dell’Unione Europea tra la Germania e la Francia. Il legame storico che unisce i due paesi è costituito dalla presenza di ben più di 25 milioni di brasiliani di origine italiana che sono stati il punto di partenza per la creazione dei rapporti bilaterali economico-sociali.
I primi contatti tra le due popolazioni si sono avuti grazie ad Amerigo Vespucci che nel XVI secolo scoprì il territorio della Bahia de Todos os Santos (che oggi è parte di Salvador) fondandovi un insediamento formato da 24 uomini, di cui la metà erano italiani. Nei due secoli successivi, le presenze italiane non erano significative. Forse l’unico afflusso di rilevanza, ma pur sempre debole, c’era stato nella seconda metà del 1800 quando il secondo e ultimo imperatore dell’impero brasiliano, Dom Pedro II, sposò la napoletana Maria Teresa di Borbone. Qualche commerciante, artigiano e professionista si recò a Rio de Janeiro dove era stata spostata la corte e, con la proclamazione del Regno d’Italia, venne nominato un ambasciatore italiano in Brasile: Gabriele Gelateri di Genola.
Solo alla fine del XIX secolo con l’avvio di una politica in favore dell’immigrazione per avere maggiore forza lavoro da impiegare nelle fazendas, arrivarono un gran numero di italiani. I primi furono trentini e veneti i quali si diressero nell’Espírito Santo nel 1874. L’anno dopo arrivarono invece contadini emiliani e lombardi a Rio de Janeiro e dintorni. Si registra che, nell’arco di tempo dal 1884 al 1959, un milione e mezzo di italiani emigrarono in Brasile. Essi si recarono principalmente nelle zone del Sud e Sudest (dove è localizzato
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appunto lo stato Rio Grande do Sul): erano poveri, spesso analfabeti e più della metà provenienti dal Nord, veneti per il 30%. Gli abitanti del Sud invece iniziarono a spostarsi oltreoceano solo dopo le due guerre mondiali. La professione principale che svolgevano era quella di bracciante, molto spesso in condizioni drammatiche, malsane e di sfruttamento. Quando ricevevano l’appezzamento di terreno da lavorare, i legami che si creavano con il proprietario locale erano di completa dipendenza, quasi di schiavitù. Nonostante questo difficile inizio, gli italiani conquistarono presto un posto nella società brasiliana fondando importanti fabbriche nell’industria tessile, nella lavorazione della ceramica e per la produzione di pasta. Tali attività stimolarono una nuova ondata di immigrazioni nel secondo dopoguerra formata da lavoratori più qualificati, ma di numero inferiore rispetto al passato. Il censimento brasiliano non ci indica la quantità esatta dei brasiliani di origine italiana che si trovano oggigiorno in Brasile, di conseguenza è molto difficile risalire ad un numero preciso. Si sa, attraverso le registrazioni delle anagrafi consolari, che nel 2011 gli italiani in Brasile erano superiori alle 300 mila persone, di cui la metà si trova a São Paulo. Si stima che gli italiani, o loro discendenti, siano pari a circa 25 milioni, purtroppo però molti ignorano le proprie origini o non vi danno importanza. L’impronta italiana è comunque chiara ed ancora ben presente nel territorio di lingua portoghese tanto che ci sono istituzioni quali camere di commercio e consolati ed i rapporti commerciali e la voglia di intraprenderne di nuovi non mancano (Goldstein e Trebeschi, 2012).
La presenza di italiani ha favorito l’internazionalizzazione del sistema economico che può essere ulteriormente fomentata sfruttando ancora una volta la vicinanza culturale e linguistica. Essi accorciano le distanze e accomunano i due paesi, i quali possono provare a completarsi l’uno con l’altro in un periodo come questo di crisi globale. In particolare, per quanto riguarda i rapporti commerciali, si registra che nel 2011 le esportazioni italiane per il Brasile erano pari a 4 miliardi e 750 milioni di euro che è pari a poco meno dell’1,3% delle esportazioni totali italiane. Non è un valore alto, ma non è neanche molto diverso dal massimo raggiunto nel 1997 di 1,47%. Le percentuali sono costituite fondamentalmente da macchinari e mezzi di trasporto, quindi da beni con certo valore aggiunto che permettono margini di guadagno. Esse riflettono comunque le direzioni che avevano preso gli emigranti: infatti il 70% è destinato al Sudest. Dal lato delle importazioni sempre italiane invece, vi rientrano perlopiù commodities, come beni primari agroalimentari e minerari, che caratterizzano appunto le esportazioni generali del Brasile verso anche molti altri paesi.
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Figura 12: Principali voci dell’interscambio commerciale tra Italia e Brasile, esportazioni (2011)
Fonte: Goldstein e Trebeschi (2012, pg. 158)
24,4 3,4 17 36,1 5,2 5,9 7,9
Esportazioni
Altri prodotti e attività Prodotti farmaceutii Autoveicoli e altri mezzi di trasporto Macchinari e apparecchiature Apparecchiature elettriche Computer e prodotti di elettronica Prodotti chimici
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Figura 13: Principali voci dell’interscambio commerciale tra Italia e Brasile, importazioni (2011)
Fonte: Goldstein e Trebeschi (2012, pg. 158)
Dal XX secolo, gli italiani hanno deciso di essere presenti direttamente nel territorio visti i legami culturali, le prospettive di crescita per entrambi e il protezionismo che rendevano difficili gli scambi. Così grandi multinazionali avviarono le loro attività direttamente oltreoceano, tra cui si ricordano: Pirelli, Olivetti e Fiat. Con l’installazione all’estero di sussidiarie, si è diventati più consapevoli del fatto che vi è convenienza ad esternalizzare la produzione se ci si sforza verso un miglioramento tanto nella progettazione locale come nella competitività, qualità e affidabilità della rete dei fornitori. Infatti molte attività richiedono un lavoro di squadra che deve essere condiviso tra l’Headquarters e i fornitori di diverso grado. Un progetto di tale tipo è stato avviato da Fiat che ha riconosciuto nel Brasile un centro di competenze da sviluppare e un mercato emergente su cui lanciare i nuovi modelli proprio perché la classe media nascente offriva possibilità di ritorno. Ed è così che si dovrebbe operare anche nel locale: progetti di collaborazione che danno modo alle zone rurali di crescere e svilupparsi sulla base di un modello che genera conoscenza, punta all’internazionalizzazione e offre la possibilità di autonomia.
Tra il 2003 e il 2009, oltre al fatto che le multinazionali italiane in Brasile sono aumentate (da 637 a 732), sono stati creati veri e propri distretti, tra cui quello del legno a Uberlândia e del
20,7 7,2 9,1 12,2 10,5 20,5 19,8
Importazioni
Altri prodotti e attività Prodotti della metallurgia Carta e prodotti di carta Articoli in pelle
Prodotti alimentari Prodotti delle miniere e delle cave
Prodotti dell'agricoltura, pesca e silvicoltura
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marmo a Espírito Santo, e sono stati promossi partenariati industriali che vogliono dare maggiore slancio alle relazioni bilaterali, come ad esempio il Piano d’Azione di Partenariato Strategico UE-Brasile. Molti altri saranno lanciati anche a livello regionale come si vedrà nel caso del Veneto. È comunque importante precisare che le sedi delle imprese italiane si trovano nelle regioni più ricche in termini di risorse ed infrastrutture e dove vengono messi a disposizione incentivi ed agevolazioni: il 56% risiede nello stato di São Paulo, il 9% a Minas Gerais e il 7% a Rio de Janeiro e Rio Grande do Sul; di recente è cresciuta anche la presenza a Bahía e Pernambuco (Ibid.).