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SOLUZIONE PARERE 6

Cassazione civile, sez. I, 21 maggio 2018, n. 12453

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La S.I.A.R.C. - Società Industrie Alimentari e Ristorazioni Collettive S.r.l., aggiudicataria del servizio di preparazione e somministrazione pasti per la Caserma R.M., convenne in giudizio il Ministero della difesa, chiedendo l'annullamento per errore essenziale del contratto di appalto stipulato il 20 gennaio 2000 con la Regione Militare Nord, Centro Amministrativo Regionale, con la condanna del convenuto al risarcimento dei danni per responsabilità precontrattuale.

Premesso di essersi indotta alla stipulazione sulla base dei dati indicati nella lettera d'invito alla partecipazione alla gara, che prevedeva una forza media giornaliera ipotizzata di 7.120 unità, per un importo presunto annuo di Lire 17.679.116.640, espose che la forza media reale ed il ricavo effettivo si erano rivelati nettamente inferiori, sostenendo che l'Amministrazione avrebbe dovuto essere in grado, usando una media diligenza, di fornire dati attendibili.

Si costituì il Ministero, ed eccepì il difetto dei presupposti per l'annullamento, in quanto i dati contestati erano stati indicati in via meramente orientativa ed il contratto era stato espressamente qualificato come aleatorio.

1.1. Il Tribunale di Venezia, dopo aver annullato il contratto e condannato il Ministero al risarcimento dei danni, con sentenza non definitiva del 28 aprile 2003, liquidò il risarcimento, con sentenza definitiva del 12 luglio 2005, in Euro 722.275,19, oltre interessi e rivalutazione monetaria.

2. L'impugnazione proposta dal Ministero è stata accolta dalla Corte d'Appello di Venezia, che con sentenza del 2 agosto 2012 ha rigettato la domanda proposta dalla SIARC e il gravame incidentale della stessa.

Premesso che l'Amministrazione non aveva contestato le circostanze dedotte e la documentazione prodotta dall'attrice, la Corte ha escluso la sussistenza di una distorta percezione della realtà con riferimento alle quantità previste dal contratto, così come l'essenzialità di tale falsa percezione e la riconoscibilità della stessa, osservando che il contratto indicava in via meramente ipotetica la consistenza della forza giornaliera mediamente presente e ribadiva espressamente la natura meramente orientativa dell'indicazione del numero medio giornaliero dei pasti, con la precisazione che le relative oscillazioni non avrebbero comportato variazioni dei prezzi neppure nel caso in cui la

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predetta consistenza fosse risultata occasionalmente azzerata. In proposito, ha evidenziato da un lato che la consistenza numerica indicata rifletteva la media non già delle presenze in mensa, ma dei militari in forza nei vari reparti serviti dalla stessa, e quindi del potenziale bacino di utenza del servizio, dall'altro che il contratto era stato espressamente definito aleatorio, concludendo che l'affidamento della società in ordine alla corrispondenza tra la media dei pasti somministrati e la consistenza media della forza presente orientativamente indicata risultava ingiustificato e comunque non percettibile dall'altro contraente. Ha aggiunto che l'espressa qualificazione del contratto come aleatorio smentiva l'assunto secondo cui le oscillazioni della forza media giornaliera non avrebbero potuto essere superiori al 1015%, osservando infine che il carattere ipotetico della forza media giornaliera indicata era evidenziato anche dalla precisazione che nei giorni di sabato, domenica e festivi la stessa era da ritenersi fluttuante.

3. Avverso la predetta sentenza la SIARC ha proposto ricorso per cassazione, articolato in tre motivi, illustrati anche con memoria. Il Ministero ha resistito con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo d'impugnazione, la ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1427-1431 c.c., censurando la sentenza impugnata per aver escluso l'annullabilità del contratto per errore sulla quantità, in virtù della qualificazione dello stesso come contratto aleatorio.

Premesso che la natura aleatoria del contratto è incompatibile con la rescissione dello stesso per lesione e con la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, ma non esclude l'annullamento per vizi del consenso, osserva che nella specie il contratto prevedeva espressamente la rinuncia delle parti ai rimedi previsti dagli artt. 1467 e 1664 c.c., lasciando tuttavia inalterato il diritto di far valere vizi genetici della volontà contrattuale. Precisato inoltre che, al pari delle altre specie di errore, quello sulla quantità incide sul procedimento di formazione della volontà, inducendo la parte a concludere un contratto o ad accettare condizioni che non avrebbe voluto se avesse correttamente conosciuto la realtà dei fatti, sostiene di essersi indotta alla stipulazione del contratto ed alla formulazione di un determinata offerta di prezzo sulla base dei dati riportati nel bando di gara, e segnatamente della forza media giornaliera interessata dal servizio di ristorazione; tale dato, avente portata decisiva ai fini della valutazione del costo della prestazione, anche alla luce della rinuncia alla risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, era accessibile esclusivamente al Ministero e sottratto al dominio degli altri soggetti, costretti quindi a fare legittimo affidamento sulla correttezza e la completezza delle informazioni fornite dal bando.

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2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1337 e 1338 c.c., nonchè l'omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, sostenendo che, nell'escludere la annullabilità del contratto per errore e la responsabilità precontrattuale del Ministero, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell'obbligo di comunicazione delle possibili cause d'invalidità del contratto, gravante sulle parti nella fase delle trattative, e riguardante anche le cause d'invalidità o d'inefficacia conoscibili con la normale diligenza, rispetto alle quali è configurabile un preliminare dovere di accertamento. La Corte territoriale ha omesso di valutare il legittimo affidamento riposto da essa ricorrente in ordine all'indicazione della forza media giornaliera contenuta nel bando di gara e l'obbligo di comunicazione gravante sull'Amministrazione committente, tenuta ad accertare preventivamente la veridicità ed attendibilità dei dati forniti.

3. Con il terzo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., affermando che nell'interpretazione del contratto la sentenza impugnata si è limitata al senso letterale delle parole, avendo omesso d'indagare la comune intenzione delle parti, risultante dalla lettura sistematica delle clausole contrattuali e dal comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla stipulazione. Nel ritenere meramente ipotetica l'indicazione della forza media giornaliera e meramente orientativa quella del numero giornaliero dei pasti contenute nel contratto, la Corte territoriale non ha infatti considerato che non si trattava di una mera clausola di stile, ma di un presupposto di fatto essenziale per la formazione del consenso negoziale e per la determinazione del contenuto delle principali obbligazioni delle parti, necessario in particolare per consentire di valutare la quantità di personale da destinare al servizio, le condizioni operative ed igieniche da assicurare, il materiale necessario per l'espletamento dello stesso e gli uffici di ausilio da predisporre.

Il carattere essenziale del dato in questione trovava d'altronde conferma nei bandi successivi, nei quali l'Amministrazione aveva indicato un numero dei pasti ipotizzati sostanzialmente coincidente con quelli effettivamente erogati, ed inferiore a quelli ipotizzati nell'invito alla gara in esame.

4. I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente, in quanto riflettenti profili diversi della medesima questione, sono infondati.

Ai fini del rigetto della domanda di annullamento per errore, la sentenza impugnata non ne ha affatto escluso la compatibilità con la natura aleatoria del contratto stipulato tra le parti, alla quale si è limitata a fare riferimento soltanto in via marginale, a conferma del carattere meramente orientativo delle indicazioni fornite dall'Amministrazione in ordine alla forza giornaliera mediamente presente presso la Caserma in favore della quale doveva essere prestato il servizio di mensa e del numero dei pasti da somministrare quotidianamente. Tale esclusione, in quanto logicamente sufficiente a precludere il

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ricorso all'azione di annullamento, avrebbe reso d'altronde superflue le considerazioni svolte in ordine all'idoneità delle predette indicazioni ad ingenerare una distorta percezione della realtà, tale da indurre l'appaltatrice a partecipare alla gara o ad offrire condizioni meno vantaggiose di quelle che avrebbe prospettato se avesse avuto conoscenza dell'effettivo fabbisogno del personale, nonchè in ordine alla riconoscibilità dell'errore da parte dell'altro contraente, sulle quali la Corte distrettuale si è invece ampiamente soffermata, evidenziando la comune consapevolezza manifestata dalle parti in ordine all'obiettiva incertezza dei dati forniti ed il conseguente intento delle stesse di porre a carico dell'appaltatrice il rischio, normalmente estraneo al contratto d'appalto, che la misura della prestazione risultasse notevolmente inferiore a quella preventivata ai fini della formulazione della offerta.

4.1. Tale ricostruzione della fattispecie si pone sostanzialmente in linea con l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, anche per i contratti cosiddetti commutativi, le parti, nell'esercizio della loro autonomia negoziale, possono prefigurarsi la possibilità di sopravvenienze, che incidano o possano incidere sull'equilibrio delle prestazioni, ed assumerne, reciprocamente o unilateralmente, il rischio, in tal modo modificando lo schema tipico del contratto commutativo e rendendolo per tale aspetto aleatorio, con l'effetto di escludere, nel caso in cui si verifichino tali sopravvenienze, l'applicabilità dei meccanismi riequilibratori previsti dall'ordinaria disciplina del contratto (cfr. Cass., Sez. 1, 22/07/2015, n. 15370; 26/01/1993, n. 948; Cass., Sez. 3, 12/10/2012, n.

17485). L'assunzione di tale rischio supplementare, che può formare oggetto di espressa pattuizione, ma può anche risultare per implicito dalla disciplina convenzionale che le parti hanno dato al rapporto e dal modo in cui hanno strutturato le reciproche obbligazioni, viene ritenuta incompatibile, oltre che con l'azione di rescissione per lesione e con quella di risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta, ai sensi dell'art. 1448 c.c., comma 4, e art. 1469 c.c., con i rimedi di cui agli artt. 1497 e 1664 c.c., riguardanti specificamente la vendita o l'appalto, ma non esclude di per sè l'incidenza degli ordinari vizi del consenso, e segnatamente dell'errore, e non impedisce pertanto l'esercizio dell'azione di annullamento, ogni qualvolta il processo formativo della volontà sia viziato da una falsa rappresentazione della realtà avente le caratteristiche richieste dagli artt. 1428 c.c. e ss.. A tal fine, tuttavia, non può evidentemente venire in considerazione l'errore ricadente sull'alea, cioè sulle probabilità di verificazione dell'evento destinato ad incidere sull'equilibrio contrattuale, dal momento che la relativa valutazione, traducendosi in un giudizio prognostico, non può dar luogo ad un'inesatta percezione della realtà, ma ad un difetto di previsione, incidente al più sui motivi del negozio. Ciò che può assumere rilievo, ai fini dell'annullamento del contratto per errore, è solo la falsa

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rappresentazione riguardante i presupposti del contratto, quegli elementi, cioè, sulla base dei quali ha luogo la valutazione del rischio, e la cui inesatta percezione può essere ritenuta determinante ai fini della formazione del consenso, nella misura in cui, traducendosi in un'errata prognosi, risulti idonea a ripercuotersi sulla stessa causa del negozio o sul suo contenuto. Significativa, in tal senso, è la disciplina dettata per il contratto di assicurazione dagli artt. 1892-1893 c.c., e comunemente ritenuta sostitutiva di quella generale dell'errore e del dolo, che conferisce rilievo, ai fini dell'annullamento del contratto o del recesso dell'assicuratore, alle dichiarazioni inesatte o alle reticenze del contraente, purchè riguardino circostanze tali che l'assicuratore non avrebbe dato il suo consenso o non lo avrebbe dato alle medesime condizioni se avesse conosciuto il vero stato delle cose.

Non merita pertanto censura la valutazione compiuta dalla sentenza impugnata, la quale, ai fini dell'accertamento della fondatezza della domanda, ha correttamente proceduto all'esame delle dichiarazioni rese dalle parti nel contratto, ed in particolare dei dati forniti dall'Amministrazione in ordine al fabbisogno di pasti del personale addetto alla Caserma, verificandone in primo luogo l'idoneità ad indurre nell'appaltatrice una falsa rappresentazione della realtà, ed escludendola in considerazione dell'intrinseca incertezza delle indicazioni relative alla forza giornaliera mediamente presente e del numero medio dei pasti giornalieri; a tali indicazioni, definite dalle parti rispettivamente

"meramente ipotetica" e "meramente orientativa", la Corte distrettuale ha infatti attribuito essenzialmente la funzione di specificare il potenziale bacino d'utenza del servizio, in virtù dell'espressa previsione della possibilità di consistenti scostamenti della quantità dei pasti somministrati dalla forza presente ipotizzata, dalla quale ha desunto l'esclusione di qualsiasi incidenza sull'equilibrio economico del rapporto, proprio alla luce della natura dichiaratamente aleatoria del contratto.

4.2. Nell'insistere sull'indispensabilità dei dati in questione ai fini della valutazione sottesa alla formulazione dell'offerta e sulla discrepanza registrata, in sede di esecuzione del contratto, tra gli stessi e la consistenza numerica del personale effettivamente presente, nonchè sull'impossibilità per i concorrenti di accedere ad informazioni diverse da quelle fornite nello invito alla gara, la ricorrente dimostra di voler censurare, ancor prima della negazione della configurabilità dell'errore, l'interpretazione del contratto fornita dalla sentenza impugnata, in ordine alla quale invoca una lettura sistematica delle clausole negoziali, senza tuttavia considerare che è proprio da un'analisi complessiva del programma concordato tra le parti che la Corte distrettuale ha desunto l'intento delle stesse di non attribuire una portata vincolante alle predette indicazioni, ma di considerarle solo approssimativamente descrittive dell'oggetto del contratto. Non può dunque ritenersi violato il

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principio, costantemente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità in tema d'interpretazione del contratto, secondo cui per "senso letterale delle parole" deve intendersi l'intera formulazione testuale della dichiarazione negoziale, in ogni sua parte ed in ogni parola che la compone, e non già in una parte soltanto, quale una singola clausola di un contratto composto di più clausole, sicchè, ai fini della ricerca della comune intenzione dei contraenti, il rilievo da assegnare alla formulazione letterale delle espressioni dagli stessi usate deve essere verificato alla luce dell'intero contesto negoziale, nel senso che le singole clausole vanno poste in correlazione tra loro, dovendosi procedere al loro coordinamento ai sensi dell'art. 1363 c.c., e dovendo il giudice collegare e raffrontare tra loro frasi e parole al fine di chiarirne il significato (cfr. Cass., Sez. lav., 26/02/2009, n. 4670; Cass., Sez. 3, 28/08/2007, n. 18180; Cass., Sez. 1, 22/02/2007, n. 4176).

Il valore meramente orientativo attribuito dalla sentenza impugnata alle indicazioni contenute nell'invito alla gara non può considerarsi inficiato neppure dalle considerazioni svolte dalla difesa della ricorrente in ordine al legittimo affidamento dalle stesse suscitato nei concorrenti, all'esigenza di questi ultimi di approfittare delle economie di scala connesse alla quantità dei pasti da somministrare per ammortizzare i costi della gestione, ed alla necessità di predisporre un'adeguata organizzazione di mezzi e di persone per la fornitura del servizio, risultando al contrario evidente che la partecipazione alla gara d'imprese di grandi dimensioni, specializzate nello svolgimento di tale attività ed aventi la possibilità di distribuire tra una pluralità di servizi gestiti le risorse umane e materiali di cui disponevano consentivano a ciascuna di esse di formulare adeguate previsioni sulla base dei dati orientativamente forniti dalla committente e di far fronte senza difficoltà ad eventuali eccedenze cagionate da un afflusso di utenti inferiore a quello preventivamente stimato.

Quanto poi all'omessa valutazione delle più precise indicazioni fornite nei successivi bandi di gara, è appena il caso di rilevare che la forma scritta richiesta a pena di nullità per la stipulazione del contratto in esame, in quanto posto in essere da una Pubblica Amministrazione, escludeva nella specie la possibilità di fare riferimento, a fini interpretativi, al comportamento complessivo delle parti, anche posteriore alla stipulazione, dovendosi conferire rilievo esclusivo al criterio ermeneutico fondato sull'individuazione del significato letterale delle espressioni usate, interpretate le une per mezzo delle altre ed attribuendo a ciascuna il senso che risultava dal complesso dell'atto (cfr. Cass., Sez. 2, 7/06/2011, n. 12297; 11/03/2004, n. 4975; Cass., Sez. 1, 11/05/2007, n. 10868). Il carattere unilaterale dei predetti atti, oltretutto relativi a rapporti diversi, ne impediva peraltro l'utilizzazione ai fini previsti dall'art. 1362 c.c., comma 2, il quale, nell'attribuire rilevanza ermeneutica alla condotta tenuta dalle parti dopo la stipulazione, si riferisce soltanto a quella di cui siano stati partecipi entrambi i contraenti,

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escludendo pertanto che la comune intenzione degli stessi possa emergere dall'iniziativa di uno solo di essi, corrispondente ai suoi personali disegni (cfr. Cass., Sez. 1, 19/07/2012, n. 12535; Cass., Sez.

3, 12/01/2006, n. 415; Cass., Sez. 2, 13/09/2004, n. 18352).

5. Il ricorso va pertanto rigettato, restando assorbite le ulteriori censure formulate dalla ricorrente, che, in quanto riflettenti la violazione del dovere di buona fede nella fase precontrattuale e dell'obbligo di comunicazione di eventuali cause d'invalidità del contratto, postulano l'annullabilità del contratto, correttamente esclusa dalla sentenza impugnata.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza, e si liquidano come dal dispositivo.

PQM P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del contro-ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 4 ottobre 2017.

Depositato in Cancelleria il 21 maggio 2018

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7) DOLO OMISSIVO E SILENZIO.

Traccia parere.

Desideroso di effettuare un redditizio investimento con il denaro ricevuto dalla morte di un lontano parente, Tizio prendeva contatti con Sempronio per l’acquisto di un immobile situato al centro del Comune Beta, condotto in locazione dalla Banca Beta.

Attirato dal cospicuo canone locatizio pagato mensilmente dall’istituto di credito, Tizio acquistava l’immobile in questione nonostante il prezzo decisamente più alto dei prezzi di mercato della zona.

Dopo pochi mesi dall’acquisto, Tizio si vedeva recapitare dalla Banca Beta una lettera di recesso ad nutum dal contratto di locazione, consentito espressamente dal contratto.

Dopo essersi interfacciato con il responsabile legale della Banca, Tizio apprendeva che in più occasioni era stata rappresentata al precedente proprietario, Sempronio, la volontà della Banca di cambiare sede.

Con atto di citazione, Tizio conveniva in giudizio Sempronio, al fine di ottenere l’annullamento per dolo della proposta di acquisto, preliminare e definitivo, di vendita dell’immobile “de quo”, con condanna alla restituzione del prezzo di Euro 455.000,00 e risarcimento danni.

Il candidato, assunte le vesti di legale di Sempronio, si costituisca nel predetto giudizio.

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