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Problemi del diritto d’autore nel contesto tecnologico-

5 TRADUZIONE: RAPPORTI DI INTERDIPENDENZA FRA

5.7 Problemi del diritto d’autore nel contesto tecnologico-

La nostra legge sul diritto d’autore e le analoghe sono state elaborate in un mondo che non conosceva lo sviluppo delle tecnologie e delle reti informatiche. Quando nell’ultimo decennio del secolo scorso esse hanno dovuto sostenere la prova di queste innovazioni tecnologiche, si è avvertita l’esigenza di aggiornarle, ma non è stato scompaginato l’impianto originario.

Il primo episodio con eco internazionale in proposito si è avuto a cavallo fra il XX° e il XXI° secolo nell’ambito del mercato musicale, con il caso Napster, uno dei primi software peer-to-peer, per la condivisione gratuita di file musicali, protagonista di enorme successo negli anni a cavallo del millennio. La chiusura di Napster avvenuta nel 2002 e determinata dalle denunce degli editori, che vedevano nel sistema un pericoloso concorrente ai propri profitti, non ha risolto se non per breve tempo il problema. Nuovi programmi di file sharing gratuito sono sorti rimpiazzando l'originale Napster e vanificandone la chiusura. Una costante diminuzione delle vendite di cd musicali è scaturita dalla diffusione di questi sistemi e della progressiva obsolescenza della precedente tecnologia.

Sebbene per ora sembri tenere l’editoria libraria tradizionale, che può contare sull’oggettiva praticità del libro, rispetto al documento elettronico, specialmente nel caso di testi molto lunghi, non è escluso che nuove forme di supporto elettronico più maneggevoli, possano scalzare anche il libro, così come il libro ha a suo tempo scalzato i rotoli di papiro o pergamena. Per la verità sono già stati sperimentate fogli elettronici

pieghevoli in grado di supportare testi digitalizzati, anche di estese dimensioni. Il mercato dell’informazione del resto ha già conosciuto il successo dei giornali in formato elettronico rispetto a quelli cartacei. La velocità di questi sviluppi tecnologici e della loro affermazione presso il pubblico, ha reso difficile per le legislazioni internazionali aggiornarsi con la medesima prontezza.

D’altro canto ormai da più parti si sottolinea che l’avvento dei riproduttori elettronici ed in particolare del computer e di internet, ha fatto venir meno uno dei cardini fondanti del copyright in senso classico, ovvero il costo e la difficoltà di riprodurre e diffondere sul territorio le opere. Se questo era stato l’argomento su cui gli stationers avevano costruito la legittimità del trasferimento dall’autore all’editore dei diritti di sfruttamento economico sulle opere, il formato elettronico dei documenti, con la sua infinita riproducibilità e la possibilità di trasmissione attraverso la rete informatica, ha reso assai difficile la tutela del copyright come tradizionalmente inteso.

Così mentre i governi, su pressione delle associazioni degli editori, si affannano nell’elaborare sistemi che consentano di estendere al web le forme tradizionali di tutela del copyright, ormai molte voci si levano piuttosto in favore di un nuovo concetto del copyright, che escluda gli editori e sia finalmente inteso esclusivamente a proteggere gli autori. Secondo questa prospettiva un autore dovrebbe essere libero di poter diffondere, o almeno promuovere la propria opera, fuori dai canali editoriali tradizionali anche rinunciando al profitto che ne potrebbe derivare. Tuttavia anche questa impostazione apre notevoli problemi, poichè, mentre per quanto riguarda i musicisti essi possono percepire introiti dall’esecuzione pubblica delle proprie creazioni, per quanto riguarda gli scrittori, nel frattempo sono scomparse o appena residuali le

forme di guadagno tradizionale. D’altra parte sarebbero gli scrittori stessi a doversi sobbarcare le spese di traduzione qualora volessero assicurarsi una diffusione internazionale delle proprie opere, incaricandosi del rapporto diretto, anche in termini economici con i traduttori.

Inoltre bisogna tenere ben presente che le nuove tecnologie non si limitano a mettere a disposizione nuovi supporti per i contenuti, ma stanno ancora una volta rivoluzionando le modalità di interazione e finanche l’atteggiamento mentale nel rapporto tra autori e pubblico, riportandoci, come già abbiamo avuto modo di sottolineare ad una sorta di “medioevo dell’autore”.

In questo contesto appare non facilmente praticabile la difesa dei diritti morali dell’autore separatamente dalla difesa dei diritti economici, in particolare per quanto riguarda il riconoscimento delle paternità e dell’integrità dell’opera.

Alcuni salutano con favore questo scenario e pensano sia giusto assecondarlo più che contrastarlo, vedendovi l’occasione propizia per la diffusione di una nuova concezione del sapere, fondata sulla libera condivisione e sulla collaborazione aperta più che sulla personalizzazione e la recinzione degli spazi.

Interessanti da questo punto di vista sono le esperienze di licenze aperte, in particolare il copyleft, che stanno alla base della costruzione di opere collettive come Wikipedia.

L'espressione inglese copyleft, gioco di parole sullo speculare copyright, definisce un modello alternativo di gestione dei diritti d'autore, strutturato su un sistema di licenze attraverso le quali l'autore, che resta il detentore originario dei diritti sull'opera, indica ai fruitori dell'opera che essa può essere utilizzata, diffusa e spesso anche modificata liberamente, pur nel rispetto di alcune condizioni essenziali. Nella versione pura e originaria

del copyleft (cioè quella riferita all'ambito informatico) la condizione principale obbliga i fruitori dell'opera a rilasciare eventuali modifiche apportate all'opera sotto lo stesso regime giuridico (e generalmente sotto la stessa licenza). In questo modo, il regime di copyleft e tutto l'insieme di libertà da esso derivanti sono sempre garantiti.

L'espressione copyleft, in un senso non strettamente tecnico-giuridico, sta anche ormai ad indicare generalmente il movimento culturale che si è sviluppato sull'onda di questa nuova prassi in risposta all'irrigidirsi del modello tradizionale di copyright.

Questo forma di gestione collettiva del diritto d’autore però, mentre si rivela un modello di successo per quanto riguarda prodotti informatici o opere collettive come le enciclopedie in rete, mostra i suoi limiti e non incontra larghissimo favore per quanto riguarda tipologie di opere molto più strettamente legate allo “spirito” dell’autore.

L’impressione generale è che i problemi che attualmente si addensano intorno alla disciplina giuridica del diritto d’autore non potranno essere risolti per semplice estensione dei criteri che hanno guidato le normative in materia a partire dallo Statuto di Anna. Essi potranno trovare una soluzione equilibrata soltanto se inquadrate nel più generale processo di cambiamento delle modalità di produzione, circolazione, fruizione delle opere intellettuali in genere di cui siamo protagonisti.

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RELATIVISMO LINGUISTICO E