• Non ci sono risultati.

4. SPERIMENTAZIONE DEL CALCOLO DEGLI INDICATORI AGGREGATI A

4.4 ANALISI DI ROBUSTEZZA F

4.4.4 PRESENTAZIONE DEI RISULTATI

I risultati ottenuti con l’analisi di robustezza sono presentati in una tabella (tabella 45) in cui si legge la percentuale delle volte, sul totale delle classifiche elaborate, in cui una regione si colloca in una determinata posizione. Per migliorare la visualizzazione abbiamo rappresentato tale percentuale con tanti puntini quanti sono i punti percentuali ottenuti e le regioni sono state ordinate secondo la moda. I risultati ottenuti dalle varie regioni sono così visualizzati mettendone in risalto la variabilità e lo scostamento dei valori più frequenti da quello medio.

116

Le regioni con distribuzioni maggiormente concentrate sono quelle che generalmente si trovano agli estremi delle classifiche: il Trentino Alto Adige che si trova il 72% delle volte in prima posizione e Puglia, Sicilia e Sardegna che occupano spesso le ultime tre posizioni. In maniera inversa, le regioni che hanno posizioni intermedie occupano posizioni in classifica molto più disperse, presentando spesso dei massimi relativi della distribuzione separati tra loro. E’ il caso del Veneto (14% delle volte settimo e 16% tredicesimo), del Friuli Venezia Giulia (14% delle volte undicesimo e 11% quattordicesimo), dell’Umbria (18% delle volte ottavo e 19% dodicesimo) e del Lazio (15% delle volte quinto e 14% decimo).

117 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 Trentino - Alto Adige .. ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... .... ... ... ... .... ... Lombardia .... ... ... ... ... ... ... .... ... ... ... ... .... ... ... ... .... . ... ... . ... ... ... . . . Valle D'Aosta .... .... ... ... ... .. ...... . ... ... ... .... ......... .. ... ... ... . . ... ... .... Piemonte .... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... .... ...... ... ... ... .... .... ... .... ... .... . Lazio ... . ... ... .. ......... .... .. ...... .... ... . ............ ... ... ... ... .. ... ... Marche ... .. ... ... ... ... ... . ... ... ... ... ... . ...... .... ...... ... ... .. ... .. ... ... Toscana ... .... .... ... ... ... .. ...... ... .. ......... .... ...... ... ... .. ... .. ... .. ... Emilia - Romagna .... .. ... .. ...... .... ... ... .. ... .... ... .... ...... ... .. ... ... .... . ... ... .... Abruzzo ... .. ... .. ... ... ... .... ... . ...... ... ............ . . ...... ...... . ... . . Friuli - Venezia Giulia . ... . ... . .... . ... ... ... .... ...... ... ... ... ... . ...... ... .. ... ... ... ... ... ... Umbria ... . ... ......... ... ... ......... ... . ....... ......... .. ...... . ... ... . ... Liguria ... . .... ... ... .... ... .... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... . ... ... ... .... .... Veneto ... . . .... .... ...... ... ... .... .. ... ... ... ... . ......... .. ... ... ... ... ... Basilicata ... ... ... . .... ... .. ...... .... ... .... ... ... .... ... . . ...... ......... .. ... ... Calabria ... .... ... ... ... ... . . ... .... ............ ... . ...... . ......... .... ... ... ... Campania .... .... ... .. ...... ... . . ... . ... ... ... .... ....... ......... .... ...... . ... Molise . ... . ... . .. ... .... ... .... ... ... ... . ... ... ... .. ... ... ... ... . ...... . ... Sicilia ... . .... .... .. ... . ... ... ... ... ... . ... ... ... ... ... ... . ... ... ... ... ... Puglia ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... .... ... ... ... ... Sardegna ... .... ... ... . ...... .... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ... ...

Tabella 45 Distribuzione percentuale delle posizioni ottenute dalle regioni

Il modo più diffuso in cui sono presentati i risultati riguardanti l’analisi di robustezza è tramite un grafico in cui per ogni regione il posizionamento ottenuto nell’indice aggregato costruito, nel nostro caso l’I.S.R., è posto all’interno di un

118

intervallo di confidenza costituito dal migliore e dal peggior risultato ottenuto utilizzando tutti i metodi alternativi e confrontato con la mediana della distribuzione delle classificazioni (Nardo, Saisana, Saltelli, Tarantola, 2005). In questo modo si può osservare come l’incertezza dovuta alla selezione della modalità di costruzione dell’indice possa far variare il risultato finale.

Questo tipo di rappresentazione è stato utilizzato nella Figura 3, dove le regioni sono ordinate secondo il valore dell’I.S.R., dal Trentino Alto Adige che è in prima posizione alla Sardegna che si trova in ventesima. Il grafico mette in risalto come la parte di incertezza che abbiamo analizzato comporti una variabilità dei risultati molto forte. Infatti, pur prendendo in considerazione solo tre fasi della costruzione dell’indice (normalizzazione, assegnazione dei pesi ed aggregazione), la maggior parte delle regioni la distribuzione dei posizionamenti ottenuti varia moltissimo. Infatti, solo il Trentino Alto Adige ottiene risultati che lo collocano in tre posizioni di classifica, mentre per tutte le altre regioni il ranking varia da un minimo di 9 ad un massimo di 19 posizioni.

Come si può osservare confrontando le figura 3 e la 4, dove sono riportati gli intervalli all’interno dei quali si distribuiscono i posizionamenti con e senza lo SBOD, la causa principale di questo fatto è che l’utilizzo di questo sistema di pesi. Esso permette alle regioni di aumentare la loro performance quando è utilizzato il set di pesi costruito ad hoc per loro, mentre nel caso in cui si utilizzi un set di pesi che massimizza le prestazioni di una regione con caratteristiche molto diverse, la sua posizione sarà molto bassa. Escludendo gli indici che sono calcolati utilizzandolo, si osserva che la dispersione dei risultati si riduce sensibilmente. Ad esempio, con la normalizzazione “Distanza dal migliore e dal peggiore” e utilizzando la media aritmetica per aggregare, la regione Emilia Romagna che raggiunge il primo posto con il sistema di pesi costruito analizzando le proprie perfomance mentre si trova in diciassettesima posizione utilizzando quello costruito per la regione Calabria. Di contro la Calabria modifica il proprio posizionamento dal quarto posto (con il proprio set di pesi SBOD) al ventesimo (utilizzando quello lombardo). Non considerando i sistemi di pesi SBOD, la variabilità dell’Emilia-Romagna si riduca a quattro posizioni (dalla ottava alla undicesima) e lo stesso fa quella della Calabria (dal quattordicesimo al diciassettesimo).

Anche la tabella 45 ci permette di osservare come alcune regioni abbiano dei posizionamenti estremi lontani dai valori medi dovuti al suo utilizzo in combinazione

119

con le normalizzazioni Deviazione standard dalla media, Distanza dal migliore e dal peggiore e Punti in classifica. E’ il caso delle regioni Liguria, Emilia Romagna, Umbria, Marche, Molise, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna.

120 Figura 3 Risultati dell'analisi di robustezza. Le regioni sono ordinate secondo l’I.S.R.

Figura 4 Risultati dell'analisi di robustezza escludendo i risultati ottenuti utilizzando il SBOD. Le regioni sono ordinate secondo l'I.S.R.

121

Nella tabella 46 sono presentate la media, la moda, la mediana e la deviazione standard della distribuzione, oltre al posizionamento ottenuto utilizzando il metodo I.S.R. Anche dall’analisi della deviazione standard si comprende come ci sia molta variabilità nella distribuzione dei posizionamenti delle regioni.

Distribuzione

percentuale Media Moda Mediana I.S.R. Deviazione standard

Piemonte 6 4 4 4 3,7

Valle D'Aosta 6 2 4 3 3,9

Lombardia 5 2 3 2 4,2

Trentino - Alto Adige 1 1 1 1 0,7

Veneto 11 13 11 13 4,0

Friuli - Venezia Giulia 12 11 13 14 4,2

Liguria 12 12 12 11 3,2 Emilia - Romagna 9 9 8 9 4,9 Toscana 8 7 7 8 3,1 Umbria 11 12 11 12 2,9 Marche 7 6 6 5 2,2 Lazio 8 5 9 6 3,5 Abruzzo 9 10 10 10 3,7 Molise 15 17 16 17 3,6 Campania 13 16 15 15 4,7 Puglia 18 19 19 19 1,8 Basilicata 9 14 9 7 4,4 Calabria 14 15 16 16 4,5 Sicilia 18 19 19 18 2,4 Sardegna 18 20 19 20 2,0

Tabella 46 Moda, media, mediana e deviazione standard della distribuzione delle posizioni ottenute dalle regioni con indicazione dell’I.S.R.

In conclusione, si può affermare che la variabilità dei risultati ottenuti con gli indicatori aggregati costruiti, non permette di valutare in maniera adeguate se l’I.S.R. descrive in maniera accurata la situazione della sostenibilità nelle regioni italiane. Nonostante ciò si può osservare come le posizioni in classifica che otteniamo con il suo uso non si discostano molto dai valori medi, modali e mediani delle distribuzioni descritte nella tabella 12.

4.5 LA SITUAZIONE DELLA TOSCANA RISPETTO ALLE ALTRE

REGIONI ITALIANE

F

Come detto al termine del precedente paragrafo, non è semplice trarre dall’analisi di robustezza delle informazioni univoche relative alla situazione della

122

sostenibilità nelle regioni italiane a causa della distribuzione dei posizionamenti che risulta essere molto ampia.

Partendo dal livello macroregionale, si può osservare come siano le regioni settentrionali ad ottenere le migliori performance, seguite da quelle centrali ed infine da quelle meridionali. Osservando anche le informazioni presenti nella banca dati degli indicatori di sostenibilità riportata nell’allegato B, si può vedere come le regioni del nord siano caratterizzate da migliori prestazioni nel dominio economico ed in quello sociale, mentre hanno delle lacune in quello ambientale probabilmente dovute alle forti pressioni esercitate sull’ambiente dalle attività produttive e da un più elevato tenore di vita della popolazione. A dimostrazione di questo si può osservare che gli indicatori ambientali in cui essi ottengono le peggiori performance sono le emissioni di gas serra, i consumi idrici e l’utilizzo di fertilizzanti nel settore primario. Non tutte le regioni settentrionali ottengono però buone performance a livello aggregato. Infatti, il Friuli Venezia Giulia, la Liguria e soprattutto il Veneto di solito ottengono posizioni nella seconda metà della classifica dovute a performance limitate anche nel campo economico (Veneto e Friuli Venezia Giulia) o sociale (Liguria) oltre che in quello ambientale. Le problematiche economiche principali di Veneto e Friuli Venezia Giulia sono nel settore dei rifiuti e dei trasporti, dove si verifica un basso tasso di utilizzo dei mezzi pubblici e un numero elevato di decessi causati da incidenti stradali. La Liguria presenta lacune nel campo sociale: c’è un’elevata disuguaglianza nella distribuzione del reddito e, soprattutto, i peggiori tassi di delittuosità e di vecchiaia a livello nazionale.

Le regioni meridionali si comportano in modo opposto rispetto a quelle del Nord. Esse si posizionano generalmente agli ultimi posti delle classifiche di sostenibilità relativa a causa di performance peggiori rispetto alle altre regioni per quanto riguarda economia e, soprattutto, società. Esse presentano gravi problemi principalmente per quanto riguarda la povertà, la disoccupazione, la percentuale di popolazione obesa, il livello d’istruzione e l’accesso agli strumenti informatici. A differenza di quanto uno possa immaginarsi, il loro tasso di delittuosità è generalmente sotto alla media. Va però considerato che esso riflette il numero dei delitti denunciati e non di quelli commessi, per cui la presenza di una situazione di diffusa omertà potrebbe condizionare l’informazione trasmessa dall’indicatore.

I posizionamenti delle regioni centrali nei vari indici aggregati sono quelli distribuiti in maniera più ampia ma generalmente nelle posizioni intermedie. Queste

123

regioni presentano dei valori di passaggio tra le regioni settentrionali e meridionali. Infatti, la situazione delle regioni del centro-nord si avvicina di più a quelle settentrionale, con posizioni di sostenibilità relativa più elevate e prestazioni migliori nei domini economico e sociale, mentre quelle del centro-sud hanno posizioni di sostenibilità relativa peggiori e brillano di più negli aspetti ambientali.

L'andamento Nord-Sud della sostenibilità regionale si può apprezzare meglio osservando la tabella 11 del paragrafo precedente. Le prime regioni sono il Trentino Alto Adige, la Lombardia, la Valle d’Aosta e il Piemonte; vengono poi le regioni centrali (Lazio, Marche, Toscana, Emilia-Romagna, Abruzzo ed Umbria) seguite quelle settentrionali che, come abbiamo visto in precedenza, hanno prestazioni inferiori alle altre (Friuli Venezia Giulia, Liguria e Veneto). Alla fine dell’ordinamento sono presenti le regioni meridionali, partendo dalla Basilicata, i cui posizionamenti sono distribuiti in maniera molto ampia e poco concentrata, ed arrivando alla Sardegna. In posizione intermedia tra queste due regioni troviamo Calabria, Campania, Molise, Sicilia e Puglia.

Concentrando la nostra attenzione sulla Toscana, si può osservare come essa presenti un’elevata variabilità nella distribuzione dei posizionamenti. Infatti, essi variano dal secondo posto (ottenuto due volte utilizzando il sistema di pesi Beneficio del Dubbio semplificato costruito secondo le sue performance) al quattordicesimo (ottenuto quando si utilizzano SBOD di Campania e Puglia che escludono alcuni degli indicatori in cui la Toscana ottiene le migliori prestazioni). La distribuzione non presenta i valori più elevati nelle posizioni che vanno dalla sesta alla nona.

Andando ad analizzare i 27 indicatori che abbiamo utilizzato per costruire gli indici aggregati, vedi paragrafo 4.2, si vede che la Toscana presenta performance migliori nel dominio sociale mentre presenta delle lacune in quello ambientale. Scendendo più nel dettaglio degli indicatori ambientali si può osservare che essa ha valori migliori rispetto alla media delle altre regioni per l’utilizzo di fertilizzanti in agricoltura, la percentuale di aziende agricole biologiche sul totale, il numero di certificazioni ambientali di processo e il numero di giorni di superamento dei limiti di legge per concentrazione di PM10. Relativamente a questo indicatore vale la pena di rilevare che esso, pur essendo sotto alla media, presenta valori che sono molto oltre al limite di 35 giorni previsto dalla normativa vigente23.

124

Le principali criticità ambientali sono le emissioni totali di gas serra, la percentuale di superficie terrestre protetta (anche se va considerato che in Toscana è presente il grande Parco marino dell’Arcipelago Toscano che non rientra in questa statistica), la percentuale di popolazione coperta da sistemi di depurazione completa delle acque reflue e la deforestazione. Per questi due ultimi indicatori la Toscana presenta i valori peggiori a livello nazionale. Nel caso della deforestazione, il dato si può spigare con i molti incendi boschivi che ci sono stati nella regione nel 2005, anno cui fanno riferimento i dati utilizzati (Legambiente, Dipartimento della Protezione Civile, 2007).

Nel dominio economico i punti di forza della regione sono la percentuale di raccolta differenziata e di energia prodotta da fonti rinnovabili24. Migliori rispetto alla media sono anche i valori relativi al P.I.L. pro capite, alla produttività del lavoro e all’intensità energetica del P.I.L. Presentano, invece, valori inferiori a quelli medi gli indicatori relativi ai trasporti, utilizzo di mezzi pubblici e mortalità stradale, e la spesa in ricerca e sviluppo effettuata da aziende pubbliche e private. Il valore peggiore in questo dominio è quello della produzione di rifiuti urbani e speciali pro-capite in cui la regione si colloca in quart’ultima posizione.

In ambito sociale la regione si colloca spesso sopra la media, tranne che per l’indice di vecchiaia e per quello di delittuosità. E’ particolarmente virtuosa nel tasso d’istruzione, nel grado di accesso agli strumenti informatici e nel tasso di disuguaglianza nella distribuzione del reddito, che presenta i valori più bassi a livello nazionale.

In conclusione possiamo affermare che la Toscana presenta valori di sostenibilità intermedi e che variano molto in funzione della modalità di costruzione degli indici aggregati.

24 Questo è dovuto principalmente alla presenza di diverse centrali geotermiche sul territorio

125

CONCLUSIONI

FST

La tesi ha cercato di fornire un’ampia panoramica sui tentativi svolti a livello internazionale ed italiano per misurare e descrivere la sostenibilità. In primo luogo, nel capitolo I, abbiamo dovuto ricostruire il percorso che ha condotto alla nozione di sostenibilità. Nel capitolo II abbiamo passato in rassegna prima le banche dati costruite dalle principali istituzioni internazionali e nazionali poi gli indicatori compositi più noti in letteratura. Per ciascun insieme di indicatori e ciascun indice aggregato abbiamo costruito una tabella che ci ha permesso di riassumerne le caratteristiche principali e di sottolinearne punti di forza e di debolezza.

Ciò ha consentito di evidenziare come, nella pratica, si impieghino sia indicatori aggregati che sintetizzano la sostenibilità in un unico valore sia insiemi di indicatori che forniscono informazioni dettagliate su vari aspetti della sostenibilità. Gli indicatori compositi (indici) hanno sia aspetti positivi che negativi. Essi sintetizzano aspetti complessi o multi-dimensionali permettendo di confrontare la performance dei vari paesi e/o i loro progressi nel corso del tempo; riducendo la dimensione di un insieme di indicatori, gli indici offrono un quadro di più facile lettura. Sono perciò utili per supportare le scelte politiche e attirare l’interesse dei cittadini promuovendone la responsabilità. Al tempo stesso possono inviare messaggi fuorvianti o far trarre conclusioni semplicistiche, soprattutto se sono mal costruiti o se interpretati al di fuori del loro dominio di applicazione. Inoltre si prestano ad uso strumentale se le varie fasi di costruzione non sono trasparenti e non sono basate su solidi principi statistici o concettuali. Data la loro natura, possono mascherare gravi lacune in alcune aspetti del fenomeno, aumentando le difficoltà a individuare le giuste azioni correttive.

Come evidenziato nella letteratura esaminata nel capitolo III, per costruire un indicatore composito che riduca al minimo gli inconvenienti dovuti alla sua natura, è necessario seguire dei passaggi tra loro connessi. Per ogni passaggio devono essere compiute delle scelte riguardo alle procedure matematico-statistiche più adatte. La loro selezione deve essere compiuta in base agli obiettivi prefissati al momento dell’inizio dell’analisi, al tipo e alla qualità dei dati disponibili e alle scelte metodologiche effettuate nei passaggi precedenti. Per ogni passaggio, ognuno dei metodi descritti presenta punti di forza e di debolezza da tenere in considerazione per effettuare le scelte più appropriate; inoltre, non esistendo una procedura universalmente accettata per ottenere un indice, diventa cruciale adottare degli schemi di costruzione sistematici

126

e trasparenti, in modo da ridurre il più possibile il problema della soggettività delle scelte. A questo proposito l’analisi della robustezza fornisce un buon metodo per testare la validità e la qualità del risultati mediante il confronto tra indici ottenuti con metodi differenti. Lo studio condotto sulle possibilità di utilizzo degli indici e sui vantaggi e limiti che li caratterizzano ha confermato le buone potenzialità degli indicatori aggregati come strumenti di monitoraggio e comunicazione, ma anche i limiti detti sopra.

Per dare concretezza a quanto appreso a livello teorico abbiamo provato, nel capitolo IV, a mettere in pratica questi passaggi in modo da acquisire consapevolezza delle problematiche relative alla costruzione degli indicatori aggregati avendo come ambito territoriale di riferimento le regioni italiane.

I passaggi su cui ci siamo maggiormente soffermati sono la selezione degli indicatori, la loro normalizzazione, l’assegnazione dei pesi, l’aggregazione e, soprattutto, l’analisi di robustezza. Abbiamo utilizzato quest’ultima per effettuare una valutazione della sostenibilità regionale costruendo molteplici indicatori aggregati e valutando i differenti posizionamenti delle regioni dovuti alle diverse scelte compiute al momento della costruzione degli indici.

Per selezionare gli indicatori il principale problema che abbiamo dovuto affrontare è stata la scarsità di dati relativi alla dimensione regionale, soprattutto nell’ambito economico e ambientale. Indicatori come l’inflazione o la qualità dei corpi idrici infatti mancano di valutazioni organiche e affidabili a livello regionale.

Per quanto riguarda le tre fasi successive (normalizzazione, assegnazione dei pesi e aggregazione) abbiamo cercato di combinare molti metodi matematico-statistici in modo da ottenere diversi indicatori aggregati. Questo ci ha fatto apprezzare come le scelte relative alle metodologie da utilizzare siano collegate tra loro e con il tipo di dati. Ad esempio le normalizzazioni Distanza dalla media e Distanza dal leader non si sono potute utilizzare con l’indicatore Deforestazione poiché quest’ultimo presenta valori discordi spingendoci a creare due set di pesi che lo escludessero. Un altro esempio è la normalizzazione Punti in classifica che non è stata utilizzata con il metodo di aggregazione Media geometrica in quanto le due procedure hanno obiettivi opposti: la prima ridurre le informazioni ad un ordinamento, il secondo aumentare l’importanza di eventuali valori estremi.

Osservando i risultati ottenuti con l’analisi di robustezza abbiamo visto che molte regioni presentano un’ampia variabilità dei posizionamenti e che , in linea di massima,

127

le regioni settentrionali occupano le prime posizioni mentre le ultime sono appannaggio delle regioni del sud. La Toscana occupa una posizione di medio-alta classifica, evidenziando delle lacune soprattutto in campo ambientale.

Scopo della tesi era soprattutto acquisire una competenza sulla costruzione degli indicatori compositi. Un primo risultato è stata un’ampia conoscenza delle varie fonti statistiche e delle loro proprietà, nonché dei principali indicatori compositi in uso. La rassegna teorica sulla costruzione di tali indicatori ci ha poi consentito di affrontare con maggior consapevolezza la fase di costruzione di indici compositi per la sostenibilità delle regioni italiane. Come era prevedibile ex-ante, si è mostrato come la sfida più ardua sia quella della robustezza in quanto i risultati ottenuti sono altamente sensibili rispetto a piccole modifiche procedurali. Ad esempio, non risulta particolarmente robusta la classifica delle regioni italiane secondo l’indice costruito con metodologia ISR.

Avrebbe necessitato di tempi e di competenze che vanno al di là dello scopo del presente lavoro una selezione degli indicatori più accurata e una analisi di robustezza ancora più ampia. Per questo motivo questa tesi può essere considerata come un primo passo nella costruzione di una solida classifica di sostenibilità relativa delle regioni italiane.

129

LISTA DEGLI ACRONIMI

AIDS Acquired immuno-deficiency syndrome, Sindrome di immunodeficienza acquisita APAT Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici

ARPA Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente ATO Ambito Territoriale Ottimale

CGIL Confederazione Generale Italiana del Lavoro

CGSDI Consultative Group on Sustainable Development Indicators, Gruppo di consultazione sugli indicatori di sviluppo sostenibile

CIPE Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica

CSD Commission on sustainable development, Commissione per lo sviluppo sostenibile

DPSR Driving forces-Pressure-State -Response, Modello Determinanti_Pressioni_Stato_Risposte

DPSIR Driving forces-Pressure-State-Impact-Response, Modello Determinanti_Pressioni_Stato_Impatti_Risposte

DSD Division for Sustainable Development, Divisione per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite

DSIR Driving forces-State-Impact-Response, Modello Determinanti_Stato_Impatti_Risposte

DSR Driving forces–State–Response, Modello Determinanti_Stato_Risposte EEA European Environmental Agency, Agenzia Europea per l’Ambiente ENEA Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente

EMAS Eco-management and Audit Scheme, Schema di audit e gestione Ambientale EPI Environmental Pressure Indicators, Indicatori di pressione ambientale

ESI Environmental Sustinability Index, Indice di sostenibilità ambientale EU European Union, Unione Europea

EUROSTAT Agenzia statistica dell’Unione Europea

EU SDI European Union Sustainable Development Indicators, Indicatori di sviluppo sostenibile dell’Unione Europea

130

EU SDS European Union Sustainable Development Strategy, Strategia di sviluppo sostenibile dell’Unione Europea

GDP Gross Domestic Product, Prodotto Interno Lordo GHG Greenhouse gas, Gas ad effetto serra

GPI Genuine Progress Indicator, Indicatore di progresso genuino GWP Global Warming Potential, Potenziale di riscaldamento globale HDI Human Development Index, Indice di sviluppo umano

ICT Information & Communication Technologies, Tecnologie di Comunicazione e

Documenti correlati