• Non ci sono risultati.

Sulla base di quanto precede è evidente che il judicial dialogue tra le due supreme Corti europee abbia causato, nel corso degli anni, non soltanto numerosi momenti d

reciproco arricchimento, specie per quanto concerne la tutela dei diritti fondamentali, ma

anche dei veri e propri casi di “conflitto” o, come sarebbe più corretto definirli, di

“divergenze” giurisprudenziali, alcune delle quali, come si vedrà, tuttora in corso

215

;

214

Così U.VILLANI, I diritti fondamentali, cit., p. 102.

215

Sulle ipotesi di contrasto tra le due supreme Corti europee cfr., in dottrina, U. VILLANI, I diritti

fondamentali, cit., in part. p. 96 ss. Cfr., inoltre, L. SCHEECK, Le dialogue des droits fondamentaux en

Europe, federateur de loyautes, dissolvant de resistances?, in E.BRIBOSIA,L.SCHEECK,A.U. DE TORRES

(sous la direction de), L’Europe des cours, loyautés et résistances, Bruylant, Bruxelles, 2011, pp. 19-64; O. DE SCHUTTER, L’influence de la Cour européenne des droits de l’homme sur la Cour de justice des

Communautés européennes, CRIDHO Working Paper, 2005/07, consultabile al seguente indirizzo Internet:

http://cridho.uclouvain.be/documents/Working.Papers/CRIDHO.WP.2005.07.pdf; P. DRZEMCZEWSKI, The

Council of Europe’s Position with respect to the EU Charter of Fundamental Rights, in Human Rights Law Journal, 2001, n. 1-4, pp. 14-31, in part. p. 28 ss.; C.TURNER, Human Rights Protection in the European

Community: Resolving Conflict and Overlap Between the European Court of Justice and the European Court of Human Rights, in European Public Law, 1999, n. 3, pp. 453-470, in part. p. 461 ss. V., altresì. R.LAWSON,

Confusion and Conflict?, cit. Tra i casi di contrasto tra le due Corti europee l’A. riporta anche

l’interpretazione dell’art. 7 della CEDU: «It was argued, (…), that the ECJ misinterpreted Article 7 ECHR in the case of several Spanish fishermen. The House of Lords Select Committee on the European Communities, an unimpeachable authority in this respect considered that the ECJ’s ruling in Musique Diffusion Frangaise was ‘inconsistent with the jurisprudence of the European Commission and Court of Human Rights’ in so far as it held that the EC Commission is not subject to Article 6 ECHR when acting in the field of competition law». Evidenzia i differenti approcci esistenti tra le due Corti in relazione al trattamento di cittadini di Stati terzi in Europa, S.MORANO-FOADI,S.ANDREADAKIS, The Convergence of the European Legal System in the

Treatment of Third Country Nationals in Europe, cit. In altre occasioni, la divergenza tra le due Corti è

95

aspetto, quest’ultimo, da non sottovalutare, considerato che manca, allo stato, un

meccanismo procedurale idoneo a superare un eventuale conflitto tra le due Corti.

bilanciamento tra esigenze di pubblica sicurezza e diritti processuali dell’individuo: convergenze e divergenze fra Lussemburgo e Strasburgo, in Diritti umani e diritto internazionale, 2013, vol. 7, n. 3, pp.

813-819: l’A. parte dall’analisi della sentenza della Corte di giustizia (G.S.) del 4 giugno 2013, causa C- 300/11, ZZ, per affrontare l’argomento dei limiti alla pubblicità di prove ed atti processuali e del bilanciamento con le esigenze di pubblica sicurezza dello Stato membro. Egli afferma (pp. 818-819): «Entrambe le Corti, da un lato, concludono che l’autorità giudiziaria interpellata deve assicurare che la sostanza della motivazione sia rivelata all’interessato in una maniera che tenga debito conto delle esigenze di sicurezza. Dall’altro lato, tuttavia, la Corte di giustizia, a differenza di quella di Strasburgo, adotta un approccio di maggior rigore per quanto concerne gli elementi di prova (…). Mentre infatti la comunicazione di una motivazione o delle sue parti principali non ha in linea generale ripercussioni immediate e dirette sulla sicurezza collettiva, l’indicazione degli elementi di prova, anche in via sintetica, può causare grave nocumento alle indagini svolte o pregiudicarne l’ulteriore sviluppo, ad esempio suggerendo ai sospetti terroristi possibili contromisure a determinati metodi di indagine o ponendo in pericolo l’integrità fisica di eventuali informatori e testimoni. La Corte di giustizia, in conclusione, nell’ottica di un’interpretazione autonoma del disposto della Carta dei diritti fondamentali, giunge ad un approdo diverso rispetto alla Corte dei diritti umani. Se infatti l’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE impone certamente al giudice nazionale di assicurare che la sostanza della motivazione sia comunicata al ricorrente, lo stesso non vale per il velo di segretezza sugli elementi di prova raccolti, ove esso celi quanto strettamente necessario a proteggere la sicurezza pubblica. Anzi – puntualizza la Corte – l’autorità giurisdizionale interna deve curare che la motivazione della decisione sia divulgata in misura e maniera tale da non pregiudicare la segretezza degli elementi di prova o le loro potenzialità probatorie». Sui contrasti tra Corti in relazione al diritto di una persona al rispetto del proprio nome cfr., in dottrina, J.R.WETZEL,Improving Fundamental Rights Protection in the European Union, cit. L’A. richiama la sentenza Christos Konstantinidis c. Stadt Altensteig, Standesamt e Landratsamt Calw, Ordnungsamt, causa C-168/91, del 30 marzo 1993, in Raccolta, 1993, p. I-1191,

ECLI:EU:C:1993:115, concernente il diritto del ricorrente, cittadino ellenico, di modificare il proprio nome erroneamente trascritto nel registro matrimoniale: nel registro matrimoniale il suo nome veniva registrato con la grafia «Christos Konstadinidis». Egli richiedeva all’ufficiale di stato civile la rettifica del proprio cognome da «Konstadinidis» in «Konstandinidis». Ora, nelle conclusioni presentate il 9 dicembre 1992, l’Avvocato Generale F.G. Jacobs, dopo aver precisato, al p.to 35, che la CEDU non contiene alcuna disposizione che affermi espressamente il diritto della persona al nome e all’identità, aveva aggiunto, al punto 41, che non fosse «(…) corretto affermare che il trattamento riservato dalle autorità tedesche al signor Konstantinidis sia necessariamente conforme alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo semplicemente perché tale convenzione non contiene disposizioni che riconoscano espressamente il diritto della persona al nome o che proteggano la sua integrità morale. Ritengo al contrario che dovrebbe essere possibile, mediante un’interpretazione estensiva dell’art. 8 della convenzione, giungere a sostenere che la convenzione protegge indubbiamente il diritto della persona ad opporsi contro ingerenze ingiustificate relative al suo nome». Tuttavia, la Corte di giustizia, nella successiva sentenza, aveva completamente ignorato l’art. 8 della CEDU, «basing its decision on the potential economic impact on Mr. Konstantinidis» (CosìJ.R.WETZEL,Improving Fundamental Rights Protection in the European Union, cit., p. 2844). Al contario, la Corte europea aveva

esteso la protezione offerta dall’art. 8 della CEDU anche agli individui che avessero cambiato il loro diritto al nome: «In several cases raised by transsexuals wishing to change their names to reflect their new sexual identities, the Strasbourg Court recognized that states may violate Article 8 when they deny a person the right to change her name provided that such a denial brings significant inconvenience to the individual» (Ibidem). L’A. richiama, al riguardo, i casi Rees c. the United Kingdom, ric. n. 9532/81, del 17 ottobre 1986 e B. c.

France, ric. n. 13343/87, del 25 marzo 1992. Secondo l’A., «Although all of these cases came prior to the

judgment in Konstantinidis, the ECJ failed to consider the cases in its deliberations» (p. 2845). Lo stesso caso è richiamato anche da R.LAWSON, Confusion and Conflict?, cit., p. 247. Per un tema più specifico, quale il diritto di voto, v. M. STARITA, Il ‘diritto di voto’ secondo la Corte comunitaria e secondo la Corte europea

96

Nei successivi paragrafi si darà conto di alcuni casi emblematici di contrasti tra le