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Problemi legati all’utilizzo della piattaforma e prospettive future

Nel primo capitolo, si è potuto osservare come sia indispensabile, per la resistenza di una piattaforma online di questo genere, che vi sia una partecipazione discreta.

Ovviamente meno barter ci sono e meno possibilità di scambio si creano perché i beni a disposizione della piattaforma diminuiscono.

Quindi a scambiare saranno sempre le stesse persone, i rapporti creatisi probabilmente rimarranno, anche se non tutti, ma se non si trovano nuove leve gli scambi diminuiranno.

Questo sistema purtroppo sembra essere in atto su Zerorelativo.it, anche se sono in tanti a dimostrare affetto verso il progetto e verso i barter conosciuti. Se molti abbandonano e in pochi si iscrivono, la piattaforma sarà destinata a chiudere. Ovviamente non avendo accesso diretto ai server queste rimangono solo delle ipotesi derivate dall’analisi netnografica.

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I problemi più rilevanti, legati ad un possibile abbandono da parte dei barter, sono i costi di spedizione e la quota associativa.

Per poter affrontare il primo problema, i fondatori, potrebbero cercare di rinnovare ZR, improntandolo di più verso il baratto a mano ed affermandosi come punto di riferimento per mettere in contatto le persone che desiderano barattare e si trovano vicine. D’altronde l’intermediazione a favore della diffusione di questi modelli di consumo è un capo sa ldo delle piattaforme collaborative.

Il secondo problema è legato alla quota associativa, abbonamento o in qualsiasi modo lo si voglia chiamare. La reazione di massa a riguardo è stata di sfavore, o almeno cosi sembrerebbe.

Per poter apprezzare meglio l’analisi, si rimanda al testo utilizzato dai fondatori per promuovere l’abbonamento e trascritto in seguito.

Le motivazioni proposte dai fondatori sono sicuramente nobili, ma sono in tanti a porsi il dubbio, non perché la cifra sia esorbitante, ma perché non ritengono opportuno che un sito che ostenta di non voler utilizzare denaro poi sia costretto a chiederlo.

Forse la partecipazione “forzata” non è gradita in linea generale, ed in questo periodo si sono anche sviluppate anche altre piattaforme totalmente gratuite e quindi i barter pensano di poter continuare a fare quello che fanno da un’altra parte.

La quota associativa viene notificata ai barter con un messaggio postato sul blog di Zerorelativo, MondoZR, ed una e-mail inviata all’indirizzo di posta elettronica di tutti gli iscritti, i barter vengono avvisati che a partire dall’8 gennaio 2013 la piattaforma diverrà, a pagamento, il post col quale lo staff di ZR informa il web è il seguente:

Cari barter, ci lavoriamo da un po’, ed è arrivato il momento. Dalla sua nascita, nel 2006, ZR è sempre stato gratuito, senza

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nessun obbligo di versamento di denaro da parte degli utenti. Ma dall’ 8 gennaio 2013, a 7 anni dalla sua nascita, ZR ha deciso di istituire una quota di iscrizione annua di 18 euro (1,50 euro al mese), che verrà richiesta, però, solo dopo i primi 20 annunci caricati o il primo baratto concluso. Con la nuova versione ci saranno anche due importanti aggiornamenti tecnici, da tempo richiesti proprio dai barter, come quello dei feedback, che diventeranno visibili solo quando entrambi i barter li avranno rilasciati (non sarà più possibile, quindi, rilasciare i “feedback di ripicca”), e la nuova possibilità, sulle pagine pubbliche dei barter, di cercare gli annunci divisi per categorie. Qualcuno dirà che sono piccole cose, ma, in realtà, si tratta di uno sforzo concreto e importante da parte nostra, perché, come diciamo da tempo, ZR non è un lavoro, ma un Progetto che si aggiunge ai nostri lavori, alle nostre famiglie, ai nostri problemi quotidiani. Ed è per questo che è cosi importante supportarci. Certo, qualcuno storcerà il naso; la richiesta di denaro in un sito di baratto apparirà contraddittoria e certamente non mancherà chi lo farà presente. Siamo anche consapevoli che molti ci abbandoneranno, perché magari si sono iscritti solo per curiosità, oppure perché utilizzano il sito solo sporadicamente, oppure perché non ritengono di dover tirar fuori nemmeno un soldo. Tutto lecito, per carità. Ma questa nostra scelta vuole essere la dimostrazione che la nostra filosofia rimane intatta: ZR vuole essere un progetto totalmente indipendente ed autonomo, che ragiona con la propria testa (anche a costo di sbatterla!), e che preferisce che a scegliere siano i Barter e non le logiche di mercato, secondo cui anche i progetti non- profit più importanti e conosciuti per sopravvivere sono costretti a riempirsi di banner pubblicitari, non sempre – anzi, difficilmente – potendo fare la selezione che si vorrebbe. ZR entra in una nuova fase, si stringe attorno ai propri valori profondi e chiede a chi ci crede di supportare il progetto. Insomma, qui decidi tu. Decidi non solo il fatto di far scambiare degli oggetti fra le persone (sono nati tanti siti su cui puoi continuare a farlo), ma decidi di tenere in vita tutto ciò che ruota intorno a Zerorelativo, cioè amicizia, scambi (anche vivaci) di opinioni, condivisione, consumo critico, sobrietà, acquisti consapevoli, scelte etiche. E qui sai che ZR ci crede veramente. Qui sai che ci sono barter che ci credono veramente. E sono i nostri sette anni di lavoro insieme a dirlo, non le parole che leggi in queste poche righe. Se una “via alternativa” nel fare le cose c’è, dimostralo!.

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Dal messaggio si evince chiaramente come il progetto voglia andare oltre qualsiasi logica di mercato, voglia promuovere un consumo critico e punti molto sul senso di una comunità unita, pronta a sostenere e condividere le idee prima di tutto.

Il fatto di introdurre il pagamento solo per chi abbia effettuato più di venti scambi serve probabilmente a dare modo, a chi accede alla piattaforma, di ambientarsi e conoscere meglio Zerorelativo, la sua filosofia ed i vari meccanismi di scambio, prima di fare un “investimento” a favore dello stesso.

Le reazioni dei barter, come prevedibile, sono state diverse.

Purtroppo, come già accennato in precedenza, non avendo accesso ai server della piattaforma non si possono dare numeri precisi.

La tendenza generale, rilevata tramite l’analisi netnografica, sembra far intuire che non siano molti quelli che hanno appoggiato questa iniziativa. Bisogna anche tenere in considerazione il recente sviluppo in Italia di piattaforme simili a ZR e completamente gratuite (Vedi 2.5).

Non è comunque da sottovalutare la presenza e l’atteggiamento di coloro che invece hanno deciso di supportare e credere nel progetto Zerorelativo, una barter, durante l’intervista, ha dichiarato di “odiare” coloro che non vorranno contribuire.

Per certi barter il fatto di non poter più contare sul gruppo di persone con cui si scambiava di frequente e magari l’aver iniziato degli scambi a mano a causa della diffusione del baratto, non sono più uno stimolo a continuare a frequentare zerorelativo anche se hanno assorbito il baratto come stile di vita.

Probabilmente, nonostante le buone motivazioni, la quota associativa non è stata presa nel modo giusto. Anche se alcuni l’hanno capita ed inizialmente

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supportata, a fare della piattaforma un luogo importante sono le persone e se queste non partecipano al baratto in modo numeroso o si trasferiscono in altre piattaforme, o ancora, come succede per la maggior parte, si dedicano solo al baratto offline, forse sarà il caso per il bene di ZR e delle sue idee cercare di scendere a compromessi e magari accettare qualche sponsor. Non tutte le pubblicità infatti, possono essere non in linea con la filosofia ZR, esistono infatti delle realtà che lo sono.

Purtroppo la diffusione è fondamentale per la sopravvivenza online.

Si può auspicare che in tanti supportino le nostre idee, ma che i barter mettano nel progetto la stessa fiducia dei fondatori è un po’ più difficile. Loro infatti, anche se sono legati al progetto, sono più attaccati alle persone conosciute o al baratto in se.

Si riportano ora in seguito alcune reazioni legate all’introduzione della quota associativa.

Su un blog rintracciato sul sito wordpress.com, una barter delusa spiega esplicitamente quali sono i punti con i quali non si trova d’accordo.

Per prima cosa si critica il fatto che la comunicazione sia arrivata all’improvviso e per e-mail, senza promuovere discussioni o alternative. Essendo la barter/blogger, iscritta a WordPress, la stessa paragona il gesto di ZR a quello che fece WordPress quando mise la pubblicità sui blog. È rilevante riscrivere letteralmente quello che si può leggere sul blog:

«si scopre che le tante belle parole sulle “community” svaniscono come la neve al sole. Quando entrano in ballo i soldi, la grande famiglia della community in rete si rivela per quello che in realtà è: un fornitore di un servizio e tanti utilizzatori che non sono altro che dei clienti-sudditi a quali viene detto: “O mangi la minestra o salti dalla finestra!»

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E ancora continua dicendo che avrebbe preferito, da parte di un sito che ha fatto del baratto e dello scambio la sua bandiera, una proposta come ad esempio l’utilizzo forme differenti di pagamento del servizio.

Ad esempio si ipotizzano finanziamenti attraverso banner pubblicitari, nonostante si comprenda che gli stessi possano essere uggiosi ma almeno, sempre secondo la barter, non pesano sui portafogli degli utenti.

Questa prima proposta sembra essere la più fattibile. Anche in precedenza si è parlato di ciò, ipotizzando magari che i banner pubblicitari riguardassero imprese in linea con la filosofia ZR.

Un’altra proposta, riguarda l’ipotesi di accettare pagamenti attraverso qualche oggetto di quelli che gli iscritti mettono in scambio. Questa seconda ipotesi però sembra essere un po’ meno auspicabile.

La terza ipotesi, sempre proposta dalla barter “delusa come alternativa alla quota, parla di utilizzare metodi di pagamento alternativi come gli Scec8 o le monete virtuali che usano altri siti di scambio. Ma anche questa sembrerebbe un po’ troppo radicale da proporre a ZR.

La stessa barter/blogger conclude una frase utilizzando un’esternazione un po’ goliardica ma che forse rende l’idea:

«Vonno proprio li sordi!»

Nel blog comunque, si sottolinea che non tutti la pensano come lei, molti pagheranno, altri cercheranno delle alternative.

Si evince quindi, anche dai commenti esterni a ZR, uno spaccamento.

Diversi barter avranno abbandonato quindi, ma non tutti, certi saranno rimasti e avranno continuato a “combattere” per ZR, soprattutto perché il gruppo con cui si baratta prevalentemente, ha deciso di rinnovare il proprio

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abbonamento, per rispettare certi valori, per fedeltà a ZR o per amicizia. Questi, ultimamente, riscontrano problemi con i nuovi entranti che non assimilano rapidamente regole o filosofia ZR e ciò li porta spesso, in tempi recenti, a lamentarsi con lo staff.

Il senso di protezione verso la community, in questa occasione, porta ad essere, inizialmente, diffidenti verso chi non si conosce.

La quota è stata introdotta dal gennaio 2013. Per chi ha pagato quindi, ora siamo al “secondo giro di boa”. Una prova non indifferente per ZR, infatti abbiamo già parlato delle ipotesi riguardo l’abbandono e precisato che sono in diversi, per ciò che risulta dall’analisi netnografica a parlare negativamente dell’abbonamento o minacciare di lasciare la piattaforma negli ultimi mesi, inoltre, essendo molti convinti di pagare per un servizio, in tanti dichiarano di sentirsi delusi perché le migliorie desiderate non sono state apportate. Quindi nuovi abbandoni potrebbero essere legati anche a vari malfunzionamenti del sito, cioè notifiche che non arrivano, account riabilitati in ritardo e non immediatamente dopo il pagamento della quota e cosi discorrendo.

L’ideale per ZR, per poter continuare a diffondere la sua filosofia e le sue idee, sicuramente giuste e condivisibili da molti, potrebbe essere cercare di rinnovarsi, magari proponendo un restyling della piattaforma, in modo da attrarre nuove persone e riacquisire popolarità; provare a scendere un po’ più a compromessi per quanto riguarda le pubblicità (ipotesi ovviamente da verificare in base ai dati posseduti da chi gestisce il sito e dimostranti quanti barter effettivamente abbandonano o quanti sono nuovi iscritti); prestare più attenzione alle esigenze dei barter legate alle spese di spedizione, promuovendo, magari, il baratto a mano.

Durante questo capitolo è anche emerso un altro fattore, legato all’attribuzione di un determinato valore ai beni, soprattutto nella fase dello scambio. Si vede chiaramente come i barter siano maggiormente

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predisposti e più generosi nei confronti dei “barter amici”, cioè le persone conosciute online o anche di persona. Quindi sarebbe un vero peccato perdere questa componente, fondamentale per avvicinare le comunità online a quelle offline.

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Sharing comunitario offline

L’analisi svolta fino ad ora ha rilevato come lo sviluppo delle piattaforme online debba affrontare degli ostacoli legati principalmente alla fiducia nei confronti di tutti i membri della piattaforma stessa.

Risulta inoltre che, online, il valore dei beni in proprio possesso venga percepito in modo differente, si è soliti, infatti, attribuire agli stessi un maggior valore, soprattutto nella fase dello scambio, inoltre, anche il valore dei beni desiderati è diverso da quello dei beni che poi vengono scambiati. Si desiderano dei beni che, in linea generale, hanno un valore maggiore di quelli che poi vengono messi a disposizione della community.

Per quanto riguarda il baratto all’interno delle piattaforme online le persone sembrano essere più predisposte nei confronti di coloro che conoscono e di cui si fidano.

Probabilmente, sono quindi i gruppi di persone conosciute a dare il senso della community. Nonostante i barter appoggino la filosofia ZR, le affinità con i fondatori non bastano a percepire al 100% il concetto di sharing comunitario.

A questo proposito, si è pensato di valutare alcune comunità offline che hanno come principio il concetto di condivisione, per poter verificare se la rete, nonostante sia promotrice di una nuova visione di consumo collaborativo e nonostante abbia ampliato la predisposizione verso la socializzazione, possa anche avere dei limiti riguardo lo sviluppo dello sharing comunitario a 360 gradi e possa aumentare la “distanza” tra le persone e quindi il valore percepito dei beni in loro possesso.

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4.1 Il baratto di Lari

A Lari, esiste una comunità di persone molto attiva nel baratto.

Il mercatino del baratto di Lari si chiama Lariscambio e si svolge a cadenza mensile nella piazza principale, riscuotendo sempre un grosso successo all’interno del paese.

Le persone si organizzano con dei tavolini ed espongono gli oggetti che vogliono barattare e poi altre si avvicinano e propongono lo scambio.

I beni barattati sono di qualsiasi genere, principalmente vestiario e generi alimentari.

Al contrario delle piattaforme oggetto di analisi qui è forte anche la presenza maschile, principalmente piccoli produttori agricoli locali. Segno che gli uomini, forse, siano un po’ meno diffidenti nei confronti di questo modello di consumo, se si trovano ad interagire con i propri vicini.

L’aria che si respira è di cordialità generale e le contrattazioni avvengono con discreta facilità, principalmente perché si tratta di persone che si conoscono.

Ad introdurci all’interno dello scambio in questo piccolo paesino è una signora che chiameremo C., 48 anni, mamma e casalinga, appassionata di agricoltura biologica e che coltiva il proprio orto sinergico oltre a produrre saponi.

C. tiene uno stile di vita molto affine al concetto di economia della condivisione descritta nel primo capitolo, lei stessa afferma di odiare lo spreco e di voler evitare di accumulare e se possibile anche solo di acquistare oggetti non necessari. Per non parlare degli alimenti che cerca i l più possibile di produrre in casa.

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Da una chiacchierata emerge come lei stessa abbia iniziato a barattare attraverso Lariscambio ed ora non ne possa più fare a meno.

L’esigenza di scambiare, di privarsi del superfluo o anche solo di poter: «far rivivere le cose tenute in casa e inutilizzate».

(Dichiara C. durante l’intervista rilasciata alla sottoscritta)

Motivazione talmente sentita che ha iniziato a cercare dei gruppi su facebook che facessero al caso suo e alla fine, insieme a dei suoi amici ha deciso di fondarne uno: “un regalo per te, Pisa e provincia”. Lei stessa però afferma che il nome potrebbe trarre in inganno perché più che regalare si baratta.

L’idea generale comunque è quella del “dare”, ma, il concetto del dono soprattutto verso chi ha più bisogno verrà momentaneamente tralasciato per dedicarsi al baratto.

C. afferma come sia fondamentale per lei e per i fondatori che le persone si incontrino faccia a faccia per barattare. La fase della contrattazione può anche avvenire online, ma poter vedere poi con chi si scambia è un concetto molto importante.

Il discorso diventa interessante quando, per potersi incontrare, all’interno del gruppo facebook, si parla di organizzare dei veri e propri mercatini e cosi, ne viene fatto uno alla Misericordia di Lari.

Lariscambio, a differenza del gruppo di facebook è strettamente legato alla giovialità di un piccolo paesino di provincia, tutti si aiutano come possono, tutti si conoscono ed in realtà l’apertura verso chi viene da fuori è limitata. Le persone che invece partecipano al mercatino organizzato tramite facebook sembrano un po’ più aperte a nuove conoscenze.

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Avere a disposizione un gruppo online che decide di scambiare unicamente vis-a-vis e che inoltre organizza dei mercatini live, è importante per l’analisi.

Si scambia quindi anche con dei perfetti sconosciuti, ma lo si fa con un approccio diverso, rimettendo in gioco quel concetto legato al valore dei beni posseduti già visto in precedenza9.

Anche se bisogna precisare che fb serve solo per creare un punto di incontro, poi per scambiare ci si da appuntamento.

Nonostante la predisposizione a barattare con degli estranei e a socializzare, tutti ammettono di essere molto più predisposti verso gli amici ed i parenti, o anche solo nei confronti di persone conosciute tramite il gruppo ma con le quali si è scambiato almeno una volta.

«Io sento il bisogno di dare le cose delle quali non ho bisogno, certo, se non conosco una persona mi sento diversa mentre scambio. Con i miei amici aggiungo sempre dei regali» (C.)

La signora tiene a precisare che, lei e gli altri fondatori, desiderano che il baratto sia al centro di ogni cosa e che il valore dei beni non importi, infatti:

«si regala anche tanto».

Ognuno tiene molto al gruppo di facebook, alle idee che promuove e alla sua diffusione, ma, la rilevanza dei rapporti umani è fondamentale per essere più spontanei e naturali durante lo scambio.

Nessuno di loro infatti, scambierebbe tramite delle spedizioni se non per dei beni particolarmente desiderati.

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In generale si tiene anche a precisare che alla fine non si avrebbe nemmeno bisogno di scambiare con delle spedizioni perché quello che si desidera son cose reperibili anche dal gruppo di fb o dalla comunità.

La signora considerata il nostro punto di riferimento, è molto ben predisposta verso gli altri, anche gli estranei, ma ammette che quando scambia con gli amici, in lei scatta qualcosa che la rende ancor più generosa. Infatti lei stessa dice di essere ben predisposta verso tutti quelli che si trovano dentro il gruppo di fb, ma all’interno dello stesso gruppo online ci sono dei sottogruppi, in particolare quello dei fondatori, che nella comunità di Lari son soliti essere molto presenti e partecipativi, ed è proprio all’interno di questo gruppo di amici che il baratto è diventato uno stile di vita.

Quindi quest’esempio insegna che nonostante il web aiuti a diffondere determinate idee, a conoscere nuove persone e creare dei punti di incontro, il limite del web stesso è dato da una sottile linea con la realtà, che non permette di fidarsi ed essere generosi e spontanei al 100%.

Lo scambio sul gruppo è un po’ più impostato su un baratto 1:1. Anche se poi le persone che barattano si incontrano, il non conoscersi prima della contrattazione è, quindi, un po’ limitante.

Quando è stato organizzato, dal gruppo stesso, il mercatino live, molti beni erano stati già prenotati online, ma la generosità era più diffusa, il fatto di

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