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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFIC

3.1 Politiche e programmi Comunitar

L’aumento dell’attenzione alle tematiche ambientali ha portato al centro del dibattito nazionale ed internazionale la questione energetica che vede nello sviluppo delle Fonti di Energie Rinnovabili (FER) la principale soluzione sia ai problemi ecologici del riscaldamento e inquinamento della biosfera, che alla costosa dipendenza dei mercati internazionali dalle fonti di energia fossile.

Tale convinzione, che ha le sue radici nei principi dello sviluppo sostenibile, è basata sull’assunto che le FER siano ampiamente disponibili nel territorio e che saranno utilizzabili per un tempo indeterminato da tutti senza che ciò comporti una diminuzione della loro diffusione.

Si intendono comunemente “fonti rinnovabili” quelle tipologie di energie che si rigenerano ad una velocità superiore a quella con la quale vengono consumate. In generale vengono inserite tra queste: energia solare, energia eolica, energia geotermica, energia idraulica, energia da biomasse. Mentre per fonti alternative di energia si intende tutto l’insieme delle fonti energetiche diverse dalle fossili, generalmente vi si comprendendovi anche il nucleare.

Non tutte le classificazioni delle fonti di energia comprendono le stesse fonti tra le rinnovabili. In alcuni studi non viene considerata "rinnovabile" l'energia geotermica1, mentre, nell'ambito dei movimenti ambientalisti, spesso viene scartata l'energia prodotta dai rifiuti solidi urbani, in quanto questi sono prodotti anche con materie prime fossili o prodotti sintetici non biodegradabili2.

L’energia nucleare viene considerata una energia “alternativa” in quanto sostitutiva delle fonti di origine fossile classiche, ma non può essere ritenuta rinnovabile in quanto dipendente da un minerale presente comunque in quantità limitate e pone seri problemi di sicurezza per lo smaltimento dei prodotti di scarto.

Tra le iniziative internazionali intraprese allo scopo di raggiungere globalmente lo sviluppo delle FER e la conseguente diminuzione dei gas serra3, spicca la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici (UNFCCC, United Nations Framework Convention on Climate Change), trattato prodotto nell’ambito della Conferenza sull'Ambiente e sullo Sviluppo delle Nazioni Unite (UNCED, United Nations Conference on

1 Ci si riferisce agli effetti di raffreddamento localizzato del suolo che possono generarsi in caso di un uso massiccio della risorsa termica sotterranea (TINTI 2009)

2

Solo in Italia (a differenza delle direttive europee in materia) viene considerata rinnovabile totalmente l'energia prodotta dalla termovalorizzazione, mentre la UE considera "rinnovabile" solo la parte organica dei rifiuti (ovvero gli scarti vegetali) 3

la CO2 è un gas che, quando disperso in atmosfera, tende a schermare la radiazione ad onda lunga (calore) in uscita dal pianeta, mantenendo la superficie terrestre più calda di quanto sarebbe in sua assenza (effetto serra). Analogamente si comportano CH4 e N2O, che, pur presenti in atmosfera in concentrazioni notevolmente inferiori hanno un potenziale specifico di riscaldamento globale superiore.

Environment and Development), tenutasi a Rio de Janeiro nel 1992. Tale trattato si prefigge lo scopo di

“raggiungere la stabilizzazione delle concentrazioni dei gas-serra in atmosfera a un livello abbastanza basso per prevenire interferenze antropogeniche dannose per il sistema climatico”4 secondo un’assunzione di responsabilità comune ma differenziata. I Paesi sono infatti divisi in tre gruppi: Paesi dell’Allegato I (Paesi Industrializzati); Paesi dell’Allegato II (Paesi Industrializzati che sostengono costi per i Paesi in Via di Sviluppo); Paesi in Via di Sviluppo (PVS).

I Paesi dell’Allegato I scelgono di ridurre le proprie emissioni di gas-serra a livelli obiettivo (non vincolanti) non superiori alle proprie emissioni del 1990; mentre i Paesi in Via di Sviluppo non hanno restrizioni immediate per impedire limitazioni ai processi di crescita economica5. La Convenzione prevede quindi che i Paesi dell’Allegato II si impegnino a fornire risorse finanziarie e tecnologiche ai PVS. La Convenzione, aperta alle sottoscrizioni nel maggio del 1992, è entrata in vigore nel marzo del 1994, a seguito della ratifica da parte del cinquantesimo Paese; essa conta al momento 188 Paesi membri6. La Convenzione prevede che, a seguito della sua entrata in vigore, si tengano annualmente le Conferenze delle Parti (COP, Conferences of the Parties), nell’ambito delle quali sviluppare ed introdurre piani d’azione legalmente vincolanti (Protocolli) ed individuare meccanismi che ne rendano possibile l’applicazione. In occasione della COP-3, tenutasi a Kyoto, in Giappone, nel dicembre del 1997, è stato adottato il Protocollo di Kyoto7,entrato in vigore il 16 febbraio 20058. Obiettivo del Protocollo è raggiungere, nel periodo 2008-2012, una riduzione delle emissioni climalteranti legate a sei gas (CO2, CH4, N2O, HFC, PFC e SF6) di almeno 5 punti percentuali a livello globale rispetto ai valori registrati nel 1990 (per i primi tre) e nel 1995 (per gli ultimi tre). Per ottenere tale risultato, il trattato impone la creazione di registri nazionali delle emissioni, ed assegna ad ogni Paese membro rientrante nell’Allegato I una riduzione delle emissioni rispetto al 1990 da conseguire entro il 21 dicembre 2012. Tale valore varia da Paese a Paese: per l’Italia è di 6,5 punti percentuali inserito in una diminuzione dell’8% assegnata alla Comunità Europea.

Per facilitare il raggiungimento di tali obiettivi il protocollo prevede il ricorso ad alcuni meccanismi di mercato, definiti Meccanismi Flessibili, che permettono ad aziende o soggetti pubblici di realizzare, nel proprio paese o

4Il testo completo della Convenzione Quadro è disponibile sul sito internet UNFCCC all’indirizzo: http://unfccc.int/resource/docs/convkp/conveng.pdf

5

Secondo alcuni autori questa disparità di richieste del protocollo riscia di essere la ragione del suo fallimento in partenza: la causa sta nella stessa architettura del protocollo ovvero nella asimmetria – che col tempo è prevista accrescersi- tra paesi sviluppati su cui gravano gli impegni di riduzione delle emissioni e quelli sottosviluppati che sono viepiù responsabili del loro futuro aumento (tra cui 8 dei 20 paesi oggi più inquinati) (Clo, 2008)

6

Nel 2008 tra i Paesi che avevano ratificato il Protocollo mancavano tuttavia gli USA, responsabili nel 1990 del 36,1% delle emissioni globali di CO2

7

Il testo completo del Protocollo di Kyoto è disponibile sul sito internet del Ministero dell’Ambiente all’indirizzo: http://www2.minambiente.it/Sito/settori_azione/pia/docs/protocollo_kyoto_it.pdf

8 L’entrata in vigore del trattato ha coinciso con la ratifica da parte del 55° Paese (la Russia) che ha permesso il raggiungimento della soglia del 55% delle emissioni planetarie di gas-serra richiesta per l’applicazione legalmente vincolante del trattato.

in compartecipazione con altri progetti mirati alla diminuzione di gas serra e maturare dei Certificati di Riduzione delle Emissioni che possono quindi essere accumulati o venduti sul Mercato delle Emissioni.

L’Unione Uuropea ha ratificato il Protocollo il 31 maggio 2002 e indipendentemente ha introdotto un mercato locale dell’energia (EU ETS, EU Emissions Trading Scheme) tramite la Direttiva 2003/87/CE 25 nella quale è stato stabilito che dall’1 gennaio 2005 nessun impianto tra quelli elencati nella direttiva stessa (impianti termoelettrici, metallurgici, raffinerie, produzione di cemento, vetro, carta) possa continuare ad operare senza un’apposita autorizzazione ad emettere gas a effetto serra. L’ottenimento di questi permessi è di carattere oneroso in modo da stimolare i soggetti a realizzare tutti quegli interventi di riduzione delle emissioni che risultino più convenienti dell’acquisto di permessi. Inoltre tali permessi, assegnati agli impianti dalle Autorità competenti nazionali attraverso i Piani Nazionali di Assegnazione (PNA), sono una risorsa limitata: un eccessivo ricorso all’acquisto degli stessi porta ad un loro incremento di prezzo, rendendo così economicamente convenienti gli interventi di riduzione.

Il meccanismo del mercato si inserisce in una gran quantità di politiche a livello comunitario volte alla riduzione delle emissioni tramite strumenti tecnologici, finanziari e di comunicazione che stimolino il risparmio energetico e l’uso di fonti rinnovabili. Alcuni esempi sono:

– la politica climate action9, volta a promuovere l’uso di energia proveniente da fonti rinnovabili, la ricattura e l’immagazzinamento di CO2 e l’efficienza energetica, puntando ad una crescita sostenibile delle economie nazionali;

– il fp7, (eu’s seventh framework programme for Research and Technological Development)10, volto a finanziare tra il 2007 e il 2013 progetti di ricerca cooperativa che coinvolgano università, industrie, centri di ricerca ed enti pubblici all’interno e all’esterno della Comunità Europea;

– il IEE, (Intelligent Energy Europe)11, destinato al finanziamento di proposte e progetti inerenti la diffusione di metodologie e strumenti ecoefficienti già maturi e la loro integrazione nel mercato; l’obiettivo è l’abbattimento delle barriere non-tecnologiche e la stimolazione della crescita del mercato europeo dei settori inerenti l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili;

– la Sustainable Energy Europe Campaign12, un’iniziativa per aumentare la consapevolezza ed orientare gli stili di consumo energetico, con lo scopo di contribuire a raggiungere gli obiettivi delle politiche energetiche comunitarie in tema di fonti di energia, efficienza energetica, trasporti puliti e carburanti alternativi.

9

Climate Action – Energy for a Changing World (Azioni per il Clima – Energia per un Mondo che Cambia); sito internet: http://ec.europa.eu/energy/climate_actions/index_en.htm

10

FP7, EU’s Seventh Framework Programme for Research and Technological Development; sito internet: http://ec.europa.eu/dgs/energy_transport/rtd/index_en.htm

11

IEE, Intelligent Energy Europe; sito internet: http://ec.europa.eu/energy/intelligent/index_en.html 12

Recentemente la comunità europea ha emanato la direttiva “Climate Package”, approvata dal Parlamento europeo il 17 dicembre 2008, che fissa gli obiettivi al 2020 per la politica climatica ed energetica europea: riduzione del 20% delle emissioni di CO2 rispetto al valore del 1990, produzione del 20% della domanda d’energia da fonti rinnovabili e riduzione del 20% dei consumi energetici mediante il miglioramento dell’efficienza nell’uso. Un successivo adattamento di questa quota in funzione delle condizioni di ciascun paese della UE ha portato alla definizione di un obiettivo obbligatorio per l’Italia pari al 17% per il contributo d’energia rinnovabile al 2020 nell’intero bilancio energetico nazionale. In risposta a queste istanze ambientali ed in attuazione delle direttive comunitarie gli stati membri emanano una serie di politiche atte al contenimento dei consumi ed alla promozione della produzione di energia da FER che cercano di rendere competitive sul mercato tecnologie che allo stato attuale si presentano in una situazione di svantaggio.