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PRESUPPOSTI DEL CONTRATTO PRELIMINARE

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14) PRESUPPOSTI DEL CONTRATTO PRELIMINARE

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14) PRESUPPOSTI DEL CONTRATTO PRELIMINARE.

Cassazione civile, sez. II, 10/05/2018, n. 11297

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto notificato il 17.5.2012 R.N. citava a comparire dinanzi al tribunale di Trani, sezione distaccata di Barletta, F.G. e G.F..

Esponeva che con scrittura privata in data 24.10.2011 i convenuti avevano promesso di vendergli ed egli attore aveva promesso di acquistare la piena proprietà del fondo rustico in agro di (OMISSIS);

che il prezzo della promessa vendita era stato pattuito in Euro 175.000,00, di cui Euro 20.000,00 erano stati versati alla stipula del preliminare ed il saldo era da corrispondere alla stipula del definitivo.

Esponeva altresì che, benchè il terreno fosse stato promesso in vendita libero da qualsivoglia onere pregiudizievole, aveva riscontrato che sul cespite risultava trascritta in danno dei promittenti venditori domanda giudiziale; che, invitati a comparire dinanzi al notaio per il giorno 30.1.2012 onde procedere, previa cancellazione della formalità pregiudizievole, alla stipula del rogito, i convenuti non erano comparsi.

Esponeva inoltre che aveva appreso che in data 23.12.2011 sul terreno oggetto del preliminare era stato trascritto in danno dei promittenti atto di pignoramento immobiliare.

Chiedeva pronunciarsi la risoluzione del preliminare di compravendita per inadempimento dei convenuti, con susseguente loro condanna, in solido, alla restituzione dell'acconto di Euro 20.000,00 ricevuto ed al pagamento della penale contrattuale di Euro 58.333,33, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Si costituivano F.G. e G.F..

Tra l'altro, eccepivano la nullità del contratto in dipendenza della impossibilità di individuare esattamente il cespite immobiliare compromesso in vendita.

Instavano per il rigetto dell'avversa domanda.

Con sentenza n. 125 del 22.1.2014 il tribunale di Trani dichiarava risolto per grave inadempimento dei convenuti il preliminare di compravendita in data 24.10.2011 e condannava in solido i convenuti a restituire all'attore la somma di Euro 20.000,00, oltre interessi, a corrispondergli a titolo di penale la somma di Euro 58.333,00, oltre interessi, e a rimborsare al difensore anticipatario del R. le spese

93 di lite.

Evidenziava, tra l'altro, il tribunale che si era acquisito riscontro documentale delle trascrizioni pregiudizievoli gravanti sul cespite promesso in vendita; che segnatamente la trascrizione del pignoramento valeva di per sè a dar ragione dell'inadempimento dei convenuti, obbligatisi a trasferire l'immobile libero da pesi e pregiudizi.

Interponevano appello F.G. e G.F..

Resisteva R.N.. Eccepiva, tra l'altro, l'inammissibilità del gravame ai sensi dell'art. 348 bis c.p.c., comma 1.

Con ordinanza del 29.9.2014 la corte d'appello di Bari dichiarava inammissibile il gravame ai sensi dell'art. 348 bis c.p.c., comma 1.

Avverso la sentenza n. 125 del 22.1.2014 del tribunale di Trani ha proposto ricorso ai sensi dell'art.

348 ter c.p.c., comma 3, F.G.; ne ha chiesto sulla scorta tre motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

R.N. ha depositato controricorso; ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi l'avverso ricorso con il favore delle spese.

G.F. non ha svolto difese.

Il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Del pari ha depositato memoria il controricorrente.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza di primo grado per violazione dell'art. 281 sexies c.p.c. e art. 35 disp. att. c.p.c., in relazione all'art. 156 c.p.c..

Deduce che la sentenza di primo grado, così come è reso evidente dal suo letterale tenore, non riflette l'avvenuta definizione del giudizio ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., a seguito di trattazione orale;

che siffatta circostanza, ovvero l'estraneità della statuizione di prime cure allo schema procedimentale suo proprio, ed al contempo la "predisposizione di una bozza della sentenza anteriormente alla discussione orale" (così ricorso, pag. 7), sono atte a cagionarne l'insanabile nullità.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la nullità della sentenza di primo grado per violazione dell'art. 112 c.p.c.; la violazione degli artt. 24 e 111 Cost..

Deduce che il giudice di primo grado ha del tutto omesso di esaminare, pur implicitamente, l'eccezione, sollevata dagli originari convenuti, di nullità del preliminare per indeterminabilità del cespite immobiliare compromesso in vendita; che più esattamente i convenuti avevano prospettato

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sin dalla loro costituzione in giudizio che la scrittura datata 24.10.2011 "non forniva affatto una sufficiente identificazione del bene promesso, non essendone indicati gli estremi catastali ed offrendosi in esso una descrizione del bene sin troppo vaga e generica" (così ricorso, pag. 9).

Deduce inoltre che, alla stregua del letterale tenore della sentenza di prime cure, è da escludere che la decisione nel merito equivalga a rigetto implicito dell'eccezione di nullità del preliminare.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione dell'art. 1418 c.c., in relazione agli artt. 1325 e 1346 c.c.; ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la violazione dell'art. 116 c.p.c..

Deduce che in ogni caso la sentenza di primo grado è viziata, "per aver trascurato di accogliere la eclatante ragione di nullità del contratto preliminare intercorso tra le parti" (così ricorso, pag. 13).

Deduce in particolare che nella scrittura in data 24.10.2011 è indicata unicamente la contrada rurale ove il cespite compromesso è ubicato, è indicata solo in via approssimativa l'estensione del terreno, è indicato il confine con una strada comunale di cui non è specificato il nome, sono indicati "i nominativi di altri due confinanti senza affatto precisare i punti cardinali (...) ove si trovi la limitrofa proprietà di tali confinanti" (così ricorso, pag. 14).

Deduce d'altro canto che, versandosi in tema di preliminare di compravendita immobiliare, soggetto all'onere della forma scritta ad substantiam, la possibilità di esatta individuazione del cespite deve riscontrarsi alla luce delle risultanze della scrittura.

Deduce infine che la superficiale valutazione degli elementi di identificazione del cespite compromesso in vendita ha certamente comportato la violazione dell'art. 116 c.p.c..

Il primo motivo è destituito di fondamento.

Al di là della dedotta novità della quaestio de qua (cfr. controricorso, pag. 16), il primo giudice, siccome si desume dal verbale d'udienza, in pieno ossequio al disposto dell'art. 281 sexies c.p.c.,

"all'esito della discussione" orale ha dato lettura della sentenza, recante sia il dispositivo sia la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

La sentenza di prime cure quindi è stata pubblicata con la sottoscrizione da parte del giudice del verbale che la conteneva (art. 281 sexies c.p.c., comma 2), completa del dispositivo e della motivazione.

E tanto non rinviene smentita alla stregua della data della decisione, siccome indicata per errore, in dipendenza evidentemente di un mero lapsus calami, con il giorno 22.1.2013 anzichè con il giorno 22.1.2014 (al riguardo cfr. controricorso, pag. 6. Cfr. Cass. (ord.) 20.9.2017, n. 21806, secondo cui la data di deliberazione della sentenza, a differenza della data di pubblicazione (che ne segna il

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momento di acquisto della rilevanza giuridica), non è un elemento essenziale dell'atto processuale, sicchè tanto la sua mancanza, quanto la sua erronea indicazione, non integrano alcuna ipotesi di nullità, ma costituiscono fattispecie di mero errore materiale, come tale emendabile ex artt. 287 e 288 c.p.c.; Cass. 23.2.2007, n. 4208).

Nel caso di specie dunque non riveste valenza l'insegnamento di questa Corte n. 6394 del 30.3.2015 (secondo cui la sentenza pronunciata a norma dell'art. 281 sexies c.p.c., con la lettura del dispositivo in udienza ma senza il contestuale deposito della motivazione, è nulla in quanto non conforme al modello previsto dalla norma, dovendosi altresì escludere la sua conversione in una valida sentenza ordinaria poichè la pubblicazione del dispositivo consuma il potere decisorio del giudice, sicchè la successiva motivazione è irrilevante in quanto estranea alla struttura dell'atto processuale ormai compiuto).

Nè ad escludere la riconducibilità del dictum di prime cure allo "schema procedimentale previsto dal codice di rito per la decisione a seguito di trattazione orale" (così ricorso, pag. 7), possono valere l'"attribuzione alla sentenza della numerazione progressiva (...), (la) completa e meticolosa indicazione delle parti e dei rispettivi difensori (inutile nella decisione ex art. 281 sexies c.p.c.), (il) riferimento alle conclusioni come da verbale in atti (...), (l')esposizione dello svolgimento del giudizio (nient'affatto necessaria nella sentenza resa a verbale (...)" (così ricorso, pagg. 5 - 6).

D'altronde questo Giudice del diritto ha puntualizzato che la sentenza pronunciata ex art. 281 sexies c.p.c., senza l'osservanza delle forme previste dal codice non può essere dichiarata nulla, ove sia stato raggiunto lo scopo dell'immodificabilità della decisione e della sua conseguenzialità rispetto alle ragioni ritenute rilevanti dal giudice all'esito della discussione, trattandosi, in ogni caso, di sanzione neppure comminata dalla legge (cfr. Cass. 14.5.2014, n. 10453; nella specie, questa Corte ha ritenuto la validità della sentenza il cui dispositivo è stato letto in udienza e le cui motivazioni sono state comunicate alle parti subito dopo la discussione attraverso la consegna di uno stampato non firmato, poi sottoscritto e depositato in cancelleria).

E' del tutto irrilevante, poi, che la bozza della sentenza sia stata predisposta anteriormente alla discussione orale.

Siffatto profilo di censura - che evidentemente dà ragione viepiù del mero errore che ha inficiato l'indicazione della data della decisione - non merita alcun seguito alla luce dell'elaborazione giurisprudenziale di questa Corte (cfr. Cass. 21.5.2014, n. 11259, secondo cui la predisposizione ad opera del giudice, prima dell'udienza di precisazione delle conclusioni e della discussione orale, di una bozza di decisione da rendere ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., non è nulla, nè lesiva del diritto

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di difesa delle parti, in quanto attività prodromica alla decisione, destinata ad integrare una ipotesi di soluzione, suscettibile di conferma o di modifica all'esito della discussione delle parti).

Per altro verso, il pieno ossequio al disposto dell'art. 281 sexies c.p.c., rende del tutto ingiustificata la prospettazione del ricorrente circa il "rilevante vulnus all'attività difensiva delle parti" (così ricorso, pag. 7) e il conseguente omesso esame delle eccezioni e richieste di parte convenuta che si sarebbero verificati.

Destituito di fondamento è pur il secondo motivo.

E' sufficiente il riferimento agli insegnamenti di questa Corte.

Ovvero all'insegnamento per cui, ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un'espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l'impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. 4.10.2011, n. 20311).

Ovvero all'insegnamento per cui non è configurabile il vizio di omesso esame di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un'eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d'ufficio), quando debba ritenersi che tali questioni od eccezioni siano state esaminate e decise - sia pure con una pronuncia implicita della loro irrilevanza o di infondatezza - in quanto superate e travolte, anche se non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di altra questione, il cui solo esame comporti e presupponga, come necessario antecedente logico-giuridico, la detta irrilevanza o infondatezza (cfr. Cass. 24.6.2005, n. 13649).

Evidentemente la risoluzione per grave inadempimento dei convenuti del preliminare di compravendita non può che presupporre la validità della stessa pattuizione e perciò l'assoluta infondatezza dell'eccezione di nullità del medesimo preliminare per l'asserita indeterminabilità del cespite immobiliare compromesso in vendita.

D'altro canto non esplica valenza in questa sede il rilievo addotto avverso l'ordinanza del 29.9.2014 della corte d'appello di Bari (la corte d'appello "avrebbe dovuto (...) innanzitutto (...) sancire la nullità della sentenza di primo grado per l'omessa pronuncia e, quindi, solo successivamente (...) decidere nel merito in ordine all'eccezione sollevata": così ricorso, pag. 12).

Invero l'impugnazione a questa Corte di legittimità è da proporre, alla luce del chiaro dettato dell'art.

348 ter c.p.c., comma 3, avverso il provvedimento di prime cure e l'ordinanza di inammissibilità

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dell'appello resa ex art. 348 ter c.p.c., è ricorribile per cassazione, ai sensi dell'art. 111 Cost., comma 7, limitatamente ai vizi suoi propri costituenti violazioni della legge processuale (quali, per mero esempio, l'inosservanza delle specifiche previsioni di cui all'art. 348 bis c.p.c., comma 2 e art. 348 ter c.p.c., comma 1, primo periodo e comma 2, primo periodo), purchè compatibili con la logica e la struttura del giudizio ad essa sotteso (cfr. Cass. sez. un. 2.2.2016, n. 1914).

Privo di fondamento è anche il terzo motivo.

Previamente, in ossequio al canone di cosiddetta autosufficienza del ricorso per cassazione, quale positivamente sancito all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, ben avrebbe dovuto il ricorrente, onde consentire a questa Corte il compiuto riscontro, il compiuto vaglio dei propri assunti, riprodurre integralmente nel corpo del ricorso il testo del preliminare di compravendita e non già limitarsi a trascriverne uno stralcio (cfr. Cass. 28.9.2016, n. 19048, secondo cui il ricorrente per cassazione, il quale intenda dolersi dell'omessa od erronea valutazione di un documento da parte del giudice di merito, ha il duplice onere - imposto dall'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 - di produrlo agli atti (indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione) e di indicarne il contenuto (trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso); la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile).

Del resto il difetto di "autosufficienza" è stato esplicitamente posto in risalto dal controricorrente (cfr.

controricorso, pagg. 19 - 20).

In ogni caso - ossia a prescindere dal difetto di "autosufficienza" - si rappresenta che questa Corte spiega che, ai fini della validità del contratto preliminare, non è indispensabile la completa e dettagliata indicazione di tutti gli elementi del futuro contratto, risultando sufficiente l'accordo delle parti su quelli essenziali; in particolare, nel preliminare di compravendita immobiliare, per il quale è richiesto "ex lege" l'atto scritto come per il definitivo, è sufficiente che dal documento risulti, anche attraverso il riferimento ad elementi esterni, ma idonei a consentirne l'identificazione in modo inequivoco, che le parti abbiano inteso fare riferimento ad un bene determinato o, comunque, determinabile, la cui indicazione pertanto, attraverso gli ordinari elementi identificativi richiesti per il definitivo, può anche essere incompleta o mancare del tutto, purchè l'intervenuta convergenza delle volontà sia anche "aliunde" o "per relationem" logicamente ricostruibile (cfr. Cass. 1.2.2013, n. 2473;

Cass. 30.5.2003, n. 8810).

In questi termini, in considerazione delle indicazioni tutte di cui al preliminare e segnatamente dell'ubicazione, dell'estensione, dei confini e della provenienza (dichiarazione di successione presentata all'Ufficio del Registro di Barletta il 30.1.1996 ed ivi classificata col n. 31, vol. 324; atto

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per notar C. di (OMISSIS) in data 8.4.1974, registrato a Barletta il 19.4.1974 al n. 2191), va condiviso e recepito il rilievo del controricorrente secondo cui "tutti tali elementi depongono per la indubbia determinatezza dell'oggetto del contratto preliminare e la validità in sè del contratto" (così ricorso, pag. 21).

Si tenga conto, da ultimo, che, in tema di ricorso per cassazione, la violazione dell'art. 116 c.p.c.

(norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è idonea ad integrare il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., n. 4, solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all'opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime (cfr. Cass.

10.6.2016, n. 11892).

In dipendenza del rigetto del ricorso il ricorrente, F.G., va condannato a rimborsare al controricorrente, R.N., le spese del presente giudizio di legittimità.

La liquidazione segue come da dispositivo.

G.F. non ha svolto difese.

Nessuna statuizione va assunta nei suoi confronti in ordine alle spese.

Si dà atto che il ricorso è datato 10.11.2014.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto altresì della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, F.G., dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell'art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit..

PQM P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente, F.G., a rimborsare al controricorrente, R.N., le spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, I.v.a. e cassa come per legge; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, F.G., dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione ai sensi dell'art. 13, comma 1 bis, cit..

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 11 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2018

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