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La problematica applicazione del diritto di seguito alle opere d

Diritto di seguito e Appropriation Art “[Noi vogliamo]:

4.4 La problematica applicazione del diritto di seguito alle opere d

Appropriation Art

Come appena illustrato, la dottrina ritiene che ai fini dell'applicabilità della disciplina sul diritto di seguito l'opera d'arte debba essere il prodotto dell'attività personale dell'autore.

Di conseguenza, l'applicabilità di tale disciplina alle opere di

Appropriation Art appare tutt'altro che pacifica: infatti, come visto nel

Capitolo Primo, nell'Arte Concettuale – all'interno della quale si colloca la corrente de l'Appropriation Art – l’ideazione dell'opera rappresenta l’aspetto più importante del lavoro artistico, tant'è che ogni decisione sull’esecuzione e sulla presentazione dell'opera stessa è presa antecedentemente alla sua realizzazione; quest'ultima fase diviene un aspetto secondario, al punto da poter essere afdata ad altri soggetti. “The idea becomes the machine that makes the art”174, scriveva l'artista statunitense Sol LeWitt, uno dei padri fondatori dell'Arte Concettuale il quale infatti delegava abitualmente la realizzazione delle sue opere agli assistenti.

Allo stesso modo, Jef Koons si è rivolto a una serie di ofcine europee per le opere del ciclo “Banality Show”: la sua scultura in legno “String

of Puppies”, ad esempio, è stata intagliata da artigiani italiani ai quali

Koons avrebbe fornito indicazioni scritte molto dettagliate. Così, Mike

Bidlo non si è occupato materialmente della realizzazione della sua opera “Not Andy Warhol” e lo stesso può dirsi per “Fountain (Afer

Marcel Duchamp)” di Sherrie Levine.

Sembra prendere atto di questa situazione la Cour d'Appel di Parigi nel caso LeWitt175: in questa occasione la giurisprudenza francese ha stabilito che, ai fini dell'applicabilità della normativa autoriale, le opere dell'Arte Concettuale devono essere accompagnate da un certificato di autenticità rilasciato dall'autore, unico atto idoneo a conferire “un certo valore venale a un bene all'apparenza comune [...]

raramente realizzato dall'artista stesso”176.

Una possibile soluzione ai fini dell'applicabilità del diritto di seguito all'Appropriation Art sembra provenire dalla giurisprudenza della Cour de Cassation177 la quale nel caso Rodin (1986) ha oferto un'interpretazione più ampia del concetto di esemplare originale: il caso riguardava l'applicabilità del diritto di seguito a tre bronzi realizzati dopo la morte di Rodin ma tratti da uno stampo creato personalmente dall'artista.

In Appello, la Corte di Orléans si era avvalsa, per l'interpretazione del concetto di originale, di due codici deontologici, uno del Comité

Francais des Galeries d'Art e l'altro della Fédération Internationale des Difusers d'oeuvres d'Art originales: entrambi i codici considerano

originale, oltre all'esemplare realizzato personalmente dall'autore, anche quello posto in essere sotto il suo controllo e la sua direzione

175 Il caso riguardava l'opera di LeWitt intitolata “Standing Open Structure, White”, per la quale l'autore aveva erroneamente rilasciato due certificati di originalità. Corte d'Appello di Parigi, 8 Settembre 1999, n°1998/05423.

176 Questa soluzione sembra però escludere dalla tutela oferta dal diritto d'autore le opere appartenenti all'Arte Concettuale i cui autori siano rimasti anonimi. 177 Cour de Cassation, 1ère Chambre civile, 18 Mars 1986, n° 84-13.749, in “RIDA”,

costante. Di conseguenza, la Corte aveva negato l'originalità dei tre

bronzi creati dopo la morte di Rodin e quindi l'applicabilità della disciplina sul diritto di seguito.

In senso contrario la Corte di Cassazione: a suo parere il fatto che i tre bronzi fossero stati ricavati da un stampo costruito personalmente da Rodin consentiva di sostenere che anche questi ultimi recassero l'impronta dell'artista e quindi dovessero essere considerati “originali” ai sensi della disciplina sul diritto di seguito.

Secondo la dottrina cui si è fatto riferimento nel paragrafo precedente, una simile lettura della nozione di esemplare originale sarebbe contraria alla funzione del diritto di seguito: se l'opera è riproducibile un numero illimitato di volte senza neanche la presenza dell'artista, si danno le condizioni per l'applicabilità delle regole sulla moltiplicazione in copie, non sul diritto di seguito.

Rosalind E. Krauss, critica d'arte statunitense, nel suo scritto “La crisi

dell’ideologia dell’originalità”178, a proposito de “la Porte De l'Enfer” di Rodin (monumento commissionato al Maestro dallo Stato francese nel 1880 per il Museo delle Arti Decorative, realizzato anch'esso dopo la morte di Rodin a partire dai modelli in gesso lasciati nel suo atelier) mette in evidenza che lo scultore francese ha sempre intrattenuto una relazione estremamente distanziata nei confronti della fusione delle sue opere: nella maggior parte dei casi quest'ultima avveniva in fonderie dove lo scultore raramente si recava per sorvegliare l'esecuzione; altrettanto raramente Rodin controllava il compimento e la patinatura delle opere che normalmente venivano imballate e spedite al cliente senza che egli ne avesse verificato lo stato. Come per

178 Rosalind Krauss, “La crisi dell’ideologia dell’originalità”, in “Alle origini dell’opera

d’arte contemporanea”, a cura di G. Di Giacomo e C. Zambianchi, Roma-Bari, Gius.

gli artisti concettuali, anche per Rodin esisteva quindi una scissione netta fra la fase ideativa e quella esecutiva del suo lavoro.

La decisione della Cassazione può ritenersi un precedente importante nel senso di considerare “originale” l'opera d'arte alla quale l'artista abbia lavorato personalmente in fase ideativa, a prescindere quindi dalla sua partecipazione materiale alla fase esecutiva.

Questa interpretazione sembra avallata dall'Art. 145 L.A. così come novellato dalla Direttiva 2001/84/CE in cui si dice che il diritto di seguito si applica anche alle copie delle opere delle arti figurative purché siano prodotte in numero limitato “dall'autore stesso o sotto la

Conclusioni

“Ogni opera d'arte è un crimine mancato”179. Theodor Adorno

L'afermazione di Adorno sopra riportata si presta certamente a più interpretazioni. Si può ritenere, ad esempio, “crimine mancato” quello commesso dall'artista solamente a livello mentale, per il quale, di conseguenza, non può essere chiamato a rispondere. In questo senso l'epigramma rimanda a un'arte libera quanto lo stesso pensiero: gli artisti, per Adorno, sono gli ambasciatori di un paese straniero – la realtà – nel quale rivendicano l'immunità diplomatica per le loro opere.

Si è visto come il caso Baldessari sia stato il primo in Italia ad accordare tutela giuridica a un'opera di Appropriation Art: il giudice milanese, data l'assenza di riferimenti normativi all'opera parodistica nella legge italiana sul diritto d'autore, si è appoggiato alla giurisprudenza nordamericana più consolidata in materia di appropriazionismo. Analizzando il sistema americano – costruito attorno al concetto di fair use – si è riscontrato che la Section 107 dello U.S.C, da un lato, obbliga il giudice a motivare la propria decisione sulla base dei quattro parametri ivi indicati, dall'altro, lo lascia sostanzialmente libero di giudicare l'opera derivata come legittima o meno. Proprio la presenza di tale clausola fessibile ha permesso l'evoluzione della giurisprudenza nel senso di una maggiore comprensione e apertura nei confronti della poetica della

Appropriation Art; si pensi alla motivazione del caso Rogers v. Koons 179 A. Julius, “Trasgressioni: i colpi proibiti dell'arte”, Milano, Bruno Mondadori

(1992) rispetto a quella del caso Cariou v. Prince (2013): l'attenzione dei giudici è passata dalla finalità dell'uso (“la critica, il commento, la

cronaca, l'insegnamento, lo studio e la ricerca”) al grado di

trasformazione posto in essere, finendo per concentrarsi quindi sull'originalità della nuova opera.

A livello europeo una maggiore apertura nei confronti dell'elaborazione propria del genere parodistico si ritrova nelle conclusioni dell'Avvocato Generale in occasione del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia CE180 vertente sull’interpretazione dell’Art. 5, par. 3, lett. k), della Direttiva 2001/29/CE: riferendosi alla distinzione fra “parodia di” e “parodia con”, l'Avvocato ha ritenuto infatti legittime entrambe le varianti (superando quindi la giurisprudenza d'oltreoceano del caso Rogers v. Koons) in quanto, a suo parere, anche la seconda tipologia “appare sufficientemente

afermata nella nostra cultura della comunicazione”.

È d'altronde possibile afermare che le opere di Appropriation Art rientrano a pieno titolo nel paradigma della “parodia con” (o weapon

parody): dalla “Gioconda coi baffi” di Duchamp a “String of Puppies” di

Koons passando per i collages della Kruger e la Pop Art di Warhol, l'obiettivo ultimo di questi artisti prescinde dall'opera presa di mira di volta in volta, concretizzandosi piuttosto in una critica di tipo sociale. L'Avvocato Generale precisa poi che gli Stati godono di un ampio margine discrezionale nel decidere se con “parodia” ai sensi della legge debba intendersi un'opera dal carattere burlesco – così come statuito in via interpretativa dalla Corte di Giustizia CE – o anche

180 Causa C-201/13. Le conclusioni dell'Avvocato Generale Pedro Cruz Villalón sono reperibili a: http://curia.europa.eu/juris/document/document.jsf?text= %2522carta%2Bdei%2Bdiritti

%2522&docid=152656&pageIndex=0&doclang=it&mode=req&dir=&occ=first&p art=1&cid=157757#ctx1 (ultimo accesso 15/06/2015).

un'opera che al contrario non susciti ilarità. Nello stesso senso si esprime anche il giudice Anna Marina Tavassi nel caso Baldessari: “Le

opere parodistiche, quelle burlesche o ironiche ma più in generale le opere che rivisitano un'opera altrui – non essendo necessario che ispirino ironia o inducano al riso, ben potendo suggerire messaggi diversi, anche tragici, critici o drammatici – sono tali nella misura in cui mutano il senso dell'opera parodiata (…)181.

In questa prospettiva risulta certamente più agevole ricomprendere le opere di Arte Appropriativa all'interno del genere parodistico: come si è visto nel Capitolo Primo, queste creazioni, lungi dal perseguire un intento umoristico, mirano invece a stimolare una rifessione di tipo politico e sociale su temi quali il sesso, la religione, la razza.

De iure condendo si potrebbe auspicare l'adozione anche nel nostro

ordinamento di una clausola elastica – sull'esempio di quella del Copyright Act – in modo da garantire l'adattamento costante del diritto al mutare della sensibilità comune. A parere di chi scrive sarebbe inutile e controproducente imbrigliare la materia della creatività con definizioni normative rigide che finirebbero per invecchiare rapidamente. Il c.d. “sindacato sull'ispirazione”182 suona come una contraddizione in termini. Come disse Salvo Dell'Arte, avvocato specializzato in materia di diritto d'autore: “Il legislatore non

definisce la creatività, grazie a Dio”183.

Basti pensare a come è cambiato nel tempo il concetto stesso di opera

181 Vedi punto 8 dell'ord. 13 Luglio 2011, in “Rivista di Diritto Industriale”, 2011, p.

347. Il testo dell'ordinanza è reperibile a:

http://www.iusexplorer.it/Riviste/ArticoloRivista?

idDocMaster=2995047&idDataBanks=126&idUnitaDoc=0&nVigUnitaDoc=1&pagi na=1 (ultimo accesso: 15/06/2015).

182 Laura Boggiano, “Il diritto di creazione artistica e i suoi rapporti con la tutela

dell'onore”, in “Giurisprudenza italiana”, 2002, Fascicolo 12, p. 2310.

183 S. Dell'Arte, workshop sul tema “Il diritto e la fotografia”, Milano, 29 Maggio 2013.

creativa: la digitalizzazione ha permesso di creare contenuti nuovi attraverso combinazioni diverse di elementi e dati noti: il sampling, ad esempio, consiste nell'incorporazione di tracce audio registrate in precedenza in nuove composizioni musicali. Inoltre l'opera digitale può mutare e accrescersi in tempo reale, divenendo per ciò stesso instabile: è il caso delle pagine web. Infine, grazie a tecniche di assemblaggio, l'opera d'ingegno è suscettibile oggigiorno di divenire più articolata e complessa, come avviene per le opere multimediali. Al momento di decidere se un'opera ha natura parodistica, è preferibile lasciare più spazio possibile al libero apprezzamento del giudice il quale sarà chiamato a valutare se l'opera derivata, pur riproducendo — tanto o poco — l'opera originale, se ne discosti, nel complesso, per trasmettere un messaggio artistico diverso.

In dottrina, con riguardo al sindacato sull'opera d'arte che leda l'altrui onore o l'altrui reputazione, si è suggerito di afancare al giudice una consulenza tecnica facoltativa (“consulenza critico-estetica”184), sull'esempio di quella prevista nei giudizi penali per i reati di contrafazione o alterazione di opere d'arte: in questo modo, la valutazione sulla superfuità di alcuni elementi dell'opera verrebbe demandata ad un esperto in materia artistica (docenti universitari di storia dell'arte, accademici o case d'asta accreditate che dispongono delle professionalità necessarie). Una soluzione analoga può allora immaginarsi anche con riguardo al giudizio sulla originalità di opere d'arte derivate.

Come si è visto, la tradizionale distinzione tra arti maggiori e arti minori (o decorative) appare oggi superata e l'oggetto della tutela autoriale appare particolarmente dilatato; di conseguenza, come

184 Laura Boggiano, “Il diritto di creazione artistica e i suoi rapporti con la tutela

osserva Fabrizio Lemme185, il giudice potrà dissentire sulla valenza artistica di alcune opere come quelle di Koons o di Prince, sulla Pop Art, la Body Art e così via, ma ciò che più conta è “lasciare agli artisti e agli utenti la libertà rispettivamente di esprimersi e di selezionare. La seconda non meno della prima perché è determinante per la crescita delle coscienze individuali e dunque per l'intero tessuto sociale”.

Ringraziamenti

Desidero ringraziare in primis la professoressa Ilaria Kutufà per quello che ha fatto per me e soprattutto per avermi capita e incoraggiata fin dal principio a seguire quella che lei stessa ha definito “la mia

inclinazione”.

I miei genitori e mia sorella che mi sono stati vicino in tutti questi anni senza smettere mai di credere in me.

Gianni per essersi preso cura di me con amore e senza il quale non avrei cominciato a scrivere questa tesi.

Le mie amiche Arianna, Letizia, Rachele, Agnese, Martina, Cecilia e Flavia – che sanno esattamente cosa questo giorno significhi per me – per i momenti più belli e indimenticabili del percorso universitario.

Marco per essersi lasciato convincere a seguire e sostenere con me l'esame di diritto industriale.. Ma soprattutto per avermi aiutata a capire chi sono e la strada che desidero intraprendere dopo l'università.

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