IV. PROVE TECNICHE DI SOSTENIBILITAÕ SOCIALE 130
IV.4 Turismo della memoria: prospettive e conflitti 170
IV.4.2 Porto M 177
ÒIl cielo • cupo come lÕumore degli isolani, come i giorni che stiamo vivendo, come le acque ricoperte di gasolio, in cui ieri abbiamo visto galleggiare scarpe e pezzi di barca. Oggi, come associazione Askavusa, chiediamo che i migranti possano partecipare con noi alla commemorazione dei morti di ieri; lo chiediamo alle autoritˆ regionali e locali, che per˜ ci dicono non hanno potere su questo; lo chiediamo a diversi operatori davanti al centro da dove decidiamo di partire per la fiaccolata ma nessuno sa darci risposta. Çé la prefettura che deve autorizzare queste coseÈ, ci dice qualcuno. Lo sappiamo. Solo non pensavamo che anche oggi, anche in questa occasione, ai migranti non sarebbe stato possibile partecipare alla fiaccolata; fa eccezione qualcuno di loro, che esce dal buco della recinzione. Davanti al centro ci sono con noi gli amici che ieri mattina hanno salvato tante vite umane, loro avevano chiesto di potere riabbracciare le persone che avevano tolto dalle acque, ma oggi gli • stato negato, forse domaniÓ.167
167 https://askavusa.wordpress.com/2013/10/04/4-ottobre-2013-lampedusa/
Fig. 99 Fig. 13 I volantini delle iniziative ÒLa memoria che segna il presenteÓ e ÒQuel Mattino a LampedusaÓ. Fonte: foto mia.
Abbiamo giˆ nominato molte volte il Collettivo Askavusa in questo lavoro. Tra le diverse iniziative di cui i suoi membri si fanno promotori, molte sono legate alla realtˆ dei migranti, provando a connettere la popolazione locale con tutte le diverse realtˆ che si trovano sullÕisola, creando un tessuto sociale pi• coeso. Tra le altre i ragazzi di Askavusa hanno seguito molto da vicino la vicenda del 3 ottobre, tentando di ricostruire lÕaccaduto e capire le ragioni dei ritardi nei soccorsi. Nei diversi anni hanno scritto molto a riguardo, redigendo un report titolato Lampedusa, 3 ottobre. Il naufragio della veritˆ168 dove sono state riportate varie testimonianze sia di chi si • trovato a soccorrere i migranti, sia di alcuni migranti stessi e dove chi scrive conclude che lÕintervento da parte della Guardia Costiera • stato ritardato di circa 45-50 minuti in modo doloso. Infatti, a loro parere, quanto accaduto • stato usato come giustificazione alle decisioni politiche che sono seguite al naufragio, a partire dalla ulteriore militarizzazione dellÕisola e del Mediterraneo attraverso il programma Mare Nostrum o lÕapprovazione del sistema di controllo alle frontiere denominato Eurosur e approvato il 10 ottobre 2013169. Da questo punto di vista il modo in cui Askavusa si occupa del 3 ottobre, cambia la prospettiva rispetto a quanto detto fin ora. Non ricade pi• in quel concetto per cui bisogna Òricordare il passato, affinchŽ ci˜ che • successo non accada pi•Ó, ma viene trattato come un fatto di attualitˆ, ancora cocente che va indagato e spiegato, per non renderlo un simbolo vuoto.
ÒVedremo ancora una volta figure di ogni parte del mondo, da Roma a Bruxelles, affrettarsi per calcare una passerella rosso sangue. Una giornata che doveva essere di silenzio e riflessione verrˆ utilizzata per propaganda politica e per attuare le strategie di militarizzazione e spettacolarizzazione dellÕisola di LampedusaÓ.170
Sempre molto drastici nei termini utilizzati, il collettivo chiede, inoltre, di chiudere il Centro di Lampedusa ritenuto in realtˆ dannoso per lÕisola, che viene sfruttata per quello che ritengono un Òbusiness dellÕaccoglienzaÓ171.
Un altro mezzo tramite il quale questa associazione lavora per mantenere la memoria, o forse sarebbe meglio dire per mantenere il dibattito accesso su questi eventi ancora cos“ attuali, • il museo delle migrazioni di Porto M.
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ÒGli oggetti, tutti gli oggetti, trattengono e rilasciano energia. Tutta la materia • energia, vibrazione, movimento ed • modificata dallÕenergia che la trapassa, la de-genera, che la modifica in eterno, dallÕinterno e dallÕesterno. Noi stessi siamo parte di questo movimento eterno. Come relazionarsi con gli oggetti, quindi?Ó172
La storia di Porto M • lunga, questo luogo • stato il risultato di un percorso, a volte controverso, che ha portato il Collettivo Askavusa, alla sua inaugurazione ufficiale nel 2014. Nel 2005 Giacomo Sferlazzo trov˜ per la prima volta degli oggetti appartenuti a persone passate da Lampedusa nella discarica dellÕisola. Con questi oggetti realizz˜ la prima opera creata con oggetti appartenuti a migranti, chiamata Verso Lampedusa. Da quellÕanno i ragazzi di Askavusa hanno continuato a raccogliere oggetti ritrovati sui barconi, e dopo aver tentato con diverse associazioni, il comune ed atri soggetti pubblici e privati a trovare un giusto compromesso per aprire un museo delle migrazioni, infine hanno deciso di restare indipendenti, per motivi legati alle proprie convinzioni politiche da un lato, e per una non coincidenza di intenti dallÕaltro, ed esporre gli oggetti a Porto M. Il significato del nome • aperto, viene lasciato alla libera interpretazione di chi lo visita: M potrebbe stare per museo, o per memoria, per migrazioni; durante una visita chi ci accoglie suggerisce anche merda, tra le possibili interpretazioni.
Oggi Porto M ha cambiato sede rispetto a quella originale, si trova in centro, in una posizione facilmente raggiungibile anche dai turisti. Nella sede trova posto quello che qualcuno ha chiamato il museo delle migrazioni, ma forse questo non • il modo giusto per categorizzare lÕesposizione di oggetti raccolti. In questa sede non solo si pu˜ andare a vederli, ma ci si pu˜ recare per cercare un
172 www.askavusa.com/progetti/portom/info/
Fig. 101 Cartello che indica la direzione di Porto M. Fonte: foto mia.
Fig. 100 La sede del Collettivo Askavusa che ospita Porto M. Fonte: foto mia.
confronto, per sentire da parte di chi ha vissuto una vita a Lampedusa la realtˆ che lega i migranti allÕisola; Porto M • un luogo dove si prova a fare analisi, studio, conoscenza e critica, prioritariamente rispetto a Lampedusa e alle migrazioni che la coinvolgono, ma non solo: si parla di militarizzazione dellÕisola, e di tutti i problemi e le contraddizioni che vi esistono. Quando si visita Porto M, si va prima di tutto per ascoltare e per parlare, per cercare un dialogo. Solitamente uno dei ragazzi del collettivo riassume in circa unÕora i passaggi fondamentali della storia migrazioni, di come siano cambiati i discorsi e le leggi sul tema, analizza le ragioni economiche che vi sono dietro e le decisioni politiche prese in tema di immigrazione: quali le cause e le conseguenze, in particolare per lÕisola di Lampedusa. Si raccontano i fatti accaduti negli ultimi anni, cercando di informare, andando oltre le notizie date tramite i mass media. Il turista riceve una visione completa e critica della situazione attuale, se ne discute, si fanno domande ed osservazioni.
Per quanto riguarda gli oggetti, la decisione finale sul come trattarli • stata quella di non archiviarli, o catalogarli, di non mettere targhette descrittive, si vuole tenere lÕoggetto in modo da mantenerlo pi• possibile neutrale, anche se si • consapevoli che anche solo lÕordine o il modo in cui sono organizzati nellÕesposizione giˆ aggiunge (o toglie) qualcosa allÕoggetto. I membri del collettivo stessi dichiarano che il rischio • che spesso questi oggetti, ed il museo tout court, diventino dei ÒfeticciÓ, che Porto M diventi un luogo dove commuoversi senza per˜ provare ad analizzarne il senso, cosa rappresentano.
ÒCrediamo, quindi, che sia importante non avere aspettative, nŽ da chi guarda, nŽ tanto meno dallÕoggetto. Allora perchŽ mostrarli, chiederˆ qualcuno, perchŽ salvarli, custodirli e pulirli? Proprio perchŽ crediamo che questi oggetti vadano mostrati, non studiati, non catalogati, non restaurati, non ÒrinchiusiÓ, ma mostrati, senza aggiungere altro. Farlo senza alcuna informazione didascalica non • un atto neutrale, ma una scelta politica. Non • ricerca di oggettivitˆ, perchŽ lÕoggetto • fatto per buona parte da chi osservaÓ.173
UnÕaltra delle decisioni prese a riguardo • quella di non esporre fotografie, documenti strettamente personali e lettere174. Questo per una questione da una parte di sensibilitˆ rispetto agli aspetti pi• intimi, dallÕaltra perchŽ cÕ• il rischio di sfociare in un tipo di visita banalizzata in cui il visitatore va per commuoversi davanti ad unÕimmagine. Questo richiama un problema non indifferente, ovvero quello della trasformazione di un turismo che abbiamo chiamato della memoria, che vuole educare e
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ragionare, in un turismo che pu˜ sfociare persino nel ÒvoyerismoÓ, o quello che alcuni chiamano thanaturismo175.
é una questione molto delicata e in parte • un fenomeno che giˆ esiste. In unÕintervista Giacomo Sferlazzo, mi riferisce che, ad esempio, il 30 agosto 2016 erano arrivati 1200 migranti al porto di Lampedusa e cÕera gente vicino al molo Favaloro che era l“ a guardare e a fare foto, alcuni commentavano dicendo: Òera meglio se affondavanoÓ. Mi ha portato poi un altro esempio per cui sembra che ci siano negozi di souvenir che vendono calamite raffiguranti la Porta dÕEuropa ed un bambino di colore davanti. Al contempo afferma che se il turista che visita Lampedusa, invece di vedere solo persone che sbarcano, ci arrivasse con un tipo di informazione diversa, che nel tempo
175 Il thanaturismo, chiamato anche dark tourism o turismo nero, • il turismo dei luoghi in cui sono accaduti eventi tragici, drammatici, che solitamente coinvolgono la morte di una o pi• persone, fino alle stragi. é un concetto molto ambiguo che racchiude in sŽ un numero svariato di casi diversi, dal Ground Zero di New York ai campi di concentramento nazisti, fino anche ad includere parchi a tema creati su un filone narrativo, quale ad esempio la storia di Jack lo Squartatore. (Seaton, 1996). Essendo un concetto cos“ poco chiaro si • deciso di non fare riferimento a questo tipo di turismo per quanto riguarda Lampedusa in quanto non si • ritenuto adatto a rappresentare una situazione tanto delicata per la quale si pensa di dover trovare unÕaltra chiave di lettura.
Fig. 102 Teca contenente dei testi ed audio cassette all'interno del Museo di Porto M, il supporto alla base • fatto con assi di legno delle barche dei migranti. In cima, una statuetta di legno raffigurante una madonna con il bambino. Fonte: foto mia.
avesse fatto capire a chi non vive sullÕisola le contraddizioni che ci sono, le persone sarebbero pi• preparate, avrebbero un approccio diverso, aspettative diverse: Òchi cerca altro non verrebbe, perchŽ saprebbero che non • quello che possiamo offrire176Ó.
Continua poi spiegando che a suo avviso ci vorrebbe un diverso tipo di narrazione sullÕisola in generale, che loro come collettivo sono stati rimproverati a volte perchŽ quella che promuovono • unÕidea sbagliata dellÕisola, non si dovrebbe parlare di radar, ad esempio, o delle condizioni indecenti del Centro di Accoglienza, e cos“ via177.