TIPOLOGIE DI PEREQUAZIONE URBANISTICA.
1. LE DIVERSE TECNICHE DI PEREQUAZIONE URBANISTICA.
1.1 Perequazione generale e parziale.
Esiste un modello di perequazione generalizzato154; in questo caso l’Amministrazione comunale identifica le zone oggetto di trasformazione urbanistica e le classifica in modo oggettivo.
Questo significa dover previamente raggruppare i terreni in base allo stato di fatto e di diritto in cui si trovano al fine di attribuire a ciascuna classe il medesimo indice di fabbricabilità.155
153 M. A. Quaglia, Pianificazione urbanistica e perequazione, Giappichelli, Torino,
2000, p.7
154
Sul tema si veda L. Piscitelli, Perequazione e integrazione tra zone, in E. Ferrari (a cura di) L’uso delle aree urbane e la qualità dell’abitato, Milano, 2000, 174; S. Perongini, Profili giuridici della pianificazione urbanistica perequativa, Milano, 2005, 33.
Ciò perché, in questo caso, la tecnica di perequazione si applica a tutte le zone oggetto di trasformazione.
Può definirsi quindi come tecnica di perequazione a priori.
L’Amministrazione pubblica assegna diritti edificatori di pari entità tra tutti i proprietari delle aree che concorrono alla trasformazione urbanistica; escludendo quindi l’edificabilità che il piano può riservare gratuitamente al Comune stesso156.
La classificazione dei suoli non può mancare e deve sempre essere eseguita, tenendo presente che la ricerca di uguaglianza è essenziale nella scelta di tecniche perequative157. Proprio per questo, è fondamentale che la classificazione avvenga seguendo criteri di discrezionalità tecnica ma estremamente rispettosi anche della situazione di fatto in cui si trovano i terreni158.
155 C. Pinamonti, La perequazione urbanistica: profili giuridici, Trento, 2000, p. 13. 156 E. Micelli, Perequazione urbanistica. Pubblico e privato per la trasformazione della città, Marsilio, Venezia, 2004, p. 28: “L’indice perequativo costituisce solo una parte della quantità di edificazione complessiva dei suoli misurata dalla somma dell’indice perequativo di pertinenza dei privati e di quello di natura pubblica, che l’amministrazione riserva a sé”.
157 E. Boscolo, La perequazione e le compensazioni, in Riv. Giur. Urb. n. 1 del 2010, p.
106: “Opzioni enfaticamente definite “verso il basso” o di fissazione di un indice
assiomaticamente definito “equo” riflettono decisioni politiche sempre a rischio di arbitrarietà, che sono ben lungi dal rappresentare un mero riepilogo conseguente alla messa a fuoco di un piano oggettivo dei caratteri intrinseci dell’armatura urbana. La democraticità (e la giustiziabilità) costituiscono invece complementi indissociabili del valore dell’equità applicato alla pianificazione”.
158
P. Urbani, Urbanistica solidale, Bollati Boringhieri, 2011, p. 161: “Sotto questo
profilo va rilevato che una rigida classificazione delle aree nello stato di fatto e di diritto, ai fini del riconoscimento del plafond legal de densitè, costituisce un pericoloso precedente nel caso di future decisioni dell’Amministrazione volte a rivedere l’edificabilità dei suoli nel Piano Regolatore, poichè l’eventuale retrocessione di determinate aree ad uso agricolo comporterebbe la rimodulazione della classificazione cui quelle aree appartengono, con conseguenze sull’intera categoria. In altre parole, sarebbe difficile per l’Amministrazione giustificare un provvedimento specifico che non riguardi tutte le aree della stessa categoria a meno che non vi siano specifiche ragioni di carattere ambientale a rilevanza eteronoma”.
Inoltre, l’Amministrazione comunale identifica le aree di decollo (in cui si generano i diritti edificatori) e quelle di atterraggio (in cui i diritti possono essere utilizzati), alle quali assegna indici di edificabilità utilizzando due diversi metodi.
Si possono applicare indici edificatori bassi e uniformi per categorie di aree, sulla base dello stato di fatto e di diritto in cui si trovano i vari terreni.
In tal modo residuerà all’Ente locale un patrimonio volumetrico ingente e quest’ultimo potrà decidere di assegnare parte della volumetria di propria spettanza a titolo oneroso159.
Fermo restando che solo nelle zone di atterraggio è possibile concretizzare i diritti edificatori, assegnando un indice di edificabilità basso si spingono i proprietari a concentrare la volumetria edificatoria di tutti i lotti in una sola zona (area di concentrazione), chiedendo, per poter fare ciò, di cedere all’Amministrazione comunale i terreni in cui non costruiscono.
159 P. Urbani, Urbanistica solidale, cit., p. 168: “Sarebbe una vittoria sulla formazione della rendita, poiché l’edificabilità effettiva assegnata alle diverse classi di aree dal Piano verrebbe trasferita nelle mani dell’Amministrazione che ne potrebbe fare dunque un uso calmierato, riassegnando caso per caso, dietro concessione onerosa, i diritti edificatori. (…) La logica è quella di raffreddare la proprietà ridimensionando la misura dello jus aedificandi che come è noto è connaturato alla proprietà del suolo, e permettere così all’Amministrazione di catturare l’incremento di valore derivante dalle richieste di maggior volumetria”. S. Pompei, Cinque nodi lungo la via della perequazione in Italia, in Urbanistica 109, 1997, 73: “ è allora a partire da codesta soglia, che la misura dei diritti perequativi tiene bassa a priori, che si realizza la separazione del diritto di edificare da quello di proprietà. Questo vuol dire che lo sfruttamento della differenza tra la quantità di edificazione che esprime il dimensionamento generale del piano e quella che spetta ai terreni chiamati a trasformazioni urbanistiche resta esclusivamente riservata alla mano pubblica, che la collocherà là dove ragioni squisitamente urbanistiche suggeriscono, su terreni la cui pubblica acquisizione è certa, per utilizzarla o concederla a fini di interesse pubblico”.
D’altra parte, è evidente che sia i proprietari delle aree di decollo sia quelli delle zone di atterraggio hanno bisogno gli uni degli altri e devono, necessariamente, negoziare per ottenere un risultato utile.
Questa tecnica viene utilizzata laddove è necessario diminuire gli spazi edificabili, per esempio al fine di tutelare l’ambiente160.
Altro metodo è quello di attribuire un indice edificatorio alto, riducendo così l’indice riservato al Comune, che, in tal caso, potrà ottenere le aree necessarie per realizzare opere pubbliche stabilendo che i privati possano utilizzare i diritti edificatori solo dopo aver ceduto i terreni al Comune stesso, oppure in seguito all’esecuzione diretta delle opere pubbliche. Questa modalità, definita di “perequazione verso l’alto”, si sceglie quando l’esigenza primaria è, ad esempio, legata alla necessità di recuperare aree dimesse; in tal caso è necessario favorire la convivenza dei privati per accrescere l’attività edificatoria.
Gli spazi ottenuti attraverso tale tecnica possono quindi essere usati per le politiche dell’Ente locale.
Trattasi, sostanzialmente, del modello più semplice di perequazione, volto a perseguire i fini dell’uguaglianza cercando soluzioni conformative condivise.
È stato notato161 che questa tecnica può generare problemi perché, di fatto, consente all’Amministrazione pubblica di acquisire diritti edificatori pur non avendo la proprietà delle aree, così comprimendo il carico insediativo complessivo del Piano; inoltre l’acquisizione di terreni
160 Si pensi al modello del Transfer of Development Rights statunitense, usato
principalmente per preservare spazi a valenza ambientale.
161 L. Piscitelli, Perequazione e integrazione tra le zone, in E. Ferrari (a cura di), L’uso delle aree urbane e la qualità dell’abitato, Pubblicazioni dell’Associazione Italiana di
al patrimonio pubblico non è basata su esigenze effettive di urbanizzazione né su standard normativi.
Un’ulteriore critica mossa a questa procedura, pur essendo una perequazione di tipo generalizzato, è quella formulata per il modello di perequazione di comparto162.
Ossia che si generi una sorta di discriminazione tra i proprietari. In questo caso, infatti, se è vero che i meccanismi perequativi riguardano la totalità del territorio comunale, è altrettanto vero che vengono applicati solo alle zone oggetto di trasformazione. La discriminazione, quindi, si realizzerebbe tra i proprietari di aree collocate in tali zone e quelli che possiedono terreni posti in aree agricole o nella c.d. città consolidata. Occorre chiarire che, da un lato, nemmeno la perequazione riesce nell’obbiettivo di realizzare la perfetta uguaglianza tra tutti i proprietari del territorio comunale. Tuttavia, posto che la discriminazione è insita nella scelta stessa di pianificare, rimane un utile strumento per cercare di ridurre le disuguaglianze163.
Inoltre, tramite l’applicazione di questo modello, si può sostenere sia raggiunta l’equità, nella misura in cui si realizza una corretta applicazione del principio di imparzialità nelle scelte dell’Amministrazione comunale, che tuttavia rimangono discrezionali.
Si avrà, in alternativa, una perequazione parziale nel caso in cui tale meccanismo venga applicato all’interno di aree di trasformazione urbanistica considerate singolarmente.
La qual cosa implica che le tecniche perequative siano utilizzate solo da una parte delle aree di trasformazione. In tal caso lo stesso piano
162 Su cui infra.
163 P. Urbani, Urbanistica solidale, cit., p. 142: “La perequazione allevia o riduce le sperequazioni tra le vocazioni edificatorie delle diverse proprietà ma non le annulla”.
urbanistico contemplerà sia il tradizionale regime dello zoning (con la necessità di porre vincoli in alcuni terreni), sia tecniche perequative da applicarsi solo per specifiche classi di suoli.
Viene attribuita una quantità di valore edificatorio omogenea a tutte le aree dell’ambito territoriale interessato da un intervento di trasformazione urbanistica (tipo comparto) indipendentemente dalla destinazione assegnata alle diverse zone.
Quindi non rileva l’esistenza di infrastrutture, di porzioni edificabili o di vincoli di inedificabilità relativi alla creazione di opere per la collettività nell’area coinvolta.
Ad ogni proprietà spetta una quantità edificatoria ed un uguale onere contributivo per le opere pubbliche (o di interesse pubblico) previste nella zona come, ad esempio, le infrastrutture. È possibile che si vadano ad edificare ambiti più ristretti, nei quali si esaurirà l’intera aspettativa edificatoria delle aree oggetto di perequazione. Tutti i proprietari dell’ambito potranno costruire e parteciperanno ai costi necessari alla trasformazione in proporzione alla loro proprietà.
Tuttavia i diritti edificatori che vengono distribuiti tra i soggetti coinvolti non possono essere trasferiti all’esterno del comparto ma devono coincidere con l’edificabilità prevista dai piani per ogni ambito territoriale interessato.
Pertanto i valori oggetto di perequazione sono quelli che il Piano attribuisce agli ambiti territoriali specificamente indicati.
1.2 Perequazione di comparto e perequazione di comparto