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Il procedimento sanzionatorio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom)

M

ASSIMO

M

ONTEDURO

SOMMARIO: 1. Premessa: perimetrazione dell’oggetto e specificazione del metodo di analisi. Il Regolamento in materia di procedure sanzionatorie di cui alla delibera Agcom n. 136/06/CONS e s.m.i. Ineludibilità di un confronto tra il Regolamento e la superiore disciplina dei LEP di cui alla l. n. 241/1990.- 2. La pre-istruttoria: analisi critica e proposta di ricostruzione come procedimento autonomo e presupposto al procedimento sanzionatorio (rinvio).- 3. (Segue) La disciplina delle denunce.- 4. (Segue) Identificazione, natura ed efficacia giuridica degli atti conclusivi del procedimento pre-istruttorio. - 5. Il procedimento sanzionatorio: avvio con notificazione dell’atto di contestazione; istruttoria in contraddittorio; decisione; notificazione, comunicazione e pubblicazione del provvedimento.- 6. (Segue) Proposta e decisione sugli « impegni »: critica dell’attuale configurazione in termini di sub-procedimento.- 7. Osservazioni conclusive.

1. Premessa: perimetrazione dell’oggetto e specificazione del metodo di analisi. Il

Regolamento in materia di procedure sanzionatorie di cui alla delibera Agcom n. 136/06/CONS. Ineludibilità di un confronto tra il Regolamento e la superiore disciplina dei LEP di cui alla l. n. 241/1990.

È necessario, in premessa, delineare il percorso dell’analisi che seguirà.

Quanto all’oggetto, l’analisi si circoscrive a uno specifico atto normativo: la delibera Agcom n. 136/06/CONS, recante il nuovo « Regolamento in materia di procedure sanzionatorie » (che ha sostituito il precedente Regolamento adottato con la delibera Agcom n. 425/01/CONS), nel testo attualmente vigente, quale risulta dalle modifiche e

integrazioni apportate con le delibere nn. 173/07/CONS,    54/08/CONS, 130/08/CONS, 648/09/CONS, 709/09/CONS e, da ultimo, 194/12/CONS.

La delibera n. 136/06/CONS rappresenta infatti l’atto normativo di portata generale relativo ai procedimenti sanzionatori dell’Agcom, in quanto essa si applica, ai sensi dell’art. 2, a tutti « i procedimenti diretti all’accertamento delle violazioni e all’irrogazione delle sanzioni di competenza dell’Autorità, i quali non siano regolati dalla legge in modo difforme ».

Anche i regolamenti settoriali relativi a specifici procedimenti sanzionatori dell’Agcom, quali la delibera n. 14/08/CSP recante il « Regolamento sulle procedure di vigilanza e sanzionatorie relative al Codice media e sport », si discostano in maniera limitata dal Regolamento generale sul procedimento sanzionatorio di cui alla delibera n. 136/06/CONS (cfr. l’art. 6 della citata delibera n. 14/08/CSP, ove si statuisce che « per quanto non diversamente disposto dal presente Regolamento, l’attività di vigilanza e sanzionatoria in materia di violazione delle disposizioni del “Codice media e sport” è soggetta alle norme del Regolamento in materia di procedure sanzionatorie »).

Quanto al metodo dell’analisi, si è scelto di privilegiare una specifica chiave di lettura: il confronto costante, per ciascuna fase del procedimento sanzionatorio, tra il Regolamento di cui alla delibera n. 136/06/CONS e la superiore disciplina rinvenibile nella l. 241/1990, nella parte in cui quest’ultima fissa (cfr. art. 29) i «livelli essenziali delle prestazioni [LEP] di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione» rispetto ai quali tutte le amministrazioni della Repubblica, comprese le autorità indipendenti, « non possono stabilire garanzie inferiori ».

Si rinvia, sul punto, alle tesi argomentate supra, nel capitolo intitolato ai Principi del

procedimento nell’esercizio del potere sanzionatorio delle autorità amministrative indipendenti (parte prima), in questo lavoro collettaneo.

Ivi si è tentato di dimostrare che:

- le Autorità indipendenti, quando disciplinano con propri regolamenti i procedimenti sanzionatori, sono tenute a rispettare i livelli minimi inderogabili di garanzia stabiliti, ex art. 29, dalle disposizioni-chiave della l. n. 241/1990;

- sono i regolamenti delle Autorità indipendenti, per il criterio della gerarchia, a dover cedere rispetto alla l. n. 241/1990, né potrebbe affermarsi il contrario invocando il criterio della specialità.

Da tale assunto di fondo scaturiscono conseguenze rilevanti, giacché – lo si anticipa – il Regolamento Agcom sui procedimenti sanzionatori si rivela, in alcune parti, non in linea con i LEP fissati dalla l. n. 241/1990.

Da tale distonia discende l’illegittimità delle disposizioni regolamentari “fuori asse” rispetto agli stessi LEP, con conseguente necessità di disapplicazione di queste ultime in forza del rapporto gerarchico tra legge e regolamento.

2. La pre-istruttoria: analisi critica e proposta di ricostruzione come procedimento

A) L’Agcom ha disciplinato, all’art. 4 della delibera n. 136/06/CONS (d’ora in poi, semplicemente “Regolamento”), le « attività preistruttorie ».

Tuttavia, a giudizio dell’Autorità, la pre-istruttoria non configurerebbe un procedimento amministrativo: la pre-istruttoria, dunque, non sarebbe assistita dalle garanzie stabilite dalla l. n. 241/1990, con particolare riguardo agli obblighi di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di concludere il procedimento entro il termine prefissato, di rispettare le disposizioni della l. n. 241 relative alla durata massima dei procedimenti, di assicurare l’accesso alla documentazione amministrativa (cfr. art. 29, comma 2-bis, l. n. 241/1990).

Ciò si evince chiaramente dalle premesse della delibera n. 709/09/CONS (che ha modificato il testo della delibera n. 136/06/CONS), in cui l’Agcom si è espressa nel senso « della non ostensibilità degli atti detenuti dall’amministrazione nella fase preistruttoria e dell’assenza, in siffatta fase, di un procedimento amministrativo ».

L’art. 3-bis, comma 6, del Regolamento conferma che « fino all’adozione dell’atto di contestazione, le denunce, nonché gli atti e la documentazione relativa alle indagini svolte, sono sottratti ad ogni forma di accesso ».

La stessa nomina di un responsabile del procedimento, nel corso della pre-istruttoria, non rappresenta una garanzia inderogabile, ma solo un’eventualità.

L’art. 4, comma 5, della delibera n. 136/06/CONS consente infatti al « direttore competente », ossia al dirigente dell’unità organizzativa di primo livello titolare della competenza sanzionatoria ex art. 3 dello stesso Regolamento, di « disporre l’archiviazione per manifesta insussistenza della violazione », anche senza nominare un responsabile del procedimento. Solo « ove non ritenga di disporre l’archiviazione per manifesta insussistenza della violazione », il direttore competente « nomina un responsabile per i successivi adempimenti ». Da qui il carattere eventuale, nella pre-istruttoria, della figura del responsabile del procedimento.

Per questi profili, il Regolamento Agcom appare in contrasto con i LEP stabiliti dalla l. n. 241/1990 all’art. 29, comma 2-bis, relativamente « ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (…) concernenti gli obblighi per la pubblica amministrazione di garantire la partecipazione dell’interessato al procedimento, di individuarne un responsabile, di concluderlo entro il termine prefissato e di assicurare l’accesso alla documentazione amministrativa, nonché quelle relative alla durata massima dei procedimenti ».

B) Il Regolamento, in particolare, non stabilisce alcun termine di conclusione né alcuna durata massima per la pre-istruttoria.

Lo schema in forza del quale il Regolamento giustifica questa scelta è rappresentato da un riferimento esclusivo alla l. n. 689/1981, anziché alla l. n. 241/1990.

Più precisamente:

- l’art. 4, comma 6, del Regolamento stabilisce che la pre-istruttoria si chiude quando « il responsabile, esaminati gli atti trasmessi ed effettuate, ove del caso, ulteriori verifiche e qualificate le fattispecie nei loro pertinenti termini giuridici, formula una proposta di archiviazione delle fattispecie segnalate per manifesta insussistenza della violazione,

oppure propone l’avvio del procedimento sanzionatorio predisponendo lo schema di atto di contestazione »;

- il successivo art. 5, comma 2, del Regolamento stabilisce poi che l’avvio del procedimento sanzionatorio coincide con la notifica dell’ «atto di contestazione », la quale deve avvenire « entro novanta giorni dal completo accertamento del fatto ai sensi dell’art.

4, comma 6, con le modalità di cui all’art. 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689 ».

Il Regolamento stabilisce, dunque, un’equazione tra l’« accertamento » di cui all’art. 14 della l. n. 689/1981 e la conclusione delle « attività preistruttorie » di cui all’art. 4, comma 6, della delibera n. 136/06/CONS.

In questo modo, la pre-istruttoria viene ridotta a momento extra-procedimentale il quale, precedendo l’avvio del procedimento sanzionatorio (quest’ultimo coincidente con la notifica della contestazione dell’illecito), esigerebbe un accertamento di durata non predeterminabile, variabile caso per caso in base alla complessità della fattispecie.

La giurisprudenza amministrativa sul punto si richiama graniticamente all’orientamento del giudice ordinario relativo all’interpretazione dell’art. 14 della l. n. 689/1981, quanto all’individuazione del momento del compiuto « accertamento » da cui far decorrere il termine perentorio di 90 giorni per la notifica della « contestazione ».

Secondo la giurisprudenza, « l’art. 14 della legge n. 689 del 1981 non comporta l’automatica predeterminazione di un limite temporale del procedimento di verifica volto all’accertamento della violazione. La giurisprudenza ha, infatti, sottolineato che compete al Giudice di merito determinare il tempo ragionevolmente necessario affinché l’Amministrazione giunga ad una completa conoscenza e valutazione dei fatti, individuando il dies a quo di decorrenza del termine in rapporto alla minore o maggiore difficoltà del caso concreto (Cass. civ., sez. II, 18 aprile 1007, n. 9311) » (Tar Lazio, sez. III-ter, 3 giugno 2010, n. 14896).

Ne deriva che « la legittimità della durata dell’accertamento va valutata in relazione al caso concreto e alla sua complessità, tenendo presente che il momento in cui l’Amministrazione procedente viene a conoscenza del fatto illecito può non coincidere con quello in cui la trasgressione amministrativa è stata commessa; e ciò si verifica, non solo quando la scoperta dell’illecito è successiva al momento della commissione della violazione, ma anche nell’ipotesi (…) di violazioni ripetute, continuative o permanenti » (Tar Lazio, sez. III-ter, 13 maggio 2010, n. 11132; ID., 8 aprile 2010, n. 5874; Id., 9 ottobre 2010, n. 32735).

Ed ancora, si è rilevato che « come più volte evidenziato da questa sezione, in linea, peraltro, con un consolidato orientamento giurisprudenziale, i limiti temporali entro cui l’Amministrazione procedente deve provvedere alla notifica della contestazione ai sensi dell’art. 14 della legge n. 689 sono collegati alla conclusione del procedimento di accertamento, e non alla data di commissione della violazione, posto che l’acquisizione della notizia del fatto deve comprendere, tanto gli elementi soggettivi quanto gli elementi oggettivi di esso, onde riscontrare la sussistenza della infrazione e acquisire piena conoscenza della condotta illecita, sì da valutarne l’esatta consistenza agli effetti della formulazione della contestazione (in termini Cass., sez. I, 4/2/2005, n. 2363; Cass, sez. lav., 8/8/2005, n. 16642; Cass., sez. I, 18/2/2005, n. 3388; Cass., sez. lav., 3/7/2004, n.

12216). Pertanto, i limiti temporali entro cui l’amministrazione deve provvedere alla notifica della contestazione sono collegati al presupposto della effettiva e completa conclusione delle attività di accertamento (Cass. civ., sez. lav., 1 aprile 2009, n. 7951; ID., 29 maggio 2007, n. 12093; Tar Lazio, III-ter, 17 gennaio 2007, n. 12490; Id., 17 gennaio 2007, n. 308). Il Collegio osserva che i richiamati principi giurisprudenziali in tema di decorrenza del dies a quo per la contestazione delle violazioni amministrative trovano piena conferma nel regolamento di settore emanato dall’Agcom in materia di procedimenti sanzionatori con la delibera n. 136/06/CONS (…). Dunque, la distinzione tra accertamento ed accertamento formale, come enucleato dalla giurisprudenza, trova pieno riscontro nella struttura del procedimento sanzionatorio delineata dalla stessa Autorità, laddove è ben distinta la fase di recepimento delle segnalazioni da quella di accertamento vero e proprio dell’attendibilità dei fatti segnalati, necessaria per procedere alla contestazione nel solo caso in cui non si possa addivenire alla semplice archiviazione » (Tar Lazio, sez. III-ter, 10 ottobre 2012, n. 8367).

In definitiva: il Regolamento Agcom ha scelto di fare esclusivo riferimento, per la pre-istruttoria, alla nozione di « accertamento » tratta dall’art. 14 della l. n. 689/1981, senza considerare i LEP di cui all’art. 29, comma 2-bis, della l. n. 241/1990 quanto alla « durata massima dei procedimenti ».

Le conseguenze di tale scelta, in termini di deminutio delle garanzie procedimentali, sono estremamente rilevanti.

Sulla base dello schema descritto, infatti, i giudici amministrativi hanno giustificato la protrazione della pre-istruttoria per periodi molto spesso superiori a un anno.

Solo in casi estremi, in cui la pre-istruttoria aveva finito per richiedere addirittura due anni di tempo, la giurisprudenza è intervenuta dichiarando la non ragionevolezza della durata dell’accertamento pre-istruttorio.

In uno di questi rari casi, si è rilevato che « in relazione alle caratteristiche del caso in esame, tuttavia, da un esame obiettivo dei documenti di causa, il Collegio rileva che l’ultimo atto istruttorio risultava essere la nota, in data 8 settembre 2004, con cui la Guardia di Finanza (…) inviava i supporti magnetici concernenti le registrazioni dei programmi mandati in onda dall’emittente in questione in sette giorni scelti a campione dal 27 maggio al 7 luglio 2004 . Ciò posto, il Collegio non può fare a meno di considerare che, nella specie, la violazione contestata (…) consisteva di una pluralità di condotte tra loro sufficientemente omogenee e temporalmente assai ravvicinate, essendo le stesse poste in essere rispettivamente nelle date 28 maggio, 1, 8 , 11 e 23 giugno, 2 e 7 luglio 2004, vale a dire in un arco di tempo molto esiguo (circa quaranta giorni); tali episodi venivano portati a conoscenza dell’Agcom in modo compiuto e documentato con la sopracitata nota dell’8 settembre 2004, laddove la contestazione della violazione (…) avveniva con atto notificato soltanto il 4 settembre 2006, vale a dire a distanza di quasi ventiquattro mesi dalla ricezione della richiamata nota da parte dell’Autorità. In tale contesto temporale, e tenuto presente il quadro normativo di riferimento, si intende come il tempo occorso all’Autorità per procedere all’accertamento dei fatti appaia, non solo in astratto eccessivo, in relazione ai filmati trasmessi nei sette giorni scelti a campione dal 27 maggio al 7 luglio 2004, ove isolatamente considerati, ma anche del tutto inadeguato in

concreto, in ragione sia del lungo tempo trascorso, sia della esiguità dell’intervallo temporale oggetto di osservazione, sia della omogeneità delle condotte contestate, unitariamente considerate » (Tar Lazio, sez. III-ter, 19 aprile 2010, n. 7488).

A giudizio di chi scrive, l’impostazione del Regolamento Agcom circa la pre-istruttoria, laddove enfatizza il riferimento all’art. 14 della l. n. 689/1981 ed ignora i LEP di cui alla l. n. 241/1990, non è condivisibile.

Si rinvia sul punto, nuovamente, al capitolo intitolato ai principi del procedimento nell’esercizio del potere sanzionatorio delle autorità amministrative indipendenti (parte prima), in questo lavoro collettaneo.

Ivi si sono forniti argomenti in favore della tesi secondo cui:

- la pre-istruttoria deve essere qualificata come procedimento amministrativo presupposto, assoggettato ai principi della l. n. 41/1990;

- ne deriva che non può essere eluso il principio (ex artt. 2 e 29 della stessa l. n. 241) che impone il rispetto di un termine massimo di durata e conclusione di ogni procedimento;

- dovrebbe essere ogni autorità indipendente, attraverso i propri regolamenti ai sensi dell’art. 2, comma 5, della l. n. 241/1990, a stabilire il termine massimo di conclusione del procedimento pre-istruttorio, nel rispetto dei termini massimi di 90 giorni o – in casi di motivata eccezionalità – di 180 giorni (trattandosi di LEP ai sensi del combinato disposto dell’art. 2, commi 3 e 4 e dell’art. 29, comma 2-bis, della l. n. 241/1990);

- qualora le leggi e i regolamenti relativi a ciascuna Autorità indipendente siano silenti in proposito, dovrà farsi riferimento al termine residuale di 30 giorni di cui all’art. 2, comma 2, della l. n. 241/1990.

Né può ritenersi che il riferimento all’art. 14 della l. n. 689/1981, contenuto nell’art. 5 del Regolamento Agcom, prevalga sull’applicazione dei LEP di cui alla l. n. 241/1990: si rinvia ancora al citato capitolo sui principi del procedimento, in cui si è tentato di dimostrare che, per i procedimenti sanzionatori delle autorità indipendenti, le disposizioni della l. n. 689/1981 non dovrebbero prevalere, in caso di contrasto, su quelle della l. n. 241/1990 che stabiliscano livelli essenziali di garanzia per i cittadini ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

3. (segue) La disciplina delle denunce.

Anche sotto un altro profilo la disciplina dettata dal Regolamento Agcom appare distonica rispetto ai principi della l. n. 241/1990: si tratta delle previsioni che riguardano le modalità di presentazione e i casi di archiviazione delle diverse tipologie di denunce.

Occorre premettere che il Regolamento Agcom riconosce ed attribuisce espressamente il diritto di presentare denuncia a « tutti i soggetti interessati, gli utenti finali, i consumatori e le associazioni od organizzazioni rappresentative dei loro interessi »; tutti questi soggetti « possono chiedere l’intervento sanzionatorio dell’Autorità denunciando eventuali violazioni della normativa di settore » (art. 3-bis, comma 1, del Regolamento).

Trattandosi di un potere di denuncia contemplato e disciplinato da un atto normativo di natura regolamentare, si è indubbiamente in presenza di quelle che la dottrina denomina « denunce qualificate » [per tale nozione, cfr. DE LUCIA; SCOGNAMIGLIO, 153 ss.; MONTEDURO, 2010].

Il Regolamento opera tuttavia una discriminazione, in base ai soggetti e agli oggetti, tra le denunce.

Stipulativamente, possono infatti distinguersi: (i) denunce a tutela privilegiata;

(ii) denunce a tutela ordinaria; (iii) denunce a tutela affievolita.

A) Le denunce sub (i), che potrebbero definirsi a tutela privilegiata, godono di un regime di marcato favor: esse non possono essere archiviate – si badi, neppure nei casi di manifesta infondatezza – per il fatto di consistere in « rapporti della Polizia postale e delle telecomunicazioni, della Guardia di finanza e degli Ispettorati territoriali del Ministero delle comunicazioni », a condizione che vi siano riportati: una precisa descrizione del fatto; l’evidenziazione della norma giuridica che si presume violata; l’individuazione del giorno e dell’ora della presunta infrazione; i dati anagrafici, ovvero ogni dato disponibile ai fini dell’identificazione dei soggetti responsabili della presunta infrazione; i supporti probatori che costituiscono la base per le successive valutazioni in merito alla sussistenza della violazione (art. 3-bis, comma 5, del Regolamento).

Come ha rilevato la dottrina [MARINI BALESTRA, 2011, 932] non si comprende perché « siano sprovviste di analogo status privilegiato le segnalazioni del Comitato di autoregolamentazione TV e minori di cui all’art. 35 TU Radiotv, dell’organismo di vigilanza sul rispetto degli impegni di Telecom Italia relativi alla rete di accesso di cui alla Delibera n. 718/08/CONS, nonché dei Co.Re.Com». A giudizio di chi scrive, discriminare in melius una denuncia, rendendola non (o più difficilmente) archiviabile solo perché provenga da alcuni organi pubblici anziché da altri, anch’essi pubblici o di rilievo pubblicistico, comporta una violazione dell’art. 3 Cost.; appare contrario ai principi di eguaglianza, di imparzialità e di ragionevolezza, più in generale, discriminare (ai fini dell’archiviabilità o meno della denuncia) tra soggetti denuncianti in base alla loro natura giuridica di soggetti privati o pubblici. L’archiviazione dovrebbe appuntarsi esclusivamente sul quid, ossia sulla forma e sull’oggetto sostanziale della denuncia, sulla sua inaccoglibilità manifesta o non manifesta, non già guardare al quis: è infatti astrattamente possibile che anche un organo pubblico inoltri segnalazioni manifestamente infondate tanto quanto è possibile che a farlo sia un operatore privato.

Se lo scopo della pre-istruttoria è quello di un “filtro”, che eviti la celebrazione di procedimenti sanzionatori inutili in quanto innescati da denunce prive di qualsiasi fondamento, proibire l’archiviazione di denunce manifestamente infondate solo perché queste ultime provengano da alcuni organi pubblici è, in definitiva, contrario sia al principio di efficacia di cui all’art. 1, comma 1, che al divieto di ingiustificato aggravamento del procedimento di cui all’art. 1, comma 2, della l. n. 241/1990.

B) Le denunce sub (ii), quelle a tutela ordinaria, possono invece essere archiviate dal « direttore competente », su proposta del responsabile del procedimento, « con

motivazione sintetica […] anche utilizzando procedure semplificate », nei casi previsti dall’art. 3-bis, comma 4, del Regolamento, ossia:

- improcedibilità; - inammissibilità;

- manifesta infondatezza.

Appare evidente come questa disposizione regolamentare ricordi da vicino, per la sua formulazione testuale, la disposizione normativa (sopravvenuta solo nel 2012) di cui all’art. 2, comma 1, della l. n. 241/1990 («se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo »).

Interessante, se comparato con la formulazione dell’art. 2 della l. n. 241/1990, è il riferimento all’utilizzo di « procedure semplificate» operato dall’art. 3-bis, comma 4, del Regolamento Agcom (in aggiunta all’indicazione della « motivazione sintetica »).

Nell’art. 2 della legge generale sul procedimento amministrativo, infatti, la « forma semplificata » sembra circoscriversi solo al « provvedimento », ossia all’atto finale che chiude in rito il procedimento dichiarando la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza; il testo dell’art. 2 non chiarisce se la semplificazione possa o debba riguardare, oltre al provvedimento, lo stesso procedimento, amministrativo, rendendolo più snello, celere ed essenziale rispetto a quanto avviene ordinariamente ai fini della cognizione “piena” della fondatezza della domanda.

Di contro, come si è sottolineato, il Regolamento Agcom stabilisce espressamente la semplificazione del rito procedurale (e non solo della forma provvedimentale) della pre-istruttoria.

Le denunce, ai sensi dell’art. 3-bis, comma 3, del Regolamento, devono contenere obbligatoriamente le generalità del denunciante (nome, cognome, denominazione o ragione sociale, residenza, domicilio o sede, recapiti telefonici ed eventuali recapiti di telefax e di posta elettronica), nonché tutti gli « elementi idonei a descrivere il comportamento dell'operatore che il richiedente ritiene costituiscano violazione della normativa di settore » ed eventualmente « ogni elemento ritenuto utile alla valutazione dell’Autorità ».

Un problema, per le denunce sub (ii) a tutela ordinaria, è tuttavia rappresentato dalla maniera non perspicua con cui l’art. 3-bis, comma 4, del Regolamento ha definito le nozioni di improcedibilità, inammissibilità e manifesta infondatezza della denuncia.

B.1) Può giustificarsi, infatti, la scelta del Regolamento di qualificare come « inammissibili » le « denunce generiche », ossia quelle indeterminate sul piano obiettivo (« aventi ad oggetto fatti non circostanziati o che non siano corredate dalla documentazione necessaria a sostegno dei fatti denunciati ») o sul piano subiettivo (« che non recano