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CAPITOLO 1 LE RAGIONI DELLA RICERCA

1.1 Una lettura critica della scuola del I ciclo

1.1.3 Un problema di “affezione”

Alla discussione degli esiti nei test di apprendimento degli studenti italiani corre in parallelo quella che il Rapporto sulla scuola FGA 2011 definisce un’«anomalia tutta italiana», il fatto che gli studenti della scuola secondaria di I grado mostrino una disaffezione verso la

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scuola, cioè che ci vadano poco volentieri, in misura maggiore che negli altri paesi101. La scuola “piace molto” al 17% dei maschi e al 26% delle femmine undicenni, mentre a 13 anni le percentuali precipitano al 7% dei maschi e all’11% delle femmine. Il dato è associato a percentuali di percezione di rendimento scolastico più basse e di livelli di stress scolastico più elevati rispetto agli altri paesi. Questo fenomeno è definito un passaggio «cruciale» all’interno della citata ricerca e riconduce a quella centralità della dimensione affettiva per il successo scolastico esposta nel § 3.2 della Parte I, per cui non si può scindere l’apprendimento dal senso che esso assume per chi apprende e che questi chiede di esprimere da parte di chi insegna.

Il dato riportato dallo studio FGA è in contraddizione con quanto riferito dai docenti italiani del campione OCSE-Talis 2008102, i quali dichiarano in modo compatto d’avvertire positivamente il proprio contributo formativo (97,2%), di avere un buon rapporto con gli studenti (98,1%) e di non avere problemi di comunicazione con loro (98,1%). Complessivamente, i docenti valutano positivamente la propria efficacia nell’insegnamento tanto che il punteggio per l’Italia dell’indice di autoefficacia calcolato dall’OCSE risulta secondo in ordine di grandezza, dopo la Norvegia103. L’Italia con il 95%, presenta la più alta percentuale di insegnanti che riferiscono soddisfazione per il proprio lavoro. Questa distanza di percezione suscita molti interrogativi.

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I risultati sono stati presentati per la prima volta nel Rapporto sulla scuola 2011 e consistono in approfondimenti operati dalla FGA sui dati delle indagini HBSC condotte in Italia negli anni 2001-2, 2005-6 e 2009-10.

L’indagine HBSC è uno studio che si svolge sotto l’egida dell’OMS con lo scopo di descrivere e controllare i fenomeni ed i comportamenti che possono avere conseguenze sulla salute degli adolescenti. Lo studio è iniziato nel 1982 e l’Italia ha aderito nel 2001.

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Il campione italiano utilizzato per l’indagine Talis è un campione stratificato composto da 300 scuole secondarie di I grado, per 300 dirigenti scolastici e 5823 docenti.

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«After Norway, teachers in Italy were most positive about their level of self-efficacy. Italy had the highest percentage of teachers (98%), after Slovenia, who reported being successful with the students in their class and ranked fourth among TALIS countries in teachers reported understanding of how to get through to students. At 91% and 97%, respectively, Italian teachers ranked fifth in both ability to make progress with the most difficult and unmotivated students and in the belief that they are making a significant educational difference». OECD. (2009). First results from the OECD Teaching and Learning International Survey TALIS. OECD Briefing Note For Italy.

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Uno studio condotto nel 2009104 conferma la rilevanza della percezione di autoefficacia, ma mette anche in evidenza come questa non abbia solo una dimensione soggettiva, ma anche una forte connessione con le caratteristiche complessive del contesto:

Una solida convinzione nella propria efficacia scolastica influenza la percezione del contesto organizzativo che circonda il docente. Quest’ultimo, lungi dall’essere sottoposto passivamente alle influenze del clima organizzativo, è invece un soggetto attivo: attraverso la lente delle proprie abilità percepite egli legge la realtà organizzativa che lo circonda e la influenza attivamente. Tale risultato è rilevante ai fini della comprensione dei fenomeni lavorativi capaci di influenzare la qualità del sistema individuo-organizzazione, tra i quali: l’adesione dei lavoratori alle regole caratterizzanti i contesti organizzativi, la messa in atto di comportamenti professionali positivi, la partecipazione attiva dei lavoratori. […].La qualità degli ambienti lavorativi, la fiducia nell’efficacia del corpo docente e della struttura scolastica in generale, sono elementi in grado di modulare il percorso che porta ad impiegare le proprie capacità al servizio dell’istituzione ed alla sensazione di soddisfazione per il proprio operato. Gli individui che si percepiscono capaci tenderanno a mostrare un livello di perseveranza maggiore di fronte alle difficoltà lavorative, raggiungendo livelli di soddisfazione superiore. Ambienti relazionali difficili e una generale sfiducia nelle componenti dell’organizzazione scolastica, possono però rappresentare deterrenti in grado di contrastare e demotivare anche i docenti più preparati. Di fatto, accanto all’efficacia personale, la percezione del contesto si è rivelata un’importante variabile capace di mediare l’influenza della prima sull’efficacia collettiva. Le abilità percepite, e dunque probabilmente possedute dagli individui, necessitano del supporto di ambienti ospitali e positivi affinché possano trasformarsi in capacità collettive utili al miglioramento dell’organizzazione scolastica. L’efficacia lavorativa collettiva deriva dalla capacità del gruppo e dell’organizzazione di essere all’altezza delle situazioni e delle continue sfide che si presentano nel corso del tempo, ed anche dalla capacità dei singoli di fare tesoro

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Hanno partecipato alla ricerca, condotta da un gruppo di ricerca dell’ Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL), Dipartimento Medicina del Lavoro e dell’Università di Roma “Sapienza”, Dipartimento di Psicologia, complessivamente 375 docenti (310 donne e 65 uomini) di scuola primaria e secondaria di primo grado, appartenenti a sei differenti istituti scolastici. Per quanto riguarda la distribuzione degli insegnanti all’interno delle diverse scuole, 179 provengono da istituti comprensivi, 115 da direzioni didattiche e 52 da scuole secondarie di primo grado. Rosa, V., Alessandri, G. (2009). L’efficacia dei docenti: come promuovere l’impegno nell’organizzazione e la soddisfazione lavorativa. Prevenzione Oggi Vol. 5, n. 3/4, 75-86.

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delle esperienze fatte. Sono ingredienti indispensabili anche la diffusione tra tutti i membri del gruppo delle conoscenze possedute, l’abilità di orchestrare i talenti di ognuno, la capacità di riconoscersi in un progetto collettivo, il saper riconoscere ed analizzare insieme i fallimenti. (Rosa e Alessandri, 2009, 84).

Nel 2008/2009 un’indagine condotta sui docenti neo-assunti dalla Fondazione Giovanni Agnelli in collaborazione con gli USR di otto regioni, che ha registrato un tasso di partecipazione superiore al 90%, ha messo in luce un profondo disagio rispetto alla motivazione agli apprendimenti, al conseguimento di buoni risultati e nei confronti della disciplina in classe, evidenti già a partire dalla scuola dell’infanzia105. Gianferrari, analizzando i risultati della ricerca, afferma che:

La crescita esponenziale della “fatica” dell’insegnare ha raggiunto dimensioni che non possono evidentemente addebitarsi solo ai singoli insegnanti: sta assumendo la caratteristica di un fatto strutturale ed endemico, da affrontare come tale. […] le tematiche che si collocano al vertice delle difficoltà d’aula incontrate, sono strettamente interdipendenti e ruotano intorno al grande distacco che si è verificato tra i modi di essere delle nuove generazioni e le proposte di una scuola che nei metodi, nei contenuti, nella sua organizzazione, non riesce più a intercettarne il pensiero e l’attenzione. L’insegnante in un’aula scolastica, con i tradizionali strumenti a disposizione, non è più in grado di affrontare con efficacia l’insegnamento, nemmeno con i bambini più piccoli. (Gianferrari, 2010, 22-23).

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«Nella scuola secondaria di II grado il 54,4% dei neoassunti vive come un problema la motivazione all’apprendimento dei ragazzi, la metà ha difficoltà a far raggiungere buoni risultati di apprendimento, il 40% a mantenere la disciplina in classe. Nel primo grado il livello di difficoltà è solo leggermente inferiore relativamente ai primi due aspetti (rispettivamente: 44,3% e 42,1%), identico per gli altri. […] Il dato è ancora più preoccupante se posto a fianco di quanto emerso nelle indagini precedenti: per le tre regioni che avevano partecipato all’indagine precedente si dispone della serie di dati confrontabili, che evidenziano un sensibile aumento della percezione della difficoltà dell’insegnare, quantificabile fino a 10 punti percentuali in più. In Emilia-Romagna, per cui è disponibile la serie storica dall’a.s. 2005/06, si può evincere meglio la dimensione del fenomeno: promuovere negli studenti la motivazione all’apprendere quattro anni fa era indicato come problematico solo dall’11,5% dei neoassunti, ora si è passati al 40%; la problematicità della disciplina degli alunni dal 24,4% è salita all’attuale 39,8%.» Gianferrari, L. (2010). I docenti neo-assunti nella scuola che deve

affrontare i mutamenti epocali. Esiti di una ricerca interregionale sul profilo professionale e le competenze dei docenti neoassunti nell’a.s. 2008/09. FGA Working Paper 23, 2/2010.

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I dati sulla dispersione scolastica, dai quali ha preso avvio nel 2013 una ricerca della Fondazione Bruno Trentin e della Fondazione Giovanni Agnelli a Milano, Napoli e Palermo, riferiscono che 700.000 studenti ogni anno non si presentano più a scuola, quasi 2 su 10. Il 17,6 di ragazze e ragazzi che abbandonano gli studi, colloca l’Italia in fondo a tutte le classifiche dei Paesi europei (OECD, 2013; Istat, 2013; Eurostat, 2012)106. Pur in presenza di cifre che si riferiscono prevalentemente (ma non esclusivamente) alla scuola secondaria di II grado, l’ipotesi che il disagio, l’insuccesso e la disaffezione affondino le loro radici nell’intero percorso scolastico, fino dai primi anni di scolarizzazione, ha già trovato numerose conferme (FGA, 2011). La persistenza nel tempo del fenomeno dell’abbandono e del “respingimento” scolastico in Italia, lascia intravedere un modello di scuola, un ambiente per l’apprendimento, che, utilizzando un lessico mutuato dagli studi di impronta ecologica, è “adatto” solo per una parte della popolazione degli alunni e degli studenti.