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Dalla riforma del 1975 sul diritto di famiglia alla l.219/

Processo di unificazione dello status di figlio

3.1 Dalla riforma del 1975 sul diritto di famiglia alla l.219/

Nell’analisi dell’evoluzione della disciplina sulle convivenze more uxorio è assolutamente imprescindibile un approfondimento sul percorso intrapreso dall’ordinamento verso lo sviluppo normativo della disciplina sulla filiazione.

Si potrebbe anche dire che l’attenzione da parte del nostro ordinamento nei confronti delle coppie di fatto nasce dall’esigenza, palesata dopo la riforma della famiglia del ‘75, di eliminare dal nostro ordinamento quelle disparità di trattamento, contrarie all’art. 3 Cost., nei confronti dei figli nati fuori dal matrimonio.

Con la riforma del 1975 inizia il processo di parificazione tra figli legittimi e figli naturali. Alla base della riforma (l. 19 maggio 1975 n.151) c’è l’idea di una famiglia intesa quale comunità di soggetti uguali tra loro

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e responsabili nei confronti dei figli, indipendentemente dalla qualificazione giuridica del rapporto di procreazione, che perde la sua preminenza per dare risalto e priorità all’interesse del minore.

La riforma è volta a dare piena attuazione ai principi costituzionali di eguaglianza tra coniugi e della parità tra figli legittimi e figli naturali (art. 261 c.c.) anche in sede successoria (art. 566 c.c) ed eliminare il riconoscimento dei figli adulterini (art.253 c.c.) come conseguenza dell’introduzione della norma sullo scioglimento del vincolo matrimoniale.

Entrando più nel merito, con la suddetta riforma si valorizza la volontà dei coniugi all’atto di celebrazione del matrimonio (artt.122 e 123c.c.) e sono attribuiti uguali poteri nel governo della famiglia (artt. 143, 144, 145, 146, 147 c.c.). Inoltre, la separazione viene svincolata dal principio della colpa e subordinata al verificarsi di << fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare pregiudizio all’educazione della prole>>( art. 151 c.c.).

La riforma fra l’altro introduce anche la comunione legale dei beni tra coniugi (art. 159, 177 e ss. c.c.).

Dopo la riforma, a compimento del progetto d’innovazione del diritto di famiglia è introdotta dal legislatore la l. n. 194 del 1978, che consente alla donna, anche coniugata, l’interruzione di gravidanza senza che il marito possa opporvisi.

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Sono approvate norme che sostanzialmente tutelano in primis la persona, prevalendo, secondo una più moderna e costituzionalmente orientata scala di valori, sulle ragioni di unità del vincolo, ad es. (la legge n.54 del 2006), che ha modificato le disposizioni di cui agli artt. 155 e ss. c.c.

Secondo l’art. 155 1comma c.c., anche in caso di separazione, divorzio, nullità del matrimonio, il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascun genitore, di ricevere cure, educazione ed istruzione da entrambi i genitori e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Secondo questa impostazione i genitori hanno il diritto-dovere di essere presenti nella vita dei figli anche dopo la rottura del legame tra genitori, garantendo in capo ai figli il diritto alla bi genitorialità.

Uno dei punti più rilevanti della nuova disciplina del diritto di famiglia è espresso dall’art.4 2° comma l. n. 54 del 2006, poiché estende tale disciplina, non solo ai figli nati da coppie coniugate, ma anche ai figli che nascono al di fuori del vincolo matrimoniale, iniziando il percorso normativo che porterà all’unificazione dello status di filiazione.

Un punto altrettanto rilevante, emerso sulla scorta di orientamenti sviluppati in sede internazionale(es. convenzione O.N.U, New York 1989), è rappresentato dalla considerazione del minore, non più come

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soggetto incapace destinatario di protezione, ma come individuo titolare di diritti e di doveri. Tra gli aspetti più rilevanti vi è il diritto del minore a partecipare in prima persona alla formazione e alle scelte che lo riguardano (art. 9 l. n. 54 del 2006 che ha introdotto l’art. 155 sexies c.c. tramite il quale si permette la partecipazione del minore nelle procedure di separazione) e l’art.12 in cui si prevede la possibilità per il fanciullo di esprimere la propria opinione su ogni questione che lo interessa in considerazione della sua età e del suo grado di maturità.

Con questi interventi mutano gli equilibri sui quali era impostato il vecchio diritto di famiglia, dando centralità ai diritti del minore piuttosto che all’unità familiare o alla patria potestas.

L’esigenza di una riforma del diritto di famiglia, nasce proprio dalla necessità di garantire anche ai figli naturali la piena tutela che l’ordinamento assicurava esclusivamente in capo ai figli legittimi, in forza di un orientamento che considerava il matrimonio come unico fondamento della filiazione. Orientamento che era espressione del favor matrimonii riconosciuto dall’ordinamento e della residua funzione pubblicistica attribuita alla famiglia legittima.

Mutato l’orientamento prevalente verso la valorizzazione dei diritti della persona e del principio consensualistico, si assiste a una tendenziale separazione tra matrimonio e filiazione al fine di garantire una piena tutela della filiazione indipendentemente dal matrimonio tra i genitori.

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3.2 L. 219/2012

Orbene, il nostro ordinamento con la l. 219 del 2012 ha portato a compimento quel processo iniziato nel ‘75 di unificazione dello status di figlio.

Grazie all’intervento del legislatore ora il fondamento dei rapporti tra genitori e figli nasce dalla generazione e non più dall’istituto del matrimonio, coerentemente con la linea segnata dal comma 1 dell’art. 30 Cost. Ora quindi, è la procreazione che fonda la responsabilità dei genitori nei confronti di tutti i figli anche quelli privi di status (art. 30 Cost.; art. 279 c.c.).

Una conferma di quest’orientamento è rinvenibile nell’art. 9 della l. 40/2004 (norme in materia di procreazione di medicalmente assistita), in cui il marito che abbia dato il consenso all’inseminazione della sua compagna con seme di donatore non può pentirsi e agire in disconoscimento.

Fondamentalmente, la riforma del ‘75 tende a eliminare le disparità di trattamento ampliando i casi di riconoscimento dei figli nati da persona coniugata (art.250 c.c.) ed i limiti in passato previsti per l’ammissibilità dell’azione giudiziale (art. 269 c.c.) in conformità con i principi Cost. sanciti negli artt.2; 3; 29; 30; 31 Cost.

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Nonostante tutto però, la riforma manteneva sostanzialmente la distinzione tra figli legittimi e naturali prevedendone l’equiparazione solo in determinati casi (es. art. 261; 317 bis. c.c.). A conferma di quanto detto vi è la scelta di mantenere l’istituto della legittimazione (art. 280 c.c.), grazie al quale è possibile attribuire al figlio naturale la qualità di figlio legittimo.

Il profilo di maggiore differenziazione tra filiazione legittima e naturale prima della riforma del 2012, era quello attinente alla parentela posto che, salvo alcune eccezioni tassativamente previste, le relazioni di parentela presupponessero il vincolo matrimoniale dei genitori. A tal riguardo, la Corte Cost.90 aveva enunciato tale principio affermando che non si potesse configurare un rapporto di parentela tra fratelli naturali.

Per superare questi profili di differenziazione, il legislatore del 2012 ha inteso realizzare l’unicità dello stato giuridico di filiazione, superando così il principio di parità che era stato attuato dalla riforma del 1975.

Con la riforma n.219 del 2012, composta di sei articoli, vengono effettuate modifiche che incidono profondamente sulla disciplina del codice civile. Sono fissati i principi e i criteri direttivi per l’esercizio della delega rilasciata al governo e alcune rilevanti modificazioni di natura

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Sesta, La Filiazione, in Tratt. Bessone, II ed., Torino, 2011, 20; Corte Cost. 7 novembre 1994, in Giust. civ., 1995, I, 84; Corte Cost. 23 novembre 2000, n. 532, in Corr. giur., 2001, 1034, con commento di Guerinoni

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processuale, oltre alla previsione di modifiche alle norme regolamentari in materia di stato civile.

La disposizione centrale attorno alla quale ruota l’intera legge è quella concernente l’art. 315 c.c. rubricato “stato giuridico della filiazione” la quale afferma che “tutti i figli godono dello stesso stato giuridico”. A questa norma si collega quella che, modificando l’art.74 c.c. stabilisce che “la parentela è il vincolo tra le persone che discendono da uno stesso stipite, sia che la procreazione sia avvenuta all’interno del matrimonio che fuori di esso, sia nel caso in cui il figlio sia adottivo”.

A dette disposizioni si allaccia anche quella che modifica il testo dell’art. 258 c.c. secondo il quale “il riconoscimento produce effetti riguardo al genitore da cui fu fatto e riguardo ai parenti di esso” facendo entrare il figlio nella famiglia (estesa) indipendentemente dal fatto che egli sia stato concepito dentro o fuori il matrimonio.

Grazie a questi interventi normativi sembrerebbe radicalmente modificata la nozione di famiglia legale che ora non pare più legata all’istituto del matrimonio, prescindendo da esso. Anche se questo nuova impostazione però solleva il problema della compatibilità con il dettato dell’art. 29 Cost. che pone il matrimonio come elemento costitutivo della famiglia.91

91 Bianca, Dove va il diritto di famiglia? In familia,2001, 9; Ferrando, in Tratt. Dir. Priv, diretto da

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Con questo intervento normativo viene definitivamente meno il rilievo del legame coniugale rispetto alla filiazione, lasciando spazio a un nuovo assetto legale della famiglia fondato su legami di consanguineità.

Tra le modifiche intervenute per opera della l. 219/2012 bisogna considerare la parziale riscrittura dell’art. 250 c.c. in cui si prevede un nuovo e più spedito procedimento per il riconoscimento del figlio già riconosciuto da un genitore. Si dispone anche una riduzione da sedici a quattordici anni dei limiti di età previsti per prestare l’assenso al riconoscimento e per rendere necessario il consenso dell’altro genitore.

Altra modifica innovativa è avvenuta con riguardo all’art. 251c.c., che consente il riconoscimento del figlio nato tra due persone legate da vincoli di parentela in linea retta all’infinito o in linea collaterale fino al secondo grado, purché venga autorizzato dal giudice, tenuto conto degli interessi primari del figlio.92

L’art. 276 c.c., fra l’altro, consente la nomina di un curatore speciale quale legittimato passivo della domanda di dichiarazione di genitorialità, qualora manchino i genitori o i suoi eredi.

Nell’art 74 c.c. riformulato, si prevede che il vincolo di parentela si crea anche con riguardo ai figli adottivi, precisando però che tale legame

92 Si supera così l’originario divieto di accertamento dello status del figlio nato da genitori legati da vincolo di parentela, in merito al quale si veda Corte Cost. 28 novembre 2002, n. 494, in , 2003, 119, con nota di Ferrando; in argomento cfr. Lena, Codice della Famiglia, a cura di Sesta, cit., sub art. 251, 1292.

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non s’instaura con i figli adottivi maggiori di età di cui agli artt. 291 ss c.c.. Fino ad ora il rinvio effettuato dall’art. 55 l.184/1983 all’art. 300 c.c. faceva si che gli effetti dell’adozione di maggiori di età si estendessero anche alle adozioni in casi particolari (art.44 l.184/1983) facendo sorgere dubbi sulla costituzionalità di tale scelta interpretativa poiché non terrebbe dovuto conto degli interessi del minore, posto che la ratio della norma è volta alla tutela del minore aldilà del suo stato giuridico. L’esclusione dei rapporti con i parenti dell’adottante fa sorgere dubbi, posto che l’adozione ex art. 44 l. 183/1984 ha una funzione di tipo “familiare” e non “patrimoniale” come per l’adozione di maggiorenni e tende a dare all’adottato una nuova famiglia.93 Pertanto, il nuovo art. 74 c.c. si presta a essere inteso come il superamento della precedente applicazione estensiva della disciplina prevista per l’adozione dei maggiorenni alle adozioni in casi particolari vista la diverse funzioni che svolgono i due tipi di adozione.

Tornando ai diritti e doveri dei figli, la norma, oltre a prevedere il diritto a essere educati, mantenuti, istruiti dai genitori, prevedono anche altri diritti di natura areddituale, tra cui il diritto ad essere considerati, rispettati e compresi da chi li ha messi al mondo. Per effetto della novella del 2012 e degli interventi correttivi del d.lgs n.154/2013, i diritti dei figli a crescere nella propria famiglia e di mantenere rapporti significativi con i

93 L’adozione in casi particolari del figlio naturale del coniuge, In la nuova legge sulla filiazione, profili

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parenti dei rispettivi genitori, trovano oggi collocazione unitaria e sistematica.

A protezione di questi diritti, il d.lgs del 2013 ha elaborato il principio di responsabilità genitoriale attraverso la nuova formulazione dell’art. 316 c.c. “Responsabilità genitoriale”.

Queste norme costituiscono, infatti, il presupposto per configurare la lesione dei diritti fondamentali del figlio, consentendo a quest’ultimo di agire per ottenere il riconoscimento giudiziale della responsabilità genitoriale derivante dalla volontaria, grave e reiterata sottrazione agli obblighi derivanti dal rapporto di filiazione, rafforzando così la tutela dei figli nei confronti d’illeciti endofamiliari, potendo così dar vita ad un’autonoma azione volta a consentire il risarcimento per i danni non patrimoniali ex art.2059 c.c.

Altra novità è l’abrogazione dell’art.155 c.c. sostituito con l’art. 337 ter, con contenuto sostanzialmente identico, che però contiene i parametri di riferimento per individuare l’entità degli assegni di mantenimento a carico dei genitori, specificando che il giudice dovrà adottare i provvedimenti tenendo esclusivamente conto all’interesse morale e materiale della prole. Tale disposizione prevede che le decisioni di maggior interesse per i figli siano prese di comune accordo tra i genitori, tenendo conto delle capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni dei figli e che in caso di disaccordo decida il giudice, mutuando così il dettato

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dell’abrogato art.155 c.c., disposizione volta ad affermare definitivamente il principio della bigenitorialità.

Il d.lgs 154/2013 ha inoltre aggiunto al codice gli artt.337 quater 337 quinquies ; 337 sexies; 337 septies; 337 octies i quali risultano di contenuto identico agli artt. 155 bis; ter; quater; quinquies; sexies, per consentirne l’applicazione non solo in caso di separazione, scioglimento degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ma anche nei procedimenti relativi a figli nati fuori dal matrimonio.

La novità, forse più rilevante, riguarda l’art. 315 c.c. poiché consente di considerare la responsabilità genitoriale non più come l’esercizio di un potere, bensì come una comune e costante assunzione di responsabilità nell’interesse esclusivo della prole. Pertanto, mentre nel caso di crisi nel rapporto tra genitori l’affido del minore potrà essere mongenitoriale o bigenitoriale, la responsabilità dei genitori resterà bi genitoriale.94 Ciò conferma l’intento del legislatore volto a rendere totalmente autonoma la tutela dei figli. Inoltre, con questa norma il legislatore ha inteso dotare il minore del diritto di intervenire e di decidere su tutte le questioni che lo riguardano, specie con riferimento ai rapporti personali.

94 Considerazione fatta propria dal legislatore con il d.lgs., 154/2013, che, con gli artt. 3 e 4, ha rispettivamente sostituito gli artt. 147 e 148 c.c. Adesso, l’art. 147 così dispone: “Il matrimonio impone ad ambedue i coniugi l’obbligo di mantenere, istruire, educare e assistere moralmente i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, secondo quanto previsto dall’articolo 315-bis”. L’art. 148 c.c. risulta così modificato: “I coniugi devono adempiere l’obbligo di cui all’articolo 147, secondo quanto previsto dall’articolo 316-bis”.

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Partecipazione e ascolto del minore sono ulteriormente confermati dall’introduzione dell’art. 316 c.c. e dell’art. 316 bis che disciplinano le modalità di conduzione dell’audizione del minore, tenendo maggiormente conto agli interessi del minore.

Si abbandona così la tradizionale concezione del minore come oggetto di protezione, sposando invece l’indirizzo personalistico che garantisce al minore il diritto ad agire direttamente ogni qualvolta sia in gioco una scelta che possa incidere nell’ambito dei rapporti di famiglia.95

Sembra faccia sorgere molte perplessità invece il nuovo art.448 bis c.c., concernente il venir meno dell’obbligo del figlio di prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale sia stata pronunciata la decadenza dalla potestà. Questa disposizione sembra attribuire una portata punitrice alla decadenza96della potestà piuttosto che quale conseguenza dell’inadeguatezza del genitore rispetto ai propri doveri, soprattutto, tenuto conto del carattere di provvisorietà della pronuncia di decadenza, della natura e finalità dell’obbligazione alimentare.

La nuova norma prevede inoltre, la facoltà del figlio di escludere dalla propria successione il genitore per fatti che non integrano casi d’indegnità di cui all’art. 463 c.c. anch’esso fonte d’incertezze.

95Busnelli, Capacità ed incapacità di agire del minore, in Dir. fam. e pers., 1982, p. 56 ss. 96 De Filippis, in famiglia e diritto, unicità dello stato di filiazione e i nuovi assetti delle relazioni

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In seguito all’unificazione dello stato di figlio sono state inoltre abrogate le norme in tema di legittimazione del figlio naturale, non esistendo più tale distinzione.

In base a questa riforma, come precedentemente accennato, volta all’unificazione dello stato di figlio attraverso la nuova formulazione dell’art.74 c.c., si è prevista la creazione del vincolo di parentela anche in capo ai figli adottivi, precisando però, che esso non si crea nei casi di adozione di persone di maggiore età di cui agli artt. 291 ss. c.c.

Per quanto riguarda i diritti e doveri dei figli e la potestà dei genitori, sia dentro sia fuori dal matrimonio, la l. 219/2012 ha previsto una delega volta all’unificazione delle disposizioni che se ne occupano. Delega concretizzata nel d.lgs. n. 154/2013 che attraverso gli artt. da 39 a 55 hanno novellato il titolo IX del c.c. (artt. 315-337 octies) rubricandolo “della responsabilità genitoriale e dei diritti e doveri”. Il titolo IX è suddiviso in due capi: I – dei diritti e doveri del figlio; II- esercizio della responsabilità genitoriale a seguito di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio ovvero all’esito dei procedimenti relativi ai figli nati fuori del matrimonio( artt. 337 bis a 337 octies).

Secondo l’art. 315 c.c. “ Tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico”. Mentre nell’art. 316 c.c. il termine “ potestà dei genitori” è stato sostituito con “Responsabilità genitoriale”, attribuita ad entrambi i genitori. In

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conformità a tale disposizione la responsabilità genitoriale dovrà essere esercitata tenendo conto: - delle capacità dei figli;- delle inclinazioni naturali del figlio; - delle aspirazioni del figlio. Il primo comma dell’art. 316 c.c. prevede che i genitori debbano esercitare la responsabilità genitoriale di comune accordo, e di comune accordo debbano scegliere la residenza abituale del figlio minore. In caso di disaccordo si prevede la possibilità di adire il giudice senza formalità, il quale potrà suggerire una soluzione solo dopo aver sentito i genitori e ascoltato il figlio minore almeno dodicenne. La riforma ha anche eliminato la previsione che consentiva al padre di adottare provvedimenti urgenti in caso di pericolo di grave pregiudizio per il figlio (residuo della vecchia concezione patriarcale). Allo stesso tempo però, l’art. 316 c.c. quinto comma impone comunque per il genitore che non esercita la responsabilità genitoriale, la vigilanza sull’istruzione, sull’educazione e sulle condizioni di vita del figlio. Disposizione che va letta in correlato disposto con l’art. 337 quater che consente al genitore non affidatario di rivolgersi al giudice “ quando ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli al loro interesse”. L’art. 316 bis c.c. dispone invece il concorso nel mantenimento, replicando così il contenuto del sostituito art. 148 c.c., con la differenza che l’art. 316 c.c. è rivolto ai genitori e non ai coniugi.

Una delle più importanti novità introdotte dalla l. 219/2012 è la sostituzione di tutte le parole come (figli legittimi, naturali) con il termine

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generale “ figli”. Si attribuisce così maggior centralità al ruolo del minore sia all’interno del processo sia nei rapporti con i genitori.97

Secondo l’art. 315 bis c.c., che viene inteso come uno statuto dei diritti fondamentali e dei doveri dei figli, si prevede che il figlio abbia, secondo le sue capacità, inclinazioni, aspirazioni, il diritto di essere mantenuto, educato, istruito, assistito moralmente, crescere in famiglia, di mantenere rapporti significativi con i parenti, di essere ascoltato in tutte le questioni e procedure che lo riguardano. Si tratta di una disposizione che richiama il dettato dell’art. 30 Cost. e dell’art.147 c.c., con la differenza che nella nuova formulazione i diritti del figlio sono enunciati positivamente e in modo esplicito e non si desumono in via indiretta dai doveri dei genitori. Inoltre, in base all’art. 337 ter, tali diritti rimangono anche in caso di separazione personale, scioglimento degli effetti civili, cessazione della convivenza ecc.

La Riforma ha aggiunto anche il diritto del minore all’assistenza morale, intesa come “cura” già espressa nell’art. 155 c.c. e art. 12 l. 184/1983.

Per quanto riguarda invece le modalità di contribuzione del figlio al mantenimento della famiglia previste dall’art.315 bis, fondato su doveri inderogabili di solidarietà, si prevede che tale obbligo permane finché vive nell’ambito familiare, facendo così configurare la convivenza come

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presupposto necessario dell’obbligo contributivo. Inoltre, anche in assenza di convivenza il figlio è comunque tenuto agli alimenti se sussistono determinati presupposti (art.433 ss c.c.). L’art. 318 c.c. impone l’obbligo al figlio di non abbandonare la casa dei genitori, riconoscendo in capo al genitore il potere di richiamarlo, ricorrendo se necessario anche al giudice