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Il Trattato di Roma (TCE) istituì nel 1957 la Comunità Economica Europea (CEE); esso comprendeva, oltre gli aspetti di natura economica, anche quelli in materia di “politica sociale” . 190

Sul punto v. PERULLI, A., Sostenibilità, diritti sociali e commercio internazionale: la 187

prospettiva del Trans-Atlantic Trade and Investment Partnership (TTIP), WP CSDLE

Massimo D’Antona, INT. 115, 2015; FAIOLI, M., “Libero scambio, tutele e sostenibilità. Su

cosa il Ttip interroga il (nuovo) diritto del lavoro”, in RGL, 2016, p. 781 ss..

Sull’argomento: COMPA, L., “Labor Rights and Labor Standards in Transatlantic Trade 188

and Investment Negotiations: An American Perspective” in The Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). Implications for Labor, Monaco, International Centre for Diffraction Data, 2014.

BOLLE, M.J., Overview of Labor Enforcement Issues in Free Trade Agreements, CRS 189

Report for Congress, Washington DC, 2008.

Versione in italiano del Trattato di Roma: http://eur-lex.europa.eu/legal- content/IT/TXT/ 190

PDF/?uri=CELEX:11957E/TXT&from=IT. Ove nella rubrica, nel titolo III della parte terza, si può leggere la parte dedicata alla “Politica Sociale”.

L’art. 118, che sanciva il potere della Commissione europea “di promuovere una stretta collaborazione tra gli stati membri nel campo sociale per le materie riguardanti: il diritto al lavoro e le condizioni di lavoro, il diritto sindacale e le trattative collettive tra datori di lavoro e lavoratori”, incontrava un limite nel dovere essere esercitato “senza pregiudizio delle altre disposizioni del presente Trattato, e conformemente agli obiettivi generali di questo”. Ciò nonostante, emerge la competenza della CEE in materia di dialogo tra parti sociali, finalizzato alla contrattazione collettiva sovranazionale e a forme di garanzia dei diritti dei lavoratori.

Le prime parti sociali che nacquero in Europa furono la Confederazione europea dei datori di lavoro, l’Union des Industries de la Communauté Européenne (UNICE), de1958, e la Confederazione Europea dei Sindacati (CES), la European Trade Union Confederation (ETUC), del 1973, in rappresentanza dei lavoratori191. Le prime Federazioni sindacali europee “di settore” furono la European Metalworkers' Federation (EMF), del 1971 e la European Federation of Building and Woodworkers (EFBWW), del 1974192

. 193

L'origine dell’ “European sectoral social dialogue”, il dialogo sociale settoriale europeo, è da ricondursi ai comités paritaires, costituiti con la nascita Nel 2007 ha mutato il nome in BusinessEurope. Le vicende evolutive della ex UNICE 191

sono riportate nel sito https://www.businesseurope.eu/history-organisation.

La UNICE fu costituita dalle Confederazioni imprenditoriali di tutti i Paesi fondatori della CEE. Si compone di Confederazioni imprenditoriali dei singoli Stati e di Federazioni, a livello di settore, rappresentative delle imprese industriali nazionali. Gli organi statutari sono: il Consiglio dei Presidenti (costituito dai Presidenti delle Confederazioni affiliate), il Comitato esecutivo ed un Segretariato Generale.

Tutte le informazioni sull’ETUC sono presenti sul sito: https://www.etuc.org.

La Confederazione costituisce il risultato della progressiva aggregazione delle maggiori organizzazioni sindacali. Ai sensi dell’art.1 del suo Statuto, la CES è costituita dalle Confederazioni sindacali nazionali (di tutti i Paesi membri) e dalle Federazioni industriali di settore. E’ composta da un Congresso (riunito con cadenza quadriennale, salva la possibilità di riunioni straordinarie), dal Comitato direttivo e dalla Segreteria.

Informazioni reperibili sul sito: http://www.efbww.org/default.asp?

192

Issue=History&Language=EN.

Informazioni reperibili sul sito: http://www.emf-fem.org/About/index.html. 193

Nel 2012 la European Metalworkers' Federation (EMF) si è fusa con la European Mine, Chemical and Energy Workers’ Federation (EMCEF) e la European Trade Union Federation

della Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio del 1951 . La 194 Commissione istituì, in sei settori (minerario nel 1952, dei trasporti su strada nel 1965, delle vie d'acqua interne nel 1967, ferroviario nel 1972 , dell'agricoltura e della pesca nel 1974) i “comités paritaires”, che svolgevano un ruolo consultivo195. I Comitati avevano una composizione bipartita, poiché ne facevano parte sia i datori di lavoro sia i lavoratori, che potevano confrontarsi e scambiarsi opinioni sulle politiche sociali intraprese e riferirle alla Commissione; quest'ultima aveva il ruolo di promuovere una collaborazione tra gli Stati membri circa il diritto di associazione e la contrattazione collettiva.

La definizione di dialogo sociale a livello di fonti comunitarie non era chiara. La Commissione Europea, nel 1997, ha affermato che il dialogo sociale è il frutto di una serie di “dibattitti tra le parti sociali europee, iniziative comuni ed eventuali negoziati tra le controparti, nonché scambi d’idee tra le stesse e le istituzioni comunitarie” . Il dialogo sociale a livello comunitario da 196 bilaterale si è allargato al tripolarismo mediante la partecipazione della Commissione Europea; ad essa l’art.138 TCE, ha riconosciuto una funzione promozionale del dialogo sociale tra i datori di lavoro e i lavoratori197 198. I Trattati istitutivi della CECA (Comunità europea del carbone e dell’acciaio) del 1951, della CEE (Comunità economica europea) del 1957, della CEEA o dell’ EURATOM (Comunità europea dell’energia atomica) del 1957, riconoscevano alla politica sociale una posizione di subalternità rispetto

Commissione Europea, Final report, Directorate General for Employment, Social Affairs 194

and Equal Opportunities. Bruxelles, 2006, p. 9.

JAGODZINSKI R. "Transnational collective bargaining: a literature review.” in 195

SCHÖMANN I., et al., Transnational Collective Bargaining at Company Level: A New

Component of European Industrial Relations?, ETUI.

Bruxelles, 6 maggio 1997, IP/97/389, Relazione sul Dialogo sociale nel 1996. 196

ROCCELLA M., TREU T., Diritto del lavoro della Comunità Europea, Padova, 197

CEDAM, 2009.

GUARRIELLO F., Il contributo del dialogo sociale alla strategia europea per 198

all’obbiettivo del processo di creazione di un mercato unico. Il Trattato di Roma stesso demandava l’attuazione dei principi agli Stati membri nell’esercizio delle proprie competenze “riservate”, riconoscendo una competenza residuale alla Comunità Europea, in quanto la politica sociale rientrava nel processo di integrazione economica finalizzata alla creazione di un mercato unico . L’art. 117 CEE, inoltre, era una norma che vincolava gli 199 Stati membri alla promozione del miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, perseguendo la finalità di far progredire il funzionamento del mercato comune.

Un’altra problematica direttamente legata al ruolo del dialogo sociale era data dalla mancanza di un pieno riconoscimento delle parti sociali e, pertanto, dalla carenza di legittimazione di queste ultime, che non potevano esercitare un’adeguata “forza di pressione”, poiché lo stesso Trattato TCE riservava la formazione delle norme sociali agli Stati membri; escludendo così di fatto le organizzazioni sindacali . 200

La fine degli anni ’50 segnò l’inizio della fase di riconoscimento delle organizzazioni sindacali europee quali parti sociali comunitarie; determinanti a tal fine furono gli incontri di Val Duchesse degli anni ‘80 . 201

Negli anni ’70 si constatò che, sebbene si stesse raggiungendo l’obbiettivo di un mercato comune europeo, non vi fosse un’integrazione sociale adeguata; pertanto nell’ottobre del 1972 nella Conferenza dei Capi di Stato e di Governo di Parigi, fu autorizzato un “Programma d’azione sociale”. Il progetto venne adottato tramite la risoluzione del Consiglio d’Europa del 21 Gennaio 1974, che avvallava le necessità, ravvisata dai capi di Stato, che a un’unione economica e politica facesse seguito un’unione sociale europea, attraverso una crescente partecipazione delle parti sociali alle decisioni economiche e sociali della Comunità e dei lavoratori alla vita elle imprese.

ARRIGO G., Il Diritto del Lavoro dell’Unione Europea, Tomo I, Milano, Giuffrè, 1998. 199

Ibidem. 200

Ibidem. 201

Il Programma di azione sociale (PAS) conferiva un ruolo legislativo della Comunità Europea in materia di occupazione e delle condizioni di lavoro; al fine di favorire il dialogo tra i rappresentanti dei lavoratori, dei datori di lavoro e la Commissione Europea, vennero istituiti il Centro Europeo per lo sviluppo della formazione professionale e la Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro . 202

Il PAS è stato il punto di partenza necessario per addivenire alle Direttive europee in materia di parità di retribuzione uomo-donna, di parità di condizioni di lavoro e trattamento, di parità di trattamento nell’ambito della sicurezza sociale (dir. n. 75/117, dir. n. 76/207, dir. n. 79/7).

Nel 1980 il presidente francese Mitterrand presentò al Consiglio Europeo un Memorandum, che riportava la nozione di Spazio sociale europeo, sostenendo che “Se un giorno esisterà una forma qualsiasi di Unione Europea, essa non potrà ignorare il diritto sociale. Questo diritto, inteso in senso ampio, vale a dire non limitato al diritto del lavoro ma comprendente anche la politica sociale ed alcuni aspetti della politica dell’impiego, dovrà costituire un obiettivo prioritario dell’Europa. Se si vorranno convincere i cittadini dei vari Stati membri della necessità di costruire l’Europa, niente sarà più utile di un diritto sociale europeo che riconosca ad ogni individuo, di qualsiasi nazione, lo stesso statuto giuridico di cui possa avvalersi dinanzi alle autorità del suo Paese e quelle di altri Stati, nel cui territorio il cittadino europeo si trovi per qualsiasi ragione” . 203

Il Memorandum prevedeva tre obiettivi: l’occupazione, il dialogo sociale, il coordinamento della sicurezza sociale, quali imprescindibili garanzie di un’effettiva parità di trattamento tra i lavoratori migranti tra gli Stati membri. La Commissione europea elaborò un Programma di azione sociale “Per uno sviluppo della politica sociale della Comunità: prospettive e opzioni”, che

La Commissione e il Consiglio furono affiancati dai Comitati specializzati nella 202

elaborazione di specifiche proposte. Vennero istituiti i Comitati paritari di settore, composti da rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, titolari di funzioni consultive.

ARRIGO G., Il Diritto del Lavoro dell’Unione Europea, op. cit.. 203

fornì una delimitazione dello Spazio sociale europeo in sei ambiti: la riorganizzazione del tempo di lavoro; l’adattamento dei modelli di sicurezza sociale alle mutate condizioni dello sviluppo economico; i diritti fondamentali dei lavoratori; l’accesso al mercato del lavoro di soggetti appartenenti a categorie sociali «sfavorite»; la valorizzazione dei bisogni sociali come fattori di crescita; una politica attiva per la circolazione delle persone.

Il dialogo sociale divenne un metodo importante di integrazione europea, legato quindi alla formazione della politica sociale nel perseguire gli obbiettivi dell’occupazione e della protezione sociale . 204

Il 31 Gennaio del 1985, presso il castello di Val Duchesse, come anticipato, si svolsero i primi incontri tra la Commissione, la Confederazione europea dei sindacati e le organizzazioni europee dei datori di lavoro (privati e pubblici: la UNICE e la CEEP), per determinare la politica sociale comunitaria.

Il dialogo tripartito di Val Duchesse portò ad una Dichiarazione comune di intenti concernete il Dialogo sociale e l’evoluzione tecnologica , 205 prevedendosi anche l’attivazione di un gruppo misto di lavoro, avente l’obiettivo di ricercare le possibilità di pervenire a un orientamento comune sul Dialogo sociale, in relazione all’introduzione di nuove tecnologie, e a inquadrare le modalità di promozione del Dialogo sociale a livello d’impresa e di settore, nazionale e comunitario.

I pareri comuni adottati dalle organizzazioni sindacali comunitarie dei lavoratori e dei datori di lavoro, tuttavia, incontravano il limite dato dalla carenza di un mandato di rappresentanza da parte delle federazioni delle organizzazioni sindacali nazionali.

La CES e l’UNICE erano prive del mandato di rappresentanza per negoziare da parte delle organizzazioni sindacali nazionali; pertanto l’efficacia di quanto sottoscritto non dispiegava i suoi effetti nei confronti di queste ultime.

Tuttavia con Val Duchesse le organizzazioni sindacali europee vennero

Ibidem. 204

Dichiarazione sul Dialogo sociale e l’evoluzione tecnologica, 12 Novembre 1985. 205

finalmente legittimate a partecipare alla formazione delle normative comunitarie; venne infatti valorizzato il ruolo delle parti sociali nel dare vita al Dialogo sociale, che si concretizzava nella concertazione e nella contrattazione, proprie delle attività negoziali.

L’Atto unico europeo, all’art. 21, nel modificare il Trattato che istituiva la Comunità Economica Europea, aggiungeva l’articolo 118 A ai sensi del quale “gli Stati membri si adoperano per promuovere il miglioramento in particolare dell'ambiente di lavoro per tutelare la sicurezza e la salute del lavoratori, e si fissano come obiettivo l'armonizzazione, in una prospettiva di progresso, delle condizioni esistenti in questo settore. 2. Per contribuire alla realizzazione dell'obiettivo previsto al paragrafo 1, il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, in cooperazione con il Parlamento europeo e previa consultazione del Comitato economico e sociale, adotta mediante direttive le prescrizioni minime applicabili progressivamente, tenendo conto delle condizioni e delle normative tecniche esistenti in ciascuno Stato membro”206.

L’art. 22 dell’Atto unico europeo introduceva alla art. 118 -B del Trattato CEE il seguente periodo: “La Commissione si sforza di sviluppare a livello europeo un dialogo tra le parti sociali, il quale possa sfociare, se esse lo ritengono opportuno, in relazioni convenzionali”. Con tale disposizione veniva finalmente sancito il Dialogo sociale quale strumento di negoziazione supportato dalla presenza della Commissione europea e finalizzato a creare una rete di relazioni industriali comunitarie. Il termine “relazioni

Consiste in una serie di emendamenti ed integrazioni dei Trattati istituivi della Comunità 206

europea, entrato in vigore il 1° luglio del 1987. Gli obbiettivi dell’Atto erano: la realizzazione del mercato unico, entro il 31 Dicembre del 1992, qualificato come uno spazio senza frontiere in cui fosse garantita la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali; una maggiore coesione economica tra le regioni europee; il consolidamento della politica sociale; il potenziamento della cooperazione monetaria; l’introduzione nel Trattato CEE di norme pertinenti la tutela dell’ambiente e la ricerca scientifica e tecnologica.

Nel 1986, l'Atto unico europeo (articolo 118 ter) ha creato una base giuridica per l'istituzione di un «dialogo sociale di dimensione comunitaria». Il dialogo sociale europeo si è sviluppato progressivamente con l'istituzione di un comitato direttivo, che nel 1992 è diventato il Comitato per il dialogo sociale (CDS): il principale forum per il dialogo bipartito tra le parti sociali a livello europeo.

convenzionali” inoltre aprì la strada a diversi metodi negoziali quali sono gli accordi quadro interconfederali, i contratti collettivi di settore o gli accordi- quadro europei . Dall’art. 118 B non si poteva tuttavia dedurre che il 207 contratto collettivo europeo rientrasse tra le fonti tipiche del diritto comunitario, poiché veniva riconosciuto indirettamente, attraverso la legittimazione delle parti a concludere delle relazioni convenzionali, e non degli atti convenzionali.

In seguito all’Atto unico venne proposto un Memorandum, con l’obbiettivo di raggiungere un accordo tra gli Stati membri finalizzato a creare un corpus di diritti sociali fondamentali.

Nel 1989 il Consiglio europeo adottò la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, una Dichiarazione solenne avente un’efficacia non vincolante nei confronti degli Stati firmatari, in cui il Dialogo sociale era definito quale “momento propedeutico alla contrattazione collettiva” . In 208 particolare, ai sensi dell’art 12 della Carta, “I datori di lavoro o le organizzazioni dei datori di lavoro da un lato, e le organizzazioni dei lavoratori dall'altro hanno il diritto, alle condizioni previste dalle legislazioni e dalle prassi nazionali, di negoziare e concludere contratti collettivi. Il dialogo che deve instaurarsi tra le parti sociali a livello europeo può giungere, se esse lo ritengono auspicabile, a rapporti contrattuali, soprattutto su scala interprofessionale e settoriale”.

L’art.12 legittimava dunque le organizzazioni sindacali alla negoziazione e alla stipula dei contratti collettivi e di settore, conformemente alle prassi nazionali vigenti nei differenti Stati membri. L’art. 17, inoltre, stabiliva che “Occorre sviluppare l'informazione, la consultazione e la partecipazione dei lavoratori, secondo modalità adeguate, tenendo conto delle prassi vigenti nei

PESSI R., Europa e Concertazione modelli a confronto, Padova, CEDAM, 2010; 207

FIORILLO L., L’Unione Europea e il Dialogo Sociale, Padova, CEDAM, 2009.

TESAURO G., Le procedure di consultazioni delle Parti sociali nel Protocollo sociale, 208

in Protocollo sociale di Maastricht: realtà e prospettive, Notizario di Guirisprudenza del

diversi Stati membri.Ciò vale in particolare nelle imprese o nei gruppi che hanno stabilimenti o imprese situati in più Stati membri della Comunità europea”; l’art.18 incentivava poi l’informazione e la consultazione dei lavoratori in caso di ristrutturazione o fusione di imprese, e di procedure di licenziamenti collettivi, prevedendo che “la consultazione e la partecipazione devono essere realizzate tempestivamente, in particolare nei casi seguenti: al momento dell'introduzione nelle imprese di mutamenti tecnologici aventi incidenze notevoli per i lavoratori in ordine alle condizioni di lavoro e all'organizzazione del lavoro; in occasione di ristrutturazioni o fusioni di imprese che incidono sull'occupazione dei lavoratori; in occasione di procedure di licenziamenti collettivi; quando determinate politiche occupazionali seguite dall'impresa hanno ripercussioni sui lavoratori della stessa, in particolare su quelli transfrontalieri”.

In seguito alla Conferenza Intergovernativa per la riforma dei Trattati, tenutasi nel 1991-1992, che aveva lo scopo di estendere le competenze comunitarie in materia sociale e della contrattazione collettiva europea, venne adottato il Protocollo sulla Politica Sociale (PPS), allegato al Trattato di Maastricht, che legittimava l’autonomia collettiva a concorrere nella disciplina delle condizioni di lavoro, a livello sovranazionale, e nel recepimento degli atti normativi comunitari negli ordinamenti giuridici interni. Va precisato come gli artt. 3 e 4 dell’Accordo sulla Politica Sociale (di seguito APS) riguardavano aspetti procedurali relativi alla concertazione e prevedevano il recepimento della contrattazione collettiva europea, nel diritto interno a determinate condizioni, e nel diritto comunitario attraverso le decisioni del Consiglio209 210. Per l’APS il contratto collettivo veniva inserito nel sistema delle fonti del diritto sociale comunitario quale risultato di un Dialogo sociale dato dalla cooperazione delle parti sociali europee all’attività normativa delle istituzioni comunitarie. Il Dialogo sociale era arrivato a valere quale strumento di

ARRIGO G., Il Diritto del Lavoro dell’Unione Europea, op.cit.. 209

PESSI R., Europa e Concertazione modelli a confronto, op.cit.. 210

formazione di un atto vincolante assunto dal Consiglio o, comunque, quale momento di cooperazione con la Commissione nella fase di proposta legislativa.

L’APS ha così favorito l’ingresso del contratto collettivo tra le fonti atipiche del diritto comunitario in virtù del principio di sussidiarietà orizzontale finalizzata alla “regolamentazione delle condizioni lavorative nella Comunità mediante la valorizzazione dell’autonomia collettiva”. Nel 1997, con il Trattato di Amsterdam, l’Accordo sulla Politica Sociale venne inserito nel Trattato della Comunità Europea; al Dialogo sociale venne conferito un valore normativo europeo . 211

Il Trattato di Amsterdam del 1997 comportò la consacrazione dei diritti sociali fondamentali incorporando nel Trattato della Comunità Europea l’Accordo sulla Politica Sociale e abrogando il Protocollo sulla Politica sociale, allegato al Trattato di Maastricht.

L’art. 117 TCE (ora 151 TFUE) sanciva il riconoscimento dei diritti sociali fondamentali quali, tra gli altri, la promozione dell’occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, il dialogo sociale.

L’art. 118A TCE recepiva quanto sancito nell’APS: “La Commissione ha il compito di promuovere la consultazione delle parti sociali a livello comunitario e prende ogni misura utile per facilitarne il dialogo provvedendo ad un sostegno equilibrato delle parti. 2. A tal fine la Commissione, prima di presentare proposte nel settore della politica sociale, consulta le parti sociali sul possibile orientamento di un’azione comunitaria. 3. Se, dopo tale consultazione, ritiene opportuna un’azione comunitaria, la Commissione consulta le parti sociali sul contenuto della proposta prevista. Le parti sociali trasmettono alla Commissione un parere o, se opportuno, una raccomandazione. 4. In occasione della consultazione le parti sociali possono informare la Commissione della loro volontà di avviare il processo previsto dall’art. 139”.

TIZZANO A, Il Trattato di Amsterdam, Padova, CEDAM, 1998. 211

L’art. 138 TCE (oggi, art. 154 TFUE) prevede la promozione, da parte della Commissione, della consultazione delle parti sociali, a livello comunitario, adottando ogni provvedimento utile ad agevolarne il confronto.

La fase della consultazione delle parti era ad impulso della Commissione; le parti sociali erano titolari di un diritto di partecipazione la cui lesione era ricorribile in sede di Corte di Giustizia Europea, ai sensi dell’art.175, par. 3 del Trattato. Se la Commissione valutava come opportuna un’azione comunitaria, era obbligata a consultare nuovamente le parti sociali, che erano tenute ad esprimersi con un parere o una raccomandazione o una comunicazione sulla necessità di avviare un dialogo a livello comunitario per addivenire a un accordo, a norma dell’art.139.

L’art. 118 B (art. 155 TFUE) prevede quanto sancito nell’APS all’art.4, cioè che “1. Il dialogo fra le parti sociali a livello comunitario può condurre, se queste lo desiderano, a relazioni contrattuali, ivi compresi accordi. 2. Gli accordi conclusi a livello comunitario sono attuati secondo le procedure e le prassi proprie delle parti sociali e degli Stati membri o, nell’ambito dei settori contemplati dall’articolo 137, e a richiesta congiunta delle parti firmatarie, in base ad una decisione del Consiglio su proposta della Commissione. Il