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CAPITOLO 1 LE RAGIONI DELLA RICERCA

1.1 Una lettura critica della scuola del I ciclo

1.1.2 Un problema di equità

Secondo l’OCSE:

è definito equo un sistema scolastico nel quale il successo dello studente è sostanzialmente indipendente dal contesto socioeconomico della propria famiglia e da quello che caratterizza gli studenti che frequentano la stessa scuola. Al contrario, le opportunità di successo non sono equamente distribuite in un sistema scolastico nel quale i fattori di provenienza socio‐economica sono strettamente correlati ai risultati (OECD, 2008, citato in Invalsi, 2009, 28.).

Il contesto familiare di provenienza rappresenta uno dei fattori che risulta avere un impatto maggiore sul rendimento degli studenti. Per esaminare la forza della relazione tra il

background socio‐economico e i risultati degli studenti viene utilizzato l’indice ESCS100. In PISA, la descrizione del contesto familiare fa riferimento a una serie di caratteristiche della famiglia dello studente, tra le quali: a) status socio‐economico e culturale, ricavato da informazioni su titolo di studio e lavoro dei genitori e sul possesso di alcuni beni considerati

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«L’indice PISA socio-economico e culturale (ESCS) è stato derivato dalle seguenti variabili: -l’indice internazionale dello status occupazionale del padre o della madre (si considera il più elevato dei due), costruito ricodificando le risposte fornite alle domande sul lavoro svolto dalla madre e dal padre;

-l’indice del livello di istruzione più elevato raggiunto dai genitori, costruito traducendo il titolo di studio più elevato in anni di studio;

- l’indice dei beni familiari, che comprende risorse che qualificano l’ambiente educativo e culturale della famiglia di provenienza (il numero di libri presenti a casa, una scrivania per fare i compiti, una camera per sé, un posto tranquillo per studiare, un computer che si può usare per lo studio, software didattici, un collegamento a internet, una propria calcolatrice, libri di letteratura classica, libri di poesia, opere d’arte, libri da consultare per fare i compiti, un dizionario), e beni che denotano il benessere economico (una lavastoviglie, un lettore DVD o un videoregistratore, il numero di telefoni cellulari, televisori, computer e automobili, più tre beni specifici per ciascun Paese, che per l’Italia sono mobili di antiquariato, un televisore al plasma e un impianto di aria condizionata.» Citato in: Siniscalco, M. T., Bolletta R., Mayer M., Pozio S. (2008). Le valutazioni

internazionali e la scuola italiana. Bologna: Zanichelli, 3-94.

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indicativi del livello di benessere economico; b) provenienza geografica, studenti nativi o immigrati; c) lingua parlata a casa, uguale o differente da quella in cui svolgono le prove PISA; d) struttura familiare, presenza di entrambi i genitori o famiglia monoparentale; e) ubicazione della scuola. Queste variabili spiegano complessivamente il 22% della varianza dei risultati degli studenti italiani, percentuale che coincide con la media dei paesi OCSE. In particolare, in Italia, le variabili che risultano più fortemente legate al livello di competenza degli studenti sono: il livello occupazionale dei genitori, le risorse educative a casa, il numero di libri, la lingua parlata a casa e l’essere nati all’estero.

Se prendiamo in esame la correlazione tra il poter disporre di risorse educative a casa e i risultati degli studenti a livello internazionale, vediamo che in Italia la differenza di punteggio nella scala di lettura associata a questo indice (12,4 punti) è significativamente superiore al valore medio dei paesi OCSE (7,2) e inferiore solo a quello di Belgio, Corea, Danimarca e Repubblica Slovacca.

Osservando i dati internazionali relativi all’impatto del background socio‐economico sui risultati degli studenti in lettura, l’Italia potrebbe apparire come uno dei paesi nei quali il sistema scolastico è abbastanza equo. La percentuale di varianza nei risultati spiegata da tale indice è, infatti, più bassa (11,8%) di quella registrata a livello OCSE (14%), così come è significativamente inferiore l’incremento nel punteggio in lettura che corrisponde all’incremento di una unità dell’indice: 32 punti per l’Italia contro i 38 della media OCSE.

Tuttavia, se cambiamo prospettiva e analizziamo i dati scorporando la varianza nelle due componenti, tra le scuole ed entro le scuole, vediamo che in Italia le opportunità di raggiungere buoni risultati a prescindere dal background socio‐economico non risultano essere equamente distribuite.

In generale, la varianza all’interno delle scuole può essere attribuita a differenze tra gli studenti che frequentano la stessa scuola. A parità di indici socio‐economici, tali differenze sono probabilmente riconducibili a diversità di impegno, di motivazione, di partecipazione alla vita scolastica e così via. La varianza tra scuole può essere, invece, ricondotta alle differenze tra una scuola e l’altra e – più in generale – tali differenze possono essere fatte risalire a differenze interne al sistema scolastico (tipi di scuole, localizzazione sul territorio, organizzazione, risorse e così via).

Laddove si verifichi una bassa varianza all’interno delle scuole e una ampia varianza tra scuole, è probabile che le caratteristiche degli studenti tendano ad essere abbastanza omogenee all’interno delle singole scuole (o per tipo di scuola), mentre sono diverse tra

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All’interno dell’OCSE, l’Italia ha una variabilità totale dei risultati (106%) superiore a quella dei paesi OCSE. Con riferimento a quest’ultima, il 77% della variabilità in Italia è spiegata dalla differenza tra le scuole e questo dato è il più alto tra tutti i paesi OCSE. Leggendo invece questo dato in una prospettiva nazionale, la variabilità spiegata dalla differenza tra le scuole corrisponde al 62% di quella totale all’interno del paese; ciò significa che la variabilità del rendimento dei nostri studenti in lettura può essere prevalentemente addebitata alla differenza tra le scuole e l’incidenza di questo fattore è praticamente raddoppiata rispetto alla prima rilevazione PISA del 2000.

Per l’Italia, la variabilità dei risultati tra le scuole è spiegata per il 43,5% dall’indice PISA di status socio‐economico e culturale degli studenti e delle scuole. Se è vero che nel contesto internazionale il dato italiano è inferiore di quasi 12 punti percentuali a quello medio dei paesi membri e vi sono paesi in cui il peso di questo indice a livello scuola è anche superiore (17 paesi sui 26 membri dei quali si dispone il dato sono sopra la media OCSE, e tra questi Nuova Zelanda, Stati Uniti, Regno Unito e Lussemburgo superano addirittura il 70%) è da sottolineare il fatto che questo dato sia nettamente aumentato per l’Italia negli ultimi tre anni: in PISA 2006 lo status socioeconomico e culturale spiegava il 27,6% della varianza tra le scuole.

Questo fenomeno richiama, come una costante della scuola italiana nel tempo, quello che Don Milani e la Scuola di Barbiana scrivevano a metà degli anni ’60:

Allora sostenete che Dio fa nascere i cretini e gli svogliati nelle case dei poveri. Ma Dio non fa questi dispetti ai poveri. È più facile che i dispettosi siate voi. (Scuola di Barbiana, 1967, 60).

Il Rapporto sulla scuola FGA 2011 riporta un contributo in controtendenza con una delle “mitologie” più diffuse sulla scuola italiana, che vi sia una contrapposizione indiscutibile tra la scuola primaria (variamente identificata come “eccellenza”, “migliore scuola del mondo”) e la scuola secondaria di I grado, mettendo invece in evidenza che le principali “iniquità” che si manifestano attraverso la lettura dei risultati al termine del percorso della scuola del I ciclo raccontano di una «cumulatività del processo di apprendimento», nel quale si verificano, accanto a divari che nascono nella scuola media, quelli a responsabilità condivisa e quelli ereditati dalla scuola elementare (Op. cit, 40). Ad esempio il ritardo delle ragazze in matematica ha origine essenzialmente nella scuola primaria, il parziale recupero degli studenti di origine straniera avviene nella secondaria di I

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grado, mentre l’effetto più pesante della scuola media è proprio quello di allineare il successo scolastico alle differenza socioculturali.

La principale criticità della scuola del I ciclo in termini di equità è rappresentata proprio nell’”escalation” del peso che le differenze di partenza riverberano sui risultati scolastici, l’incapacità di contenere l’influenza delle variabili economiche, sociali e culturali sugli esiti degli esami finali e sull’orientamento alla formazione di II grado, il sostanziale fallimento della missione democratica della scuola di base.

Le elaborazioni statistiche sui dati TIMSS 2004/2007 relativi agli apprendimenti in matematica e scienze mostrano le differenze di rendimento tra figli di genitori con diploma o laurea rispetto ai figli di genitori con licenza media o meno:

Nel comparto liceale il 44% degli studenti proviene da famiglie con genitori laureati, contro il 25% degli Istituti tecnici e il 23% dei professionali. Specularmente, solo il 13% degli iscritti a un liceo ha genitori in possesso al massimo della licenza media. […]. Nel nostro paese le scelte e i livelli di istruzione si conservano da una generazione all’altra con un grado di persistenza e di stabilità che ormai è del tutto inconsueto in altre economie avanzate. (Ibi, 41).

Dietro quei dati possiamo “leggere” in filigrana i possibili elementi che fanno la differenza: le aspettative, la possibilità di un supporto nei compiti a casa, l’utilizzo di un linguaggio formale specifico, le opportunità di sviluppare interessi e conoscenze attraverso media, musei, viaggi, frequentazioni familiari…

L’ambiente, il contesto di vita, ha un’influenza determinante ai fini del successo scolastico, la domanda che si può formulare è se, e come, la scuola, intesa come sistema scolastico e come singola istituzione, dovrebbe attrezzarsi per “rimuovere gli ostacoli” e garantire un ambiente di apprendimento efficacemente orientato all’equità.