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II. Il contesto cinese

2.2 Il lusso in Cina

2.2.3 Problematiche: contraffazione e protezione del marchio

Il mercato cinese e i suoi consumatori dimostrano di possedere un forte interesse per i prodotti di lusso e risultano sempre più attenti alla qualità e alla provenienza dei beni che acquistano. Tuttavia il fenomeno della contraffazione rimane ancora un grave problema in Cina, per capire la diffusione del fenomeno basti pensare alla quantità di fake market, presenti nelle grandi città cinesi, in particolare Pechino e Shanghai, i quali stanno raggiungendo livelli di qualità sempre più elevati e attraggono non solo moltissimi consumatori cinesi, ma anche un gran numero di turisti stranieri intenzionati a strappare il prezzo più basso possibile ai venditori dopo lunghe contrattazioni.

Studi recenti confermano che una consistente fetta del commercio internazionale oggi è ancora interessata da tale fenomeno, il commercio di prodotti contraffatti ha un valore pari a 461 miliardi di dollari, circa il 2,5% degli scambi commerciali globali. Un dato che non è diminuito negli anni, ma anzi grazie alla globalizzazione e all‟espandersi dell‟e-commerce ha sempre più possibilità di crescita. La diffusione di Internet ha reso questo fenomeno ancora più difficile da debellare, perché consente alle attività di contraffazione di diffondersi in maniera capillare e coinvolgere milioni di utenti in tutto il mondo. Inoltre spesso risulta molto difficile risalire all‟origine di tali attività e alla provenienza dei contraffattori, i quali nella maggior parte dei casi agiscono da paesi in cui i reati informartici non sono considerati reati gravi e in cui la legge interviene in maniera molto leggera su chi viola i diritti di proprietà intellettuale (Chevalier et al., 2012).

La Cina si conferma ancora una volta il più grande produttore e fornitore mondiale di merci contraffatte, accompagnata da Hong Kong, Singapore e Taiwan. Dal Sud-est asiatico ha origine, infatti, la maggior parte delle merci contraffatte prodotte a livello globale, con destinazione per il 60% l'Unione Europea e per il 40% il resto del mondo. Si stima che l‟80% della produzione mondiale di queste merci provenga proprio dalla Cina. Nella classifica dei Paesi i cui marchi sono maggiormente colpiti dalla contraffazione troviamo al primo posto gli Stati Uniti con il 20% dei falsi confiscati, il 14,6% delle merci sequestrate invece riporta l‟etichetta made in Italy, soprattutto per quanto riguarda i prodotti di abbigliamento, calzature e pelletteria. A seguire la Francia con il 12% e la Svizzera con l‟11,7%, il dato sorprendente è che tra i sequestri di merce contraffatta compare anche un 1,3% di beni che riportano la denominazione made in China (Di Muro, 2011; OECD/EUIPO, 2016).

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La contraffazione interessa un‟ampia fascia di beni, dai prodotti tecnologici al settore alimentare, alle sostanze chimiche, i prodotti di lusso restano però quelli più imitati, creando un grave danno d‟immagine e di fatturato alle firme nei principali paesi produttori. Questi prodotti rappresentano il perfetto modello di business per il settore della contraffazione, poiché i marchi sono molto noti, i prodotti altrettanto e per questo sono molto desiderati dai consumatori, inoltre sono semplici e poco costosi da copiare e facili da vendere in qualsiasi zona del mondo. Per alcuni di questi marchi sembra addirittura che la quantità di merci contraffatte sul mercato superi quella dei prodotti originali.

È soprattutto a partire dagli anni Ottanta e dall‟apertura della Cina al mercato globale che la contraffazione comincia a crescere e svilupparsi nel Paese, quando grazie ai ridotti costi di produzione e manodopera la Cina è diventata la „fabbrica del mondo‟ per settori ad alta intensità di lavoro, come il settore tessile e dell‟abbigliamento. Negli anni Settanta la contraffazione non rappresentava ancora una minaccia vera e propria per i brand del lusso, ma la democratizzazione del settore, l‟avvento dei media e delle nuove tecnologie ha creato un mercato potenziale enorme a livello globale.

Tuttavia è utile sottolineare che „l‟arte del copiare‟ fa parte della tradizione culturale cinese da secoli, lo stesso Confucio, infatti, promuoveva l‟imitazione dei lavori dei grandi letterati e artisti del passato come metodo per apprendere e diffondere la conoscenza. Lo stesso sistema scolastico cinese inoltre è basato proprio su questo principio, dovendo imparare a memoria le migliaia di caratteri della scrittura cinese il processo di copiatura diventa indispensabile, tanto che imparare e copiare risultano quasi sinonimi. Copiare in Cina è quindi da sempre considerato una modalità di apprendimento, in particolare se si tratta di beni con un alto contenuto artistico, copiare dai migliori è un passaggio necessario per apprendere. Per questo motivo è solo a partire dagli anni Ottanta, in seguito al ritorno della Cina sulla scena internazionale, che nel Paese viene introdotto il concetto di diritto di proprietà intellettuale (IPR), prima del tutto assente sulla scena economica cinese, il quale ha creato una sorta di dilemma culturale in un Paese improntato su una tradizione di imitazione.

Nonostante vi siano alcuni luxury brand che considerano il problema della contraffazione una battaglia persa in partenza e ritengono inutile lottare contro chi viola i diritti di proprietà intellettuale, ve ne sono altri, come ad esempio Louis Vuitton e Burberry, che lavorano in collaborazione con le autorità del governo cinese per cercare di limitare il fenomeno. Altri come Hermès mettono in guarda i propri clienti utilizzando il proprio sito

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web ufficiale, specificando che i prodotti originali della maison vengono venduti solo nelle boutique Hermès, nei negozi di rivenditori autorizzati e sul sito ufficiale, mentre prodotti acquistati al di fuori di questi di canali potrebbero non essere autentici (Okonkwo, 2007). Anche il gruppo Ferragamo è estremamente attivo nella collaborazione con le autorità cinesi per contrastare il fenomeno, tuttavia vi è un atteggiamento piuttosto sereno nei confronti della contraffazione, in quanto il gruppo sa che il cliente cinese oggi è molto preparato sui prodotti e sa riconoscere l‟originale dal falso. Il target del gruppo è la classe media emergente, la quale attraverso i materiali raffinati e l‟elevata artigianalità dei prodotti, vuole esprimere il proprio standing economico e sociale e non può quindi esimersi dall‟acquistare merci originali.

Ermenegildo Zegna è stato un pioniere in termini di protezione della protezione intellettuale, in quanto ha depositato il marchio per avviare la produzione dei propri prodotti in Cina già negli anni Trenta. Alla registrazione del marchio è poi seguita tutta una serie di attività volte a difendere il proprio brand dalla contraffazione, dall‟educazione del consumatore attraverso campagne di comunicazione mirate o dimostrazioni sartoriali nelle boutique, ai seminari volti a sensibilizzare le autorità doganali cinesi, ai sequestri di merci contraffatte nei fake market cinesi, in particolare nel famoso Beijing Silk Market.

Louis Vuitton può senz‟altro essere considerato uno dei brand più attivi in questo senso, avendo adottato una politica di tolleranza zero nei confronti della contraffazione ed essendo anche una delle firme più copiate in Cina. Si stima che l‟azienda investa ogni anno una cifra vicina ai 15 milioni di euro nella sua battaglia contro i prodotti contraffatti, parte di questo budget viene destinato ad un team di specialisti in protezione del marchio e della proprietà intellettuale che operano negli uffici esteri e parigini del brand. Louis Vuitton fa anche parte con altri marchi del lusso francese e internazionale di associazioni nate con lo scopo di educare i consumatori e accrescere la conoscenza dei rischi a cui si può andare incontro acquistando merci contraffatte; oltre ad essere uno degli attori che ha promosso la formulazione di una legge francese che rende il possesso di prodotti di lusso contraffatti illegale (Okonkwo 2007, Chevalier et al., 2012).

Sostengono Corbellini e Saviolo (2007) che “la contraffazione potrebbe non essere giudicata solo un fatto negativo in quanto ha comunque creato sul mercato cinese una certa notorietà di marca, inoltre dal momento che i falsi sono in genere di qualità molto bassa ci si può verosimilmente aspettare che le nuove élite cinesi acquisteranno prodotti autentici appena potranno permetterselo.” Lo status che un brand famoso è in grado di conferire è

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diventato un fattore molto importante nelle scelte d‟acquisto dei consumatori cinesi, soprattutto per quanto riguarda quelli delle classi medio-alte. Questo tipo di consumatore è maturato e preferisce ormai acquistare un prodotto originale, sapendo che i prodotti contraffatti non possiedono la stessa qualità dell‟oggetto copiato (OSEC, 2011).