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Possibilità del ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza di inammissibilità dell’azione di classe

5.4.1 La questione

La questione qui affrontata si rivolge al tema più ampio relativo al vaglio di ammissibilità previsto ex art. 140 bis cod. cons. per le azioni di classe. La valutazione (sommaria) prevista dalla normativa

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italiana svolge un duplice controllo preventivo: da un lato, si assicura dell’esistenza di un’omogeneità degli interessi dei consumatori; dall’altro, si offre una garanzia nei confronti dei professionisti contro i contenziosi abusivi.

Nel caso di una decisione di inammissibilità, la decisione è ricorribile di fronte alla Corte di appello (cfr. art. 140 bis (7) cod. cons.). Tuttavia, il legislatore non predispone un ulteriore grado di giudizio, poiché il provvedimento non ha natura decisoria.

Tale aspetto ha sollevato dubbi interni alla stessa Corte di Cassazione, proprio in ragione della conformità di tale norma rispetto al principio generale di accesso alla giustizia, in quanto gli effetti di una decisione di inammissibilità per quanto riguarda la riproponibilità dell’azione possono essere vincolanti nei confronti dei soggetti aderenti all’azione di classe.

Come si coniuga l’irricorribilità avverso alla decisione di inammissibilità dell’azione di classe con il diritto ad un ricorso effettivo? In che modo deve essere interpretato il rapporto fra azione individuale e azione collettiva in relazione agli effetti della decisione di inammissibilità?

5.4.2 Caso italiano: Cass. SSUU, 1° febbraio 2017, n. 2610

5.4.2.1 Il fatto e le argomentazioni delle parti

L’Associazione Codacons, agendo sia in proprio sia quale mandatario dei sig.ri M.A., B.D. e V.P., conviene in giudizio la società British American Tobacco (BAT) Italia SPA, per sentirla condannare al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali causati agli attori per aver generato in essi una dipendenza da fumo. Secondo i ricorrenti la società convenuta avrebbe svolto un'attività pericolosa – i.e. la produzione e vendita di sigarette – senza adottare le opportune cautelare volte a prevenire i rischi per la salute dei fumatori.

Il Tribunale di Roma dichiara inammissibile l'azione di classe proposta, così come, in sede di reclamo proposto dai ricorrenti, la Corte di Appello di Roma. La condotta contestata alla società convenuta: a) sarebbe anteriore al 15 agosto 2009 e, quindi, sottratta ratione temporis all'applicazione dell'art. 140 bis Codice del consumo; b) i diritti azionati erano privi del requisito dell'identità richiesto dal comma 2 dell'art. 140 bis e c) non vi era prova dell'esistenza di un danno risarcibile. Avverso questa ordinanza i ricorrenti propongono ricorso per Cassazione ritenuto inammissibile dalla società convenuta BAT SPA in ragione della natura non decisoria né definitiva dell'ordinanza di inammissibilità.

Proprio su questo specifico aspetto, la III Sezione, cui era stata affidata la trattazione del ricorso, rimette la questione alle Sezioni Unite: la Suprema Corte si era già pronunciata nel senso della inammissibilità, con sentenza n. 9772/12, orientamento non condivisibile per la III Sezione. 5.4.2.2 Interesse/diritto leso

La questione interpretativa sottoposta alle Sezioni Unite ha avuto ad oggetto l'accertamento della natura definitiva e decisoria, ai fini dell'art. 111, comma 7 Cost., dell'ordinanza di inammissibilità pronunciata nella prima fase dell'azione risarcitoria proposta nelle forme dell’azione di classe. Un'ordinanza che, ai sensi dell'art. 140 bis, comma 7 Codice del consumo, sarebbe soltanto reclamabile e che, secondo un precedente orientamento della Corte di Cassazione (sent. n. 9772/12) non sarebbe ulteriormente impugnabile perché fondata su una valutazione sommaria e finalizzata ad una pronuncia di rito “idonea a condizionare soltanto la prosecuzione di quel processo di classe senza assumere la stabilità del giudicato sostanziale ovvero impedire la riproposizione dell'azione risarcitoria anche in via ordinaria.”

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5.4.2.3 Rimedio

Secondo le Sezioni Unite l'azione di classe, quando proposta unicamente a fini risarcitori e non a tutela di interessi collettivi, “non costituisce altro che uno strumento apprestato dal legislatore per far valere la domanda risarcitoria: costituisce cioè, un mezzo processuale di tutela che […] si aggiunge a quello ordinario spettante al singolo interessato per ottenere il bene della vita consistente nel risarcimento di un danno che egli assume di aver subito per effetto della condotta posta in essere dal soggetto danneggiante. In altri termini, la differenza soggettiva che si ha tra azione di classe e azione individuale, allorquando con la prima vengano fatte valere pretese che incidono esclusivamente sul piano risarcitorio o restitutorio, non determina un mutamento dell'oggetto della domanda, che continua ad essere la pretesa alle restituzioni o al risarcimento del danno subito da ciascuno degli appartenenti alla classe che abbiano agito con l'azione di cui all'art. 140 bis.”

Ed allora, poiché l'oggetto del processo di classe sarebbe identico al processo singolo (non essendo fatto valere un interesse collettivo), per la Corte di Cassazione riconoscere carattere decisorio all'ordinanza di inammissibilità e, quindi, ammettere, la ricorribilità per Cassazione, porterebbe a precludere al singolo danneggiato che abbia aderito all'azione di classe dichiarata inammissibile, la possibilità di far valere, in via individuale, il proprio diritto al risarcimento del danno. Una simile conclusione, però, non è possibile in ragione delle norme di diritto processuale che consentono la riproponibilità nel caso in cui il processo di classe si estingua o si chiuda anticipatamente in rito.

Inoltre, con riferimento alla violazione delle norme processuali, per le Sezioni Unite “la definitività sulle modalità di svolgimento dell'azione in giudizio (cioè su un diritto processuale), ma non sulla situazione sostanziale dedotta in giudizio, è […] inidonea a giustificare il ricorso straordinario”.

Secondo le Sezioni Unite “l'azione di classe dichiarata inammissibile non è riproponibile dai medesimi soggetti che la hanno proposta o hanno ad essa aderito”. Il che non significa, però, la preclusione alla “proponibilità di altra azione di classe da parte di soggettivi diversi da quelli per i quali è intervenuta la dichiarazione di inammissibilità” alla quale azione, una volta dichiarata ammissibile, potranno successivamente aderire anche quei soggetti che avevano proposto la prima azione di classe dichiarata inammissibile.

5.4.2.4 Gli argomenti

Le Sezioni Unite nell’analizzare i presupposti per la proposizione del ricorso straordinario in Cassazione, evidenziano come esso richieda necessariamente il carattere decisorio del provvedimento che si intende sottoporre a gravame, dovendo cioè essere idoneo a incidere con efficacia di giudicato sui diritti soggettivi. Tale requisito non sembra ricorrere in un caso, come quello di specie, in cui l’azione di classe sia proposta unicamente a fini risarcitori, e non a tutela di interessi collettivi. L’azione di classe, in tale circostanza, costituirebbe un mezzo processuale di tutela che va ad aggiungersi a quello risarcitorio ordinario spettante al singolo interessato. A sostegno della propria decisione, la Cassazione ha ribadito che “ai sensi dell´art. 111 Cost., comma 7, “contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge”. Questa Corte ha da tempo chiarito (Cass. n. 2953 del 1953), e poi ripetutamente ribadito, che un provvedimento, ancorchè emesso in forma di ordinanza o di decreto, assume carattere decisorio requisito necessario per proporre ricorso ex art. 111 Cost. - quando pronuncia o, comunque, incide con efficacia di giudicato su diritti soggettivi, con la conseguenza che ogni provvedimento giudiziario che abbia i caratteri della decisorietà nei termini sopra esposti nonchè della definitività - in quanto non altrimenti modificabile - può essere oggetto di ricorso ai sensi dell´art. 111 Cost. La decisorietà, dunque, consiste nell´attitudine del provvedimento del giudice non solo ad incidere su diritti soggettivi delle parti, ma ad incidervi con la particolare efficacia del giudicato (nel che risiede appunto la differenza tra il semplice "incidere" e il "decidere": cfr., per tutte, Cass. n. 10254 del 1994)”.

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APPENDICE

QUESTIONI IPOTETICHE

Si riportano a seguire le questioni ipotetiche, concernenti i più rilevanti profili trattati nell’ambito del presente Casebook, affrontate dai magistrati partecipanti al Seminario nazionale RE-Jus “Tutele individuali e tutele collettive nei rapporti di consumo, di risparmio e di credito al consumo nel dialogo tra corti e autorità amministrative” tenuto a Trento dal 18 al 20 giugno 2018.

I sessione di discussione di casi pratici

Tema: Poteri officiosi del giudice, rilevazione delle questioni e onere della prova

La sig.ra Rossi acquista dal rivenditore Alfa una macchina fotografica Omega. Il contratto, stipulato per iscritto, comprende una garanzia convenzionale, gratuita per il primo semestre ma onerosa per altri tre semestri, grazie alla quale l’acquirente può beneficiare, in caso di difetto di conformità del prodotto, dell’esame gratuito del prodotto ai fini della rilevazione dell’origine del difetto e della sua riparazione, ove il difetto non sia riconducibile all’uso dell’acquirente. Il pagamento dell’importo previsto per la garanzia convenzionale è dovuto entro e non oltre i 6 mesi dalla consegna, pena la decadenza della garanzia. La sig.ra Rossi sottoscrive specificamente la clausola di garanzia convenzionale ma omette il pagamento dell’importo dovuto.

Dopo 8 mesi dall’acquisto, la sig.ra Rossi denuncia tempestivamente un malfunzionamento della macchina fotografica, che riduce sensibilmente la qualità delle immagini prodotte pur non impedendo l’uso dell’apparecchio. Avvalendosi della garanzia convenzionale, la sig.ra Rossi chiede al rivenditore di procedere ai necessari controlli e alla conseguente riparazione.

Anche a fronte dell’offerta di un pagamento tardivo del prezzo della garanzia, il rivenditore Alfa si rifiuta di ritirare il prodotto e di onorare la garanzia convenzionale, non essendo mai intervenuto, da parte dell’acquirente e nel termine consentito, il pagamento del prezzo per tale garanzia supplementare.

A fronte di ripetuti rifiuti, la sig.ra Rossi agisce in giudizio per l’attuazione della garanzia convenzionale stipulata o, in subordine, per la risoluzione del contratto e la restituzione del prezzo pagato ai sensi della disciplina generale della vendita (artt. 1490 e 1492 c.c.). Il rivenditore Alfa si oppone, eccependo che il difetto lamentato non è tale da rendere l’apparecchio inidoneo all’uso e che in ogni caso l’acquirente non ha dato prova della causa del difetto, potendosi presumere che, dopo 8 mesi dall’acquisto, tale difetto sia riconducibile all’uso dell’acquirente.

1. Rilevabilità d’ufficio dello status di consumatore; applicazione della disciplina del codice del consumo in luogo di quella del codice civile, invocata dalla parte attrice.

La sig.ra Rossi non agisce quale consumatrice, né si qualifica in quanto tale. Nella formulazione della domanda ha riguardo, per un verso, alla garanzia convenzionale e, per l’altro, alla disciplina generale del contratto di vendita (part. art. 1490 e 1492 c.c.). Peraltro la domanda si iscrive perfettamente nei termini previsti dall’art. 1495 c.c., avendo l’attrice tempestivamente denunciato il difetto (presumibilmente negli 8 giorni previsti dal codice civile) ed esercitato l’azione entro l’anno.

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Negli atti di causa la parte attrice non chiarisce a quale titolo abbia acquistato la macchina fotografica, se a fini personali o nell’ambito dell’attività professionale eventualmente svolta; né invoca in alcun punto la disciplina consumeristica eventualmente applicabile nel caso di specie. È onere della parte qualificarsi come consumatore ai fini della applicazione della disciplina consumeristica di protezione?

Può o deve il giudice effettuare i necessari accertamenti al fine di verificare se la fattispecie ricade nell’ambito di applicazione della disciplina consumeristica?

Deve il giudice a tal fine disporre l’acquisizione di prove ulteriori ove le allegazioni di parte e il relativo materiale probatorio prodotto non consentano di accertare la natura dell’attore come consumatore?

Quali regole o principi vi si opporrebbero, eventualmente, dal punto di vista del diritto processuale interno?

Sul tema, v. Casebook, cap. 1, parr. 1.1 e 1.3

2. Attuazione della garanzia convenzionale. Rilevabilità d’ufficio dell’invalidità della clausola avente ad oggetto garanzia convenzionale onerosa.

Si assuma ora che il giudice pervenga alla conclusione che lo status della sig.ra Rossi quale consumatrice vada considerato e che dunque al caso di specie si applichi la disciplina del codice del consumo.

La parte attrice chiede di potersi avvalere della garanzia convenzionale, come sottoscritta in sede di stipulazione del contratto di acquisto.

Non solo dunque omette di rilevare una eventuale nullità della clausola, ma ne invoca la applicazione a suo favore.

Sotto quali profili si potrebbe contestare la validità della clausola in oggetto? - Disciplina della vendita di beni di consumo (v. art. 134 cod. cons.)?

- Disciplina delle clausole vessatorie (v. art. 36 cod. cons. e 33, co. 2, lett b, cod. cons.)? - Disciplina delle pratiche commerciali scorrette quali indice di vessatorietà? Cfr. CGUE,

C-453/10 (Pereničová), e Consiglio di Stato, n. 5250/2015

In forza di quale delle tre discipline, il giudice potrebbe (o dovrebbe?) dichiarare la nullità d’ufficio?

Se vi fosse spazio per poteri officiosi, quali misure dovrebbe il giudice adottare per garantire il contraddittorio tra le parti?

Sul tema, v. Casebook, cap. 1, parr. 1.1 e 1.2.

3. Disciplina della garanzia (legale) di conformità dei beni di consumo. Onere della prova.

Come la parte attrice assolve l’onere della prova concernente il difetto di conformità del bene e la sua esistenza al tempo della consegna?

In particolare, come si assolve tale onere al di fuori del primo semestre dalla consegna, durante il quale la comparsa del difetto si presume legarsi a difetto esistente al tempo della consegna (art. 132, co. 3, cod. cons.)?

Che peso ha l’argomento del venditore circa la mancata prova della causa del difetto e la plausibile riconducibilità dello stesso all’uso dell’acquirente?

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Sul tema, v. Casebook, cap. 2, parr. 2.1 e 2.3. 4. Garanzia di conformità e rimedio applicabile.

Si assuma che il giudice dichiari invalida la clausola di garanzia convenzionale.

Ciò premesso, si può interpretare la domanda dell’attore concernente l’avvalimento della garanzia come domanda di riparazione del bene ai sensi dell’art. 130 cod. cons.?

Si assuma che tale riqualificazione non sia possibile o che la sig.ra Rossi abbia domandato la risoluzione del contratto in via principale.

A quali condizioni tale domanda potrebbe essere accolta? Chi dovrebbe fornire la prova dell’esistenza di tali condizioni?

Se la domanda di risoluzione non potesse essere accolta, potrebbe (o dovrebbe) il giudice prospettare alla parte attrice (consumatore) la disponibilità di altri rimedi, in particolare la riparazione (ove possibile) o la riduzione del prezzo?

Se ciò fosse possibile (o dovuto) nel medesimo giudizio, come potrebbe il giudice garantire il contraddittorio tra le parti?

Se ciò non fosse possibile, potrebbe il consumatore agire in altro giudizio per invocare tale diverso rimedio?

Sul tema, v. Casebook, cap. 1, par. 1.1.

*** II sessione di discussione di casi pratici

Tema: Rimedi effettivi, proporzionati e dissuasivi del consumatore nei contratti di credito al consumo e in quelli di investimento; validità, sostituzione delle clausole, restituzioni, responsabilità

Il signor Bianchi, insegnante di italiano al liceo in pensione senza esperienza in ambito finanziario, nel gennaio 2018 conclude un contratto di investimento con la Banca Alfa, a seguito di una consulenza con la medesima banca; unitamente al contratto di investimento, stipula anche un contratto di finanziamento pattuendo l’obbligo di utilizzarlo in via esclusiva ai fini degli investimenti già pattuiti. Il tasso degli interessi moratori stabiliti in via convenzionale è 6 volte maggiore del tasso degli interessi corrispettivi, e appena al di sotto del tasso d’usura.

Pressoché immediatamente l’investimento si rivela molto rischioso, e del tutto fallimentare; l’investitore perde il 70% di capitale investito oltre al mancato guadagno. In conseguenza di tale perdita il signor Bianchi risulta inadempiente al pagamento delle rate previste dal contratto di finanziamento, e la banca chiede dunque il pagamento degli interessi moratori. Dopo un primo momento di interlocuzione con la banca, l’investitore agisce in giudizio e

- Lamenta la violazione degli obblighi di informazione e delle norme in materia adeguatezza previste dal TUF e dal Regolamento Consob n. 20307 del 15 febbraio 2018 e, su queste basi, invoca l’invalidità del contratto di investimento e del contratto di finanziamento o il loro annullamento per dolo o per errore, o la loro risoluzione;

- chiede la restituzione del capitale e risarcimento del danno ex art. 1338 c.c.;

- in via subordinata, chiede il risarcimento del danno ex art. 1218 c.c. per l’inadempimento del contratto quadro di gestione, nonché, con riguardo al contratto di finanziamento, la dichiarazione della nullità della clausola sugli interessi moratori e la rideterminazione degli interessi moratori eccessivamente onerosi.

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1. Sull’eccessività degli interessi moratori in relazione alle clausole vessatorie.

- Di fronte alla pattuizione di un tasso di interessi moratori manifestamente eccessivo, può il giudice dichiarare la vessatorietà – e dunque la nullità – della relativa clausola?

- Quali conseguenze derivano dalla dichiarazione di nullità?

- Può il giudice rideterminare il tasso di interesse e rispetto a quali parametri, oppure è tenuto ad applicare la norma dispositiva di cui all’art. 1224 c.c.?

Sul tema, v. Casebook, cap. 3, par. 3.2.2. 2. Sull’invalidità.

- Su quali basi il signor Bianchi potrebbe chiedere la dichiarazione di nullità del contratto di investimento e/o del contratto di finanziamento?

- Potrebbe la violazione di obblighi di informazione rappresentare un fondamento idoneo? o La circostanza che la violazione riguardi informazioni che devono essere contenute

nel testo del contratto, può incidere sulla valutazione del giudice sulla nullità del contratto?

- La violazione delle norme in materia di adeguatezza può essere posta a fondamento della dichiarazione di nullità del contratto di investimento?

- In alternativa, potrebbe, se richiesto dalla parte, essere pronunciato l’annullamento del contratto di investimento per vizi del consenso (es. per errore)?

Sul tema, v. Casebook, cap. 3, par. 3.2, e per i principali riferimenti normativi in materia di adeguatezza, cap. 2, par. 2.2.3.2; in tema di annullamento si veda il cap. 3, par. 3.5.

3. Sulla risoluzione.

- La violazione di obblighi informativi può condurre alla risoluzione del contratto di investimento? In presenza di un contratto quadro, quali rapporti investirebbe la risoluzione? L’intero rapporto contrattuale regolato dal contratto quadro, o unicamente quello relativo al singolo ordine di investimento? Come i principi generali di effettività, proporzionalità e dissuasività potrebbero semmai influenzare questa valutazione?

È opportuno distinguere fra i tre casi seguenti:

o La violazione avviene prima della stipula del contratto quadro e dell’ordine di investimento.

o La violazione avviene dopo la stipula del contratto quadro e prima della conclusione dell’ordine di investimento.

o La violazione avviene dopo la stipula del contratto quadro e dell’ordine di investimento.

Sul tema, v. Casebook, cap. 3, par. 3.4.

4. Sulla responsabilità per violazione di obblighi informativi.

- Quale spazio ci può essere per un utilizzo delle presunzioni ex art. 2729 c.c. rispetto alla prova del nesso di causalità tra violazione degli obblighi informativi e danno? Potrebbe il principio di effettività facilitare l’uso di presunzioni in questo ambito?

- In base a quali parametri il giudice individuerebbe il danno risarcibile nelle sue componenti di danno emergente e lucro cessante? Ove ricorresse a poteri equitativi ex art. 1226 c.c.,

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potrebbero il principio di effettività e quello di proporzionalità orientare la valutazione del danno in questo ambito?

Sul tema, v. Casebook, cap. 2, par. 2.2.; cap. 3, par. 3.4. *** III sessione di discussione di casi pratici

Tema: Tutela individuale e tutela collettiva del consumatore

La casa di produzione di autovetture Sandoz viene interessata da una indagine in cui si afferma l’utilizzo di strumenti tecnici in grado di falsificare il valore delle emissioni di CO2 dell’autovettura per ottenerne l’omologazione. In particolare, nelle auto interessate era installata una centralina che montava un software illegale capace di falsificare le emissioni al di sotto della soglia consentita dai vincoli di legge.

L’associazione dei consumatori HELP (associazione riconosciuta) svolge delle indagini interne e compie test che confermano i risultati dell’indagine e su questa base decide di presentare una azione inibitoria ex art 140 cod. cons. nei confronti della casa di produzione Sandoz di fronte al Tribunale di Milano (luogo ove la società ha la propria sede principale, ex art 19 c.p.c.).

Con tale azione l’associazione richiede il riconoscimento dell’illiceità della condotta in quanto pratica commerciale scorretta e l’adozione di un provvedimento volto a inibire tale pratica e a rimuoverne gli effetti.

1. Sui rimedi esperibili attraverso l’azione collettiva dell’associazione dei consumatori.

a. Che tipo di misure può il giudice ordinare per l’inibizione della pratica e l’eliminazione degli effetti da questa derivanti a tutela degli attuali proprietari delle autovetture (es. sostituzione del software, sostituzione dell’auto, accertamento del danno, altro)?

b. Che tipo di misure può il giudice ordinare per l’inibizione della pratica e l’eliminazione degli effetti da questa derivanti a tutela dei futuri potenziali acquirenti delle autovetture (es. sostituzione del software, adeguata pubblicità degli effettivi livelli di emissione di CO2, altro)?