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Le principali teorie sulla percezione

Nel documento Anno Accademico 2019/2020 (pagine 6-9)

Capitolo 1- PERCEZIONE E MOVIMENTO

1.2 Le principali teorie sulla percezione

1.1 Elaborazione bottom-up e top-down

Elaborazione bottom-up vuol dire dal basso verso l’alto e top-down significa dall’alto verso il basso. Con la prima si intende una modalità di elaborazione

“guidata dai dati”, cioè una elaborazione che parte dai dati sensoriali o, in altre parole, dalle singole parti dello stimolo. L’elaborazione top-down si riferisce invece ad una elaborazione “guidata dai concetti”, cioè basata sulle rappresentazioni contenute in memoria. Prendiamo ad esempio un’automobile. Possiamo riconoscerla a partire dalle caratteristiche fisiche elementari come le linnee orizzontali, verticali e curve che la compongono.

Queste varie caratteristiche vengono poi riunite in forme più articolate e complesse come grandezza e forma, numero delle ruote, colore ecc., per poi verificare quale oggetto emerge “dall’assemblaggio” delle parti; oppure possiamo partire dal concetto di automobile rappresentato nella memoria e poi analizzare se le varie parti che lo compongono confermano questa prima percezione. L’utilizzo di una modalità rispetto che un’altra dipende in una buona misura dal contesto in cui è inserito l’oggetto percepito e dal grado di conoscenza che l’osservatore ne ha, tuttavia il processo finale di elaborazione, cioè la denominazione dello stimolo può essere raggiunto attraverso un confronto tra l’input sensoriale confrontato con la rappresentazione mentale (Nicoletti e Rumiati, 2006).

1.2 Le principali teorie sulla percezione

Una teoria che pone molta enfasi sul processo bottom-up è la teoria della percezione diretta di Gibson: ogni stimolo possiede informazioni sufficientemente specifiche da renderne possibile il riconoscimento senza l’intervento dei processi cognitivi superiori. Processi cognitivi quali la memoria per accedere all’esperienza passata non sarebbero quindi necessari per riconoscere lo stimolo che avrebbe già un “proprio ordine interno che ne consentirebbe una percezione diretta. L’ordine interno, costituito dalla distribuzione spaziale e temporale dello stimolo, permette una diretta

“disponibilità” al suo riconoscimento (Agnoli, 1991).

Gibson ha definito questa disponibilità dello stimolo “affordance”. L’affordance sarebbe ciò che permette all’osservatore di estrarre le caratteristiche che definiscono l’uso e le finalità dell’oggetto percepito (Nicoletti e Rumiati, 2006).

Per esempio l’interruttore della luce suggerisce l’azione di premere così come una tazza suggerisce di essere afferrata impugnando il manico e non sollevando il piattino sul quale è appoggiata e così via.

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Sempre secondo la teoria della percezione diretta, l’affordance suggerita dall’oggetto all’osservatore si basa non soltanto su fattori fisici posseduti dall’oggetto, ma anche sullo stato psicologico e fisiologico dell’osservatore.

Per esempio, in uno stato di rabbia, un posacenere può perdere la sua affordance di appoggio della sigaretta nelle scanalature apposite e può assumere l’affordance di un oggetto pesante da afferrare e lanciare. Una delle critiche che viene mossa alla teoria della percezione diretta è quella che si riferisce alle illusioni ottiche, che dimostrerebbero che le sole caratteristiche fisiche dell’oggetto non permettono una sua corretta percezione. Gibson ha risposto che le illusioni ottiche sono un fenomeno quasi esclusivamente di laboratorio e non sono invece presenti in tutti quei contesti definiti naturali dove la percezione deve essere studiata, infatti, per questo motivo questa teoria viene anche chiamata “teoria ecologica della percezione”.

Una teoria della percezione, invece, a favore del processamento top-down è la teoria costruttivista (Bruner 1957; Rock 1983) secondo la quale, dato che noi non vediamo delle semplici configurazioni ma vediamo oggetti complessi, perché questo sia possibile è necessaria un’attiva ricerca della migliore interpretazione possibile delle caratteristiche disponibili. Secondo Gregory tale interpretazione definita “controllo delle ipotesi” non può che avvenire secondo il processamento top-down grazie al quale costruiamo le nostre percezioni attraverso i nostri processi cognitivi. Le due teorie descritte non sono del tutto opposte perché a ben vedere non c’è una netta contrapposizione tra il principio del controllo delle ipotesi proposto da Gregory e l’affordance dello stimolo oltre che lo stato psicologico e fisiologico dell’osservatore ipotizzato da Gibson (Nicoletti e Rumiati, 2006).

Un’altra teoria della percezione è quella di Neisser (1976). Ed è quella dell’analisi tramite sintesi. Secondo questa teoria la percezione sarebbe il risultato di una sequenza di stadi che avrebbe al primo posto la selezione preliminare dello stimolo visivo tramite un processo preattentivo e automatico in grado di fornire una prima rappresentazione dello stimolo visivo secondo un processamento di tipo bottom-up. Al secondo livello interverrebbe uno spostamento volontario dell’attenzione sullo stimolo analizzato prima. È in questo stadio che l’osservatore si forma una rappresentazione mentale dello stimolo, basata sulle aspettative e sulle esperienze passate, per poi metterla a confronto con la rappresentazione preliminare effettuata nello stadio precedente. Questo secondo stadio sarebbe evidentemente guidato da un processamento di tipo top-down. Ciò che avviene nel terzo stadio dipende dal risultato del confronto avvenuto nello stadio precedente. Se il confronto è positivo, allora la rappresentazione mentale dello stimolo ottenuta nel

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precedente viene considerata il risultato finale della percezione. Se invece il confronto tra la rappresentazione preliminare dei dati sensoriali e la successiva rappresentazione percettiva non coincidono, allora il sistema dovrà ipotizzare nuove rappresentazioni percettive fino a raggiungere la corrispondenza. Il maggior limite della teoria di Neisser riguarda la indeterminatezza dei processi che avrebbero luogo nella fase di confronto tra la rappresentazione preattentiva delle caratteristiche sensoriali e le rappresentazioni delle conoscenze già presenti in memoria. Anche la teoria della percezione di Mar (1982) prevede un livello di elaborazione di tipo bottom-up ed un livello più avanzato che si baserebbe su processamenti di tipo top-down (Nicoletti e Rumiati,2006)

Secondo tale teoria, la percezione inizia fin dall’immagine retinica dello stimolo che, attraverso stadi successivi, viene trasformata in una rappresentazione sempre più complessa. In particolare, per uno stimolo tridimensionale sarebbero necessari tre distinti stadi per arrivare ad una percezione completa: un primo stadio che può essere definito “schizzo primario bidimensionale 2-D” dello stimolo visivo che colpisce l’occhio; un secondo stadio costituito da uno schizzo e mezzo “ che aggiungerebbe gli indizi di profondità e orientamento; e un terzo stadio definito “modello tridimensionale 3-D” nel quale si ottiene la rappresentazione tridimensionale dello stimolo e le relazioni spaziali tra le sue varie parti ( Nicoletti e Rumiati, 2006).

In particolare, nel primo stadio non è coinvolta la percezione cosciente; le caratteristiche di forma e grandezza simili vengono automaticamente accorpate.

Nel secondo stadio lo stimolo comincia a delinearsi ma soltanto nelle sue parti percettivamente visibili all’osservatore e, naturalmente, la rappresentazione cambia cambiando il punto di osservazione. In questo stadio quindi non ci formeremo la rappresentazione delle quattro gambe del tavolo se alcune sue parti sono coperte da fogli, libri o altro. Per questo motivo viene anche definito “percezione centrata sull’osservatore”.

Nel terzo stadio si forma infine la rappresentazione tridimensionale dell’oggetto. In questa fase la rappresentazione viene integrata dalle conoscenze acquisite nelle esperienze passate. Nell’esempio del tavolo siamo ora in grado di formarci una rappresentazione completa della sua superficie (anche le parti nascoste degli oggetti “appartengono” ora alla superficie del tavolo) e delle altre parti che non siamo in grado di percepire (per esempio le gambe che non vediamo). Lo stimolo visivo indipendente dal

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punto di vista di osservazione e per questo lo stadio viene anche definito

“percezione basata sull’oggetto” (Nicoletti e Rumiati, 2006).

1.3 Modalità di riconoscimento degli oggetti

Nel documento Anno Accademico 2019/2020 (pagine 6-9)

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