• Non ci sono risultati.

I principi del procedimento nell’esercizio del potere sanzionatorio delle Autorità amministrative indipendenti. Tessuto delle fonti e nodi

sistematici

M

ASSIMO

M

ONTEDURO

SOMMARIO: 1. Premessa: la marcata eterogeneità tra i procedimenti sanzionatori delle Autorità indipendenti in base ai rispettivi regolamenti.- 2. Classificazione delle fonti e dei loro rapporti ai fini dell’individuazione di principi comuni applicabili ai procedimenti sanzionatori delle Autorità indipendenti.- 3. Le relazioni tra l. n. 241/1990, l. n. 689/1981, leggi di disciplina delle Autorità e relativi regolamenti sanzionatori: il paradigma dominante.- 4. Presupposti e ragioni di una critica: la centralità ordinamentale della l. n. 241/1990.- 5. L. n. 241/1990 e l. n. 689/1981: il criterio della specialità a confronto con la plurifunzionalità del potere sanzionatorio delle Autorità indipendenti.- 6. (segue) L’attività di regolazione amministrativa indipendente come circolo di azione, reazione e retroazione: regolazione ex ante e generaliter (in sede di indirizzo) e regolazione ex post e singulatim (in sede sanzionatoria).- 7. Le possibili conseguenze di un mutamento del paradigma dominante: l’impatto dei principi della l. n. 241/1990 sul procedimento sanzionatorio delle Autorità.- 7.1. Iniziativa e pre-istruttoria.- 7.2. Termine massimo di conclusione del procedimento.- 7.3. (segue) Una proposta ricostruttiva alla luce dell’art. 6 della CEDU e dell’art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: la presunzione iuris tantum di illegittimità dei provvedimenti sanzionatori adottati in violazione del termine massimo di 180 giorni ex art. 2, c. 4, l. n. 241/1990.

1. Premessa: la marcata eterogeneità tra i procedimenti sanzionatori delle

Autorità indipendenti in base ai rispettivi regolamenti.

La disciplina giuridica dei procedimenti sanzionatori delle Autorità indipendenti esibisce una marcata differenziazione, ai limiti dell’incoerenza del quadro complessivo, tra le varie autorità.

Ciascuna Autorità sembra enfatizzare la particolare complessità delle proprie funzioni come giustificazione per un esercizio del potere di autonormazione, in forma regolamentare, in maniera tale da disegnare modelli procedimentali eterogenei e multipli, su misura delle proprie peculiarità: ne emerge una tendenza centrifuga che dà vita, agli occhi dell’interprete, a un paesaggio estremamente frastagliato.

Solo per fare degli esempi (e rinviando, per l’analisi dei singoli procedimenti sanzionatori, ai contributi contenuti nel presente lavoro), bastino i seguenti rilievi.

I regolamenti di alcune Autorità disciplinano espressamente la « pre-istruttoria » del procedimento sanzionatorio: a titolo esemplificativo, in questo senso, la Delibera Agcm 8 agosto 2012, n. 23788 recante il Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pubblicità ingannevole e comparativa, pratiche commerciali scorrette, clausole vessatorie (art. 5), o la Delibera Avcp del 2 marzo 2010 recante il Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio (art. 3).

Al contrario, i regolamenti di altre Autorità indipendenti sono del tutto silenti circa la pre-istruttoria.

I regolamenti di alcune Autorità non prestabiliscono volutamente alcun termine massimo di conclusione del procedimento amministrativo: è il caso, ad es., della Delibera Aeeg 14 giugno 2012 n. 243/2012/E/com, recante il nuovo Regolamento per la disciplina dei procedimenti sanzionatori e delle modalità procedurali per la valutazione degli impegni, nelle cui premesse si legge che « sui termini del procedimento, l’Autorità ritiene (…) di non accogliere la proposta di fissare in via generale nel presente regolamento il termine massimo di conclusione del procedimento, in considerazione della eterogeneità delle violazioni, della diversità degli elementi di volta in volta raccolti in fase preistruttoria a fondamento delle contestazioni e della conseguente diversa complessità dei procedimenti sanzionatori volti ad accertare le violazioni; l’Autorità ritiene quindi che la sede migliore per fissare il termine massimo di conclusione del procedimento sia la delibera di avvio, in quanto solo in essa è possibile rapportare la durata del procedimento alla sua complessità; per le stesse ragioni - al di là della natura pacificamente ordinatoria dei termini dei procedimenti sanzionatori - non è possibile prevedere, in via generale, la prorogabilità, per una sola volta, del termine finale del procedimento (…) quanto alla presunta minore lesività della condotta in caso di mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento l’Autorità ricorda che tale circostanza non solo non consuma né affievolisce il potere sanzionatorio dell’Autorità, ma è semmai indice di un maggiore approfondimento istruttorio a garanzia delle esigenze di difesa e di contraddittorio ».

Viceversa, i regolamenti di altre Autorità stabiliscono, in via generale, un termine massimo di conclusione del procedimento sanzionatorio: anche in questo caso, tuttavia, l’eterogeneità tra i diversi regolamenti è sorprendente. Il termine massimo spazia dai 2 anni previsti per la conclusione del procedimento di irrogazione delle sanzioni pecuniarie dell’Ivass (art. 12, comma 4, del Regolamento Ivass n. 1 dell’8 ottobre 2013) sino ai 60 giorni previsti per il procedimento sanzionatorio della Commissione di garanzia dell’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali (art. 4, comma 4-quater, l. n. 146/1990), passando per tutte le possibili durate intermedie (ad

es., i 180 giorni stabiliti dall’art. 6, comma 1, del Regolamento adottato dall’Avcp con Delibera del 2 marzo 2010 in materia di esercizio del potere sanzionatorio; i 120 giorni – 90 giorni successivi alla scadenza del termine indicato nella comunicazione di avvio del procedimento di cui all’art. 3, comma 3, lett. b), del Regolamento, quest’ultimo pari a 30 giorni – di cui al Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio nei confronti delle SOA, adottato dalla stessa Avcp in data 15 marzo 2011, etc.).

Anche in ordine alla disciplina della sospensione del termine di conclusione del procedimento sanzionatorio ogni Autorità ha stabilito, in autonomia, regole eterogenee. Alcune hanno previsto la possibilità di sospensione del termine fino a 180 giorni (così la Banca d’Italia, all’art. 8, comma 3, del Provvedimento del 25 giugno 2008, richiamato dall’art. 1.4 del Provvedimento del 18 dicembre 2012, intitolato « Disposizioni di vigilanza in materia di sanzioni e procedura sanzionatoria amministrativa »); altre hanno stabilito un termine massimo di sospensione di 120 giorni (ad es. l’Avcp, all’art. 6, comma 2, del Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio adottato dall’Avcp con Delibera del 2 marzo 2010); altre ancora di 60 giorni (così l’Agcom, all’art. 7, comma 3, del Regolamento in materia di procedure sanzionatorie adottato con Deliberazione n. 136/06/CONS).

L’elenco dei profili di eterogeneità, a questo punto, è appena all’inizio.

2. Classificazione delle fonti e dei loro rapporti ai fini dell’individuazione di

principi applicabili ai procedimenti sanzionatori delle Autorità indipendenti.

In chiave ricostruttiva, può risultare efficace l’immagine di un campo di forza quadripolare, al cui interno il gioco delle opposte tensioni attrattive e repulsive genera un equilibrio instabile.

I quattro poli, che interagiscono nel co-determinare il regime giuridico dei procedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti, sono:

(i) la legge n. 241 del 1990 (fornita in parte di “copertura” costituzionale ex art. 117, comma 2, lettera m], Cost.), generale in senso “orizzontale” perché relativa a tutti i procedimenti amministrativi;

(ii) la legge n. 689 del 1981, generale in senso “verticale” perché relativa ai procedimenti amministrativi sanzionatori;

(iii) le leggi speciali istitutive e disciplinatrici delle Autorità indipendenti, nelle parti in cui specificano (il che accade spesso, ma non sempre) alcune regole relative ai procedimenti sanzionatori di competenza delle singole Autorità;

(iv) i regolamenti speciali adottati dalle Autorità nell’esercizio della loro autonomia normativa (proiezione peculiare del carattere dell’indipendenza), aventi ad oggetto la disciplina di dettaglio dei diversi procedimenti sanzionatori.

3. Le relazioni tra l. n. 241/1990, l. n. 689/1981, leggi di disciplina delle Autorità e

relativi regolamenti sanzionatori: il paradigma dominante.

Il problema preliminare è quello di configurare correttamente i rapporti – di prevalenza, in caso di contrasto, e di integrazione, in caso di lacune – tra i quattro

corpora normativi da (i) a (iv).

La giurisprudenza e la dottrina maggioritarie hanno complessivamente privilegiato, sinora, uno schema secondo cui dovrebbe darsi tendenzialmente prevalenza alla

disciplina autonoma di fonte regolamentare sub (iv), grazie alla copertura derivante dalla specialità delle leggi sub (iii) le quali, di volta in volta, rinviano all’adozione di regolamenti da parte di ciascuna Autorità.

Accedendo a questo schema, le disposizioni della l. n. 241/1990 potrebbero applicarsi soltanto alle seguenti condizioni:

- se e per quanto non sia diversamente disposto dai regolamenti sub (iv);

- in via residuale, nel silenzio dei regolamenti delle Autorità, in quanto compatibili con questi ultimi.

Ne deriverebbe una sorta di “cedevolezza” della legge generale sul procedimento amministrativo rispetto alle discipline speciali proprie di ogni Autorità.

Una sorte simile toccherebbe anche alla l. n. 689/1981: si rinvia, su questo profilo, al contributo di DONATO in questo lavoro collettaneo, il quale sottolinea che l’art. 12 della l. n. 689/1981 esclude l’applicazione di quest’ultima « quando il quadro normativo delineato dalla disciplina sanzionatoria di riferimento non sia compatibile con quello delineato dalla l. n. 689/1981 […] si ritiene che la clausola di salvaguardia prevista all'art. 12 operi in tutti i casi in cui una disposizione di legge (ovvero una fonte regolamentare da quest’ultima abilitata) rechi una disciplina puntuale del procedimento sanzionatorio affatto incompatibile rispetto a quella prevista in via generale dalla legge generale del 1981 ».

In giurisprudenza1, ad esempio, con riferimento all’Ivass, è stato affermato che « il procedimento per la irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie conseguenti alla violazione delle disposizioni del d.lgs. 7 maggio 2005, n. 209 è disciplinato, in via diretta e autonoma, dallo stesso codice delle assicurazioni (art. 326 ss.) e dai regolamenti dell’Isvap […] La struttura del procedimento sanzionatorio, come disegnato dal d.lgs. n. 209/2005 e dal regolamento Isvap n. 1 del 15 marzo 2006, è del tutto peculiare e irriducibile alle disposizioni generali della legge n. 689/1981, in quanto articolata in precipue fasi con adozione di atti intermedi entro specifici termini » (TAR Lazio, sez. I, 11 ottobre 2011, n. 7864).

In ordine all’Agcm, sempre a titolo esemplificativo, la giurisprudenza ha statuito che « la disciplina normativa di riferimento, alla cui luce condurre il vaglio di legittimità della gravata determinazione, va individuata nel d.lgs. n. 206 del 2005 – recante il Codice del consumo – e nel Regolamento sulle procedure istruttorie, adottato con delibera dell’Autorità del 15 novembre 2007 n. 17589, non potendo trovare applicazione, quanto ad adempimenti procedimentali, la legge n. 241 del 1990 richiamata dalle società ricorrenti, la cui operatività, in quanto legge di carattere generale, trova il proprio limite nell’intervenuta compiuta normazione della materia con disciplina specifica avente carattere speciale […] la disciplina dettata in materia di pratiche commerciali scorrette, non prevede quindi, alcuna comunicazione dei motivi che condurranno all’adozione di provvedimenti sfavorevoli alla parte, richiamata la non applicabilità ai relativi procedimenti di accertamento delle norme dettate dalla legge n. 241 del 1990, ostandovi il carattere speciale della disciplina dettata per tale ambito di materia » (Tar Lazio, Roma, sez. I, 21 febbraio 2011, n. 1585).

In dottrina, si è rilevato che se è vero, da un lato, che « la legge n. 241 del 1990 trova applicazione anche per gli organismi indipendenti », dall’altro lato « vero è, tuttavia, che le leggi istitutive delle singole Autorità contengono spesso conferimenti di “autonomia”, che consentono ai nuovi soggetti di darsi regole proprie e specifiche, utilizzando lo strumento regolamentare […] deve notarsi come la copertura legislativa       

1 Le pronunce della giurisprudenza amministrativa citate nel testo sono tratte dal sito istituzionale http://www.giustizia-amministrativa.it.

sia di solito meramente formale, tanto che i regolamenti hanno piena libertà di configurare modelli procedimentali originali » [così CUOCOLO, 2007, 617; cfr. altresì PASSARO, 2011, 974 ss.; SANDULLI M.A., 2010, 8 ed ivi la giurisprudenza citata alla nt. 18; CAMILLI, 2012, 173].

Le stesse Autorità indipendenti, nei propri regolamenti sui procedimenti sanzionatori, hanno mostrato di prediligere questo approccio.

Un esempio paradigmatico è rappresentato dalla Aeeg. Quest’ultima, nelle premesse della citata Delibera 14 giugno 2012 n. 243/2012/E/com, afferma che « il decreto legislativo 93/2011 prevede che l’Autorità disciplini il procedimento sanzionatorio in modo da assicurare agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio in forma scritta e orale, la verbalizzazione e la separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie; la disciplina dei procedimenti sanzionatori ha carattere speciale rispetto alla disciplina generale dei procedimenti individuali dell’Autorità dettata dal d.P.R n. 244/2001, nonché alla disciplina generale in materia di sanzioni amministrative, di cui alla legge n. 689/1981, e in materia di procedimento amministrativo, di cui alla legge n. 241/1990 ».

Da questa premessa sembrerebbe dedursi che l’Autorità configuri, a monte, un rapporto di specialità (con conseguente prevalenza della lex specialis sulla lex

generalis) tra la fonte normativa di rango primario che prevede il potere sanzionatorio

dell’Aeeg, ossia il d.lgs. n. 93/2011, e la fonte normativa di rango primario che contiene la disciplina generale sul procedimento amministrativo, ossia la l. n. 241/1990; per derivazione, a valle, il regolamento sui procedimenti sanzionatori adottato dalla Aeeg, in quanto attuativo del d.lgs. n. 93/2011, si integrerebbe con quest’ultimo in un unico

corpus legis specialis, in grado di disgiungersi dalla lex generalis rappresentata dalla l.

n. 241/1990.

Tuttavia, tale assunto è discutibile: il d.lgs. n. 93/2011, nel disciplinare all’art. 45 i poteri sanzionatori della Aeeg, si limita ad attribuire all’Autorità un potere regolamentare in materia di procedimenti sanzionatori ma non prefigura, né espressamente né implicitamente, alcuna derogabilità della l. n. 241/1990 ed, anzi, impone alla Aeeg il « rispetto della legislazione vigente ».

La stessa Aeeg, non a caso, in altro punto delle premesse della stessa Delibera 14 giugno 2012 n. 243/2012/E/com, si mostra consapevole della problematicità di tale concorso tra fonti, laddove cautelativamente afferma che « il presente Regolamento non altera il sistema delle fonti del diritto e pertanto esso convive, nel rispetto del principio gerarchico e di specialità sotteso all’art. 45, del d.lgs. n. 93/2011, con fonti di rango primario e secondario, tra le quali in particolare la legge n. 241/90, la legge n. 689/1981, il d.P.R. n. 244/2001; alla luce di tale circostanza, le richieste di informazioni e documenti, ispezioni e accessi, consulenze e perizie, accesso agli atti, istanze e segnalazioni, sono disciplinate dalle disposizioni vigenti, tra le quali quelle del d.P.R. n. 244/2001 ». In questo modo l’Aeeg, dopo aver rivendicato nettamente la specialità della propria disciplina regolamentare (per derivazione dall’asserita specialità della disciplina normativa di rango primario dettata dal d.lgs. n. 93/2011) rispetto alle leggi n. 241/1990 e n. 689/1981, rimette in gioco il criterio della gerarchia, senza però chiarire come quest’ultimo si contemperi con il criterio di specialità quanto al rapporto tra i regolamenti dell’Autorità e le leggi nn. 241 e 689, nel caso di contrasto tra i primi e le seconde.

4. Presupposti e ragioni di una critica: la centralità ordinamentale della l. n.

241/1990.

Occorre interrogarsi sull’effettiva tenuta di questo paradigma, tuttora dominante, alla stregua dell’ordinamento complessivo.

La tesi che relega la l. n. 241/1990 a un ruolo ancillare e subalterno non persuade: sembra necessario rivalutare, all’opposto, la centralità della legge generale sul procedimento amministrativo come fattore di una possibile “normalizzazione” – nel segno di uno statuto comune di garanzie minime per gli amministrati – del variegato e disorganico quadro dei diversi procedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti.

L’art. 29 della l. n. 241/1990 (letto in combinato disposto con altre disposizioni quali l’art. 2, commi 3, 4 e 5 della l. n. 241/1990 e l’art. 7, comma 3, della l. n. 69/2009) fornisce argomenti in favore della seguente tesi:

- l’autonomia normativa (di tipo regolamentare) attribuita alle Autorità indipendenti, organismi costituzionalmente non contemplati, non può essere ritenuta superiore, in termini di intensità e di ampiezza, all’autonomia normativa (di tipo statutario e, per le Regioni, legislativo) attribuita alle Regioni e agli Enti locali, quali enti territoriali democraticamente rappresentativi, costituzionalmente necessari e dall’autonomia costituzionalmente garantita;

- ai sensi dell’art. 29 della l. n. 241/1990, le Regioni e gli Enti locali « non possono stabilire garanzie inferiori » rispetto ai « livelli essenziali delle prestazioni [LEP] di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione », ma solo « prevedere livelli ulteriori di tutela »; le disposizioni della l. n. 241/1990 « concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di concluderlo entro il termine prefissato e di assicurare l’accesso alla documentazione amministrativa, nonché quelle relative alla durata massima dei procedimenti » configurano altrettanti LEP [cfr. sul tema CARIDÀ, 2013; MORBIDELLI, 2010; CELOTTO, 2009; MATTARELLA, 2009, I procedimenti];

- ne deriva che un’identica soggezione ai LEP di cui alla l. n. 241/1990 deve imporsi,

a fortiori, per amministrazioni costituzionalmente non contemplate quali sono le

Autorità indipendenti;

- dunque, anche quando disciplinano con propri regolamenti i procedimenti sanzionatori, le Autorità indipendenti sono tenute a rispettare i livelli minimi di garanzia stabiliti, ex art. 29, dalle disposizioni-chiave della l. n. 241/1990.

Deve, in definitiva, essere riaffermato un principio, nitido sul piano della teoria delle fonti ma spesso negletto sul piano del diritto vivente e della prassi: sono i regolamenti delle Autorità indipendenti, per il criterio della gerarchia, a dover cedere rispetto alla l. n. 241/1990; non può affermarsi il contrario invocando il criterio della specialità.

Il criterio della specialità è invocabile correttamente soltanto in ordine al rapporto tra la l. n. 241/1990 e:

- le leggi istitutive e disciplinatrici delle singole Autorità, da un lato; - la l. n. 689/1981, dall’altro lato.

Si tratta, infatti, di leggi statali di pari forza nella gerarchia delle fonti. Applicando il criterio della specialità:

- le leggi istitutive e disciplinatrici delle singole Autorità prevalgono, in quanto speciali per oggetto (procedimenti sanzionatori) e soggetto (le Autorità indipendenti), sia sulla l. n. 689/1981, in quanto speciale solo per oggetto (procedimenti sanzionatori), sia sulla l. n. 241/1990, in quanto generale; tale prevalenza, tuttavia, può giustificare una deroga alle disposizioni della l. n. 241/1990 solo negli stretti limiti di quanto le leggi

speciali dispongano in maniera diretta e specifica, non già per silenzioso o generico rinvio “in bianco” ai regolamenti delle singole Autorità;

- la l. n. 689/1981 (speciale per oggetto, ossia per tipo procedimentale) dovrebbe prevalere, in caso di contrasto, sulla l. n. 241/1990 in quanto legge generale sul procedimento (v. per tutti Cass., sez. un., 27 aprile 2006, n. 9591, con nota di CERBO, in

Foro it., 2006, I, 2019 ss).

Di recente, rispetto a quest’ultimo profilo, si è statuito che « va d’altra parte tenuta ben distinta la disciplina generale del procedimento amministrativo […] rispetto alla disciplina, per questa parte a carattere speciale, del procedimento irrogativo di una sanzione amministrativa pecuniaria, il cui paradigma normativo è ancora individuabile nella legge n. 689 del 1981. Non impedisce di pervenire a questa conclusione il carattere “universale” della legge generale sul procedimento amministrativo. Per il principio di specialità, che prevale sul principio ordinario di successione cronologica delle norme, le disposizioni posteriori non comportano l’abrogazione delle precedenti, ove queste ultime disciplinano diversamente la stessa materia in un campo particolare. E appunto in questo rapporto si pongono la l. 7 agosto 1990, n. 241, e la l. 24 novembre 1981, n. 689, riguardanti l’una i procedimenti amministrativi in genere, l’altra in ispecie quelli finalizzati all'irrogazione delle sanzioni amministrative, caratterizzati da questa loro funzione del tutto peculiare, che richiede e giustifica (per quanto già detto) una distinta disciplina […] La legge n. 689 del 1981 (salvo che la legge disponga diversamente, con specifiche norme in tema di illeciti amministrativi puniti con sanzioni pecuniarie) funge da paradigma normativo generale per tutti i tipi di procedimenti sanzionatori, di guisa che quanto osservato a proposito di tale legge deve ritenersi applicabile anche al procedimento sanzionatorio avviato nel caso in esame dalla Banca d’Italia » (Cons. Stato, sez. VI, 29 gennaio 2013, n. 542).

5. L. n. 241/1990 e l. n. 689/1981: il criterio della specialità a confronto con la

plurifunzionalità del potere sanzionatorio delle Autorità indipendenti.

Anche l’assunto secondo cui, in materia di procedimenti sanzionatori delle Autorità indipendenti, la l. n. 689/1981 dovrebbe sempre prevalere per specialità sulla l. n. 241/1990 merita, re melius perpensa, di essere problematizzato.

Tale conclusione varrebbe senz’altro se i procedimenti sanzionatori delle Autorità indipendenti fossero “ordinari” procedimenti sanzionatori, riconducibili cioè al modello della l. n. 689/1981 nel segno della tipica funzione afflittiva/repressiva/deterrente.

Tuttavia, non solo alcuni spunti dottrinali e giurisprudenziali, ma anche alcuni passaggi contenuti negli stessi regolamenti delle Autorità fanno dubitare che sia effettivamente così.

Vi sono, invero, argomenti per ipotizzare che il potere sanzionatorio delle Autorità indipendenti partecipi:

- non solo della classica funzione punitiva e dissuasiva, consustanziale all’intero sistema della l. n. 689/1981;

- ma anche, ed in misura forse prevalente, della funzione di regolazione propria delle Autorità, fino a qualificarsi come attività di regolazione ex post e singulatim, vale a dire come verifica dell’efficacia, ricalibratura nel caso concreto e assestamento rispetto ai singoli operatori dell’attività di regolazione svolta ex ante e generaliter.

Per la tesi secondo cui « il modello sanzionatorio a caratterizzazione afflittiva e funzione preventiva tratteggiato dalla l. n. 689/1981 non si attaglierebbe […] alle

sanzioni irrogate dalle Autorità indipendenti », in quanto emergerebbe piuttosto una « propensione regolatoria dell’apparato sanzionatorio delle Autorità indipendenti » in forza della quale il potere sanzionatorio delle Autorità dovrebbe essere « concepito in termini strumentali alla regolazione » o, comunque, esibirebbe una « connessione tra funzione di regolazione (concepita come potere di adottare regole) e potere sanzionatorio », cfr., supra, l’ampia ricognizione e citazione delle posizioni dottrinali contenuta nel contributo di TRIMARCHI (tra le quali si segnalano quelle di BANI, LICCIARDELLO, LOMBARDI, TROISE MANGONI); l’A. si esprime, peraltro, in senso critico circa tale tesi dottrinale, proponendo una ricostruzione che valorizza la « plurifunzionalità » delle sanzioni irrogate dalle Autorità e sottolineando che « le norme e gli istituti dai quali si è soliti desumere la propensione regolatoria dell’apparato sanzionatorio delle Autorità indipendenti riguardano prevalentemente la disciplina procedimentale del relativo potere e non la sanzione come atto e i suoi presupposti […] »; e che « i profili di strumentalità all’intervento regolatorio si mantengono sul terreno della disciplina del potere e non riguardano la sanzione come atto ».

V., in questo lavoro collettaneo, anche il contributo di PERONI, secondo la quale (a proposito della A.e.e.g.) « il fine del potere sanzionatorio » sarebbe « direttamente riconducibile alla potestà di regolazione », in quanto « obiettivo del potere sanzionatorio