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L’inizio della nostra ricerca ha coinciso con l’analisi del film Toto le héros in parallelo con l’utilizzo del software dell’Università di Pisa, in collaborazione con Leonardo Grilli, lo sviluppatore, e Lorenzo Garzella e Lorenzo Cuccu, ideatori e coordinatori del progetto; per prima cosa si è proceduto alla divisione manuale delle inquadrature che con DCP è un’operazione molto precisa dato che è possibile navigare il film frame-by-frame. L’utilizzo del software consentiva di approcciarsi al film in modo nuovo, ponendo sin da subito allo studioso (l’utente) questioni interpretative: è come se trovandosi alla “plancia di comando” e avendo a disposizione una serie di bottoni, lo studioso fosse chiamato a definire ogni singolo tratto del film, in uno sforzo di sovra-                                                                                                                

poiché ogni “materia” si fa portatrice di un proprio racconto (cfr. GAUDREAULT André, JOST François, Le

récit cinématographique, Paris, Nathan, 1990). 14  Si rimanda agli schemi presenti in Appendice 1.

interpretazione che lo può portare a voler spiegare tutto. Con uno strumento come DCP, secondo quella che è stata la nostra esperienza, si è sentita proprio una sorta di “vertigine da definizione” provocata dalle griglie di analisi offerte dal supporto e dalla strutturazione rigida che ne caratterizza la concezione; ci sembra insomma che la ricchezza definitoria (che è poi uno dei maggiori meriti del software) possa sulle prime confondere l’analista offrendogli un’ampia gamma di chiavi di lettura che però al contempo rischiano di bloccarne la libertà interpretativa, la facoltà di uscire dal sentiero battuto per rincorrere ipotesi, e quindi griglie e strutture alternative. Questo limite probabilmente è riscontrabile soprattutto se ci si addentra in analisi particolarmente complesse, come quelle sulla temporalità e la narrazione, e se si vogliono analizzare film che scardinano continuamente le definizioni dei teorici e i cui codici e sottocodici sono quindi quasi sempre delle “eccezioni” rispetto alla pur ampia casistica di stili descritti dal quadro teorico di DCP. Se infatti il software prevede moltissimi parametri di analisi (dai più semplici ai più complessi), si ha però l’impressione di perdersi nella verbosità dei suoi schemi, di non riuscire ad afferrare l’insieme dell’analisi,15 di annotare continuamente andando a comporre righe su righe senza che si possa

visualizzare mai (almeno fino alla fine, cioè fino a che non si sono completate le colonne e si proceda all’aggregazione delle righe e all’esportazione) il risultato delle proprie annotazioni. Quello che si sta cercando di dire, in particolare rispetto a un software come DCP e in generale rispetto alla pratica analitica condotta al computer, è che l’utilizzo di questi strumenti mobilita riflessioni nuove e più complesse, problematizza cioè ulteriormente il quadro teorico (da una apparente confusione iniziale a una precisazione delle domande da porre al film e alla macchina) e al contempo può aiutare a risolvere la pratica (nel migliore dei casi).

Nella pratica con DCP si è dunque deciso di seguire il percorso metodologico indicato dal software stesso e cioè cominciare con la segmentazione e poi addentrarsi nelle colonne specifiche                                                                                                                

15   Si pensi alla colonna dei “Personaggi in scena” che anziché “mostrare” la presenza/assenza di un dato

personaggio riporta una quantità di IN e OUT riferita ad ogni entrata e uscita di ogni personaggio.In Lignes

de temps e Advene si avrebbe invece un mattoncino ad indicare la presenza di un dato personaggio e tramite

la verticalizzazione dei dati si potrebbe osservare quando due o più personaggi sono presenti in scena contemporaneamente. Un altro esempio che possiamo fare riguarda lo studio della presenza di Alice in Toto

le héros (film che analizzeremo dopo), una presenza articolata che occupa la diegesi in modi diversi.DCP prevede che si possa definire la “tipologia del materiale”, quindi nella colonna specifica potremmo indicare che al tal punto del film c’è del “repertorio amatoriale” e poi descriverlo nelle note di regia (i personaggi in scena guardano dei filmini di famiglia in cui è presente Alice). Questo però non è sufficiente a rendere in modo chiaro che Alice è presente anche quando è assente… Con un software come Advene ci si può “liberare” dalle griglie prestabilite e immaginare soluzioni più semplici e intuitive (la colonna della “tipologia del materiale” ci dice solo la tipologia del materiale): la presenza di Alice si manifesta continuamente nel film attraverso “tracce” più o meno dirette (film e foto sono tracce dirette, ma il nome, il vestito, la rosa,ecc…sono tracce indirette che la evocano). Si potrebbe quindi nominare un Annotation type “Presenza Alice” e all’interno mostrare delle annotazioni che indicano al contempo la sua presenza (il mattoncino) e la tipologia della sua presenza (un’iscrizione come “vestito”, “nome”, “rosa”, “film amatoriale” all’interno del mattoncino), oppure utilizzare delle relazioni, che vedremo meglio nel quinto capitolo.

per la nostra pertinenza di studio (tempo e narrazione). Come abbiamo visto, DCP si basa sulla divisione in inquadrature sulla cui classificazione misura e registra tutte le altre informazioni, motivo per cui non ci si può sottrarre da questa operazione fondamentale; in effetti, come osservano Jacques Aumont e Michel Marie in L’analyse des films, non è detto che le unità pertinenti di un film coincidano con la divisione in inquadrature e la scelta dell’inquadratura come unità di base non fa altro che perpetuareil primato dell’immagine sugli aspetti sonori del film (per non parlare del fatto che molti film sono costruiti proprio sulla colonna sonora e che talvolta vi sono dei casi-limite in cui non è possibile neanche distinguere alcune inquadrature).16 Inoltre, anche la definizione di inquadratura non è unanimemente condivisa: al di là dei tagli che rappresentano dei marcatori netti e oggettivi, si può per esempio considerare inquadratura un’unità più astratta e non direttamente manifesta;17 ad ogni modo dopo la divisione manuale delle inquadrature, si è proceduto all’analisi dei piani di Toto le héros e si è riscontrata la necessità di integrare la colonna “Piani/Immagini” presente in DCP con voci come “piano americano”, “piano ravvicinato”, “totale” e “semitotale” che non erano presenti per default.18 Anche la definizione dei piani (DCP offre un ampio ventaglio di

possibilità) non è sempre facilmente deducibile (in Toto vi sono molte inquadrature che presentano degli impallamenti che in qualche modo avremmo dovuto segnalare da qualche parte, magari non nella descrizione dei piani ma nelle note di regia) e ci è sembrato un buon metodo quello di utilizzare un certo numero di definizioni che potessero render conto delle specifiche dell’intero film, in modo da poter confrontare i piani su un terreno comune e coerente. A questo proposito, si è ritenuto necessario definire sul nostro quaderno una serie di “linee guida” che permettessero di attenersi scrupolosamente alle definizioni per poterle ritrovare in casi di ambiguità e indecisione.19                                                                                                                

16  AUMONT Jacques, MARIE Michel, L’analyse des films, Paris, Nathan, 1988, p.40.

17  Si pensi a un film come Arca russa di Alksandr Sokurov realizzato interamente con un piano sequenza

(con alcuni accorgimenti tecnici) in cui l’unica inquadratura (che costituisce l’intero film) contiene al suo interno tantissime “variazioni”.

18  Ricordiamo che a causa dei problemi strutturali del DCP, quando si integrano alcune voci e/o colonne nel

software, queste integrazioni sono visualizzabili unicamente sulla propria postazione e per poterle visualizzare anche altrove è necessario creare un apposito file. Per la lista delle voci contenute nella colonna “Piani/Immagini” si rimanda alle griglie presenti nel terzo capitolo.

19  Sulle definizioni si sono dovute seguire le indicazioni di Lorenzo Cuccu che ha costruito il piano teorico

del DCP; occorre sottolineare come il progetto del Digital Cinema Project si sia bloccato a uno stadio in cui il manuale d’uso non era ancora terminato, le principali funzionalità non erano ancora attivate e non era stato fatto un testsu un intero film ma solo su alcune sequenze. Abbiamo quindi dovuto man mano integrare la poca documentazione che esisteva e realizzare noi per primi un test sullo strumento per capire realmente che uso se ne potesse fare e quali implementazioni sarebbero state necessarie. Durante la nostra pratica, ci è venuto in mente che sarebbe stato auspicabile fornire insieme al software delle “Linee guida” esplicative dei parametri inseriti, perché se è vero che gli ideatori di DCP hanno selezionato una serie di griglie di analisi basate su studi universalmente riconosciuti, è anche vero che spesso gli studiosi interpretano a loro modo le categorie stabilite, le ridefiniscono, le affinano, le integrano, ecc… quindi potrebbe essere utile non soltanto che le linee guida fossero integrate all’interno del software (per spiegare i parametri inseriti a quali definizioni fanno capo e come sono stati intesi) ma anche che il singolo utente potesse integrarle, definirle,

Successivamente alla divisione in inquadrature e alla descrizione dei piani, occorre stabilire le altre unità della segmentazione, operazione interpretativa piuttosto complessa che ci ha obbligato a lasciare da parte il software per un po’ per elaborare alcuni schemi a mano. La segmentazione delle unità di contenuto, operazione tradizionale di scomposizione in porzioni di diversa ampiezza, passa attraverso l’individuazione delle due linee sintagmatiche compresenti in ogni racconto (teorizzate dai formalisti Scklovskij e Tomascevskij): la fabula che «funge da controfigura neutra ingegnosamente impegnata a rilevare, a contrasto, i procedimenti di composizione messi in atto dagli scrittori»20 e l’intreccio, ossia «la distribuzione in costruzione estetica degli avvenimenti nell’opera».21 Segmentando il testo in unità di contenuto si ottiene l’intreccio; da queste unità, osservando quali sono “sfasate” logicamente o temporalmente, si procede alla messa in ordine per consecuzione naturale per ottenere la fabula. La fabula rappresenta di solito una parafrasi riassuntiva del testo privo delle caratteristiche di “sfasatura” che lo caratterizzano nella sua unitarietà discorsiva; è importante che l’analista trasformi l’intreccio in fabula perché è soltanto riportando il testo a un ordine naturale imposto artificialmente che è possibile osservare i procedimenti usati dallo scrittore/regista, e cioè studiare la messa in forma del materiale narrativo. Come sottolinea Segre, la fabula è dunque uno strumento di misura, un termine di riferimento, un’elaborazione teorica che serve per descrivere comparativamente l’intreccio22 e la segmentazione può avere due obiettivi: da una parte l’organizzazione dei contenuti in sequenze che possono essere riordinate per ottenere la fabula (segmentazione lineare), dall’altra una segmentazione per classi linguistico-funzionali.23 Nel caso di testi che presentino numerose sfasature, la segmentazione lineare risulta impossibile poiché non riesce a tener conto della comprensibilità del testo e contemporaneamente dei suoi rinvii temporali:24 non si può infatti considerare soltanto l’aspetto

                                                                                                               

specificarle, spiegarle e in quel modo renderle visibili anche ad altri utenti (poiché gli appunti sul proprio quaderno restano in forma privata). Queste linee guida funzionerebbero altresì come promemoria da utilizzare ogni volta che si vuole procedere all’analisi di un film anche per vedere come cambiano alcune definizioni/categorie da un film all’altro e cioè come l’analista le adatta di volta in volta al caso di studio preso in esame.

20  SEGRE Cesare, op. cit., p.9.

21  La definizione è di Tomascevskij ed è riportata da SEGRE Cesare, in op. cit., p.8.

22   Ma Segre specifica che la fabula è anche un momento imprescindibile nella comprensione di un testo

narrativo, dal momento che il lettore ha bisogno continuamente di riordinare il racconto in una fabula comprensibile e ordinata (cfr. SEGRE Cesare, op. cit., p.21).

23  Op. cit., p.24.

24   Segre probabilmente pensa alle schematizzazioni che Genette realizza per analizzare la Recherche

proustiana quando sostiene che non basta mettere tra parentesi i segmenti di rinvio per riordinare la fabula, poiché di solito tali segmenti che scompaginano l’ordine cronologico presentano anche modi di esposizione particolari che farebbero debordare l’analisi oltre la scomposizione dei contenuti (si accederebbe infatti alle questioni del discorso perché si dovrebbe dire che quel dato segmento è un sogno, un flashback, un inserto o altro).

narrativo poiché al lettore viene offerto un “doppio tragitto di significazione”.25 La segmentazione per classi linguistico-funzionali è invece possibile proprio perché si mantiene aderente al discorso rispettandone le articolazioni e come Segre fa notare è attuabile se nell’individuare segmenti compatti si tiene conto sia dei contenuti che dei diversi modi di comunicarli, distinguendo segmenti che hanno funzione narrativa da quelli che hanno funzione descrittiva o storica, ecc…; si tratta praticamente di una classificazione dei tipi di segmenti presenti nel testo che mette in evidenza non soltanto le rotture temporali ma anche i giochi di prospettiva tra narratore, personaggio e lettore/spettatore.26 Ma la segmentazione può anche ricollegare i segmenti su piani ideali mantenendone la posizione nel testo, mettendo ad esempio in rilievo legami tematici, motivazionali, ecc., un’operazione funzionale anche all’analisi della recursività di temi, parole, contenuti ed effetti espressivi.27

Questa disamina ci è servita per introdurre la complessa questione della segmentazionedi un testo, operazione sempre soggettiva che necessita di una propria coerenza; per procedere alla segmentazione del film siamo partiti dalle unità di dimensioni maggiori, le Grandi Unità Narrative, nodo cruciale nell’interpretazione dell’intero film che ci ha obbligato a fermarci per poter postulare un’ipotesi sulla quale costruire il resto dell’analisi. Dal momento che, come abbiamo visto, un software come DCP tollera male gli errori (non permette ad esempio di tornare sui propri passi), abbiamo dovuto procedere alla segmentazione manuale tramite una serie di schematizzazioni grafiche sulla divisione in sequenze in modo da far derivare da questa suddivisione una possibile interpretazione delle grandi unità narrative.28 Poi, una volta scelto il criterio e il percorso da seguire, avremmo potuto riportare la segmentazione delle sequenze e delle grandi unità all’interno del software.29

                                                                                                               

25  Op. cit., p.25. 26  Op. cit., p.26.  

27  Si parla di “recursività denotativa” quando individua i ricorsi contenutistici, mentre si parla di “recursività

connotativa” quando si individuano i ricorsi stilistici (cfr. SEGRE Cesare, op. cit., pp.30-31).

28   Proprio a causa delle difficoltà incontrate nell’individuare le Grandi Unità Narrative, abbiamo dovuto

procedere individuando per prima cosa le sequenze.  

29  Studiando le sequenze abbiamo potuto approfondire la conoscenza del film e notare che molte di queste

erano “evocazioni a letto” di Thomas bambino e Thomas anziano, un aspetto che avvicinava il film alla

Recherche proustiana e che ci faceva intravvedere la necessità di far emergere questo possibile percorso di

lettura da qualche piano di osservazione. Questa riflessione ha suscitato anche altre riflessioni di ordine più generale, e cioè: cosa e quanto si deve spiegare con l’utilizzo di schemi e categorie di analisi, e cosa e quanto invece deve rimanere soltanto appannaggio dell’argomentazione critica? In questo caso ci è sembrato infine che la caratteristica “rievocazione proustiana” potesse essere un argomento da trattare nel discorso analitico generale e non da prendere in considerazione quale categoria analitica a sé stante. Ma è indubbio che utilizzando software molto più evoluti come Advene, si potrebbe tranquillamente battezzare un’annotazione del tipo “rievocazione a letto” la cui visualizzazione (i mattoncini che ne indicano la presenza lungo la timeline) ci direbbe già molto del perché è stata scelta e cosa può significare, liberando (per certi versi) l’analisi sul software dalla necessità di corredarla di ulteriori precisazioni scritte.

Nel procedere alla segmentazione delle sequenze in un film “disordinato” come Toto le

héros, è necessario innanzitutto individuare i segmenti che ne compongono il racconto (l’intreccio)

e poi provare a metterli in ordine cronologico; pur trattandosi di un’operazione molto complessa e, per dirla con Segre, impossibile, si tratta di una fase assolutamente necessaria, anche semplicemente per rendersi conto della sua impossibilità e trovare altre schematizzazioni che possano raffigurare la complessità della struttura rendendola al contempo “maneggevole”. Nel caso in questione le difficoltà riguardavano tre aspetti principali: la necessità di analizzarlo integralmente (che richiede molto tempo e molte schematizzazioni lunghe e articolate), la trasgressione che inevitabilmente lo scritto compie sul filmico30 e l’articolazione dei livelli narrativi attraverso le diverse materie dell’espressione filmica. Si nota subito che il film è strutturato in due blocchi molto diversi tra loro ma che in qualche modo rimandano l’uno all’altro: un primo blocco — l’incipit — rapido, sintetico e molto disordinato — e un secondo blocco (situato dopo il titolo del film) ampio e più ordinato. Questa suddivisione ci ha permesso di individuare due blocchi di dimensioni diverse per portare avanti il processo di interpretazione che si lega inestricabilmente con la segmentazione. Una volta individuati i segmenti nel loro ordine all’interno del racconto e nel loro ordine cronologico,31 è possibile analizzare anche i cosiddetti fenomeni di recursività attraverso la categoria genettiana della frequenza (quali sequenze sono ripetute e quante volte sono ripetute), la presenza di ellissi (quali parti del racconto vengono omesse e perché) e il livello di frammentazione (il numero di inquadrature, sottosequenze, sequenze e grandi unità; il numero di sottounità presenti in ogni unità; le ampiezze temporali di ogni unità e dei raccordi che le legano; la portata e l’ampiezza delle analessi e delle prolessi).32 Al termine di queste riflessioni si è quindi stesa una lista dei parametri di analisi che ci interessava prendere in considerazione per lo studio dell’enunciazione in Toto le

héros:

- Divisione in inquadrature, sottosequenze, sequenze, macrosequenze e grandi unità narrative

- Scala dei piani e dei campi (in particolare la presenza di dettagli e primi piani) - Personaggi in scena

- Lista dei luoghi                                                                                                                

30  Come dice Vanoye, l’immagine mostra molte cose mentre la parola seleziona (cfr. VANOYE Francis, op. cit., p.71).

31  Entreremo nel dettaglio delle schematizzazioni e dell’analisi del film successivamente, sempre all’interno

di questo capitolo.    

32  Non abbiamo analizzato il livello di frammentazione così nel dettaglio dal momento che alla fine abbiamo

proceduto all’analisi manuale del film e ci sono bastate alcune schematizzazioni. Torneremo su questi punti nel successivo capitolo per l’applicazione dell’analisi digitale a un secondo campione filmico.

- Voci narranti

- Tipologia del narratore (attendibile/non attendibile/onnisciente/reticente) - Tempi verbali (indici del mondo narrato e indici del mondo commentato) - Tempo della Storia (ordine cronologico)

- Tempo del Racconto (anacronie, anisocronie, anticipazioni, velocità narrativa; in particolare la categoria della frequenza: inquadrature e sequenze che tornano identiche)

- Tipo di narrazione (rapporto tra narratore ed eventi narrati)

- Livelli temporali e, se possibile, individuazione del presente di narrazione - Tipologia del materiale

- Livelli di racconto (racconto primario, favola, film nel film…) - Livelli di realtà visiva e sonora

- Presenza di una costellazione semantica legata al tempo

- Presenza di una costellazione semantica legata al racconto e alla narrazione - Presenza di una costellazione semantica legata alla nascita e alla morte - Rievocazioni “a letto”

- Punto di vista (forme di sguardo e polarizzazione)

- Analisi del sonoro (tipologia e presenza di raccordi sonori stratificati) - Analisi della musica

- Movimenti mdp (in particolare gli zoom in avanti e indietro) - Angolazioni particolari di mdp

- Richiami interni (nomi, oggetti, frasi, situazioni, azioni che ritornano insistentemente, a volte identiche e a volte con variazioni)33