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Principi di integrazione funzionale tra le Aree Tecnico Funzionali dell’ULSS  n.  1

Di seguito viene data evidenza di alcuni legami di natura funzionale che coinvolgono differenti Aree Tecnico Funzionali o parti di esse, con lo scopo di assicurare una risposta coordinata e continuativa ai bisogni della popolazione, graduati secondo il livello assistenziale.

3.4.1 Integrazione Socio Sanitaria

L’integrazione  socio  sanitaria  si  conferma  come  il  riferimento prioritario e la strategia fondante del modello veneto, da perseguire a tutti i livelli.

Gli   obiettivi   prioritari   dell’ULSS   n.   1   sono   la   riduzione   della   frammentazione   del   processo   assistenziale e la garanzia della continuità della assistenza creando connettività, allineamento e collaborazione entro e tra le diverse organizzazioni, istituzioni e soggetti del territorio.

L’integrazione  socio  sanitaria  costituisce,  quindi,  una  forma  di  coordinamento  tra  interventi  di  natura   sanitari e di natura sociale, a fronte di bisogni di salute molteplici e complessi, sulla base di progetti assistenziali personalizzati.

La stessa si riconferma come strategia ampia e diffusa sui tre livelli essenziali per la sua attuazione: 1. istituzionale, tra i soggetti decisori delle politiche locali e attraverso i diversi strumenti

dell’integrazione   inter-istituzionale (PdZ, Accordi di programma per area di salute e/o per intervento specifico);

2. gestionale, organizzativo e professionale, tra servizi aziendali, tra servizi ed altre organizzazioni del territorio, tra professionisti attraverso protocolli di collaborazione, linee guida, definizione d’intenti  e  procedure  comuni;;

3. assistenziale,  nella  pratica  clinica  e  d’intervento  diretto  attraverso  gli  strumenti  operativi  a  partire   dalle unità di valutazione multidimensionale.

Elemento   fondante   dell’integrazione   è   la   centralità   della   persona,   riconoscendo   che   gli   esiti   dell’assistenza  sanitari  e  dell’assistenza  sociale  sono  interdipendenti,  poiché  il  quadro  dei  bisogni  si   genera  nell’incontro tra la condizione personale e la dimensione sociale ed ambientale.

La   normativa   vigente   ha   individuato   alcune   soglie   di   bisogni,   di   particolare   “fragilità”,   tali   da   definire  l’integrazione  socio  sanitaria  quale  livello  essenziale  di  assistenza  (minori, donne, persone anziane, persone con disabilità, persone con patologia mentale, persone con dipendenze, malati terminali, persone affette da patologie HIV) riconoscendo il bisogno di particolari modalità di presa in  carico    e  continuità  nell’assistenza , caratterizzate da globalità e interdisciplinarietà .

Strategie operative necessarie si riconfermano nella fase di accesso, di monitoraggio e di valutazione, nella consapevolezza che il mutare dei bisogni e delle condizioni di salute sono soggetti a molteplici variabili  tali  da  richiedere  un  continuo  e  costante  “accomodamento  ragionevole”  (vedi Convenzione ONU sui diritti delle Persone con Disabilità)

L’impegno   si   traduce   nell’aggiornamento,   nella   revisione   e   nell’attenzione   agli   strumenti   che,   nei   diversi  livelli,  possono  incentivare  l’integrazione  socio  sanitaria  

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Nell’ambito   dell’integrazione   socio   sanitaria,   una   prima   necessaria   connessione   riguarda   l’asse   Ospedale–Territorio a garanzia della continuità assistenziale e della presa in carico globale.

A  tale  scopo  è  opportuno  riconsiderare  ed  aggiornare  alcune  strategie  e  strumenti  d’integrazione: 1. i  processi  di  ammissione  e  dimissione  protetta,  la  funzione  dell’UVMD,  la  regia  ed  il  governo  

delle responsabilità integrate (case management);

2. la rete delle comunicazioni attraverso il Sistema informativo territoriale e il sistema informativo Ospedaliero   e   relativa   definizione   dei   livelli   d’integrazione   e   di   condivisione   di   dati   ed   informazioni;

3. lo sviluppo di protocolli operativi e di collaborazione tra u.o. ospedaliere e u.o. territoriali nelle aree ad alta integrazione socio sanitaria e in particolare relativamente alle situazioni di fragilità e di long term care;

4. l’implementazione   della   Centrale   Operativa   Territoriale, finalizzata a tutelare la persona nel passaggio  da  un  luogo  di  cura  all’altro  o  da  un  livello  clinico/assistenziale  all’altro.  La  centrale   operativa si caratterizza, inoltre, come strumento di raccolta e classificazione del problema/bisogno, di connessione con il sistema dei servizi per la presa in carico, di attivazione delle   risorse   più   appropriate,   di   potenziamento   delle   modalità   d’integrazioni   consolidate   ed   appropriate.

L’integrazione   ospedale-territorio,   così   come   l’integrazione   socio   sanitaria, in generale, riflette la dimensione processuale e di costante modificazione del quadro di riferimento pertanto la sua gestione deve essere monitorata e ragionata con sistematicità. A tal fine viene costituito un gruppo di lavoro specifico, in cui sono rappresentati gli ambiti ospedaliero e territoriale, e composto da : il Direttore Sanitario, il Direttore dei Servizi Sociali e della Funzione territoriale, il Direttore della funzione ospedaliera, il Direttore/i del Distretto, i responsabili delle UO distrettuali, un farmacista, un assistente sociale, un medico ed un pediatra di famiglia, uno specialista ambulatoriale interno, nominati dai rispettivi comitati aziendali e comitato zonale Tale gruppo assume il compito di sviluppare un piano di azione per  l’integrazione,  definendo  annualmente  i  contenuti  cui  dare  impulso   ed   attuazione,   e   restituendo   periodicamente   un   documento   di   esito   dei   livelli   d’integrazione   raggiunti.

Per quanto attiene alla integrazione con l'Ospedale si dovrà: - consolidare i modelli di ammissione e dimissione protetta

- attivare la Centrale Operativa Territoriale (C.O.T.) rendendola funzionale all'intero iter anche del paziente fragile ospedalizzato o a rischio di ricovero

- porre il massimo impegno alla realizzazione compiuta di un sistema informativo integrato.

3.4.3 Integrazione del Distretto Unico con il Dipartimento di Prevenzione

Il Piano Socio-Sanitario Regionale 2012-2016 individua tra gli obiettivi prioritari del Distretto la prevenzione e la promozione della salute, individuando le seguenti aree prioritarie

a) l’area  della  prevenzione  e  promozione  della  salute;; b) l’area  dell’assistenza  materno-infantile;

c) l’area  dell’assistenza  al  paziente  cronico;; d) l’area  dell’assistenza  paziente  fragile.

Questi ambiti richiedeno di operare mediante un approccio trasversale, che consenta di armonizzare le iniziative in una logica di rete e di favorire la sinergia intersettoriale tra tutti i professionisti coinvolti. Ai fini preventivi è, dunque, strategica una visione integrata, non solo fra i servizi del

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Dipartimento di Prevenzione ma anche in coordinamento con il Distretto, ed in particolare con i medici e pediatri di famiglia e con le strutture, a diverso titolo, impegnate nella tutela della Salute pubblica.

Rappresentano in particolare ambiti ed azioni rilevanti:

 prevenire le malattie suscettibili di vaccinazione individuando strategie per mantenere o migliorare le coperture raggiunte, perseguendo un coinvolgimento attivo dei medici/pediatri di famiglia  anche  nell’azione  di  sensibilizzazione  ed informazione della popolazione;

 ridurre la mortalità per carcinoma della mammella, della cervice uterina e del carcinoma del colonretto, attraverso i programmi di screening di massa per una diagnosi precoce delle malattie oncologiche.   L’integrazione   funzionale tra Distretto e Dipartimento di Prevenzione è volta ad incrementare   la   partecipazione   e   l’accesso   agli   screening   nella   popolazione   generale   e   nei   sottogruppi specifici;

 promuovere la prevenzione primaria e la promozione di stili di vita sani per prevenire le patologie cronico-degenerative e le loro complicanze, individuando come obiettivi da realizzare in integrazione con le strutture distrettuali:

- la riduzione della percentuale di fumatori abituali, con particolare riguardo alle fumatrici e a soggetti in età giovane-adulta, anche attraverso azioni di educazione, sostegno ed incentivo alla cessazione del fumo;

- l’incremento   dell’attività   motoria,   con   riguardo   alla   popolazione   giovane-adulta e adulta-anziana;

- la   prevenzione   dell’obesità,   con   particolare riguardo a quella infantile, anche attraverso la realizzazione di adeguate campagne informative;

- la riduzione del numero di consumatori di alcol a rischio attraverso azioni di prevenzione ed interventi di counselling breve;

- la riduzione dell'incidenza e di mortalità per malattie ischemiche del cuore e cerebrovascolari, attraverso:

o la valutazione del rischio con il coinvolgimento del medico di famiglia; o l’individuazione  di  percorsi  personalizzati  per  la  modifica  dello  stile  di  vita.

Sempre   in   quest’ambito le linee di indirizzo regionali prevedono di elaborare ed attivare, con il concorso attivo di tutte le strutture tecnico-funzionali,   un   proprio   “Piano   strategico   della   Prevenzione”   nel quale organizzare e descriva in modo esplicito e trasparente obiettivi, azioni e risorse ritenuti necessari per affrontare problemi di salute e fattori di rischio prioritari.

In una logica di rete andranno armonizzate le iniziative distrettuali e dipartimentali al fine di: - consolidare le strategie vaccinali in tutte le fasi della vita

- potenziare le azioni miranti a indurre la popolazione verso stili di vita sani

- ridurre la incidenza e la mortalità delle malattie tumorali attraverso la prevenzione primaria e secondaria

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3.4.4 L’organizzazione  dell'assistenza  primaria

La Regione Veneto ha da tempo avviato una profonda reingegnerizzazione del sistema sanitario e, nell'ambito di questo, della medicina convenzionata, prevedendo un modello organizzativo costituito dalle Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT) in cui operano i medici di assistenza primaria organizzati nelle diverse forme associative con la finalità di garantire una migliore accessibilità ed affrontare  pazienti  sempre  più  “consumatori  di  assistenza”.  Il  nuovo  sistema  mira  a  creare  forme  di   rete di assistenza che, grazie alla disponibilità di strumenti informatici e telematici, possono favorire lo scambio di informazioni cliniche e di conseguenza la continuità assistenziale tra i diversi livelli: preventivo, ospedaliero, territoriale, garantendo una visione integrata delle problematiche e centrata sulla persona nel suo processo di cura.

Cardine del nuovo sistema sono le Aggregazioni Funzionali Territoriali che costituiscono:

 momento di   coordinamento   dell’attività   dei   medici   e   delle   forme   associative,   di   analisi   dei   bisogni della salute della comunità di riferimento, di confronto e audit;

 luogo di integrazione multi-professionale, coinvolgendo non solo medici di assistenza primaria (map) e pediatri di libera scelta (pls) ma anche specialisti, infermieri, assistenti sociali, personale amministrativo;

 garanzia  dell’H24  con  l’apporto  dei  medici  di  continuità  assistenziale;;

 garanzia di operatività della rete orizzontale tra i medici di base per la rete verticale con le altre strutture   del   sistema   per   garantire   la   continuità   delle   cure   e   dell’assistenza   secondo   appropriatezza.

All'interno delle A.F.T. il modello associativo voluto dal PSSR è rappresentato dalle medicine di gruppo integrate che costituiscono organizzazioni fondate su team multi professionali e multi disciplinari in cui possono operare oltre ai medici di famiglia, gli specialisti ambulatoriali interni ed ospedalieri, i medici di continuità assistenziale, infermieri, operatori socio sanitari, assistenti sociali e che   gestiscono   la   presa   in   carico   dei   bisogni   socio   sanitari   attraverso   una   risposta   all’assistito   nell’intero   arco   delle   24   ore.   La   medicina   di   gruppo   integrata,   inoltre,   realizza   programmi   di   prevenzione; eroga prestazioni per il paziente acuto, gestisce il paziente cronico; implementa percorsi diagnostico  terapeutici  basati  sull’evidenza  scientifica  e  definiti  su  protocolli  condivisi  con  tutti  gli   operatori coinvolti.

I vigenti atti di programmazione regionale prevedono per l’Azienda   ULSS   n.   1   3   A.F.T.   la   cui articolazione territoriale, coincidente con quella dei precedenti 3 Distretti Socio Sanitari, è di seguito esposta:

 A.F.T. n. 1

Comuni di Sappada, Santo Stefano, S. Pietro,S. Nicolò, Danta, Comelico Superiore, Auronzo, Lozzo, Lorenzago, Vigo, P. di Cadore, Perarolo, Domegge, Calalzo, Valle, Cibiana, Cortina, Borca, Vodo, S. Vito;

(popolazione 37.605, MAP 24);  A.F.T. n. 2

Comuni di Comune di Agordo, Gosaldo, La Valle, Taibon Agordino, Voltago Agordino, Rivamonte, Falcade,  Canale  d’Agordo,  Cencenighe,  San  Tomaso,  Vallada,  Livinallongo,  Selva  di   Cadore, Alleghe, Rocca Pietore, Colle S. Lucia (popolazione 28.987; MAP 21);

 A.F.T. n. 3

Comune di Belluno, Limana, Ponte nelle Alpi, Soverzene, Longarone, Castellavazzo, Ospitale di Cadore,   Forno   di   Zoldo,   Zoldo   Alto,   Zoppè   di   Cadore,   Puos,   Pieve,   Farra,   Chies   d’Alpago   e   Tambre (popolazione 70.613, MAP 49).

Nell'ambito del delineato quadro normativo, l'Azienda ULSS n. 1 intende perseguire gli obiettivi regionali tenendo in debita considerazione la specificità del proprio territorio. Rinviando per il

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dettaglio delle scelte di attuazione del progetto regionale al Piano aziendale, va qui evidenziato come il suddetto progetto regionale i questa Azienda ULSS sia concretamente condizionato dal territorio interamente montano, dalle distanze che separano i centri abitati e dai relativi tempi di percorrenza sopratutto durante il periodo invernale.

In altri termini, ferma restando la necessità di sviluppare le forme associative più evolute, la diffusione dei nuovi modelli operativi della medicina generale non può essere calata nel territorio aziendale senza considerare che se alcune delle criticità legate al territorio possono essere (e sono in concreto) superate dalle tecnologie informatiche e dalla rete orizzontale e verticale voluta dal nuovo sistema, altre risultano nei fatti insuperabili, inerendo alla necessità del contatto reale tra medico e paziente che solo la permanenza degli studi periferici può continuare effettivamente a garantire. Non può non vedersi, infatti, come prescindendo da tali valutazioni in fase di attuazione del progetto di potenziamento dell'assistenza primaria, verrebbero compromesse e contraddette le finalità e le premesse stesse del progetto che è incentrato, giova ricordarlo, sulla rimodulazione dell'offerta assistenziale in termini di accessibilità e di conseguimento di obiettivi di salute.

La riorganizzazione della medicina convenzionata va, quindi, attuata nell'Azienda ULSS n.1 contemperando la necessità di salvaguardare gli obiettivi strategici regionali con le esigenze pratiche avvertite dagli utenti, peraltro fortemente rappresentati sul punto dalle Amministrazioni locali. In termini ancor più concreti e tenendo conto delle risorse economiche concretamente a ciò destinabili ciò significa attivare la forma associativa della medicina di gruppo integrata nel capoluogo e nei comuni limitrofi vista la favorevole conformazione territoriale degli stessi che rendono non difficoltosi i trasferimenti.

Nelle zone periferiche del territorio aziendale la medicina di gruppo integrata dev'essere localizzata, preferibilmente, nelle località centrali dei fondovalle a minor dispersione territoriale e previo accordo con le amministrazioni locali interessate, ferma restando l'esistenza degli studi individuali nei comuni e nelle frazioni più decentrate per non sguarnire, di fatto, le stesse, dall'assistenza medica di base. Va parimenti considerata l'attuale ubicazione delle 2 UTAP da ricondurre, ora, alla forma associativa della medicina di gruppo integrata in base alle vigenti disposizioni regionali.

Laddove, invece, per le sopra esposte ragioni, tale forma associativa più evoluta non fosse concretamente implementabile, il grado di associazionismo va mantenuto a livello di medicina di rete che garantisce comunque standard di apertura degli studi ad essa appartenenti e continuità di assistenza maggiori rispetto a quelli del medico singolarmente operante.

Proprio   nell'ottica   di   questa   “deroga   ragionata”   ai   parametri   previsti dalla normativa nazionale e regionale, in considerazione delle caratteristiche del territorio e delle esigenze di salute della relativa popolazione, che questa Azienda ULSS ha riorganizzato dal mese di ottobre 2013 il servizio di continuità assistenziale, ridefinendo il numero e l'ubicazione delle sedi del servizio, allo scopo di ricondurre, per quanto concretamente possibile, il rapporto medici assistiti (che prima della riorganizzazione era pari ad 1 medico ogni 2360 assistiti) al riferimento regionale costituito da 1 medico ogni 6500 assistiti.

Con la riorganizzazione le sedi di continuità assistenziale sono passate da 11 a 6 con un numero di medici in servizio pari a 7.

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3.5 Procedure   per   l’adozione,   l’approvazione   e   l’aggiornamento   dell’atto