figura 5.3: Indice di qualit`a `e dato dal rapporto di E/F

Da questa si sottrarr`a poi il tempo non impiegato dovuto a scelte aziendali, turni non lavorati, permessi, scioperi, fermi per esigenze di mercato e cosi via. Si arriva quindi

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ad ottenere la disponibilit`a di tempo impiegata, che `e al netto di tutto il tempo rimosso precedentemente. Se alla disponibilit`a effettivamente impiegata vengono rimossi i set up, i vari guasti e le attese, allora si otterr`a il tempo di produzione effettivo in cui le macchine hanno prodotto.

Nel tempo di produzione effettivo, in cui le macchine erano effettivamente dispo-nibili al netto dei guasti e set up, l’indice di prestazioni ci dice se la macchina ha raggiunto il target di produzione stabilita o ha avuto microfermate, cio`e fermi non dichiarati perch`e di breve durata (inferiore ai 10 - 15 minuti), oppure se ha subito rallentamenti rispetto alla velocit`a di produzione prevista.

L’ultimo indice, quello della qualit`a, ci dice quanti pezzi conformi sono stati pro-dotti rispetto alla totalit`a della produzione effettuata; in pratica attraverso questo indice, si risale a quanti pezzi non conformi sono stati prodotti.

L’OEE si ottiene quindi moltiplicando l’indice di disponibilit`a, l’indice di prestazione e l’indice di qualit`a.

OEE = (A/B) ∗ (C/D) ∗ (E/F ) (5.1)

Cebi Motors ha a disposizione una piattaforma informatica chiamata Clikview, che `e stata sviluppata internamente all’azienda in collaborazione con un azienda in-formatica e che permette di ottenere in modo visuale, attraverso degli indicatori l’andamento dell’OEE aziendale. Gli indicatori hanno 3 fasce di colori, che determi-nano in modo visuale, il livello di criticit`a rispetto al target da raggiungere definito dall’azienda. Inoltre l’andamento dell’OEE `e personalizzabile in base all’analisi che si vuole svolgere; infatti si possono rifinire attraverso dei filtri, le ricerche per analiz-zare i vari trend sui diversi centri di lavoro e le cause per cui le macchine non hanno performato.

L’azienda ha stabilito un valore obiettivo sull’OEE da raggiungere per gli anni che vanno dal 2016 al 2018; nel dettaglio sono indicati i valori obiettivo sui vari indici:

– TARGET INDICE DISPONIBILIT `A = 0, 870 – TARGET INDICE PRESTAZIONI = 0, 970 – TARGET INDICE QUALIT `A = 0, 950 – TARGET OEE = 0, 800

Dall’analisi dell’OEE dell’anno 2015, si pu`o notare che la componente relativa alla disponibilit`a `e la pi`u bassa e non raggiunge il target definito. Ci`o significa che si deve intervenire sull’indice della disponibilit`a, che `e legata principalmente ai guasti e ai set up.

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Figura 5.4: Schermata principale OEE - Cebi Motors sul Clikview

Figura 5.5: OEE Cebi Motors - anno 2015

Visto che i volumi e il numero delle linee che producono il motore per la movimen-tazione sedile, sono molto maggiori rispetto alle linee che producono per l’alzavetro e i riduttori (si parla infatti di 7 linee per movimentazione sedile contro 3 alzavetro e 2 riduttori), l’azienda ha deciso di cominciare a implementare piani di migliora-mento nel reparto sedile, per poi estendere tali tecniche anche negli altri reparti. L’obiettivo `e quello di portare il miglioramento snello in azienda senza necessaria-mente investire in nuovi macchinari o tecnologie, ma puntando sull’organizzazione e la formazione del personale che lavora in produzione. Questo permetter`a all’azienda di essere competitiva sul mercato e di avere pi`u margine di guadagno.

Ogni anno, vista la crescente domanda, l’azienda ha continuamente acquisito nuove linee di produzione per riuscire a soddisfare le richieste dei clienti. Nel 2015 l’azienda era ormai satura e non aveva pi`u spazio sufficiente per l’installazione di

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altre linee di produzione; per cui tutte le inefficienze, che fino a quel punto erano di seconda importanza e nascoste dall’acquisto di nuove linee e quindi maggiore produttivit`a, passarono in primo piano. l’OEE di fatto fu l’indicatore su cui l’azienda si bas`o per determinare le inefficienze maggiori e, tramite questo indicatore decise quali attivit`a e piani di miglioramento intraprendere.

Dall’analisi delle principali causali di perdita di OEE dell’anno 2015, si vide che la causa di perdita maggiore, legata alla disponibilit`a delle macchine, ha come principali 3 causali:

1. Riparazione guasto

2. Richiesta intervento per guasto

3. Richiesta intervento manutenzione per attrezzaggio

Come si vedono dalle causali principali di perdita di disponibilit`a, le prime due sono inerenti alla manutenzione, la terza riguarda gli attrezzaggi. Per cui l’avviamento del progetto TPM serve per migliorare i fermi dovuti alla manutenzione e il progetto SMED per migliorare e ridurre i tempi di attrezzaggio.

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Figura 5.6: Consun tiv o anno 2015 delle causali di fermo macc hine in p ercen tuale sul Clikview

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5.3

Raccolta dati OEE

Per avere un dato di OEE corretto e aggiornato, `e necessario che chi lavora o ope-ra sulle macchine, immetta sul sistema informatico aziendale denominato ”Factory Control ”, le informazioni inerenti all’attaviti`a che si sta svolgendo e al funziona-mento della macchina. Per questo l’azienda ha definito una lista di macro attivit`a pi`u ricorrenti denominati ’causali’ con cui il personale produttivo o tecnico, si deve aprire e chiudure attraverso il sistema.

Figura 5.7: Esempio di causali da utilizzare nel caso di malfunzionamento della macchina

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Figura 5.9: Esempio di causali da utilizzare nel caso di sospensione della macchina dovuto a: mancanza di personale, mancanza di materiale o materiale non conforme il peso delle varie causali di fermo delle macchine, che vanno poi ad influenzare l’indice di disponibilit`a, sono visualizzabili nel Clickview, a seconda del periodo e dei centri di lavoro scelti. infatti questo sistema `e molto veloce e facile da consultare in qualsiasi momento per monitorare i vari trend.

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Capitolo 6

Il processo

6.1

Il reparto movimentazione sedile

L’area produttiva della Cebi Motors si estende su due piani ed `e diviso per reparti a seconda che si produca un semilavorato o un prodotto finito. Il processo produttivo si suddivide nell’assemblaggio del rotore, saldatura delle flange ed infine assemblaggio del motore.

Le linee soggette all’analisi, saranno principalmente le linee che producono il motore per la movimentazione sedile; si parla quindi dei prodotti: FCI, MOTS e MOCS.

Figura 6.1: rappresentazione schematica del processo

6.1.1

Assemblaggio rotore

Il rotore viene formato nella macchina di impaccaggio. Qui l’albero viene inserito nel pacco di lamierini, dove successivamente viene isolato con la carta quando si

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produce il rotore MOCS, oppure isolato con la resina epossidica, se si produce il rotore per la tipologia MOTS o FCI, che di fatto utilizzano lo stesso tipo di rotore. Dopo la fase di isolamento del rotore, viene inserito il collettore di rame, si effet-tuano le spire tramite bobinatrici e si effettua la bilanciatura tramite asportazione di materiale. C’`e successivamente, una fase di tornitura del collettore affinch´e abbia caratteristiche di rugosit`a e diametro definite dal disegno. Il rotore avvolto a questo punto sar`a sottoposto a dei test elettrici per verificarne la qualit`a e poi pallettizzato su dei vassoi termoformati, pronti per essere utilizzati dalle linee di assemblaggio motore.

Nella linea di avvolgimento, essendo altamente automatizzata, `e presente un solo operatore autonomo nella gestione delle macchine.

Le linee di avvolgimento dei motori MOCS, hanno incluso a monte anche la macchina di impaccaggio, mentre Invece, nelle linee di avvolgimento che producono rotori per MOTS/ FCI, le macchine di impaccaggio sono accoppiate alle macchine resinatrici, situate in un reparto distaccato. Quindi la differenza sostanziale che c’`e tra una linea di avvolgimento che produce il rotore MOTS/FCI ed una che produce il rotore MOCS, `e di fatto la macchina di impaccaggio, che nel caso MOCS, `e collegata direttamente a monte della linea rotore, nel caso di MOTS/FCI invece, la macchina di impaccaggio `e situata nel reparto delle resine.

Nell’azienda ci sono 5 linee di avvolgimento che producono rotori per i motori MOTS/FCI e 2 linee di avvolgimento che producono rotori per il motore MOCS. Queste linee, a parte piccole differenze legate al prodotto, non hanno grandi diffe-renze dal punto di vista del processo di lavorazione.

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Figura 6.3: Layout e stazioni di lavorazione di una linea di avvolgimento MOTS

6.1.2

Saldature flange

Le flange sono componenti di fissaggio tra la carcassa e il rotore. Questi necessitano di un processo di saldatura in determinati punti che richiedono una connessione tra componenti elettronici. La saldatura viene effettuata tramite dei manipolatori a 7 gradi di libert`a preimpostati.

Il reparto di saldatura `e composto da 3 isole denominate: Isola gialla, isola rossa ed isola blu. Le isole giallo e blu sono composte da 4 robot di saldatura ciascuna; la isola blu invece `e composta da 6 robot. Su ogni isola `e presente 1 operatore (eccetto nell’isola blu che ne ha 2), ed ha principalmente il compito di caricare le flange da saldare sul nastro trasportatore e cambiare gli elettrodi di saldatura dopo i cicli di saldatura.

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6.1.3

Assemblaggio motore

La linea di assemblaggio motore ha il compito di assemblare i vari semilavorati con la materia prima per produrre il motore finito. Il processo per i motori MOTS e FCI, (che di fatto sono uguali, cambia solo la tipologia della carcassa), parte da una tavola rotante che assembla la carcassa con i magneti, molle, boccola, reggispinta e anello elastico (MOCS). Per i motori MOCS il magnete `e incollato all’interno della carcassa e non necessita dell’inserimento delle molle. Le carcasse, una volta assemblate vengono magnetizzate e trasportate verso le stazioni successive dove vengono caricati i rotori e le flange tramite dei manipolatori; successivamente viene inserita la vite senza fine e, il motore completamente assemblato, passa infine varie stazioni di controllo fino ad arrivare alla camera di collaudo, dove un operatore ne verifica la rumorosit`a.

Figura 6.5: Dettaglio componentistica del motore MOCS

Figura 6.6: Dettaglio componentistica del motore MOTS

Nelle linee di assemblaggio motore sedile, sono presenti 3 operatori con compiti distinti. In generale, un operatore `e fisso nella camera di collaudo per la verifica della rumorosit`a dei motori, un altro operatore ha il compito di caricare i semilavorati e la materia prima sui nastri della linea, mentre l’ultimo operatore ha il compito di

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movimentare il prodotto finito e portare a bordo linea il materiale necessario alla produzione.

Le linee di assemblaggio motore sono in totale 7 e sono codificate attraverso la numerazione: 252, 258, 334, 378, 392, 412 e 425.

Figura 6.7: Layout e stazioni di lavorazione di una linea di assemblaggio motore MOCS

Figura 6.8: Layout e stazioni di lavorazione di una linea di assemblaggio motore MOTS/FCI

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Le linee 252 e 258 sono le prime linee acquistate per produrre il motore per la mo-vimentazione sedile; attualmente sono predisposte principalmente per la produzione del motore FCI (anche se sono omologate per produrre anche la tipologia MOTS quando necessita). Le linee 334, 378 e 425 invece producono principalmente MOTS, mentre la 392 e 412 il motore MOCS.

6.2

Organizzazione della produzione

I reparti dell’azienda si dividono in: reparto riduttori, reparto alza vetro, reparto robot di saldatura, reparto resine e reparto movimentazione sedile. L’azienda lavora ormai da diversi anni su 19 turni settimanali, (3 turni da 8 ore, eccetto il sabato sera e domenica sera, che occasionalmente vengono usati per recuperare le ore perse durante la settimana), per riuscire a soddisfare le richieste dei clienti; ogni turno `e gestito da un Capoturno che ha il compito di organizzare la produzione e le criticit`a, in collaborazione con i vari enti aziendali. In staff al capo turno ci sono i Team leader; figure nate nel 2016 a seguito di un progetto organizzativo aziendale, con l’obiettivo di aumentare l’OEE.

Figura 6.9: Organigramma nel reparto produzione

La figura del Team Leader nasce con i seguenti compiti principali da svolgere: 1. Formazione: Il Team Leader sar`a il riferimento diretto degli operai del reparto

di competenza fornendogli le necessarie indicazioni o informazioni (formazione, scambio informazioni, spostamenti, gestione infortuni e cosi via).

2. Manutenzioni: Potr`a recepire ed analizzare tempestivamente la causa del fer-mo ed intervenire autonomamente per risolverlo in coordinamento alla Manu-tenzione (progetto TPM).

3. Setup (attrezzaggi): co-sviluppa, coordina e monitora le attivit`a di cambio codice presso la macchina di competenza (progetto SMED).

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4. Gestione: Presidio costante nel suo reparto, applicazione delle 5S presso di esso ed interfaccia rapida con il Capo Turno. A necessit`a, potr`a confrontarsi direttamente con Qualit`a, Programmazione, Produzione e Manutenzione per definire azioni di contenimento a fronte di un problema.

I Team Leader, come mensionato nei punti precedenti, saranno di fatto le figure chia-vi per l’implementazione ed estensione dei progetti di miglioramento Lean introdotti in azienda.

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Capitolo 7

L’implementazione di tecniche

Lean

7.1

La casa della Lean

Gli elementi su cui si fonda la Lean Production sono derivati dal TPS e possono essere rappresentati graficamente nella cosiddetta ‘casa della Lean’. L’obiettivo `e quello di eliminare gli sprechi per aumentare il valore percepito dal cliente in termini di qualit`a, costo e tempo. Le fondamenta su cui poggiano i pilastri della lean sono principalmente: la standardizzazione del lavoro, il commitment insieme al change management e la stabilit`a.

La standardizzazione del lavoro rappresenta il metodo pi`u efficiente per produrre un prodotto o erogare un servizio ad un flusso equilibrato per avere una certa velo-cit`a di uscita desiderata. Questo consiste nel suddividere il processo e le attivit`a in vari step o elementi, organizzati e sequenziati in modo da essere ripetuti ciclicamen-te. Infatti se le varie sequenze di attivit`a non sono ben definite, qualsiasi variazione sul processo pu`o causare un aumento del tempo di lavoro oppure generare problemi di qualit`a. Questo approccio non `e univocamente definito e deve essere sottopo-sto a miglioramenti continui (kaizen). Taichi Ohno infatti sosteneva che ‘senza gli standard non pu`o esserci il kaizen’; questo significa che, se le cose vengono fatte con-tinuamente in modo diverso, senza uno standard, sar`a quasi impossibile apportare un miglioramento al processo; a maggior ragione in maniera sostenibile.

Altro elemento importante di base per la costruzione di attivit`a Lean `e il commit-ment o impegno da parte dell’azienda insieme al change managecommit-ment (cambiacommit-mento dell’organizzazione). Se chi guida l’azienda non crede nelle attivit`a di miglioramento Lean, allora non ci saranno mai possibilit`a di inveestimento di tempo, soldi e risorse per portare il cambiamento in azienda. Diverso invece `e un commitment forte e deciso, che guida l’azienda attraverso il cambiamento e alla sua riorganizzazione.

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Figura 7.1: La casa della Lean

L’ultimo elemento portante che sta alla base della struttura, `e la stabilit`a. Toyota fa riferimento alla stabilit`a delle 4M come requisito fondamentale per lo sviluppo di una cultura di miglioramento. Le 4M sono definite come: metodo, manodopera, macchinari e materiali.

– stabilit`a sul metodo: Il metodo rappresenta la sequenza di procedimenti ope-rativi che ogni azienda possiede. Se non ci fosse stabilit`a sul metodo, sarebbe difficile portare un miglioramento in uno staff non addestrato correttamente che non segue uno standard di riferimento.

– Stabilit`a sulla manodopera: il ruolo delle persone e della manodopera `e fonda-mentale anche quando la produzione `e composta da macchinari automomatiz-zati. Infatti la presenza dell’uomo `e importante per il controllo della macchina durante il suo funzionamento, per intervenire durante i vari fermi o inceppa-menti. Se non ci fosse stabilit`a sulla manodopera, potr`a ad esempio esserci un alto tasso di assenteismo e una mancanza di forza lavoro stabile.

– Stabilit`a dei macchinari : Se i macchinari della produzione non sono stabili, significa che si fermeranno o si romperanno frequentemente, non producendo rispettando le specifiche del prodotto e i tempi stabiliti.

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– Stabilit`a sui materiali : `E difficile portare dei miglioramenti con attivit`a Lean, se l’azienda `e costantemente in mancanza di materiali oppure ha materiali di bassa qualit`a.

Cebi Motors negli ultimi anni ha intrapreso un programma di miglioramento snello in cui lo Standard organizzativo `e basato sull’APQP (Advanced Production Quality Planning), che rappresenta un processo strutturato con l’obiettivo di soddisfare il cliente attraverso nuovi prodotti e processi. Dei 4 pilastri fondamentali della casa della Lean, che rappresentano i 4 obiettivi principali (contro la lotta allo spreco) cio`e: Zero difetti, Zero scorte, Zero inefficienze e Zero fermi, di seguito verranno analizzati alcuni strumenti utilizzati dall’azienda.

7.1.1

5S

L’organizzazione del posto di lavoro `e la chiave per la buon riuscita di un’attivit`a Lean. Infatti lavorare in un posto sporco e disorganizzato, dove si devono evitare gli ostacoli e si deve andare alla ricerca dei materiali e strumenti vari, porta solo confusione e spreco di energie. Questo causa inefficienze sulle macchine e l’aumento del rischio di incidenti. Quindi, assieme ad altri tasselli operativi contemplati nel TPS, una delle tecniche maggiormente utilizzate in un sistema di produzione che si ispiri e faccia propri gli strumenti di un sistema produttivo snello, sono le 5S.

La parola 5S deriva dalle 5 iniziali delle parole giapponesi che indicano i fon-damenti del Visual Workplace (gestione visiva dell’ambiente/posto di lavoro) e che rappresentano le 5 tappe di azione per migliorare l’efficienza del lavoro quotidiano. Le 5S sono un metodo strutturato per ottenere, mantenere e migliorare gli stan-dard di lavoro, l’organizzazione, il layout e il controllo dell’area di lavoro, in modo da assicurare che lo svolgimento delle attivit`a avvenga in modo sicuro, efficiente e efficace, con il minimo spreco possibile di risorse (attrezzature, materiali, persone, ecc). Tale metodo pu`o essere applicato a qualsiasi tipo di industria o attivit`a anche di tipo personale. Assieme ad altri tasselli operativi contemplati nel TPS, le 5S sono considerate, per i risultati che si riescono ad ottenere in breve tempo e a basso costo, il concetto lean fondamentale sul quale sviluppare un’organizzazione in grado di realizzare e sostenere nel lungo periodo, attivit`a di miglioramento continuo. L’o-biettivo primario `e quello di creare un ambiente di lavoro pulito ed ordinato, dove `e disponibile quanto `e necessario per l’attivit`a lavorativa con gli oggetti ubicati in maniera ordinata e standardizzata, rendendo facilmente e velocemente visibili alcuni degli sprechi che gravano sull’organizzazione.

Per questo un reparto ‘visuale’ gioca un ruolo importante nell’instaurare segnali di comunicazione visivi. Infatti attraverso la sola osservazione del luogo (Gemba), si pu`o comprendere in breve tempo il flusso e lo stato delle attivit`a, rendendosi in questo modo autonomi ed efficaci. In tali condizioni `e possibile ottenere la gestione autonoma da parte degli operatori e dei supervisori, attraverso l’utilizzo di semplici strumenti visuali che si sono progettati ed applicati come vedremo in seguito. S1) Selezionare (Seiri)

E’ la prima S da attuare. L’obiettivo `e quello di eliminare tutto quello che non `e necessario dal posto di lavoro. Questo non vuol dire eliminare solo ci`o che non serve,

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ma significa rimuovere tutto ci`o che non si usa su base regolare. L’obiettivo `e quello di avere solo ci`o che serve, nella quantit`a giusta ed al momento in cui serve. Questa fase si concretizza in 2 step:

1. Individuare un area e definire tutti i materiali utilizzabili, necessari e quindi non eliminabili e separarli fisicamente dal resto.

2. Individuare ed identificare il superfluo e rimuoverlo dall’area: in pratica pu`o essere di aiuto applicare un’etichetta rossa (di espulsione) su ciascun articolo che si considera non necessario per l’operazione. In seguito questi articoli sono portati in un’area di deposito transitorio (Red Tag holding area) per un periodo di tempo che pu`o variare a seconda del materiale in questione, in genere da un minimo di una settimana ad un massimo di un mese.

Ecco una tabella dove si possono stabilire delle regole e criteri semplici legati all’u-tilit`a dello strumento/materiale, alla frequenza di utilizzo e alla quantit`a necessaria.

Frequenza di utilizzo Azione da intraprendere

Oggetti non utilizzati da un anno Rimuovere dall’area di lavoro Oggetti utilizzati una o due volte negli

ultimi sei mesi

Mandare nella zona di stoccaggio materiale di poco utilizzo

Oggetti utilizzati una volta al mese Depositare in un magazzino separato o in un’area meno marginale

Oggetti utilizzati una volta alla setti-mana

Depositare nell’area di lavoro in un’a-rea meno marginale

Oggetti utilizzati almeno una volta al giorno

Depositare nell’area di lavoro in prossi-mit`a dell’operatore

Se questi materiali si confermano non necessari allora si divideranno in 2 classi: quelli che sono utilizzabili per altre operazioni e quelli inutili che successivamente verranno scartati. Nell’ambito produttivo questa attivit`a rappresenta un modo eccellente per liberare spazio allontanando cose come: attrezzature rotte o obsolete, scarti ed eccessi di materia prima, ecc.

S2) Sistemare (Seiton)

La seconda S ha l’obiettivo di determinare in modo efficiente un posto per ogni cosa. In questo modo si rende facile per chiunque il prelievo e successivamente il riposizionamento degli strumenti o dei materiali. L’obiettivo `e che chiunque possa con un’occhiata capire subito la collocazione degli oggetti (Visual control). Nella seconda S rientra anche l’organizzazione del posto di lavoro inteso come riduzione degli sprechi. In tal senso bisogna quindi valutare di:

– minimizzare le operazioni da effettuare sul posto di lavoro, eliminando i lavori inutili.

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– eliminare la movimentazione inutile che riguarda l’uso del corpo umano, il layout del posto di lavoro, le attrezzature, gli strumenti e i macchinari. – minimizzare le attese nelle varie fasi del processo

– massimizzare l’efficienza delle risorse per creare valore. S3) Spazzare, pulire (Seiso)

Dopo l’eliminazione delle cose inutili attraverso la prima S e la sistemazione efficiente di quelle necessarie con la seconda S, la terza S definisce la pulizia dell’area in questione. Attraverso la pulizia regolare si arriver`a ad individuare le sorgenti di generazione dello sporco e si potr`a provare a rimuoverle o a contenerle.

S4) Standardizzare (Seiketsu)

Ora che le prime 3S sono state applicate, bisogna mantenere l’ordine e la pulizia attraverso degli standard. La creazione degli standard deve includere tutte le persone coinvolte e rappresenter`a la nuova norma nel posto di lavoro.

S5) Sostenere (Shitsuke)

L’ultima S `e la pi`u impegnativa e difficile da attuare. Infatti essa richiede disci-plina sostenuta nel tempo per mantenere le attivit`a di miglioramento svolte con le 4 S precedenti. Il rischio `e quello di non riuscire a mantenere nel tempo tutti i miglioramenti ottenuti e di ritornare cosi al disordine.

Le 5S sono state implementate in varie aree dello stabilimento, uno tra questi `e l’officina dei manutentori nell’area di affilatura elettrodi. Nell’officina meccanica si `e vista la necessit`a di gestire in maniera efficace e con il minimo sforzo economico e di risorse, gli elettrodi di saldatura dei robot.

Gli elettrodi si dividono in: elettrodi di rame ed elettrodi di rame con inserto in tungsteno. L’affilatura degli elettrodi in rame `e fatta da una macchina automa-tica che richiede solo il cambio dell’elettrodo a fine ciclo; l’affilatura degli elettrodi con l’inserto in tungsteno invece `e fatta manualmente. In entrambi i casi, a fine affilatura, gli elettrodi devono essere presi e classificati in 3 categorie di colore (che corrispondono ai colori delle isole dei robot in cui vengono utilizzati) in base al loro spessore e altezza.

In questa fase di categorizzazione degli elettrodi, mancava la gestione sul numero di elettrodi da ritirare e affilare; infatti gli elettrodi venivano ammucchiati su sca-tolette che le dividevano sulle 3 categorie, e l’operatore addetto alle affilature non ne riusciva a percepire la quantit`a per gestire poi l’affilatura e successivamente il reintegro in linea della classe pi`u richiesta.

Questo fu il punto di partenza per poter organizzare il posto di lavoro e imple-mentare le 5S. L’obiettivo principale fu quello di rendere visuale ed immediata la gestione e il numero degli elettrodi. Perci`o visto che era disponibile uno scaffale inutilizzato, questo fu usato per dividere e allineare gli elettrodi in rame e quelli con inserto in tungsteno a seconda della classe di misura (cio`e colori delle isole robots)

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sulle varie mensole. Fu creata dopodich`e una scala che numerava gli elettrodi alli-neati su ogni mensola e tre colori che ne definisce il livello di scorta. Quindi, quando l’operatore vede con un colpo d’occhio, la carenza di elettrodi di una certa classe perch`e nella fascia rossa (critica), allora provvede ad affilare subito gli elettrodi di quella classe. In questo modo si `e creato in modo visuale il livello di scorta di elet-trodi a disposizione e si `e provveduto a riorganizzare la postazione secondo le regole delle 5S.

Figura 7.2: Gestione elettrodi prima delle 5S

Figura 7.3: Gestione elettrodi dopo le 5S

Altro esempio di implementazione delle 5S e l’uso del visual management, sono i carrelli degli strumenti/sostanze e documenti presenti in produzione su ogni linea. Come si nota, ogni strumento `e facilmente identificabile a ’colpo d’occhio’, ogni

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sostanza `e codificata e riposta nella propria scatola. Inoltre ogni documento ha il suo posto standard su ogni carrello della produzione.

Figura 7.4: Carrello della produzione prima dell’implementazione delle 5S

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7.1.2

Just In Time

Il Just In Time `e un metodo di gestione che ha lo scopo di raggiungere l’obiettivo ’Zero scorte’. Tale metodo venne sviluppato e poi perfezionato dalla Toyota attra-verso il proprio sistema produttivo. Il termine Just In Time significa letteralmente ’giusto in tempo’, che si traduce nella pratica nel produrre solo quello che `e necessa-rio, quando `e necessario e nella quantit`a necessaria. Si instaura quindi un modello produttivo in cui le cose sono prodotte solo in base alla domanda, che pu`o essere determinata dal cliente finale che acquista il prodotto, oppure determinata da un processo stesso sulla linea di produzione. L’obiettivo `e quello di ridurre gli sprechi dal punto di vista di tempo, risorse e materiali.

Nella realt`a `e molto difficile raggiungere il livello di zero scorte per gran parte delle aziende. Questo infatti pu`o essere considerato solo come un concetto puramente teorico, legato alla produzione di un unico pezzo (One piece flow ). La produzione di un unico pezzo consiste nel programmare la produzione attraverso l’avanzamento del materiale un pezzo alla volta con un flusso continuo. Difatto rappresenterebbe la situazione ideale, perch`e si abbatterebbero le scorte intermedie tra le varie stazioni, con un recupero dello spazio usufruibile e si otterrebbe di conseguenza la massima flessibilit`a della produzione.

Si `e visto in precedenza che uno dei principi del Lean Thinking `e proprio il flusso tirato dal cliente (sistema Pull) che rappresenta infatti uno degli elementi del Just In Time. Oltre ai sistemi di tipo Pull si contrappongono i sistemi Push, dove il controllo delle scorte sono determinate dalle previsioni della richiesta del cliente. Le aziende in questo modo produrranno beni secondo le previsioni fatte e venderanno o spingeranno (push) i loro beni ai clienti. Il problema principale che si incorre con i sistemi push, `e quello di produrre di pi`u della richiesta del cliente (overproduction) a causa della poca accuratezza delle previsioni.

Il tipo di sistema da attuare dipende principalmente dal tipo di prodotto che si realizza. Cebi Motors infatti essendo nel mondo automotive, non pu`o riuscire a produrre completamente attraverso un sistema just in time o metodologia pull. Questo perch`e nella produzione su larga scala per le automobili, diverrebbe troppo complicato produrre pefettamente la quantit`a necessaria per soddisfare le richieste dei clienti. Infatti l’azienda utilizza il Materials Requirements Planning (MRP) che rappresenta una tecnica di calcolo dei bisogni di materiali, pianificando gli ordini di produzione e acquisto attraverso le richieste di mercato.

7.1.3

Kanban

L’implementazione di un sistema Pull in Cebi Motors, `e stato effettuato gia negli anni precedenti, solo nella produzione dei semilavorati. La tecnica utilizzata si chiama Kanban.

Il Kanban `e un termine giapponese che significa letteralmente ’cartellino’ e indica un elemento del sistema Just In Time di reintegro delle scorte, mano a mano che que-ste vengono consumate. Questo sique-stema `e basato su dei cartellini (kanban) indicanti la tipologia di materiale usato per una lavorazione ed `e apposto su un contenitore che una volta svuotato viene rifornito. Il flusso in tempo reale dell’approvigiona-mento, evita gli stock di magazzini e i costi derivanti. L’utilizzo di un determinato componente (in questo caso le flange dei motori) ed il conseguente svuotamento

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del contenitore associato al cartellino, comporta l’inserimento del cartellino in una appostia griglia (kanban board o tabella kanban) la cui struttura ne determina i livelli di priorita. La tabella Kanban `e suddivisa in varie colonne, ognuna delle quali ha associato un codice che rappresenta un componente. Ogni colonna `e formata da un numero opportuno di caselle che possono contenere un solo cartellino. La tabella va popolata dal basso verso l’alto, passando per livelli crescenti di priorit`a di produzione. In tal senso, si distinguono tre zone della tabella:

– zona verde: priorit`a bassa – zona gialla: priorit`a media – zona rossa: priorit`a alta

Figura 7.6: Griglia kanban

Figura 7.7: Un tipo di cartellino kanban utilizzato

La messa in produzione di un codice di lavoro, deve essere effettuata rispettando i scriteri di compatibilit`a del codice con il centro di lavoro, livello di priorit`a e minimizzazione del set up (attrezzaggio). Gli operatori delle isole dei robot, alla fine del kanban in produzione, scelgono il cartellino kanban dalla kanban board in base alle seguenti priorit`a:

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– Compatibilit`a del componente con l’isola di saldatura – Livello di priorit`a del componente

– Continuit`a produttiva

In tal senso di distinguono tre isole di lavoro associate a tre colori predefiniti: – Isola Rossa (centri di lavoro: 389 - 358 - 347 - 416)

– Isola Gialla (centri di lavoro: 388 - 415 - 255 - 256)

– Isola Blu (centri di lavoro: 326 - 272 - -439 - 438 - 244 - 253)

Nella testata della tabella Kanban sono riportati i codici con i centri di lavoro associati. L’operatore, una volta identificati i codici compatibili, determina la messa in produzione in base alla zona in cui si trovano i cartellini (rosso prevale su giallo, giallo prevale su verde). A parit`a di queste condizioni l’operatore sceglier`a il codice uscente (se presente tra i codici pi`u urgenti). In assenza di questa condizione, la messa in produzione di un articolo `e a discrezione dell’operatore. Quindi l’operatore in funzione del Kanban da produrre, deve approvvigionarsi presso il supermarket delle flange montate, prelevando il codice semilavorato corrispondente (riportato nella bolla di lavorazione).

Figura 7.8: Supermarket di flange da saldare

7.1.4

Jidoka

Il termine Jidoka viene definito nel TPS come ”automazione con tocco umano”. L’obiettivo `e quello di rendere il processo libero da difetti (Zero difetti), rafforzando il processo stesso e contenendo gli scarti o difetti in una zona dove siano facilmente identificabili. Le macchine infatti vengono progettate per essere in grado di fermarsi

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