Novità legislative in tema di Unioni civili e di convivenze
4.1 Principali disegni di legge, in particolare quelli successivi ai Patti civili di solidarietà in Francia
Il nostro ordinamento, sin dalla riforma del diritto di famiglia nel 1975, ha tentato di garantire piena tutela a quelle unioni affettive non matrimoniali, al fine di tutelare i diritti fondamentali dell’individuo, prima attraverso innovative interpretazioni giurisprudenziali, poi attraverso numerosi interventi legislativi, che però non sono giunti a compimento.
La prima proposta di legge con cui si tentò di dare puntuale disciplina alle unioni civili risale al 1986, grazie all’interparlamentare donne comuniste e arcigay. In particolare furono la senatrice Ersilia Salvato e le deputate Romana Bianchi e Angela Bottari a presentare alle rispettive camere i primi disegni di legge. Nel 1988 fu presentata un'altra
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proposta di legge (Pdl N. 2340 Disciplina delle famiglie di fatto) dalla parlamentare Alma Agata Cappiello, ma entrambe le proposte (cioè quella del 1986 e quella successiva) furono bloccate lungo il loro iter parlamentare anche a causa delle pressioni provenienti dalle gerarchie ecclesiastiche, fortemente contrarie alle unioni tra persone dello stesso sesso e al riconoscimento delle unioni di fatto non matrimoniali.
Dagli anni novanta in poi, molte furono le proposte di legge99volte a prevedere diritti e doveri anche per le coppie non assimilabili a quelle sposate, ossia coppie gay e coppie etero così come le coppie conviventi e le coppie sposate.
Proposte che furono stimolate dai sempre più numerosi e pressanti inviti del Parlamento Europeo (vedi Risoluzione per la parità dei diritti degli omosessuali e delle lesbiche nella Comunità europea dell'8 febbraio del 1994, nella quale s’invita la Commissione ad agire per porre fine "agli ostacoli frapposti al matrimonio di coppie omosessuali ovvero a un istituto giuridico equivalente, garantendo pienamente diritti e vantaggi del matrimonio e consentendo la registrazione delle unioni" e "a qualsiasi limitazione del diritto degli omosessuali di essere genitori ovvero di adottare o avere in affidamento dei bambini"; vedi anche Relazione annuale sui diritti umani, 11350/1999 - C5-0265/1999 – 1999/2201
99 1993 ,P.d.l. n.3426 , Unioni civili (Graziano Cioni); 1996, P.d.l n. 1020 (Vendola); 2001, P.d.l. n.47
(Cortiana); P.d.l. n. 1610 ( Soda); 2003, d.d.l n. 3893 ( Grillini), Disciplna dell’unione affettiva; 2004, P.d.l. n.5321 (Titti De Simone); 2007, d.d.l (DICO), presentato dal Consiglio dei ministri.
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(INI)). Molte furono le proposte di legge, ma nessuna, anche per le continue critiche provenienti dalle classi politiche conservatrici, molto influenti nella realtà politica del tempo, completò il suo iter parlamentare.
Tra le proposte che trovarono un consenso trasversale è menzionabile quella del deputato Franco Grillini che, sulla scia dell’approvazione dei Pacs in Francia (ottobre 1999), presentò una proposta di legge (8 luglio 2002) che si rifaceva al modello approvato nei paesi di area scandinava, ma ciò nonostante non giunse mai a compimento (“Istituzione del registro delle unioni civili di coppie dello stesso sesso o di sesso diverso e possibilità per le persone dello stesso sesso di accedere all’istituto del matrimonio”).
Dopo l’approvazione dei Pacs in Francia con la legge 944/1999 che disciplina una nuova forma di unione, distinta dal matrimonio, come un contratto tra persone maggiorenni dello stesso sesso o di sesso diverso, al fine di organizzare la loro vita in comune numerosi furono i tentativi nel nostro Paese di dare disciplina alle unioni civili e alle unioni di fatto, tentativi però molto differenziati tra loro, sia per contenuti che per tecnica legislativa prescelta. Si va da interventi minimali, talora confinati nello stretto ambito del diritto civile,100tesi a dare uno statuto giuridico essenziale alle coppie di fatto, a interventi di ampio respiro afferenti all'intera materia familiare, introducendo modifiche anche al sistema
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dell'affiliazione e dell'adozione.101Talune proposte istituzionalizzavano il rapporto di convivenza, attraverso modalità del tutto analoghe a quelle della celebrazione del rito del matrimonio, mentre altre prediligevano una registrazione limitata ai soli effetti probatori102 oppure prendevano in considerazione il profilo contrattuale affidato alla registrazione notarile103.
Inoltre, varia molto anche la scelta della denominazione degli istituti prescelti; si parla di “unioni registrate” di” unioni civili”, “unioni di mutuo aiuto”, ecc.
Per quanto riguarda le unioni civili, la proposta che trovò maggior consenso da parte delle forze politiche, non mancando comunque le critiche fu un disegno di legge deliberato dal Consiglio dei ministri l’otto febbraio 2007, in tema di “diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi ”(Di.co.). Disegno di legge, però, mai giunto a compimento del suo iter a causa della caduta del Governo Prodi II. Il testo, composto da 14 articoli, disciplinava le modalità attraverso cui dare rilievo alla situazione di fatto fondata sulla convivenza e contiene il riconoscimento di diritti e doveri in capo ai conviventi che avessero osservato le modalità di registrazione previste dalla legge stessa. La particolarità di questo disegno di legge era che alcuni diritti acquistavano immediatamente
101 S 62 dl 28 aprile 2006 Malabarba, relativamente all’istituto dell’unione civile e dell’unione
registrata.
102 S472 Ripamonti, in tema di unione civile, e S62 del 28 aprile 2006, Malabarba riguardo alla
convivenze di fatto.
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efficacia, mentre altri erano condizionati dal decorso di un determinato periodo di tempo.
Il D.d.L. sui Di.Co. aveva come destinatari le persone tra loro conviventi, intesi come “due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, uniti da reciproci vincoli affettivi che convivono stabilmente e si prestano assistenza e solidarietà materiale e morale, non legate da matrimonio, parentela, affinità, adozione, affiliazione e tutela”. L’intento del legislatore era finalizzato al riconoscimento giuridico delle convivenze che erano iscritte nei registri anagrafici presenti in ogni comune, facendone scaturire diritti e doveri in base alla rispettiva durata della convivenza. Infatti, era previsto il riconoscimento delle tutele e diritti in materia di lavoro solo dopo tre anni dalla registrazione presso i registri anagrafici, mentre per i diritti successori addirittura dopo nove anni. Oltre ai diritti maturabili nel tempo erano previsti diritti che erano acquisiti immediatamente dopo l’avvenuta registrazione anagrafica, tra questi: le decisioni in materia di salute e in caso di morte, l’assegnazione di alloggi di edilizia pubblica, le tasse di successione, gli utili d’impresa, il permesso di soggiorno per lo straniero per ragioni affettive, presente in Italia (per altre ragioni). Tra le critiche più accese nei confronti dei Di.Co. vi era la scarsa considerazione della volontà delle parti (prevista invece nei PACS), derivante dalla possibilità di effettuare la dichiarazione di convivenza unilateralmente, presso l’ufficio anagrafe, per poi essere inviata a mezzo
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di raccomandata con avviso di ricevimento all’altro convivente, determinando potenzialmente ipotesi di abuso ed incertezza, oltre che una distinzione tra coloro che effettuano la registrazione e quelli la cui rilevanza rimane sul piano del mero fatto.
Inoltre, se nelle intenzioni del legislatore la registrazione aveva importanza soltanto ai fini probatori e non come atto costitutivo del rapporto, non si spiega perché chi non abbia eseguito la registrazione, non possa godere dei diritti garantiti alle coppie registrate, semplicemente dandone prova secondo le regole probatorie generali. A ben vedere allora, la registrazione non avrebbe fini meramente probatori, ma si porrebbe come condizione necessaria e imprescindibile per accedere ai benefici della legge nel caso in cui non fosse possibile utilizzare altri mezzi di prova della convivenza.104 Alla luce di quanto detto si evince come quest’assetto normativo creava fondamentalmente un matrimonio di serie B, cui potevano accedere anche le coppie dello stesso sesso, lasciando comunque i rapporti di mero fatto privi di adeguata tutela legislativa, facendo inoltre sorgere profili discriminatori tra le unioni di fatto registrate e quelle non registrate.
Sulla stessa scia della proposta di legge sui Di.Co. è menzionabile la successiva proposta portata avanti dal governo di centrodestra, depositata
104 Relazione del Dott. Gianluca Grasso , giudice del tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, il
10/03/2007; N. LIPARI, Riflessioni sul matrimonio a trent'anni dalla riforma del diritto di famiglia, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2005, 715 ss.
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dai deputati: Lucio Barani e Francesco De Luca, su proposta del Ministro Renato Brunetta e Gianfranco Rotondi, recante disciplina sulle coppie conviventi, conosciuto come Di.do.re (D.d.l. 1756, contenente la disciplina dei diritti e dei doveri di reciprocità dei conviventi 2008). Tale progetto mirava, secondo la relazione introduttiva che lo accompagnava, a “stabilire un nucleo di tutela dei diritti di natura individuale di cui ciascun soggetto, nell'ambito del rapporto solidaristico, potrà essere considerato titolare”.
Questo ddl n.1756 non è stato approvato perché considerato tema non prioritario dall’agenda di Governo, oltre ad essere argomento delicato e foriero di tensioni politiche e sociali, nonostante i tentativi del legislatore di dare disciplina autonoma alle convivenze di fatto escludendo la parificazione, tra convivenze di fatto e matrimonio. Scelta, fra l’altro, alquanto dubbia, se si tiene conto dei diritti e degli interessi che stanno alla base di queste formazioni sociali. Infatti, se si prevede che da un rapporto di fatto scaturiscono conseguenze giuridiche, il rapporto di fatto non può più essere considerato tale, pertanto l’equiparazione, diretta o indiretta con la famiglia legittima, è inevitabile. Conseguentemente, si verrebbe a determinare una netta contrapposizione tra la prospettata disciplina e il dettato costituzionale.105
105 Le fonti romane sono univoche nel sottolineare che il iustum o legittimum matrimonium o iustae
nuptiae, vale a dire quello che nel linguaggio moderno chiamiamo matrimonio legittimo, era una
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4.2 - Le novità introdotte dalla l. 20 maggio 2016, n. 76, sulla disciplina delle Unioni civili e delle convivenze
Molti tentativi di regolamentazione delle coppie di fatto e delle coppie omosessuali sono stati fatti in questi anni, ma nessuno fino ad ora ha raggiunto il suo scopo nonostante le continue sollecitazioni da parte della giurisprudenza nazionale ed europea106che in più occasioni ha esortato il nostro legislatore affinché ponesse fine a questo vuoto normativo portatore di grandi discriminazioni in violazione del dettato costituzionale.
Già da qualche tempo, infatti, la nostra giurisprudenza107a tutti i livelli, ha riconosciuto molti diritti spettanti alle convivenze di fatto e alle coppie dello stesso sesso in forza degli art. 2 e 3 Cost., dovendo comunque distinguere tra i diritti riconosciuti in favore dei conviventi nei rapporti con i figli, tra i conviventi stessi e tra convivenze etero o omosessuali, ma senza potergli conferire quella certezza che solo l’intervento legislatore può dare.
elementi che abbiamo indicato, determinati effetti giuridici. Così Volterra, Matrimonio (diritto romano), in Enc. dir., XXV, Milano, 1975, 747. La fonte più significativa si rinviene in un passo di Modestino, Libri Regularum (D. 23, 2, 1), secondo cui nuptiae sunt coniunctio maris et feminae et
consortium omnis vitae, divini et humani iuris communicatio. Il principio viene ripreso nelle Istituzioni
(I. 1, 9, 1), che riportano un passo che sembrerebbe appartenere a Fiorentino o ad Ulpiano, secondo cui nuptiae autem sive matrimonium est viri et mulieris coniunctio, individuam consuetudinem vitae
continens
106 Corte. Cost., sent. n. 170/2014, in Giur. Cost.; Corte Cost. sent n.276/2010; Corte Cass. sent n.
2400/2015; Corte cost. sent. 138/2010, cit.; sent. Corte di Giustizia Europea C-267/12; Cass. sent. n.4184/2012; sent. CEDU 21 luglio 2015, violazione art. 8 Cedu; in Diritto e giustizia.it
107 Cass. sent. n. 404/1988; Cass. n. 5544/1994; Cass. n. 1328/2011; C.A. Milano n.7176/2012; Trib.
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Vi è da dire anche, che il legislatore in questi anni ha provato più volte a risolvere quest’annoso problema, ma senza mai riuscirci a causa di molteplici ragioni, tra le quali le ritrosie riscontrate in capo a parte della classe politica nell’intendere la nostra Costituzione in una chiave maggiormente evolutiva e garantista. Tant’è che negli anni sono stati depositati numerosissimi disegni di legge volti a disciplinare questo tipo di unioni, senza mai arrivare alla discussione o comunque all’approvazione del disegno da parte delle camere.
Fino a quando, durante la XVII legislatura, in commissione giustizia al Senato, è ripreso l’esame congiunto di numerosi disegni di legge d’iniziativa parlamentare,108in precedenza accantonati.
Nel giugno 2014, è stata depositata in commissione giustizia del Senato una proposta di testo unificato, firmata dalla senatrice Monica Cirinnà, volta a dare una definitiva disciplina alle suddette unioni affettive. Questa proposta fu subito seguita da altre tre proposte di testo unificato, ultima delle quali fu adottata come testo base per il proseguimento della discussione in commissione giustizia.
Tal proposta però, incontrò da subito le critiche della compagine politica di centrodestra all’interno della commissione giustizia, poiché erano contrari a una totale equiparazione delle unioni civili al matrimonio, trovando però d’altra parte l’appoggio del governo e della nuova forza
108 Disegno di legge n.14 , disciplina delle unioni civili; n. 197 modifiche al codice civile in materia di
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politica (Movimento 5 stelle). Iniziarono così numerosi tentativi ostruzionistici attraverso la presentazione di molteplici emendamenti, superati poi in buona parte attraverso la dichiarazione d’inammissibilità e in parte con strumenti parlamentari di dubbia democraticità (c.d. regola del canguro).
Il Governo Renzi, infine, dopo l’accordo politico all’interno della maggioranza, ha presentato un maxiemendamento, col quale ha recepito il ddl Cirinnà per l’istituzione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso, qualificate come “specifiche formazioni sociali” con esplicito riferimento all’art. 2 Cost., e delle convivenze di fatto e ha bloccato la discussione ponendo la fiducia per l’approvazione alle Camere.
Il D.D.L. S. 2081, nonostante le modifiche di compromesso apportate, è approvato in prima lettura prima al Senato e poi alla Camera, e oggetto di pubblicazione con la legge del 20 maggio 2016 n. 76 dal Presidente della Repubblica entrata in vigore il 5 giugno 2016.
Entrando nel merito della legge n. 76 del 2016 (composta da un solo articolo e da 69 commi), che finalmente disciplina compiutamente le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le coppie di fatto, si osserva come essa fondamentalmente, non faccia altro che recepire le pluriennali conquiste giurisprudenziali orientate verso una maggiore tutela di queste formazioni sociali ormai non più trascurabili e ne fissa i limiti in certi casi, li supera in altri, ad esempio per quanto riguarda la successione del
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contratto di locazione o il diritto del convivente superstite ad abitare nella casa di residenza comune per un determinato periodo di tempo, anche se non proprietario.
Nella prima parte è disciplinata l’unione tra persone dello stesso sesso (commi da 1 - 35) dette Unioni civili. Viene sostanzialmente creato un nuovo istituto giuridico di diritto pubblico che imita il tradizionale istituto matrimoniale ed è volto a regolamentare le unioni tra persone maggiorenni dello stesso sesso, le quali possono costituire un vincolo (paramatrimoniale) con dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni, per poi essere registrato nell’archivio dello stato civile. Al quarto comma sono previste quattro cause impeditive per la costituzione dell’unione civile (precedente vincolo matrimoniale o unione civile, interdizione per infermità di mente, vincoli di parentela, condanne definitive per omicidio consumato o tentato nei confronti del coniuge o di chi è unito civilmente), cause che se fatte valere comportano la nullità dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.
Nella seconda parte della legge (commi da 36-65), invece, sono disciplinate le convivenze di fatto sia eterosessuali sia omosessuali. Dai