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Tutte le funzioni aziendali sono tenute al rispetto delle norme di comportamento di seguito indicate, conformi ai principi dettati dal presente Modello e dal Codice Etico:

- osservare rigorosamente tutte le norme poste dalla legge e dalle procedure e dai regolamenti aziendali interni in merito allo svolgimento delle ordinarie attività della società;

- astenersi dal porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, presi individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, le fattispecie di delitti di criminalità organizzata;

- divieto di sottostare a richieste di qualsiasi tipo contrarie alla legge e di darne comunque informativa al proprio diretto superiore e all’Organismo di Vigilanza i quali valuteranno l’opportunità/necessità di coinvolgere le Autorità di Polizia procedendo alle eventuali denunce del caso;

- non riconoscere, in favore dei collaboratori, consulenti, appaltatori e fornitori in genere, compensi che non trovino adeguata giustificazione in relazione al tipo di incarico da svolgere ed alla prassi vigente nel settore di attività interessato;

- assicurarsi che il processo di scelta dei collaboratori, consulenti, appaltatori e fornitori in genere preveda la raccolta di informazioni sull’onorabilità degli stessi (ad esempio, attraverso la richiesta sistematica di documenti quali il certificato antimafia, il certificato del casellario giudiziale, ovvero in alternativa autodichiarazioni circa l’assenza di procedimenti penali, visura camerale in caso di società).

Per la particolarità dei delitti trattati dalla presente Parte Speciale, si richiamano i principi (divieti e obblighi) previsti nelle altre Parti Speciali del presente Modello.

F.4 I FLUSSI INFORMATIVI

Tutte le funzioni aziendali sono tenute a comunicare tempestivamente all’ODV ogni comportamento, anomalia o irregolarità documentale che possa essere sintomatica dell’avvenuta costituzione di un’associazione per delinquere o della partecipazione ad un’associazione di stampo mafioso o qualsiasi elemento da cui possa desumersi il pericolo di interferenze criminali in relazione all'attività d'impresa.

Il Responsabile dell’Ufficio Amministrazione e Contratti ha la responsabilità di trasmettere report semestrale all’ODV, qualora vengano riscontrate:

- eventuali anomalie riscontrate in fase di monitoraggio delle imprese appaltatrici e dei fornitori in genere;

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- eventuali segnalazioni ricevute dalle Pubbliche Autorità (Questura, Procura, Ministero Interni, Ispettorato Lavoro, ecc) con riferimento ad infiltrazioni criminali;

- eventuali anomalie riscontrate nella gestione delle gare di appalto;

- risultanze di sospetta o conclamata appartenenza alla malavita o ad associazioni dedite alla criminalità organizzata di fornitori/appaltatori/clienti/partner, ecc. raccolte sulla base di:

relazioni periodiche provenienti da istituzioni pubbliche, statistiche ISTAT, studi criminologici, articoli di stampa, pubblicazioni, rilevazioni delle Camere di Commercio, delle associazioni imprenditoriali e sindacali, associazioni antiracket, ecc..

- eventuali anomalie risultanti dalle verifiche contabili e dai controlli incrociati effettuati sulle fatturazioni e sui pagamenti.

F.5 I COMPITI DELL’ORGANISMO DI VIGILANZA

L’OdV avrà facoltà di effettuare i controlli ritenuti più opportuni, anche con l’ausilio di funzioni interne od esterne alla società, dei quali dovrà essere fornita evidenza scritta.

F.6 IL SISTEMA DI PREVENZIONE E CONTROLLO

Come sopra evidenziato, i reati associativi possono essere commessi al fine di conseguire le più svariate fattispecie criminose (reati-scopo), pertanto tutti i principi espressi nel Codice Etico, nonché tutte le procedure, tutti i regolamenti, tutti i protocolli di controllo che disciplinano l’attività societaria sono funzionali anche alla prevenzione dei reati presi in esame con la presente Parte Speciale e si intendono qui integralmente richiamati.

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MODELLO DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO PARTE SPECIALE G)

DELITTI CONTRO L’AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA

G.1 I REATI DI CUI ALL’ARTICOLO 25-DECIES DEL D. LGS. N. 231/2001.

L’art. 25-decies del Decreto prevede la seguente fattispecie criminosa:

Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria Art. 377 bis c.p.: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, con violenza o minaccia, o con offerta o promessa di denaro o di altra utilità, induce a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci la persona chiamata a rendere davanti alla autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, quando questa ha facoltà di non rispondere, è punito con la reclusione da due a sei anni”.

L’art. 377 bis cod. pen. sanziona le condotte poste in essere da chiunque, facendo ricorso ai mezzi della violenza, della minaccia o della “offerta o promessa di denaro o di altra utilità”, induca a non rendere dichiarazioni, ovvero a renderle mendaci, tutti coloro che sono chiamati a rendere, davanti alla autorità giudiziaria, dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale, nel caso in cui abbiano facoltà di non rispondere.

In seno a tale norma, convivono tipologie aggressive del tutto eterogenee: da un lato, la coartazione violenta avente come destinatario chi può avvalersi della facoltà di non rispondere;

dall’altro, la “subornazione” di tale soggetto mediante promessa o offerta di denaro o altra utilità.

Le condotte induttive individuabili nella struttura del delitto di cui all’art. 377 bis cod. pen. devono realizzarsi attraverso mezzi tassativamente delineati dalla norma incriminatrice e dunque consistere in una violenza, una minaccia, ovvero un’offerta o promessa di denaro o di altra utilità.

La scelta di reprimere penalmente condotte illecite direttamente o indirettamente finalizzate ad inquinare il corretto svolgimento del contraddittorio e la genuinità dei suoi risultati probatori risulta porsi in un’ottica di adeguamento della disciplina interna concernente i delitti contro l’amministrazione della giustizia alle fondamentali indicazioni di principio espresse a livello internazionale.

In sintesi, si deve affermare che il bene giuridico tutelato dal predetto articolo viene rappresentato dall’interesse alla genuinità della prova, così come dal corretto svolgimento dell’amministrazione della giustizia. Più in particolare, il legislatore ha voluto reprimere tutte quelle condotte in grado di creare influenze esterne per turbare la ricerca della verità nel processo.

Inoltre, l’elemento psicologico del reato de quo viene rappresentato dal dolo specifico, inteso come la coscienza e la volontà del fatto tipico, con l’ulteriore scopo di indurre taluno a comportarsi in un determinato modo.

Si tratta di un reato comune, a forma vincolata, avente natura di pericolo e di mera condotta dove il tentativo è configurabile. Infatti, proprio su quest’ultimo punto la Suprema Corte ha, di recente, enucleato il seguente principio di diritto: “La fattispecie penale di cui all’art. 377 bis codice penale, costituisce una figura di reato di evento/danno per il quale, a differenza della autonoma ipotesi di subornazione (rubrica ora sostituita con le parole di Intralcio alla giustizia), prevista dall’art. 377 codice penale, è configurabile il tentativo” (Cassazione penale, sezione VI, sentenza 2 ottobre 2006, n. 32633).

Più in dettaglio, la fattispecie penale incriminatrice di cui in oggetto ha anche una natura sussidiaria in quanto trova applicazione soltanto quando il fatto non è riconducibile ad un’altra figura criminosa.

Si aggiunge che affinché l’ipotesi criminosa di cui all’art. 377 bis c.p. sia configurabile è necessario che le dichiarazioni del testimone vengano rese innanzi all’autorità giudiziaria nel corso di un

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procedimento penale.

A titolo esemplificativo, si cita il caso di un soggetto apicale di Sipro che sia stato imputato in relazione ad un reato commesso nell’esercizio delle proprie funzioni e che venga chiamato a rendere dichiarazioni nel processo penale a carico della Società per lo stesso reato il quale, prima di essere sentito, venga minacciato di subire lesioni personali se, durante la deposizione, dichiara quanto sa.

G.2 AREE POTENZIALMENTE A RISCHIO E ATTIVITÀ SENSIBILI.

LE FUNZIONI COINVOLTE

In relazione al reato richiamato dall’art. 25 decies del Decreto, l’area a rischio è quella costituita dai rapporti inerenti i contatti con soggetti coinvolti in procedimenti giudiziari a carico di soggetti apicali di Sipro Spa o di soggetti sottoposti alla direzione o vigilanza di questi ultimi in relazione a reati che possono coinvolgere la società o altri soggetti che abbiano rapporti stretti con Sipro Spa.

Le funzioni interessate sono tutte quelle a conoscenza della pendenza di un procedimento penale, con particolare riguardo a coloro che si trovano nelle posizioni di vertice ed apicali.

Gli apicali di Sipro Spa potrebbero fare pressioni su altri soggetti di Sipro Spa che siano a chiamati a deporre, in veste di imputati di reato connesso, in procedimenti a carico di soggetti appartenenti ai Comuni Soci o ad altri Enti in stretta connessione. Sono altresì a rischio i procedimenti penali aventi ad oggetto l’applicazione delle sanzioni amministrative previsti dagli artt. 34 e ss. del decreto legislativo n 231/2001.

Ovviamente, anche procedimenti penali della medesima tipologia di quelli sopra descritti che dovessero instaurarsi possono portare alla realizzazione della condotta illecita de quo.

Va anche evidenziato che a norma dell’art. 44 del Decreto non possono mai essere assunti come testimoni nel procedimento a carico dell’Ente la persona o le persone imputate del reato da cui dipende l’illecito amministrativo ed il legale rappresentante che rivestiva tale funzione al momento della consumazione del reato. Tali persone, a norma dell’art. 44 secondo comma del decreto, possono comunque essere sentite come imputati di reato connesso potendo in tale evenienza avvalersi della facoltà di non rispondere. Anche in questi casi potrebbe quindi astrattamente verificarsi il reato di cui sopra.

G.3 PRINCIPI GENERALI DI COMPORTAMENTO

Tutte le funzioni aziendali sono tenute al rispetto delle norme di comportamento di seguito indicate, conformi ai principi dettati dal presente Modello e dal Codice Etico.

E’ fatto assoluto divieto di:

- porre in essere, collaborare o dare causa alla realizzazione di comportamenti tali che, presi individualmente o collettivamente, integrino, direttamente o indirettamente, la fattispecie di reato di cui all’art. 377 bis c.p.;

- porre in essere o dare causa a violazioni dei principi e delle procedure aziendali.

- discutere con soggetti coinvolti in procedimenti penali in merito al contenuto delle attività investigative in corso da parte della Pubblica Autorità;

- indurre coloro che sono chiamati a rendere davanti alla autorità giudiziaria dichiarazioni utilizzabili in un procedimento penale - nel caso in cui essi abbiano facoltà di non rispondere - a non rendere dichiarazioni, ovvero a renderle mendaci.

E’ fatto altresì obbligo di:

- rispettare il segreto istruttorio nel procedimento penale;

- rispettare la libertà e la autonomia di determinazione dei soggetti coinvolti in procedimenti giudiziari;

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- collaborare con le Autorità Giudiziarie – e loro organi e consulenti tecnici ed ispettivi – secondo canoni di verità e trasparenza in ogni fase, dalle indagini preliminari fino alla conclusione del procedimento penale;

- avvertire l’Organismo di Vigilanza di ogni violenza o minaccia, pressione, offerta o promessa di danaro o altra utilità, ricevuta al fine di alterare le dichiarazioni da rendere all’Autorità giudiziaria.