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6. I Core Labour Stadards (CLS).

6.3. Il principio di non discriminazione.

La maggioranza dei diritti economici, sociali e culturali corrono il rischio di rimanere in qualche modo virtuali, poiché non godono tutti di una tutela effettiva. La Carta sociale europea raggruppa tre categorie di diritti: il diritto del lavoro, il diritto alla protezione sociale e i diritti culturali. Il diritto del lavoro ricomprende il diritto a un lavoro nel quale la persona possa realizzarsi e che possa garantire il sostentamento proprio e della propria famiglia, il

diritto a condizioni di lavoro dignitose, i diritti sindacali. I Patti, come la Carta sociale - l’uno strumento a carattere universale, l’altro a carattere regionale - non stabiliscono un diritto di azione individuale o statale né la previsione di sanzioni per la violazione di uno dei diritti. L’individuo si ritrova pertanto a beneficiare virtualmente di diritti non facilmente tutelabili. In tale ottica va considerata l’opera della Corte europea dei diritti dell’uomo quale organo di controllo che assicura che sia tutelato il diritto enunciato nella CEDU.

La linea di demarcazione per i diritti individuali passa attraverso la tutela reale da parte del diritto positivo. I diritti garantiti dalle Convenzioni internazionali di protezione dei diritti dell’uomo riguardano diversi regimi di tutela: protezione assoluta per i diritti intangibili, protezione relativa per i diritti comprimibili . 150

In ogni caso l’effettività del diritto è collegata all’effettività dei controlli. Il diritto alla non discriminazione è un diritto trasversale poiché riguarda il godimento anche di altri diritti, o è in essi comunque contenuto. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo all’art. 2 enuncia il principio dell’uguale dignità di tutti gli esseri umani; il principio di non discriminazione è previsto da tutti gli strumenti internazionali che riguardano la protezione dei diritti dell’uomo: Patto sui diritti sociali, economici e culturali, art.2; CEDU, art.14; Carta africana, art.2. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito il principio di non discriminazione come un principio fondamentale sotteso alla Convenzione stessa . 151

Un trattamento uguale è riservato a individui uguali e questo implica l’esistenza di una norma che preveda l’uguaglianza di trattamento. L’insieme dei diritti protetti dalla Convenzione e il divieto di discriminazioni vanno valutati di pari passo in quanto ogni diritto è suscettibile di essere violato

Le clausole di deroga prevedono l’inderogabilità dei diritti intangibili, che gli stati si 150

obbligano a garantire anche in situazioni di emergenza, al contrario dei diritti comprimibili, che sono sacrificabili in situazioni emergenziali. V., sul punto, EBOLI V., La tutela dei diritti

umani negli stati d’emergenza, Milano, Giuffrè, 2010.

Corte EDU Strain/Romania, 21 luglio 2005, p.f. 59. 151

attraverso un comportamento o un’azione discriminatoria. Da qui si evince che la non discriminazione è un diritto che si estrinseca soltanto in relazione a un altro verso il quale ha un rapporto di dipendenza.

Come si è detto, il divieto di discriminazioni è preso in esame dalla CEDU e dai Patti delle Nazioni Unite. L’art. 14 della CEDU prevede tale principio sempre in collegamento con un altro diritto o libertà, quale elemento rafforzativo dello stesso. Secondo la giurisprudenza della Corte, tuttavia, non si può limitare l’applicabilità della tutela dell’art. 14 CEDU solo in relazione a un altro dettato normativo, perché il principio di non discriminazione ne risulterebbe svuotato di utilità autonoma. La portata autonoma di tale articolo è risultata pertanto dalla sua configurabilità quale parte integrante di ciascuna delle disposizioni garantite che riguardino i diritti e le libertà , 152 L’applicazione dell’art. 14 riguarda, pertanto, le ipotesi di violazione di una delle disposizioni della Convenzione e tale condizione viene valutata dal giudice quale diritto addizionale.

La modalità di esercizio della libertà sindacale deve essere informata al rispetto del principio di non discriminazione anche quando il contenuto di tale diritto è liberamente definito dallo Stato. La Corte definì come non necessario pronunciarsi sul grado di discriminazione quando viene constatata un’altra violazione che sia separata da un diritto tutelato dalla Convenzione . Solo in 153 seguito la Corte intervenne fornendo il primo esempio di previsione autonoma del principio di non discriminazione nel senso che fornì una visione d’insieme della violazione constatata ove il comportamento discriminatorio era preminente rispetto al diritto di cui avrebbe dovuto avere carattere accessorio . L’art. 14 pertanto è allocato tra le norme CEDU e va considerato 154 sempre in relazione a una norma sostanziale della stessa; perciò il principio di non discriminazione viene attratto nel campo dei diritti sociali quale il diritto

Corte EDU Inze/Austria, 28 ottobre 1987, A. 126 par. 36. 152

Corte EDU, Chiesa Cattolica contro Grecia, 16 dicembre 1997, par. 47. 153

Corte EDU, Aziz/Cipro, 22 giugno 2004. 154

del lavoro. Gli Stati hanno un obbligo positivo circa la protezione da ogni forma di trattamento di tipo discriminatorio sugli individui. Il Comitato dei diritti dell’uomo ha fornito un’interpretazione dell’art. 26 dei Patti che respinge l’ipotesi di una reiterazione di quanto previsto nell’art. 2 del Patto stesso. Il principio di uguaglianza davanti alla legge e l’abolizione di qualsiasi forma discriminatoria rilevano soprattutto in campo giuslavoristico. L’art. 26 dei Patti, tuttavia, va più in profondità, in quanto configura un obbligo per gli Stati di non elaborare norme dal contenuto discriminatorio. Qui rileva come il diritto alla non discriminazione abbia una portata autonoma nei Patti, rispetto alla previsione della CEDU. I criteri che contraddistinguono la discriminazione sono dati dalla differenza di trattamento che subisce l’individuo nell’esercizio o nel godimento di un diritto riconosciutogli dall’ordinamento, in mancanza di una giustificazione oggettiva e ragionevole. Per arrivare a delimitare il territorio sul quale si muova la nozione di discriminazione bisogna però definire quello di uguaglianza formale e sostanziale. La prima riguarda una distinzione tra situazioni analoghe o comparabili, la seconda riguarda le cosiddette forme di disuguaglianze compensative. L’uguaglianza sostanziale riguarda un obbligo per lo Stato di adottare quelle misure atte a garantire l’esercizio effettivo dell’uguaglianza di trattamento per gli individui. Il canone della disuguaglianza compensativa riguarda i casi di discriminazione nei confronti delle donne; viene attribuito un trattamento migliore alle donne in quanto oggetto di discriminazioni. Un aspetto importante della condotta discriminatoria riguarda la modalità in cui questa viene perpetrata ai danni dell’individuo e sono dirette o indirette.

Sussiste discriminazione diretta quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra in una situazione analoga sulla base di uno qualsiasi dei motivi per cui la discriminazione è vietata.

La discriminazione indiretta sussiste quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere le persone facenti parte di

un gruppo protetto, in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il conseguimento della finalità stessa siano appropriati e necessari.

Un esempio può essere dato dall’apertura di una selezione per il passaggio a un livello superiore ove sia necessario un determinato punteggio basato sull’orario lavorativo. In tale caso, è evidente come il full-time sia un orario utilizzato prevalentemente dagli uomini e come diversamente le donne ricorrano frequentemente al part-time. La discriminazione non è diretta ma mediata in quanto se lo Stato non interviene con normative ad hoc per rimuovere le disparità; in questo caso tra i sessi, è evidente come i vincitori della suindicata selezione possano essere prevalentemente uomini.