Grazie alle moltissime opere esposte da Picasso tra il 1930 e il 1939, nel momento in cui, sotto il regime di Hitler iniziò ad essere screditato come sostenitore di un’arte degenerata, la notorietà del pittore aumentò considerevolmente; tra le esposizioni degne di nota vi furono quelle in America, Francia, Inghilterra e Spagna. Fu proprio la Spagna nel 1934 a risvegliare le sue antiche passioni come la corrida, la lotta con i galli e le tradizioni popolari, nonostante il clima politico che si respirava non fosse più quello di un tempo. Nel 1936 lo scoppio della guerra civile vide fronteggiarsi le truppe del generale Francisco Franco, che tentò un colpo di stato e l’esercito repubblicano, guidato dal governo democraticamente eletto; il conflitto terminò nel 1939 con la vittoria di
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Franco che instaurò una dittatura destinata a durare decenni. Scosso dagli eventi, Picasso denunciò duramente la sollevazione militare di Franco incidendo un pamphlet intitolato “Sueños y mentiras de Franco”, dove il generale era trasformato in un mostro senza vita ed umanità che compiva azioni grottesche e raccapriccianti:
Fandango di civette salamoia di spade di polpi di malaugurio strofinaccio di peli
di tonsure ritto nel centro di un tegame a coglioni nudi
posto sul cono del gelato di merluzzo fritto nella rogna del suo cuore di bue
la bocca piena della gelatina di cimici delle sue parole sonagli del piatto di lumache che intrecciano budelle mignolo in erezione né carne né pesce
commedia dell’arte di mal tessere e tingere le nuvole prodotti di bellezza del carretto delle immondizie retto di fanciulle in lacrime e singhiozzi
sulla spalla la bara colma di salsicce e di bocche la rabbia torcendo il disegno dell’ombra che lo frusta i denti inchiodati nella sabbia e il cavallo aperto da parte a parte al sole che lo legge alle mosche che imbastiscono ai nodi della rete piena di acciughe un razzo di gigli
torcia di pidocchi dove si trova il cane nodo di topi e nascondiglio del palazzo dei vecchi stracci
le bandiere che friggono nel tegame si contorcono nel nero della salsa d’inchiostro sparsa nelle gocce di sangue che lo fucilano
la strada sale fino alle nuvole attaccata per i piedi al mare di cera che imputridisce le sue viscere e il velo che la copre canta e danza folle di dolore
il volo di canne da pesca e alhiguí alhiguí del funerale di prima classe del furgone di sgombero
le ali spezzate rotolano sulla tela di ragno del pane secco e dell’acqua chiara della zuppa di zucchero e velluto che dipinge il colpo di frusta sulle sue guance
la luce si nasconde gli occhi davanti allo specchio che le fa il verso e il pezzo di torrone delle fiamme si morde le labbra della ferita
gridi di bambini gridi di donne gridi di uccelli gridi di fiori gridi di travature e di pietre gridi di mattoni gridi di mobili di letti di seggiole di tendine di pentole di gatti e di carte gridi di odori che si graffiano gridi di fumo che pongono alla gola i gridi che cuociono nella caldaia e i gridi della pioggia d’uccelli che inondano il mare che rode l’osso e si rompe i denti mordendo il cotone che il sole intinge nel piatto che il
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borsellino e la borsa nascondono nell’impronta che il piede lascia sulla roccia.121
Il testo di questo scritto venne illustrato attraverso la realizzazione di diciotto acqueforti. Il dittatore è presentato come una specie di Sacripante, le cui avventure sono narrate in vignette rettangolari che ricordano quelle dei fumetti. L’opera è accompagnata con un epico lamento corale, cui partecipano uomini, animali, piante e perfino cose. Franco è la bestia che compare in molteplici aspetti: a cavallo del suo sesso, travestito da donna, lanciando serpenti e insetti, sotto forma di cavallo sventrato da un toro luminoso; questi sono tutti elementi che verranno recuperati in Guernica.
Un’invettiva poetica e grafica contro Franco e la barbaria franchiste ha preceduto di tre mesi il lavoro di Guernica, iniziato il giorno dopo che la città basca era stata bombardata per alcune ore dall’aviazione nazista, concessa da Hitler in appoggio alle truppe franchiste. L’episodio turbò sia l’opinione pubblica che lo stesso Picasso, il quale rimase così sconvolto da decidere di dedicare all’evento il quadro che gli era stato richiesto per l’Esposizione Universale di Parigi di quell’anno.
Picasso iniziò a lavorare al dipinto il primo maggio, dopo aver visto alcune sconvolgenti fotografie pubblicate il 30 aprile dal quotidiano ‘Ce soir’. Il lavoro è documentato quasi giorno per giorno grazie alle fotografie scattate dalla compagna dell’artista, Dora Maar, fotografa professionista. Le foto rappresentavano otto stati della composizione fino a quello definitivo del 4 giugno. Picasso realizzò circa cento studi, molti dei quali datati. Una chiara spiegazione del quadro è racchiusa nelle seguenti parole:
Che cosa credete che sia un’artista? Un’imbecille che ha solo gli occhi, se è un pittore, le orecchie se è un musicista, e una lira a tutti i piani del cuore se è un poeta, oppure se è un pugile, solamente dei muscoli? No, egli è anche un uomo politico, costantemente sveglio davanti ai laceranti, ardenti o dolci avvenimenti del mondo, e che si modella totalmente a loro immagine. Come sarebbe possibile disinteressarsi degli altri uomini e, in virtù di quale eburnea indifferenza, staccarsi da una vita che essi vi apportano così
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copiosamente? No, la pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. È lo strumento di una guerra offensiva e difensiva contro il nemico.122
Il pittore malagueño non riteneva di aver impiegato nei suoi dipinti elementi simbolici, tranne che in Guernica:
Io dipingo per dipingere. Dipingo gli oggetti per quello che sono. Ciò è nel mio subcosciente. È quando la gente li guarda che ne trae forse significati diversi a seconda di ciò che ognuno vi vede. Io non penso di dare al mio lavoro significati particolari. Non vi è certo alcun senso di propaganda deliberata nei miei dipinti. Eccetto che in Guernica. In quel dipinto vi è un deliberato appello al popolo, un deliberato significato di propaganda.123
A rafforzare i propri sentimenti diplomatici concorreva particolarmente la passione e l’impegno politico del suo amico Paul Éluard e di Dora Maar, entrambi militanti di sinistra. Mentre Picasso lavorava al quadro si diffusero delle voci secondo cui egli avrebbe aderito alle posizioni di Franco. Per allontanare da sé dubbi e sospetti, il pittore dichiarò:
Il conflitto spagnolo è la lotta della reazione contro il popolo, contro la libertà. Tutta la mia vita d’artista non è stata altro che una lotta continua contro la reazione e contro la morte dell’arte. Come si potrebbe pensare per un solo momento che io possa essere d’accordo con la reazione e la morte? […] La ridicola frottola che i propagandisti fascisti hanno fatto circolare per il mondo è stata completamente smentita molte volte dal grande numero di artisti ed intellettuali che ultimamente hanno visitato la Spagna. Tutti hanno riconosciuto il profondo rispetto che il popolo spagnolo in armi ha rivelato nel salvare la grande ricchezza di quadri e dipinti religiosi e di arazzi dalle bombe incendiarie fasciste. […] Da una parte i ribelli buttarono bombe incendiarie sui musei, dall’altra il popolo ha messo al sicuro gli obiettivi di quelle bombe, le opere d’arte. […] Il mondo intero vedrà chi è che salva la cultura e chi la distrugge. […] Qualcosa di nuovo e di forte, che la consapevolezza di questa magnifica epopea seminerà nell’animo degli artisti spagnoli, apparirà indubbiamente nelle loro opere. Questo contributo dei più puri valori umani ad un’arte rinascente sarà una delle più grandi conquiste del popolo spagnolo.124
122 Ivi, p. 52 123 Ivi, p. 47 124 Ivi, pp.34-35
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Ciò che più gli premeva era impedire la morte dell’arte, non uccisa dalle guerre, ma principalmente dalla soppressione della libertà; il principale interesse di Picasso era perciò l’impegno per la sopravvivenza dell’arte.
Ai tedeschi che andavano a visitare il suo studio, cosa alla quale non poteva sottrarsi, l’artista distribuiva cartoline sulle quali era riprodotto Guernica, dicendo loro: «Souvenir». Tale provocazione, che evidenziava la sua avversione contro la guerra, si riscontrava nei dipinti di quegli anni in cui venivano riprodotti quasi sempre gli stessi temi, principalmente tauromachie e teste di morto. È necessario sottolineare che la realizzazione dell’opera Guernica è stata guidata dai sentimenti, più che dalla mano. Egli trasformò l’espressionismo plastico delle figure precedenti in un espressionismo drammatico in cui ciò che aveva da dire superava qualsiasi inquietudine o compiacimento di tecnica applicata: tralasciava addirittura il colore (sinonimo di vita) a favore del nero, del bianco e di un po’ di grigio.
In Guernica non vi era posto per l’architettura ragionata, scientifica e più o meno a lungo elaborata di un fatto plastico. Le figure si presentano come spettri urlanti, come una sequenza di voci che fluiscono da bocche mute di fuggitivi dagli occhi sconvolti soppressi in un ammasso raccapricciante di cadaveri, di pugnali spezzati, di luce accecante e di angoli acuti che circoscrivono piani dominati dall’imperturbabile empietà di un toro simbolico: «il toro non è il fascismo, ma brutalità e oscurantismo».125 La composizione, apparentemente caotica, risulta invece strutturata in tre zone verticali: due laterali più strette, fra loro uguali, simmetriche rispetto a quella centrale, più grande, dove si concentra il maggior numero dei personaggi. Lo spazio interno e quello esterno s’intersecano, creando un’atmosfera estremamente realista (il lampadario appeso in alto e l’edificio in fiamme testimoniano la doppia valenza):
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Certuni chiamano il lavoro che ho svolto in un determinato periodo “surrealismo”. Io non sono un surrealista. Non sono mai uscito dalla realtà. Sono sempre rimasto nell’essenza della realtà [letteralmente: “nella realtà della realtà”]. Quando qualcuno desidera esprimere la guerra può trovare più elegante e letterario raffigurare una freccia e un arco, sono esteticamente più belli, ma per me, se voglio esprimere la guerra, userò un mitra.126
All’estrema sinistra una madre rivolta verso il cielo emette un urlo straziante, mentre stringe tra le mani il cadavere del proprio bambino. La stessa afflizione è raffigurata dall’altra parte del quadro, dove un soggetto disperato innalza le mani verso la sfera celeste. Al centro un cavallo ferito, simbolo del popolo spagnolo, nitrisce con sofferenza estendendo una prominente lingua acuminata. Anche il bagliore della lampadina che illumina la testa del destriero si trasfigura similmente in piccole spade aguzze. Fuga e costernazione da parte di coloro che non vogliono soccombere fanno da corollario all’intera scena, come la donna che, dall’angolo inferiore destro, si slancia diagonalmente verso il toro posizionato all’angolo superiore sinistro, immagine di ferocia ed efferatezza. Un’altra donna si sporge miseramente ad una finestra impugnando tra le mani una lanterna a petrolio, segno della regressione a cui porta inesorabilmente la guerra. A sinistra vi è una mano tesa con la linea della vita simbolicamente frantumata in piccoli segmenti, mentre un’altra mano collocata al centro brandisce una spada spezzata; si scorge inoltre un fiore incolume, emblema dell’esistenza e della ragionevolezza che, malgrado tutto, non si lascerà soggiogare dalle atrocità e dalla morte.
Nonostante l’opera rappresentasse una profonda e appassionata denuncia contro il totalitarismo e i conflitti che ne derivano, non fu favorevolmente accolta. Juan Larrea riferì che i dirigenti repubblicani spagnoli ritennero l’opera antisociale, ridicola e del tutto inadeguata alla sana mentalità del proletariato. Alcune perplessità sono state avanzate dagli stessi amici di Picasso, i quali reputavano l’opera eccessivamente
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allegorica. Jean Cassou, il primo direttore del museo nazionale dell’arte moderna, evidenziò l’equivoco dettato dalla falsa idea che l’opinione pubblica si era fatta dell’arte di Picasso e scrisse: «Finora la pittura di Picasso aveva rifiutato ogni significato; Guernica invece tracima di pienezza, di presenza, di segni e di grida».
In seguito alla mostra parigina il dipinto, assieme ai disegni preparatori, venne mostrato in un eccezionale tour espositivo. Londra ebbe il privilegio di ospitare tale rassegna per prima, che successivamente proseguì in Norvegia e si concluse infine a New York nel 1939 con la retrospettiva di Picasso curata da Alfred Barr. È in quest’ultima città che il comitato di aiuto ai rifugiati spagnoli contò sull’appoggio dell’Associazione di artisti americani per coordinare la prima tournée del Guernica negli Stati Uniti. Il tour si rivelò principalmente politico dal momento che si svolse nei mesi successivi alla fine della guerra civile spagnola e al fallimento della Repubblica. Sidney Janis, direttore dell’associazione di artisti americani e presidente del comitato responsabile di questa esposizione, si impegnò a comunicare a ciascuna delle gallerie interessate quali fossero le condizioni: le spese per la mostra, la pubblicazione di un catalogo, il trasporto e l’indennizzo delle opere sarebbero state sostenute dalle pinacoteche stesse, le quali avrebbero dovuto sobbarcarsi l’onere di 500 dollari a titolo di affitto e conseguentemente inviare il denaro riscosso all’associazione di sostegno agli esuli spagnoli, affinché tale organizzazione li facesse giungere a Picasso, il quale avrebbe destinato tali fondi agli organismi spagnoli. Peraltro, considerata la nuova realtà politica della Spagna e i due anni già trascorsi dagli episodi che ispirarono la tela, Guernica, sebbene continuasse ad essere ammirata come un’opera politica, iniziò ad essere pian piano considerata come il più importante lavoro di Picasso, noto alla critica e al pubblico newyorchese grazie alle precedenti mostre tenutesi nella città e nei suoi dintorni.
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A causa dello scoppio del conflitto bellico la tela e i relativi disegni rimasero in deposito presso il Museum of Modern Art di New York; il loro arrivo negli Stati Uniti fu considerato un evento storico, logico e indispensabile nella crescita artistica di Picasso. Solo nel 1981 le opere furono trasferite a Madrid ed esposte prima al Prado e poi al Reina Sofìa. Il desiderio di Picasso venne così realizzato poiché egli aveva chiesto che Guernica, appartenente allo stato spagnolo, tornasse in patria esclusivamente quando quel paese avesse ritrovato la libertà democratica.
Nel 1937 Anthony Blunt rimproverò al maestro l’incapacità di comunicare al pubblico il suo messaggio, poiché si serviva di un linguaggio comprensibile solo a pochi. E quando in un’intervista concessa al pittore americano Jerome Seckler a Parigi, pubblicata sulla rivista ‘New Masses’ di New York, il 13 marzo 1945 è stato chiesto a Picasso: «Perché dipingete in un modo che la gente trova così difficile da capire?», egli replicò:
Dipingo così perché questo è il risultato del mio pensiero. Ho lavorato anni e anni per ottenere questi risultati e, se facessi un passo indietro, sarebbe un’offesa al popolo, perché tali risultati sono veramente frutto del mio pensiero. Non posso usare maniere tradizionali solo per avere la soddisfazione di essere capito. Non voglio scendere ad un livello più basso. Voi siete un pittore,” continuò “e sapete che non è possibile spiegare perché si faccia una cosa o un’altra. Io mi esprimo con la pittura e non posso spiegarmi con le parole. Non posso spiegare perché dipingo così. Quando disegno un tavolino” e afferrò un tavolino che era lì accanto “ne vedo tutti i particolari, la grandezza, lo spessore, e li traduco a modo mio”.[…] “È curioso come la gente veda nei miei dipinti cose che non vi sono state messe – ci ricamano sopra. Ma non ha importanza, anche se vi vedono qualcosa di diverso ciò li stimola, e l’essenza di quanto hanno visto del resto, nel dipinto, in realtà, c’è sempre.127
Nel 1943, le conclusioni a cui era giunto Alfred H. Barr Jr nel suo libro What is modern painting? smentivano il giudizio di Blunt. Il libro esordiva con una dichiarazione di intenti:
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Questo libro è stato scritto per coloro che sono abituati a vedere quadri, specialmente questi quadri moderni, spesso considerati difficili da capire, strani, brutti o semplicemente folli.128
Il capitolo intitolato L’artista e la crisi. Protesta e profezia era dedicato a Guernica. Con la seconda guerra mondiale a fare da sfondo, Barr evidenziò che:
Il pittore non ha dato altra spiegazione del Guernica se non quella che simbolizza la brutalità e l’oscurità. L’allegoria, tuttavia, sembra abbastanza evidente […] Guernica è una dichiarazione drammatica su uno dei problemi più angosciosi del mondo: la guerra e le sue conseguenze sull’umanità. Il suo significato ha un valore universale.129
Barr si limitò a ricordare che gli elementi presenti nel quadro facevano parte dell’iconografia dell’artista e non erano stati creati appositamente per Guernica.
Tesi sostenuta anche da Gertrude Stein, la quale evidenziò che Picasso non creò un linguaggio nuovo nel momento in cui dipinse l’opera.
Il direttore del MoMA mise a tacere la critica sul dibattito riguardante le varie interpretazioni del quadro, alle quali non aveva preso parte, affermando che ciò che rendeva grande un’opera d’arte era «un mistero»130 e, per tale motivo, essa non doveva mai essere soggetta ad analisi. Inoltre Barr, nel 1939, ricordò che Picasso non volle fornire un’interpretazione esatta o dettagliata della sua opera, limitandosi soltanto a spiegare il significato del toro e del cavallo; sul resto non una parola, nessuna concessione alla curiosità del pubblico e della critica.
Tutta l’opera di Picasso obbliga a una ricezione attiva, poiché «un quadro vive soltanto attraverso l’uomo che lo guarda».131 Questo spiega la molteplicità di interpretazioni riguardo al significato di ciascuno dei personaggi e degli oggetti sulla scena,
128 Alfred H. Barr, Qué es la pintura moderna?, Nueva York, Museo de arte moderno 1953, p.6 129 Ivi, pp.128-134
130 Ibidem
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interpretazioni spesso congiunte ad una ricerca meticolosa delle possibili fonti stilistiche utilizzate dall’artista.
Tutto ciò ha generato nella mente degli osservatori una serie di idee personali riguardanti sia il soggetto del dipinto che le figure e gli elementi presenti nell’opera; tale atteggiamento contribuì ad aumentare intricate e infondate teorie interpretative che rischiarono di allontanare il pubblico dalle reali intenzioni trasmesse dal pittore attraverso il quadro. Inoltre la consistente bibliografia disponibile su Guernica non favorì una lettura autonoma dell’opera.
Storici dell’arte, letterati e politici hanno cercato di rintracciare i legami dell’opera con l’arte del passato, con il mito, con la letteratura e con la biografia di Picasso; gli artisti invece, hanno recuperato e sviluppato con estro, dal lessico figurativo di Guernica, singole sfaccettature della scrittura di Picasso.
La straordinaria sensibilità dell’artista lo condusse a percepire una realtà che nel 1937 vedeva solo lui, ma che preannunciava di mezzo secolo il modello della complessità del tempo presente:
Fu il solo pittore ad avere il problema di rappresentare non le verità che vedono tutti, ma le verità che può vedere lui solo; e quello non è il mondo che il mondo riconosce come il mondo.132
Picasso intravide nella realtà intricata del mondo moderno un punto decisivo che andava preso in esame; nella sua opera infatti dominano la confusione, la discrepanza e la disarmonia oltre ad una assenza di prospettiva e di volumi. Tutto questo conferisce al dipinto un linguaggio apparentemente antico, ma che obbliga il pubblico a rapportarsi ininterrottamente con la complessità dello stesso e conseguentemente con la possibilità che per qualsiasi cosa possano esistere diversi punti di vista.
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Capitolo 3
Freud e Dalì, Jung e Picasso
3.1 Dalì nello studio di Freud: la metamorfosi di Narciso
Il pensiero di Freud ebbe una grande influenza nella letteratura e nell’arte d’avanguardia del XX secolo. Non sappiamo esattamente quando Dalì iniziò a leggere Freud, ma sembra molto probabile che questa lettura possa essere fatta risalire agli anni in cui era