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Nell’autrice la scrittura corporea è un portato della sua stessa biografia. Non solo nel senso del suo personale rispecchiarsi, evidente e anche dichiarato, in alcune delle vicende raccontate. Il suo percorso esistenziale è un susseguirsi di esperienze nelle quali il corpo, con la sua sensibilità, si rivela una bussola affidabile, le indica la direzione da seguire, per evitare le trappole del conformismo, dell’inautenticità68. Lei, fortemente politicizzata, marxista, sente sempre innanzitutto l’assillo di dare retta a quel che le dice il corpo. È la “poetica” del corpo che dà ritmo e direzione alla sua opera. Soprattutto nelle relazioni più intime, nelle esperienze

66 Cfr. Herbert Marcuse, Triebstruktur und Gesellschaft. Ein philosophischer Beitrag zu

Sigmund Freud (1965), cit. in Hofmann Deutsch-türkische Literaturwissenschaft, cit., p. 111.

67Cfr. Michel Foucault, Die Geburt der Lüste. Sexualität und Wahrheit 2 (2006), cit. in Michael

Hofmann Deutsch-türkische Literaturwissenschaft, cit., p. 111. Edizione originale: Historie de la sexualité, vol. 2 , L’usage des plaisirs, Paris, Gallimard, 1984. Il saggio di Foucault è stato pubblicato in italiano da Feltrinelli, con il titolo L’uso dei piaceri. Storia della sessualità 2 (ultima edizione 2011).

68 La questione dell’autenticità della narrazione nelle opere di autori turco-tedeschi è

problematizzata sia da Venkat Mani (Venkat Mani, Slouching Histories, Lurking Memories. Emine Sevgi Özdamar’s Seltsame Sterne Starren zur Erde, in Ead., Cosmopolitan Claims. Turkish-German Literatures from Nadolny to Pamuk, University of Iowa Press, Iowa City 2007, pp. 87-118) sia da Leslie Adelson (Leslie Adelson, When Sincerity Fails, in The Rethoric of Sincerity, ed. Ernst von Alphen, Mieke Bal, Stanford University Press, Stanford California

cruciali della sua vita, nella sua formazione a teatro. Col tempo la sua capacità di osservazione si affina, la sua sensibilità si fa più acuta. Vede da più angolazioni e con sempre maggiore chiarezza quanto la lingua sia legata al corpo, e questo fa maturare la sua scelta di dedicarsi alla scrittura.

Özdamar espone in varie declinazioni le sue esperienze “corporee” durante il citato ciclo di lezioni di poetica ad Amburgo69, con uno sguardo retrospettivo ai diversi romanzi e racconti. Si avverte nella sua esposizione il senso di un tragitto ancora in corso che le ha permesso di raggiungere una profonda consapevolezza della propria creatività e delle radici del suo talento. Nel corso delle lezioni trasforma gli eventi passati, la sua vita, la sua attività di artista e di scrittrice in una trama narrativa e dà loro un senso. Si coglie, nella sua esposizione, la concatenazione di eventi reali e interiori che la porta, naturalmente si direbbe, a creare le sue opere70.

Sotto questa luce, quanto afferma la scrittrice stessa a proposito del suo itinerario biografico e letterario si rivela un prezioso contributo alla

69 Emine Sevgi Özdamar, Poetikvorlesung 1, Hamburger Gastprofessorin für interkulturelle

Poetik 2014, Sprachrollenwechsel, Universität Hamburg 2014 (in corso di pubblicazione).

lettura e alla critica della sua opera. Va anche detto che – ascoltandola mentre li racconta – gli episodi della sua biografia sono essi stessi storie di valore letterario ed estetico: un’ulteriore conferma dell’impasto vita- corpo-scrittura che ispira e anima l’attività di Emine Sevgi Özdamar.

Nella vita dell’artista le esperienze sono corporee, la memoria stessa somatizza i momenti del passato che possono riaffiorare non come ricordi nebulosi, non come visioni oniriche né come ritorno del rimosso, ma come eventi ancora attuali e in corso. Riguarda anche il vissuto remoto, perfino la fase prenatale. La recitazione, la vita di attrice, sono per Özdamar innanzitutto un continuo affinamento della sua sensibilità corporea.

Nelle lezioni ad Amburgo, Emine Sevgi Özdamar ripercorre la sua vita e il suo itinerario artistico. Partendo dal ventre materno. Narra di aver sentito, allora, nella fase prenatale, voci di donne e di animali. Una varietà di voci. Di lingue. Con le quali si addormentava e si svegliava. Descrivendo se stessa, mette in campo la sua sensibilità corporea. I sensi. L’udito. Il tatto. Tornare al periodo prenatale è far riemergere la percezione, ancora nella vita fetale, dei genitori, dei nonni. Dell’ ambiente di allora.

E ora, grazie alla consapevolezza di un’intellettuale matura, riesce a verbalizzare e a elaborare ciò che aveva sentito prima di nascere. Il riferimento a un vissuto così antico è possibile grazie a un legame molto intimo con la madre, viscerale. Un legame che le permette di andare indietro nel tempo, di fare proprio il vissuto della propria madre, un flusso di coscienza che le fa recuperare ricordi solitamente reconditi nella mente umana. «Nella donna sono ritagliate la storia di tutte le donne, la sua storia personale, la storia nazionale e internazionale»71. Il vissuto prenatale della scrittrice riemerge nella sua naturale semplicità, ma allo stesso tempo è elaborato e complesso. Gli animali rivelano la vita della madre in un mondo contadino, dall’altro la varietà delle lingue parlate dalle donne a lei vicine testimoniano una ricchezza di culture (in senso lato).

Allo stesso modo, con la protagonista nel ventre materno, inizia il racconto del primo romanzo di Özdamar, Das Leben ist eine

Karawanserei72. Il proprio corpo, definito «eine antike Stadt», una città antica73, aveva offerto – spiega di fronte alla platea di Amburgo –

71 Cfr. Cixous, Il riso della Medusa, cit., p. 230.

72 Emine Sevgi Özdamar, Das Leben ist eine Karawanserei. Hat zwei Türen. Aus einer kam ich

rein. Aus der anderen ging ich raus, cit.

l’ispirazione per quel romanzo74. Il corpo come luogo della memoria.

Anche le città in cui vive e visse sono corporee. Hanno «voci», quelle con cui, in passato, Berlino si svegliava, una città che, nella descrizione di Özdamar, è dotata di udito, sensibile com’è a quanto accade dentro di sé.

Ma è soprattutto la relazione con la madre quella che mantiene una particolare profondità. In questa relazione è vivo uno stretto e costante legame tra la voce e il corpo. La bambina è attratta dalla voce della madre e, guidata dalla sua “sonorità”, sente i propri primi passi. Il corpo si fa un importante strumento di connessione. La piccola Sevgi si apre, conosce altre persone fuori dal contesto familiare, le incontra anche con la sua immaginazione. Sono attori famosi impersonati nei genitori, che, dopo averli visti al cinema, ne imitano la mimica.

La piccola Sevgi – si racconta ancora la scrittrice – entra in confidenza con i grandi personaggi dello schermo, con l’intensità propria della loro personificazione nei genitori. Diventano suoi amici, gli amici europei. Il loro corpo apre, alla bambina, un mondo sconosciuto. Ed è un lavoro sul corpo del lettore.

Poiché l’esperienza è un vissuto innanzitutto somatico, Özdamar riesce a percepire con il corpo anche figure remote fondamentali per la sua formazione, come Bertolt Brecht. Anche lei, come il grande drammaturgo, si è confrontata con il fascismo, con l’oppressione politica, che definisce «corporea». Brecht, braccato dai nazisti, aveva dovuto lasciare il suo Paese, costretto all’esilio. Özdamar vi sente un’affinità con il proprio vissuto di perseguitata per ragioni politiche.

La “scuola” brechtiana diventa una meta, dove si può curare la lingua oppressa, ferita dalle persecuzioni. Il golpe in Turchia e la repressione che seguì menomarono pure le parole.

Il sogno si realizza. È accolta, a Berlino Est, dal regista e allievo di Bertolt Brecht, Benno Besson. Qui il teatro ha una funzione terapeutica. La giovane trova la felicità. Nella lingua tedesca. Nel teatro.

Dopo la notte delle parole in Turchia, la cura a base di poesia, di storia e di un tedesco “corporeo” in uno Sprachsanatorium, una “clinica della lingua”75.

Non riesce più a esprimersi nella lingua madre come un tempo, ne prende le distanze. Ma il lavoro a teatro le permette di dedicarsi all’osservazione della messa in scena, sia alla mimica degli attori sia alle parole che

pronunciano. La sua capacità percettiva si affina, coglie il legame tra ciò che dicono gli attori e il lavoro dei loro corpi. Il teatro le permette di sperimentare la lingua. Per gli attori il corpo e la lingua sono strumenti di profonda empatia.

Benno Besson la invita a lavorare con lui a Parigi, e a continuare come aveva fatto alla Volksbühne a Berlino. Özdamar lavora intensamente a un’esperienza che la porta ancora a riflettere sul teatro come luogo e catalizzatore dell’interazione corporea. Non sa il francese, e proprio non sapendolo, osserva con la massima attenzione le relazioni non verbali sul palcoscenico, e via via apprende così la nuova lingua76.

A scrivere, inizia proprio dopo l’esperienza a Parigi, ma è il tedesco la lingua della sua penna. Perché il tedesco? Inizialmente la scelta non era consapevole, ora spiega che è il ritmo del tedesco che corrisponde a quello del suo corpo, che corrisponde anche al ritmo di vita della sua infanzia77. Il ritmo del suo primo romanzo, Das Leben ist eine

Karawanserei.

Quando scrive Das Leben ist eine Karawanserei, sente acuta la mancanza

76 Özdamar, Der Hof im Spiegel, cit., p. 132. 77

della madre. Del suo corpo. Soffre la solitudine. Le manca il corpo della madre, la sua voce diventa “madrelingua”, intesa anatomicamente. La scrittrice non dice Sprache ma Zunge, l’organo che provvede al nutrimento78.

La madre è un corpo e una voce, è una lingua ed è la lingua79.

L’intensità davvero corporea del legame con la madre, come si è detto, risale alla vita prenatale. È nel ventre materno che inizia Karawanserei. È un tornare indietro nel tempo con il corpo, ed è come scavare in una città antica.