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Posizione della professione medica nel settore sanitario

3.3 Il ruolo dell’organizzazione sanitaria

3.3.1 Posizione della professione medica nel settore sanitario

Nella situazione odierna per i medici è in atto un grande cambiamento che riguarda la società, l’economia, la cultura e il pensiero per questo è «necessario considerare più a fondo i mutamenti interni alla pratica e alla cultura professionale per comprendere come la resistenza o l’adattamento conducano a nuove forme di governa mentalità e ad una convergenza tra professionalismo e managerialismo›› (Waring, 2007)

La posizione della professione medica è in grado di determinare la natura di numerosi rapporti interoccupazionali, allo stesso modo la sua posizione va delineata nel contesto dell’intero sistema sanitario. L’analisi di questo rapporto serve per dimostrare che la posizione della professione medica è tale da garantirle il controllo organizzativo pressoché totale dell’assistenza sanitaria (Freidson, 2002). A questo scopo viene introdotto il concetto di divisione sociale del lavoro in ambito sanitario (Mascagni, 2016).Tousijn nel 2003 in “Le professioni sanitarie: per un rinnovamento della logica professionale” individuò tre macro-tendenze attraverso le quali è passato il professionismo medico dalla fine del XIX secolo ad oggi.

La prima fase, collocabile tra la fine dell’ Ottocento edil primo conflitto mondiale, come già analizzato nel primo capitolo, in questo periodo la professione medica avvia il suo percorso di professionalizzazione e istituzionalizzazione conquistando il monopolio professionale del nascente settore dei servizi sanitari.

La seconda fase inizia dopo la Prima guerra mondiale vede una decisa crescita in particolare nell’elargizione di servizi considerati fondamentali per l’essere umano tra cui la sanità. Le professioni all’interno dello stato sociale traggono grandi vantaggi dal punto di vista del loro riconoscimento e della loro importanza, è in questa fase, soprattutto dagli anni Trenta fino alla sua conclusione negli anni Settanta, che si consolida e si afferma la “dominanza medica” (Freidson, 2002). I medici riescono a guidare, reindirizzare, promuovere o frenare le trasformazioni in atto secondo una logica professionale: tenendo sotto controllo gli sviluppi del mercato facendo fronte alla crescente domanda attraverso la nascita di specializzazioni interne alla medicina; agiscono un pesante controllo sugli sviluppi della divisione del lavoro sanitario, che nel corso di quei decenni vede la

proliferazione delle occupazioni sanitarie, la strutturazione dei processi di “delega” di vecchi e nuovi compiti verso nuove figure professionali (Mascagni, 2016). La dominanza professionale si esprime in una molteplicità di dimensioni che hanno a che fare sia con il controllo diretto di vari fattori chiave all’interno della logica del sistema sanitario, come il contenuto del lavoro del medico e delle altre professioni sanitarie, sia con la capacità di influenzare le politiche sanitarie

La terza fase inizia con gli anni Settanta del Novecento, nei quali il welfare

state conosce una decisa contrazione rispetto al periodo precedente. Sull’onda di una forte riproposizione dell’ideologia liberista, si assiste ad un ritorno della logica di mercato nella produzione di servizi prima forniti dallo Stato a quello che diviene un individuo-consumatore, la cui identità viene legittimata non tanto attraverso la cittadinanza e l’accesso a certi diritti, quanto dalla sua capacità di consumare e di essere funzionale ai meccanismi di mercato (Bauman, 2004). L’autonomia professionale viene attaccata dal basso (consumerismo7) e contemporaneamente dall’alto (managerialismo) dovuto al crescente aumento del potere decisionale dei dirigenti. A partire dagli anni Settanta, la dimensione della dominanza medica incomincia a conoscere una graduale decadenza, il suo declino è parziale e la professione mantiene un certo livello di controllo su tutte le dimensioni in questione tuttavia, si creano potenzialmente le condizioni per una maggiore autonomia professionale delle altre professioni sanitarie. Negli anni ’80 e ’90 vengono delle riforme che producono degli effetti nei confronti delle organizzazioni con l’adozione di strumenti che orientano al contenimento dei costi e, la valutazione delle qualità dal punto di vista dei medici sotto il profilo lavorativo e di altre sfere di vita.

Dagli anni Novanta si apre la nuova fase di riassestamento in cui sono state messe in atto delle innovazioni che hanno sconvolto l’assetto esistente il tutto sotto il peso delle costanti necessità di spendig review e della logica consumerista. Tuttavia il professionalismo si trova sotto attacco e la minaccia più pericolosa viene dalla diffusione della logica manageriale che tende a frantumare le identità professionali esistenti e ad instaurare un’organizzazione del lavoro basata su mansioni e compiti che vengono progettati a tavolino secondo le esigenze, sempre mutevoli,

7 Il nuovo paziente-consumatore è più istruito, più informato, più “riflessivo”, quindi più esigente e aggressivo: è meno fedele

ad un singolo medico, più propenso a ricorrere alle medicine “alternative”, all’auto-cura. Per questo per i medici è cruciale mantenere la propria autonomia.

dell’organizzazione; in questo modo viene negata la loro organizzazione autonoma del lavoro quindi il potere di controllare il proprio lavoro (Mascagni, 2016) L’impatto del managerialismo nel corso degli anni ha inciso maggiormente sull’autonomia di alcune categorie (i medici in primis), rompendo l’identità professionale in quanto tende a rompere le giurisdizioni e le identità professionali, andando a riassegnare i compiti in base a una logica dell’efficienza (Rocco, Cipolla e Stievano, 2015).

Il sistema del managerialismo è associato all’idea per cui vi sono direttive che i professionisti, volente o nolente, sono costretti ad accettare; tuttavia possono far prevalere la loro opinione entro una certa misura. I medici devono dunque destreggiarsi all’interno dei limiti tracciati da questi vincoli che non possono essere scavalcati, essi ne sono consapevoli e cercano quindi di far valere la loro opinione nell’ottica della ricerca di un compromesso. Quali sono stati gli interventi messi in atto dai medici per fronteggiare l’introduzione di procedure manageriali?Le possibili reazioni al managerialismo mutano a seconda dei contesti analizzati in base alle loro caratteristiche e a quelle degli attori che vi operano, le stesse interazioni che si sviluppano tra dinamiche manageriali e strategie professionali sono eterogenee. Tra gli studiosi che hanno portato alla luce i vari tipi di strategie ci fu Oliver nel 1991 nel suo volume “ Strategic Responses to Institutional Processes” che propose ben 15 tipi di strategie che riguardavano le organizzazioni di fronte ai processi istituzionali, e molte di esse si applicavano ai professionisti (…), ai due estremi di un continuum troviamo l’acquiescenza e il rifiuto ma all’interno di questi confini si sviluppano molteplici sfumature (Vicarelli, 2013); Numerato e colleghi nel 2012 in “The impact of management of medical professionalism. A review” individuarono cinque linee interpretative dell’impatto del managerialismo: egemonia manageriale, cooptazione, negoziazione, adattamento strategico e opposizione.

Allora come deve reagire il medico di fronte alle continue sfide di un sistema sempre più complesso? Secondo Cavicchi l’esercizio della professione comporta due problemi tra loro inseparabili: essere medico che vuole dire avere una certa formazione scientifica, una certa esperienza e titoli da aggiornare in ragione dei processi scientifici della scienza; modo di essere medico intese le modalità attraverso

le quali la professione viene esercitata in rapporto a contesti, sfondi, società che mutano (Cavicchi, 2015).

Il principio base su cui si basa l’organizzazione nel sistema sanitario in vigore nel nostro Paese, è la condivisione dei valori da parte di tutti gli attori coinvolti, nell’interesse e nella tutela della salute del cittadino. L’attenzione quindi deve essere rivolta nei confronti di chi è curato ma anche,nei confronti di chi presta cura per garantire le condizioni di dignità e poter esercitare in maniera autonoma la propria professione nella consapevolezza dei propri limiti. Cosa si intende quindi per “autonomia” della professione?. Tale concetto corrisponde alla competenza, nella realizzazione professionale, dell’integrazione con altri professionisti e alla competenza nell’operare secondo le regole della professione attraverso metodi di lavoro basati su partecipazione e condivisione. Questo bisogna di tutela dell’autonomia si sviluppa in un contesto difficile dato che lo Stato non solo definisce le classiche condizioni di lavoro ma anche i modi economici delle prestazioni, per questo è necessario oltre all’equilibrio economico tra spesa e prestazioni, la capacità da parte degli stessi medici di far sentire la propria voce nei confronti della politica stessa affinché le scelte siano condivise e non imposte.

«A noi serve una soluzione che per rendere compossibile l’autonomia della professione con la natura pubblica del sistema riformi l’idea di dipendenza. Cioè a noi serve un altro “genere di professione”. Un altro genere di medico e di medicina perché è cambiato il mondo›› ( Cavicchi, 2016)

Il medico di oggi sente di essere schiacciato dall’apparato sanitario, di essere utilizzato dal meccanismo come strumento e, questo, può influire nel rapporto con il paziente che si esaspera in forme di incomunicabilità o meglio di colloquio tramite il ricettario in un limite di tempo scandito dal cronometro. Ma la professione medica è espressione della persona, uomo o donna,che vive un ideale e che cerca di metterlo in pratica.

«Essere medico vuol dire impegnarsi: alla competenza e responsabilità professionale, all’onestà e alla riservatezza nei confronti dei pazienti, a migliorare e garantire l’accesso e la qualità delle cure, alla distribuzione equa delle risorse limitate e alla gestione dei conflitti d’interesse attraverso la fiducia›› (Carta della professionalità medica, 2002).

CAPITOLO 4

APPROFONDIMENTO SULLA RICERCA:

L’INTERVISTA BIOGRAFICA A DUE DONNE MEDICO

“Qualsiasi esperienza di vita comporta una dimensione sociale” (Alfred Schutz)

Come precedentemente analizzato la professione medica ha acquisito nel corso degli anni, attraverso un percorso formativo ben strutturato, una propria autorità e identità professionale. Quest’ultima tuttavia rimane fortemente influenzata dalla socializzazione e dalla natura dei compiti a cui, gli stessi attori sono preposti nonché, dalla concezione del ruolo, dalle prospettive di carriera e dall’immagine di sé maturata (Hughes, 1958). L’identità professionale non è mai data una volta per tutte ma è continuamente messa alla prova dai cambiamenti che possono interessare l’organizzazione del lavoro e la gestione dei settori in cui è coinvolta ma anche, dai vissuti e dalle esperienze soggettive che coinvolgono i professionisti.

“I dottori non sono soli individui e nemmeno solo donne e uomini, ma professionisti che sono costituiti soggettivamente dal loro coinvolgimento nella pratica professionale, appartenendo e identificandosi con la professione” (Salling - Olesen, 2006).

Nel quarto capitolo verrà confrontata la parte teorica e la parte empirica di questa ricerca il cui focus riguarda i processi di formazione e professionalizzazione della figura del medico in particolare il medico donna. Il tutto è stato realizzato attraverso la stesura, la somministrazione e la successiva analisi di un’intervista rivolta a due donne medico di generazioni diverse che hanno vissuto differentemente tali processi.

Nella prima parte verrà indicata la metodologia di ricerca nonché lo strumento, i modi e i tempi di rilevazione della stessa mentre, nei successivi paragrafi, verranno esposte e sottoposte ad indagine le tematiche che sono state messe in evidenza precedentemente come la formazione universitaria, il percorso lavorativo, la carriera e il ruolo della famiglia. Il brano del libro “Donne e Medicina” di Ronco e Tartaglia di seguito riportato, in qualche modo rispecchia il loro vissuto

nel corso dei tempi sino ad arrivare ad oggi, e rappresenta un’ anticipazione su ciò che è emerso dalle interviste:

“Quando una donna inizia a studiare medicina è piena d’entusiasmo e non immagina quanto tale attività possa rilevarsi appassionante, impegnativa, stancante ed esigente. La medicina vuole l’esclusiva! Ci si immerge in questo mondo affascinante sospeso tra scienza, arte e amore, un mondo in cui ricevere un sorriso, un’espressione di sollievo, una parola di ringraziamento sono soddisfazioni che riempiono il cuore di felicità e fanno sentire che tutto l’impegno profuso è stato ripagato”(Ronco e Tartaglia, 2015).

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