• Non ci sono risultati.

Nuove forme di baratto ed evoluzione del concetto di valore. Il caso Zerorelativo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Nuove forme di baratto ed evoluzione del concetto di valore. Il caso Zerorelativo"

Copied!
143
0
0

Testo completo

(1)

1

INTRODUZIONE ... 4

1

Modelli sostenibili di consumo nell’era digitale: la nascita

dell’economia collaborativa e il ritorno del baratto

1.1 Il contesto di riferimento ... 8

1.2 Un fenomeno in espansione sulla scia dei social network ... 11

1.3 I risultati ottenuti ... 16

1.4 Possibili ostacoli allo sviluppo dell’economia collaborativa in rete ... 19

1.5 Il baratto nel web ... 20

1.5.1 Reoose ... 21

1.6 Il baratto per le imprese ... 23

1.6.1 La figura del barter trader ... 24

1.6.2 iBarter ... 25

1.6.3 Sardex ... 27

2

La filosofia Zerorelativo e le altre piattaforme di baratto

online: sharing comunitario?

2.1 Struttura del sito zerorelativo.it ... 30

2.2 Linee guida per la community ... 34

2.3 Filosofia Zerorelativo ... 36

2.4 I barter ... 40

2.5 Le altre piattaforme di baratto online ... 49

2.5.1 E-barty ... 52

(2)

2

3

Lo scambio su Zerorelativo

3.1 Come si fa a barattare online ... 63

3.2 Le regole proposte da Zerorelativo ... 67

3.3 I beni scambiati... 70

3.4 La lista dei desideri ... 73

3.5 Le modalità di scambio e il concetto di valore ... 82

3.5.1 Il valore dei beni ... 86

3.5.2 Barter amici ... 87

3.5.3 Scambio a tre ... 88

3.5.4 Scambi condivisi ... 89

3.5.5 Barter viaggiante ... 91

3.5.6 Scambio a mano ... 91

3.6 Lo scambio visto dalle interviste ... 93

3.7 Le spese di spedizione ... 94

3.8 I feedback ... 97

3.9 Problemi legati all’utilizzo della piattaforma e prospettive future ... 105

4

Sharing comunitario offline

4.1 Il baratto di Lari ... 114

4.2 Il gift circle delle mamme sassaresi ... 118

4.3 Osservazioni sul mondo offline ... 121

5

Metodologia utilizzata per l’analisi

5.1 Analisi e interviste su Zerorelativo ... 123

5.1.1 L’analisi netnografica... 123

5.1.2 Le interviste ai barter ... 130

(3)

3

CONCLUSIONI ... 135 BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ... 140

(4)

4

INTRODUZIONE

Lo sviluppo di questo elaborato nasce dall’idea di approfondire i recenti cambiamenti sulla percezione del valore attribuito ai beni e sulla crescita di meccanismi che modificano gli stili di vita a favore dell’acquisizione di modelli di consumo differenti, volti ad avere un’attenzione maggiore verso il cosa si consuma e il come si consuma.

In particolare i modelli di cui si parla sono correlati al ritorno in auge del fenomeno del baratto che viene aiutato a svilupparsi grazie anche alla crescita del web 2.0 e dei social network.

Quindi baratto e internet, associati, hanno permesso la creazione, in modo diffuso su tutto il mondo occidentale, di piattaforme online interamente dedicate a questa pratica.

Lo scopo principale è quello di analizzare il fenomeno dello scambio intrapreso tramite questi portali che promuovono nuove forme di baratto e, successivamente, verificare l’evoluzione del concetto di valore per coloro che hanno deciso di attuare questi diversi modelli di consumo e di conseguenza lo sviluppo di una forma di sharing comunitario.

Per poter svolgere l’analisi, si è deciso di dedicarsi all’osservazione della piattaforma Zerorelativo.it, la prima piattaforma di baratto creata in Italia. Lo studio si è svolto tramite un’analisi di tipo netnografico, resa possibile anche grazie al fatto che nel portale oggetto di analisi non è consentito l’invio di messaggi privati, quindi tutte le discussioni erano a disposizione in rete. Per rendere più completa l’analisi netnografica, alla stessa, sono state associate delle interviste svolte nell’ambito di una ricerca accademica coordinata dai Professori Dalli D. e Fortezza F. e somministrate ad alcuni degli utenti della piattaforma dai docenti stessi.

(5)

5

Successivamente si è pensato di poter rendere più esaustivo il lavoro associando allo studio del mondo del baratto online, una mini ricerca dedicata allo scambio offline e supportata da alcune interviste.

La prima parte dell’elaborato ha lo scopo di inquadrare il contesto in cui si sono sviluppati dei nuovi modelli di consumo e di approfondire la filosofia elargita da determinate comunità, in particolare Zerorelativo. La parte centrale invece, riguarda più da vicino i risultati dell’analisi svolta. Mentre, quella finale, si potrebbe considerare come una sorta di cornice messa a chiusura dei risultati ottenuti tramite l’osservazione della piattaforma online.

Per cercare di rendere chiari i risultati, ed esprimere gli stessi al meglio, l’elaborato è stato diviso in cinque capitoli.

Il primo capitolo, riguarderà lo sviluppo di nuovi modelli di consumo e il contesto sociale in cui gli stessi nascono. Principalmente si analizzerà quella che viene definita economia collaborativa illustrando vari portali noti non solo in Italia e, successivamente, ci si concentrerà sul fenomeno del baratto e la diffusione dello stesso nel web.

Il secondo capitolo introdurrà i lettori alla piattaforma oggetto di analisi, cioè Zerorelativo e soprattutto alla filosofia che la piattaforma promuove , e il rapporto dei barter1 con la stessa. Alla fine del capitolo si svilupperà il concetto di sharing comunitario e la contrapposizione di Zerorelativo con altre piattaforme dello stesso genere.

Il terzo capitolo sarà quello principale e riguarderà lo scambio osservato tramite l’analisi netnografica e quindi la considerazione dello stesso secondo il punto di vista dei barter. In particolare, si osserveranno tutte le dinamiche dello scambio e le altre pratiche diffuse nella piattaforma,

1Barter è il nome che viene dato agli utenti iscritti alla piattaforma oggetto

(6)

6

inoltre, si cercherà di individuare possibili problemi legati allo sviluppo della stessa ed eventuali prospettive future.

Il quarto capitolo analizzerà brevemente delle forme di scambio che aiuteranno a comprendere il concetto di sharing comunitario tramite l’osservazione di alcune comunità offline.

Infine, il quinto ed ultimo capitolo, descriverà la metodologia utilizzata per lo svolgimento delle analisi che hanno reso possibile lo sviluppo di questo elaborato.

(7)

7

1

Modelli sostenibili di consumo nell’era digitale: la nascita

dell’economia collaborativa e il ritorno del baratto

Secondo una visione tradizionale i consumatori trasferiscono ad altri la proprietà dei beni in loro possesso o sono motivati a buttarli e quindi a privarsi in ogni caso degli stessi, se: gli oggetti hanno una valenza simbolica o vengano donati; il proprietario non vede più nessuna utilità in loro; oppure in caso di morte del consumatore stesso (Belk e Coon, 1993; Curasi, 2011).

Ultimamente si assiste, però, ad un’inversione di tendenza e allo sviluppo di forme di scambio decisamente diverse, oltre che al formarsi di nuovi canali riguardanti il passaggio di proprietà dei beni e, soprattutto, la trasformazione del valore attribuito agli stessi.

Tutto ciò è mosso da significativi cambiamenti ideologici e culturali che sono legati anche all’insorgere di diverse modalità di accesso alle risorse (online) e, di conseguenza, alla nascita di mercati definiti secondari perché non seguono i canali tradizionali o riguardano il ritorno alle vecchie abitudini, come accade per i mercati dei beni di seconda mano e quindi usati.

Queste nuove usanze sembrano modificare le concezioni tradizionali sul trasferimento della proprietà e aprono nuove strade all’acquisizione dei beni legate al concetto di comunità e di condivisione (Dalli e Fortezza 2013).

(8)

8

1.1 Il contesto di riferimento

Analizzando i consumi della società moderna, in qualsiasi ambito, si può notare un cambiamento radicale che va dal consumare compulsivamente al dire “ho tutto, forse anche troppo”. Le persone iniziano a considerare lo spreco come un atteggiamento che causa fastidio, soprattutto se legato al cibo, cosi come accade per l’accumulo di oggetti inutili per casa.

Tramite i dati reperibili dal sito www.censis.it, sappiamo che il 57% degli italiani afferma che all’interno della famiglia si ha un desiderio meno intenso di acquistare e di conseguenza di consumare (fa eccezione il campo dell’elettronica). La maggior presa di coscienza si può capire anche tenendo in considerazione quel 51% di coloro che parlano dell’esistenza di molti settori in cui la propria famiglia potrebbe consumare meno (Censis 2011).

A tutto questo si aggiunge il periodo storico di crisi economica ed una maggiore attenzione verso l’ambiente e quindi le risorse del pianeta.

La volontà è quella di far coincidere l’interesse personale e quello della collettività.

Questo è anche uno dei motivi per cui, tra la popolazione italiana, il 31,7% dei cittadini ha effettuato la raccolta differenziata, con un incremento rispetto al 2010 dell’1,4% e ancora ci siano diverse persone che affermano di spostarsi meno in automobile e più in bicicletta (Censis 2011).

Si beve più acqua dal rubinetto e, secondo un articolo della Federbio pubblicato in rete è anche aumentato l’acquisto di prodotti alimentari bio: 7 italiani su 10 affermano di comprare prodotti biologici, il 78,4% lo fa per la propria salute ed il 16,4% per l’ambiente (www.federbio.it).

Da un rapporto del Censis, datato 2012, si nota come sia in atto la riscoperta di antichi valori: quali il senso della famiglia (non

(9)

9

necessariamente intesa come il rapporto di coppia); la comunità, non solo quella reale che risiede nel mondo fisico ma anche quella virtuale (Fabris 2008); e la qualità della vita (riassunta nella voglia di riprendersi il tempo che la società consumistica ha levato).

L’ideologia italiana improntata sul forte radicamento della cultura delle cooperative o di quella contadina, legata al riuso e al “non si butta via nulla”, hanno reso gli italiani parecchio ricettivi nei confronti della collaborazione. Ed è per questo, probabilmente, che molte piattaforme create fuori dai confini italiani, sono cresciute in modo più esponenzia le nel nostro paese, rispetto al resto del mondo, ad esempio Airbnb, Blablacar o Slow Food, il movimento legato ai gruppi di acquisto che in Italia ha una dimensione maggiore rispetto ad altre nazioni.

Tutto ciò nonostante i mancati investimenti di grandi imprese o l’assenza di supporto da parte delle istituzioni, come, al contrario, accade in Inghilterra, dove, secondo quanto detto durante la trasmissione radiofonica EtaBeta, dedicata all’economia collaborativa ed andata in onda il 16 Novembre 2013, il PIL prodotto dal consumo collaborativo ha raggiunto il 15% in 5 anni.

Ovviamente, rispetto all’Inghilterra, l’Italia è molto indietro, ma si possono comunque trovare diverse situazioni “interessanti”.

I progetti italiani forse sono meno noti perché arrivano dal basso (in Italia chi ha un’idea ci lavora nel tempo libero) e sono poco supportati dalle amministrazioni statali o locali, ma hanno comunque un seguito importante.

Degli esperimenti rilevanti si trovano nel campo del baratto o in quello della “moneta alternativa” che, secondo il Wall Street Journal, rappresenta un possibile futuro per l’economia, a causa della crisi in cui versano tutti i paesi (Repubblica).

(10)

10

La crisi poi ha il potere di creare “nuovi modelli di vivere”, perché si ha la convinzione che condividendo, scambiando o vendendo direttamente si possa fare del bene all’ambiente, oltre che risparmiare, vivere meglio e sentirsi un po’ meno soli (Manzini 2008).

Le iniziative diffuse sulla base di questi pensieri sono diverse: molte riguardano soprattutto il campo alimentare, come ad esempio l’avanzare dei Gas, acronimo di “gruppi di acquisto solidale”; il co-housing che concerne la condivisione degli spazi tra condomini, la nascita di “orti condominiali” o spazi per i più piccoli (Villaggio Barona a Milano è un esempio abbastanza noto di co-housing in Italia); oppure gli asili nido domestici che crescono ultimamente in tutte le città, costruiti da mamme che “si reinventano” e decidono, dietro il pagamento di un piccolo compenso, di tenere in casa un numero ridotto di bambini, solitamente 5 o 6. L’iniziativa ha successo anche perché molti genitori preferiscono affidarsi a queste persone per dare un’idea di familiarità e serenità al bambino; son tornati inoltre “di moda” i mercatini delle pulci e i mercatini del baratto attivi in diverse realtà locali.

Queste nuove tipologie di consumo portano sicuramente ad una perdita di confort, ma, offrono anche benefici ambientali e buone esperienze: di sicuro fare la spesa al supermercato è più pratico e veloce che coltivare l’orto o partecipare ad un Gas, ma quest’ultimo è sicuramente un modo per mangiare sano, oltre che risparmiare e magari socializzare.

L’individualismo rimane sempre, ma, le persone, sembrano voler ricostruire il tessuto di relazioni. I gruppi potranno trovare nei “social” il mezzo per esprimersi e creare quel senso di comunità che sarebbe stato difficile ricostruire in una società dispersa. Quindi il bisogno di socialità, accompagnato dallo sviluppo dei social media, si potrebbe anche tradur re nella nascita di un diverso modello di consumo (Shirky 2008).

(11)

11

Il consumatore fa nuove esperienze, meno compulsive e più gratificanti, che comportano una dimensione di vita più “umana” per se e più sostenibile per il pianeta.

Prima, per poter usufruire di questi servizi, era necessario sapere dove recarsi e quando, ora invece basta aprire il proprio PC ed il gioco è fatto. La collaborazione tra amici infatti si trasforma in collaborazione anche tra sconosciuti o amici virtuali e i beni che prima non venivano condivisi con degli estranei ora invece vengono scambiati con più facilità, come ad esempio accade per le abitazioni (si pensi ad Airbnb); o per le auto, al contrario di come si faceva prima dove anzi veniva dimostrata parecchia diffidenza nei confronti degli autostoppisti, (esempi come RelayRiders, precursore americano dell’europea Blablacar).

Più avanti si vedrà nel dettaglio come le tecnologie digitali possano aiutare la crescita di questi fenomeni.

1.2 Un fenomeno in espansione sulla scia dei social network

Collaborare, condividere e scambiare sembrano essere le parole del momento. Molti studiosi, tra cui Rachel Botsman e Roo Rogers parlano della nascita di un fenomeno chiamato “consumo collaborativo” e lo descrivono come lo sviluppo di dei semplici e tradizionali concetti quali la condivisione, il baratto, il prestito, la donazione, lo scambio e molti altri fenomeni che possono essere riportati al concetto di condivisione.

I grandi mercati come eBay, ma anche altri settori emergenti come quello del prestito di denaro, il settore legato ai viaggi e quindi all’ospitalità (Airbnb o CouchSurfing), il car sharing (Zipcar, RelayRiders, Blablacar) o il baratto (Zerorelativo) sono in continua espansione.

(12)

12

Insomma tutto ciò è consumo collaborativo. Modelli che rivoluzionano non solo i beni che si consumano ma anche il modo in cui questi vengono consumati.

Tutti questi nuovi “servizi” eliminano gli intermediari e mettono in contatto le persone alla pari (peer-to-peer), gli stessi, anche se molto diversi tra loro, hanno un fine, un linguaggio e dei valori comuni con un concetto di base che dice “ciò che è mio è tuo” (Botsman e Rogers 2010). Concetto che in questo elaborato verrà approfondito parlando di sharing comunitario.

Quindi per consumi collaborativi digitali, si intende l’utilizzo di piattaforme online che permettono di scambiare, condividere o vendere direttamente ad altri consumatori i propri prodotti o il proprio tempo (si pensi al caso della Banca del Tempo).

Lo sviluppo di piattaforme online di questo genere è stato particolarmente importante nel biennio che va dal 2008 al 2010, come se persone residenti in diverse parti del mondo, anche molto distanti tra loro, si fossero messe d’accordo. In realtà il motore di tutto questo, come per altri importanti fenomeni, è stato il web.

Nel 1995, Pierre Omidyar, un informatico statunitense originario dell’Iran, scrive un programma che chiama “esperimento”, il quale voleva studiare cosa sarebbe potuto succedere se tutti nel mondo avessero avuto accesso ad un unico mercato virtuale. L’informatico crea cosi, quello che noi oggi conosciamo col nome di eBay, un sito di aste dove ognuno può vendere o comprare qualcosa. Da quel lontano giorno il sito è cresciuto a dismisura. Nonostante il suo fondatore l’avesse testato semplicemente inserendo l’annuncio di un puntatore rotto che venne acquistato da un collezionista per poco più di 14 dollari, oggi il sito conta più di 90milioni di utenti e vende beni per 1.900 dollari al secondo (Manieri 2013).

(13)

13

Sempre a meta anni ’90, un altro informatico statunitense, Craig Newmark, crea una mailing list per poter segnalare eventi svolti a San Francisco e dintorni (Wikipedia), oggi Craigslist, è il sito di annunci più grande al mondo, con una media mensile di visitatori unici pari a 68milioni e la presenza in più di 500 città per un totale di 50 nazioni (www.siteanalytics.com).

Qualche anno più tardi, nel 2003, nasce CouchSurfing. L’idea venne ad uno studente del Maine che, nel 1999, compra un biglietto per Reykjavik. Il ragazzo però non sapeva dove alloggiare e non aveva nemmeno tanti soldi da spendere. Decide allora di cercare su internet un database con le e-mail di tutti gli studenti dell’Università della capitale islandese e scrive ad ognuno di loro chiedendo ospitalità. In meno di 24 ore gli rispondono 50 persone su 1500 e-mail inviate. Lui accetta la proposta di un ragazzo che oltre ad offrirgli un alloggio gli fa da cicerone per la città e quattro anni più tardi elabora la prima piattaforma al mondo che mette in contatto i viaggiatori con le persone disposte ad ospitarli nelle proprie abitazioni gratuitamente (www.businesslife.ba.com).

Nel 2004, sempre negli Stati Uniti, nasce la prima piattaforma online di baratto, Swap.com.

Tutte queste nuove esperienze hanno in comune una cosa molto importante, cioè eliminano gli intermediari tradizionali e mettono i consumatori in diretto contatto tra loro, questo aumenta il potere del consumatore stesso e si conferma la figura del “prosumer” (producer + consumer), come predissero nel 1972 Marshall McLuhan e Barrington Nevitt nel loro libro Take Today, anche se i due autori si riferivano ad uno scenario diverso, potremo considerare questo come un adattamento del termine al contesto oggetto di studio (McLuhan e Nevitt 1972).

Questi portali però, rimangono un po’ sottotono fino allo sviluppo dei primi social network, soprattutto la nascita di Facebook nel 2004. Da quel

(14)

14

momento in poi la logica del social entra a far parte della quotidianità di tutti e viene inglobata anche dalle piattaforme collaborative. I social , la cui “esplosione” negli USA avviene tra il 2006 e il 2008, fanno “incontrare” le persone e le mettono nella condizione di condividere tutto, non solo foto e file ma anche oggetti ed esperienze e nel biennio successivo alla loro massima diffusione emergono la maggior parte delle piattaforme collaborative nel mondo.

I social hanno quindi abituato le persone a condividere, a socializzare maggiormente e a fidarsi di più.

Il passaparola online è diventato il mezzo migliore per diffondere le informazioni in un tempo decisamente ristretto, ormai non esiste azienda che non possegga un sito online o una pagina su facebook e non esiste campagna elettorale che non sia supportata dai social network, basti pensare al fenomeno Obama su Twitter, oppure ai moderni movimenti di protesta che partono dai social, come accadde inizialmente per la “primavera araba” o per “#occupywallstreet”, hashtag nato sul social Twitter.

La diffusione delle piattaforme collaborative, quindi, potrebbe essere attribuita non solo alla crisi economica, sociale e ambientale, ma anche alla diffusione del web2.0 e dei social network. La crisi infatti “risveglia le coscienze” e costringe le persone a trovare metodi alternativi di consumo e produzione, associati al concetto di risparmio e miglioramento della qualità della vita. In questo contesto storico, l’adozione di massa delle tecnologie digitali, rende il consumatore più consapevole e informato e capace di incidere nella propria vita e non di subirla in modo passivo.

I fondatori delle stesse piattaforme collaborative non sono altro che semplici consumatori che hanno avuto delle intuizioni: basti pensare alle storie che sono state raccontate all’inizio di questo paragrafo, o facendo riferimento all’Italia a Paolo Severi, fondatore di zerorelativo.it, oppure ad

(15)

15

Irina e Luca Leoni, fondatori di Reoose, la piattaforma di baratto asincrono più “chiacchierata” in Italia.

Si tratta di persone che iniziano avendo tra le mani solo delle buone idee, non lo fanno per ottenere un guadagno, ma per seguire le proprie logiche di vita. Ognuno infatti non si occupa delle piattaforme come primo lavoro ma anzi, sono in molti che lo fanno solo per hobby. Il concetto di community è proprio questo, non esistono contrapposizioni tra chi crea il servizio e chi ne usufruisce, tutti collaborano per il suo successo. I fondatori fanno parte della piattaforma e di solito sono i primi ad usufruirne. In questo caso il vero brand è la comunità perché il successo di questi servizi è dato dal fatto che chi li utilizza lo fa in entrambe le direzioni, questa è una condizione essenziale del peer-to-peer.

Per spiegare meglio questo fenomeno, si pensi ad esempio a Wikipedia, la più utilizzata enciclopedia del mondo, scritta grazie all’apporto degli utenti e totalmente gratuita: un esempio di collaborazione a livello mondiale. Oppure, si pensi ancora al fatto che chiunque, ai giorni nostri, possa esprimere pareri o idee, semplicemente pubblicando un post su facebook o aprendo un blog. Gli utenti da fruitori diventano creatori.

Un’eredita molto importante che lascia il web nelle menti degli utenti, è il fatto che al numero di fruitori si associa l’affidabilità del mezzo, quindi “più siamo e più stiamo sicuri”, un po’ una rivisitazione del “mal comune mezzo gaudio” secondo una diversa prospettiva, molto più ottimistica. Questo concetto, trasportato in un contesto meno universale, muove la crescita delle singole piattaforme oggetto di studio: ovviamente in un sito di baratto occorre essere in tanti per poter avere più oggetti a disposizione dello scambio e questo è anche il motore che invoglia i nuovi entranti.

In poche parole i fenomeni legati alla condivisione possono essere considerati come una conseguenza dello sviluppo del web 2.0 e quindi dei cambiamenti che lo stesso ha portato agli stili di vita ed ai valori di

(16)

16

riferimento dei consumatori, soprattutto la cultura dei social network (Belk, 2010, Barhi e Eckhartd 2010, Ozanne e Ozanne 2011).

1.3 I risultati ottenuti

C’è chi vede il consumo collaborativo come un fenomeno passeggero, i risultati ottenuti da alcune piattaforme digitali, però, sono abbastanza importanti: Airbnb dal 2008 ad ora ha raggiunto più di 11milioni di ospiti, con alloggi disponibili in 34000 città situate in 192 paesi di tutto il mondo (www.airbnb.it); CouchSurfing, un sito nato nel 2004, che mette in comunicazione chi viaggia e chi è disposto ad ospitarlo, adatto più a “viaggiatori con lo zaino in spalla”, ha una community di 6 milioni di persone in più di 100.000 città (www.couchsurfing.org) ; Freecycle, la più grande piattaforma al mondo che consente di riallocare ciò che non serve più, è composta da 5.121 gruppi, per un totale di 7.181.547 membr i (www.freecycle.org).

In Italia abbiamo lo stesso alcuni esempi, per citarne qualcuno menzioniamo la prima piattaforma di baratto italiana, ovvero Zerorelativo, che ha collezionato dal 2006 ad oggi più di 30mila iscritti per un totale di quasi 50mila annunci inseriti (www.zerorelativo.it).

Un altro esempio dell’espansione dell’economia della condivisione può essere dato da Blablacar, piattaforma molto nota nel Bel Paese e in tutta Europa, che mette in contatto automobilisti con posti liberi a bordo delle proprie auto con persone in cerca di un passaggio che viaggiano verso la stessa destinazione (il cosiddetto “ride sharing”), ha una community di oltre 5 milioni di iscritti, 3 miliardi di km condivisi, decine di migliaia di destinazioni in tutta Europa e 700.000 passeggeri trasportati ogni mese (Figura 1 ). (www.blablacar.it)

(17)

17

Oltre ai traguardi dei singoli, comunque, si può affermare che tutto il settore sia in forte crescita.

Dietro a queste piattaforme si affermano veri e propri mercati.

Secondo una associazione no profit statunitense, la Reciprocal Trade Association, che si occupa di promuovere il baratto come forma di commercio, il valore annuo prodotto delle società di bartering del Nord America è passato dai 7,78 miliardi di dollari del 2001 ai 12 miliardi di dollari del 2008 (Kaikati e Kaikati 2010).

Bisogna anche precisare che negli USA gli investimenti per questo genere di mercato, da parte di diverse grandi imprese dell’industria digitale, sono stati parecchio rilevanti (Figura 2 ).

(18)

18

Per quanto riguarda i guadagni delle singole piattaforme, vi sono diversi modi per le stesse di poter ottenere un profitto oppure anche solo “andare avanti”: Airbnb ad esempio si basa su una percentuale prelevata da ciascuna transazione effettuata sul sito; Reoose pubblica degli annunci pubblicitari tabellari sul proprio sito; Zerorelativo, invece, vuole essere indipendente da qualsiasi meccanismo di mercato e prova a mandare avanti il progetto inserendo un abbonamento annuale per i barter.

La ricompensa per gli utenti invece può essere di tre tipi: una ricompensa economica che, nel caso delle piattaforme del baratto è data, ad esempio, dal risparmio; una ricompensa ambientale, perché ognuno sa che diminuendo la produzione di beni diminuiscono anche gli sprechi; ed infine, benefici sociali dati dal fatto che si intessono nuove relazioni. Gli amici sono anche quelli conosciuti online.

(19)

19

1.4 Possibili ostacoli allo sviluppo dell’economia collaborativa in

rete

Una ricerca svolta dall’agenzia Campbell Mithun e disponibile online sul sito della stessa, analizza gli sviluppi della sharing economy e mostra come il 67% dei rispondenti abbia paura di condividere, principalmente perché si teme di essere derubati (30%) o perché si ha poca fiducia negli sconosciuti (23%).

Come visto in precedenza però, coloro che sono disposti a condividere con degli estranei aumentano. Questo perché le piattaforme si pongono anche un po’ come dei garanti. Gli strumenti a disposizione dei portali per inibire comportamenti scorretti sono diversi, il più importante e diffuso è il sistema dei feedback, il quale verrà analizzato anche più avanti nel terzo capitolo.

Gli utenti sono messi in competizione tra loro per ottenere feedback migliori e un feedback negativo viene spesso visto in modo molto brutale. Il concetto di fondo è che “più commenti positivi si ottengono e più la reputazione migliora”, quindi gli utenti sono invogliati a rispettare le regole e comportarsi nel miglior modo possibile se vogliono continuare a far parte della community. Tenendo sempre in considerazione che il senso di appartenenza alla comunità è molto importante da un punto di vista psicologico.

Un altro ostacolo che questo genere di piattaforme possono trovare sul loro camino, può anche essere dato dalle imprese alle quali “rubano il lavoro”: è questo l’esempio di Uber, una applicazione per smartphone che si occupa di mettere in contatto autisti con chi cerca un passaggio (molto nota la tratta verso Milano dai più noti aeroporti della città), i suoi creatori dovettero occuparsi di frenare una mini-rivolta promossa da alcuni tassisti

(20)

20

che si sentivano minacciati e consideravano illegale il servizio (Scorza 2014).

1.5 Il baratto nel web

Vi sono vari tipi di servizi collaborativi: quelli che consentono di mettere a disposizione qualcosa di nostro in cambio di un compenso (Airbnb); quelli che si occupano di mettere in contatto chi vuole vendere un oggetto, nuovo o usato, con i possibili acquirenti (eBay, Subito.it); quelli che riguardano semplicemente il poter donare qualcosa (Freecycle o gruppi di Facebook “te lo regalo se vieni a prenderlo”); oppure quelli che prevedono uno scambio alla pari (di tipo sincrono o asincrono).

Soffermandosi su quest’ultimo genere di servizio, si può affermare come di recente la tecnologia più moderna venga utilizzata per promuovere quella che potremo definire la forma di commercio più antica, il baratto.

Le motivazioni che spingono una persona a partecipare ad una piattaforma di baratto possono essere, oltre a quelle già viste legate all’economia, all’ambiente e alla componente sociale, motivate da una componente simbolica che riguarda non solo il valore intrinseco ma anche quello dato dal canale utilizzato (la piattaforma) o da chi ha posseduto i beni oggetto di scambio (Karababa e Kjeldgaard 2013).

Già nel 2000, negli USA, si trovavano diversi siti che avevano creato servizi online grazie ai quali privati e imprese potevano praticare f orme di baratto più o meno sofisticate (sviluppo che potrebbe essere stato incrementato dall’avvento dei social come si è ipotizzato nei paragrafi precedenti). Alcuni dei siti più importanti degli States sono Swap.com, BigVine, BarterTrust, Ubarter e Itex.

(21)

21

A causa della sua semplicità e del fatto che rifletta un’economia basata sullo scambio alla pari e la condivisione, perfettamente in linea con la filosofia di internet, il baratto online sembra avere le potenzialità per funzionare.

Lo scambio prevede di dare qualcosa a una persona per riceverne in cambio un’altra che sia di valore equivalente. Questo passaggio può essere di tipo sincrono o di tipo asincrono, il primo significa che lo scambio avviene nello stesso momento (Swap.com, Zerorelativo.it), il secondo invece prevede che avvenga in due momenti diversi (Reoose).

Per poter barattare in modo sincrono, occorre, ovviamente, trovare qualcuno a cui interessi l’oggetto che si vuole scambiare e che allo stesso tempo metta a disposizione dello scambio un bene ritenuto equivalente o comunque che susciti un certo interesse, occorre dunque che vi sia un accordo tra le parti. A questo genere di scambio è dedicato tutto l’elaborato con l’analisi del caso Zerorelativo.it.

Le piattaforme che, invece, si basano su uno scambio di tipo asincrono, non prevedono la reciprocità. Sul sito di Reoose, gli utenti mettono a disposizione della comunità l’oggetto che vogliono scambiare e in cambio viene dato loro un credito utile per acquistare altri oggetti presenti sulla piattaforma. Il meccanismo è uguale a quello utilizzato da Sardex, solo che quest’ultimo portale è rivolto unicamente alle aziende.

Il principio generale che guida questa tipologia di piattaforme è quello di ridare vita ai beni, riutilizzarli, rimetterli in circolo e a disposizione della comunità.

1.5.1 Reoose

In Italia, ultimamente, quando si vocifera di baratto online, si sente parlare spesso di Reoose, non che sia l’unica piattaforma di baratto esistente nel

(22)

22

Paese, ma, i suoi fondatori, nonostante questo non sia il loro primo mestiere, ci tengono molto a far crescere la piattaforma e farla diventare il loro unico impiego (Figura 3).

Dal sito www.reoose.it si può reperire la storia del portale. Luca e Irina fondano Reoose il primo settembre del 2011 dopo il dispiacere causato dall’aver dovuto gettare in una discarica un materasso praticamente nuovo perché a loro non serviva più e qualsiasi amico o conoscente contattato non aveva bisogno dell’oggetto in quel momento.

Il loro desiderio, quindi, era quello di evitare che una cosa del genere capitasse ancora e, di conseguenza, cercarono un modo per poter barattare gli oggetti in modo asincrono, affinché vi fosse maggiore possibilità di far corrispondere la domanda con l’offerta.

L’oggetto inserito nella piattaforma si spoglia del valore delle marce e viene considerato solo per quello che è. In poche parole una borsa viene valutata per il semplice fatto di essere una borsa e a prescindere da qualunque sia la marca o il materiale, le vengono attribuiti gli stessi crediti di tutte le altre borse del portale. I crediti vengono calcolati in base ad un algoritmo che ne definisce il valore inquinante, secondo i parametri dati dall’AMSA, che è l’Azienda Milanese dei Servizi Ambientali (importanza del fattore ambiente); il valore di mercato; ed infine il suo stato, inteso come oggetto nuovo o usato.

Figura 3 – Logo e claim di Reoose - www.reoose.com

(23)

23

I membri di Reoose possono guadagnare crediti non solo “vendendo”, ma anche registrandosi, invitando un amico o condividendo un oggetto della piattaforma su facebook.

«Ci sono persone che in questo modo acquistano gratis […] continuando a condividere e a fare azioni acquistano crediti, per loro sono soldi, per noi pubblicità»

(Intervista rilasciata dai fondatori a Manieri 2013)

Irina afferma come tutto sia nato per caso e, la sua partecipazione ad un “mom camp”, fatta dopo il lancio del sito, le abbia permesso di guadagnare la simpatia di donne e mamme, di buona cultura ed impegnate socialmente, che rappresentano ora la categoria che frequenta maggiormente il sito. Insomma la spesa fatta in pubblicità o promozione è praticamente nulla, quindi l’avanzare del fenomeno si pensa sia associato principalmente ai social e al passaparola.

Va riconosciuto ai fondatori il merito di aver abbinato l’insorgere di un bisogno comune all’abilità nell’utilizzare i media per far conoscere la loro piattaforma, infatti non sono gli unici ad aver ideato e avviato un progetto del genere, ma sono quelli che sono riusciti più velocemente nell’intento di diffonderlo, grazie anche a diverse abilità comunicative.

A 2 anni dalla sua nascita, possiamo considerare Reoose come la più grande piattaforma di baratto online in Italia, con 70 000 oggetti scambiati e più di 30.000 iscritti solo grazie al passaparola.

(www.guidasocialcommerce.it).

1.6 Il baratto per le imprese

Le aziende, cosi come le amministrazioni locali, potrebbero usare il baratto, non solo per ampliare il loro giro di affari, lanciando altre modalità di condivisione, ma anche per creare un filo diretto con i consumatori ereditando il sistema peer-to-peer e cercando di adeguarsi ai movimenti

(24)

24

economici e sociali degli ultimi anni, che non riguardano solo la crisi economica, ma anche la necessità di abbassare le barriere riconquistando la fiducia delle persone e ampliando i confini della comunità e il senso di appartenenza alla stessa.

Tralasciando delle considerazioni, forse un po’ utopistiche, si dedica una breve parentesi alla descrizione di alcune realtà importanti che riguardano le aziende, infatti, lo scambio non avviene solo tra privati, ma anche molte imprese hanno iniziato ad avvalersi di questi servizi.

Il baratto online consente alle aziende non solo di allacciare rapporti commerciali con imprese che probabilmente non avrebbero mai contattato in modo diverso, ma anche di confrontarsi con società i cui bisogni sono assolutamente complementari ai propri.

1.6.1 La figura del barter trader

Accanto al fenomeno del baratto si sviluppano anche delle nuove figure professionali. L’accademico Robert Hassan analizza quella del barter trader, cioè di colui che si occupa delle transazioni commerciali tra aziende che scambiano servizi e beni al posto dei pagamenti in denaro, trovando per il suo cliente il miglior fornitore in termini di prodotto e prezzo. Si può quindi definire il barter trader come un professionista che cura la transazione commerciale e che opera all’interno di società che si occupano di gestire i baratti tra aziende (Hassan 2009).

Il barter quindi, in questo caso, è lo scambio di beni puntualmente identificati in cui la fornitura sostituisce del tutto o parzialmente il pagamento monetario per la controfornitura. L’eventuale differenza di valore tra le forniture è però riequilibrata attraverso prestazioni in valuta o con il trasferimento di altro valore economico.

Lo scambio delle merci è regolato da un unico contratto che stabilisce il valore delle merci in una determinata moneta. Spesso è affidato a un terzo

(25)

25

operatore, il trader, il ritiro delle merci in compensazione e la loro sistemazione sul mercato e si può differire anche per anni il regolamento in merci dovuto per l’esportazione principale.

Secondo Hassan il barter trader sarà utilizzato sempre di più in futuro, perché da strumento di risparmio dell’ufficio acquisti è diventato un mezzo per acquisire nuovi clienti.

La figura del barter trader si interfaccia con la funzione

marketing di aziende modernamente strutturata,

sostanzialmente egli svolge un’attività in antitesi a quanto teorizzato da Adam Smith che criticava il baratto perché considerata forma rudimentale e grossolana di commercio. Questa figura, importata dagli Stati Uniti, la vediamo pienamente operativa anche in città europee, quali: Vienna, Londra, Amburgo, Rotterdam, caratterizzate da un’antica tradizione economica. Solo negli Stati Uniti questa figura professionale in un anno movimenta una cifra che si aggira sui sette miliardi di dollari. I motivi dello sviluppo di un tale profilo sono da ricercare nella voluminosa crescita del commercio tra occidente e oriente, nel valore del baratto nei paesi in via di sviluppo, nell’attuale crisi economica ed energetica e nella crescente inflazione collegata ad una recessione internazionale.

(Serena Zaninetta, Intervista rilasciata ad Hassan 2009) 2

In Italia questa figura professionale ha fatto il suo ingresso nel 2000 e sta prendendo piede soprattutto a Milano, città fortemente organizzata nel settore terziario avanzato. I settori di pertinenza di questa figura sono i più disparati e certamente in Italia il raggio di azione è più ampio nella piccola e media impresa. (Hassan 2009).

1.6.2 iBarter

Nel 2004, in Italia, il baratto multilaterale è una nuova realtà di scambio che pare destinata a ottime prospettive come opportunità di sviluppo dei

2 Serena Zaninetta è membro del Cda di Assist, societa di Outplacement del gruppo Lavorint che opera

(26)

26

rapporti tra imprese. Il mercato in quegli anni trova in Plaza Project, impresa fondata a Torino da un’idea di Paolo Arnello, uno dei suoi principali protagonisti che rinnova il settore del baratto ampliando il raggio di intervento e investendo in tutti i settori disponibili.

La società è capace di facilitare gli scambi commerciali tra aziende, migliorare il cash flow e assicurarne le premesse di crescita allargando il giro dei potenziali clienti e fornitori (Schiavocampo 2004).

Il successo iniziale è dovuto all’aver sostituito al baratto tradizionale, con cambi merce in pubblicità, una formula in grado di rendere oggetto di trattative qualsiasi voce di spesa, compresa logistica, materie prime, servizi o altro.

Già dal 2001, Plaza ritirava le giacenze di magazzino a prezzo di listino o al migliore di mercato e le inseriva in un circuito internazionale, concordando eventuali accordi di restrizione commerciale; in cambio il cliente riceveva un pagamento in crediti da utilizzare nelle trattative con una rete di fornitori selezionati che, in cambio della merce, acquisivano a loro volta crediti convertibili in altri beni.

Paolo Arnello decide poi di ampliare il progetto Plaza e nel 2011 converte l’azienda in iBarter con la collaborazione di altri due imprenditori.

In poco più di un anno di attività abbiamo coinvolto circa 500 aziende in tutte le categorie merceologiche da Groupon alla filiera della piccola impresa edile, alle aziende dei settori dei trasporti, imballaggi, forniture industriali, fino al grosso produttore di cemento, come la multinazionale quotata in borsa Buzzi Unicem.

(Paolo Arniello. Intervista rilasciata a De Giorgio 2013)

Il sistema è un po’ diverso rispetto a quello di Plaza ma si basa sempre su uno scambio dei propri prodotti o servizi con altri membri del circuito senza movimentazione di denaro. Il guadagno per la start-up torinese è dato dall’iscrizione delle aziende nella piattaforma (a cui si accede dal portale

(27)

27

www.ibarter.it). Le imprese, dopo la registrazione, entrano nel sistema inserendo le varie offerte da rivolgere agli associati. Inizialmente possono usufruire di una disponibilità massima garantita di crediti, in poche parole possono cominciare a “comprare” anche senza aver ceduto alcun oggetto. Per ogni cessione il venditore matura un credito (che corrisponde a 1 euro) e questo credito potrà essere usato per acquistare prodotti o servizi da un altro membro del circuito.

iBarter fattura una commissione su tutto il movimentato mensile che le aziende fanno in crediti.

«Se un’azienda ha movimentato 1.000 euro di acquisto e 500 in uscita, ad esempio, a fine mese emettiamo una fattura che è nell’ordine del 5% dell’importo totale; in questo consiste il ricavo di iBarter. Il credito transatto al 2013 dovrebbe attestarsi intorno ai 2 milioni di euro».

(Marco Gschwentner, uno dei fondatori. Intervista rilasciata a De Giorgio 2013)

1.6.3 Sardex

La Sardegna è sempre stata considerata una regione dove la moneta ha fatto più fatica ad affermarsi e il fenomeno del baratto si è protratto a lungo.

Sardex nasce nel 2010 dall’idea di cinque ragazzi che partono con un piccolo server e una casa agricola trasformata in software house a Serramanna. Ora quell’idea è diventata famosa a livello nazionale, tanto da vantare citazioni sui più famosi quotidiani e un’adesione a livello regionale molto importante, con numeri in continua crescita (Luna 2012).

Gabriele Littera, uno dei fondatori, spiega, in questo modo il sistema:

Se tu fossi un macellaio e ti servisse un’auto, non convinceresti mai in concessionario ad accettare il suo valore in bistecche. Ma se vendendo l’auto a te il concessionario sviluppasse un credito che può essere saldato da altre centinaia di aziende più interessanti per lui, allora l’auto può

(28)

28

essere tua. E la carne che a lui non interessa, tu la venderai a una mensa aziendale o a un ristorante aderente al circuito. (Intervista rilasciata a Murgia 2012)

Questa piattaforma si basa su una forma di scambio asincrono: nel circuito di credito commerciale si possono pagare beni e servizi grazie ad una moneta virtuale che esiste solo sulla piattaforma, il sardex. Si tratta insomma di un sistema di credito volto al sostenimento delle piccole e medie imprese di una delle regioni italiane più colpite dalla crisi.

Il principio è quello della finanza etica, dove non esistono interessi e i sardex servono solo per scambiarsi qualcosa e permettono alle aziende di finanziarsi reciprocamente (Figura 4 ).

Dopo quattro anni con il Sardex si possono prenotare stanze d’albergo, pagare elettricisti, meccanici, consulenti di marketing, corsi di lingua, pubblicità sui giornali locali, ottenere qualsiasi genere di bene e perfino consumare frutta e pane. Tutto rigorosamente sardo, perché il sogno è riconnettere le imprese al territorio con una moneta a chilometro zero.

Sardex vanta una rete di 1500 imprese, professionisti e ONLUS e 15milioni di euro di scambi nel 2013.

(29)

29

Bisogna precisare che Sardex.net dà la possibilità anche ai dipendenti di usare il Sardex ed è in fase di sviluppo apertura ai consumatori (www.sardex.net).

Cosi spiega Carlo Mancosu, uno dei fondatori:

«Dopo le imprese, i professionisti e il terzo settore ora puntiamo ai consumatori-cittadini che potranno avere un loro conto. La nostra idea di moneta locale è una “nuova sinapsi” tra i soggetti economici locali, una moneta di relazione che crea un senso di comunità».

(30)

30

2

La filosofia Zerorelativo e le altre piattaforme di baratto

online: sharing comunitario?

Dopo aver analizzato il recente sviluppo di quella che viene definita economia collaborativa e il ritorno in auge del fenomeno del baratto quale nuovo modello di consumo, questo capitolo analizzerà i risultati della ricerca che riguardano, in particolar modo, la prima piattaforma italiana creata per barattare online: Zerorelativo (d’ora in poi indicato anche con l’acronimo ZR) e verterà principalmente sulla filosofia dello stesso.

Si cercherà poi di esplicare il rapporto degli utenti di ZR con la filosofia promossa dal portale e l’utilizzo di altre piattaforme.

Per rendere più comprensibile l’analisi, si precisa che a ogni utente/barter verrà attribuito un numero a seconda di come lo stesso è collocato all’interno del database utilizzato per l’analisi netnografica, l’ordine.

I barter inclusi nell’analisi netnografica hanno un numero che va da #2 a #81.

Gli altri barter, quelli non inclusi nell’analisi netnografica, sono stati inseriti sul database in ordine di apparizione all’interno dell’elaborato e hanno numeri che vanno da #87 in poi).

2.1 Struttura del sito zerorelativo.it

In prima istanza bisogna precisare che il portale è utilizzabile dagli utenti non solo per il baratto, ma anche per doni e prestiti, queste ultime due funzioni però sono prese poco in considerazione dai barter, per non dire per

(31)

31

nulla prese in considerazione, ed anche poco valorizzate dalla stessa conformazione del sito. Questo è uno dei motivi per cui nell’elaborato si darà importanza quasi esclusiva al baratto.

Prima di procedere con un’analisi più dettagliata si descrive, brevemente e in modo generale, com’è strutturato il portale, questo per dare almeno un’immagine del sito di riferimento.

Si potrebbe dire che www.zerorelativo.it somigli, in quanto a conformazione, a un social network.

Nella parte superiore della home si può trovare la barra principale con dei link di rimando alle sezioni “chi siamo”, “baratta”, “cos’è zr” e “cerca”. La parte più estrema in alto presenta il logo del portale ed il claim: “Zerorelativo, il tuo oggetto è la tua moneta” (Figura 5).

(32)

32

Sempre nella home page in posizione centrale, si ha quella che può essere definita una bacheca, nella quale sono pubblicati gli ultimi annunci di scambio inseriti dai barter della piattaforma.

Nella parte sinistra, invece, c’è un trafiletto con un elenco delle categorie dei beni barattabili (tra tutto ciò che è barattabile si trovano vari oggetti, ma anche viaggi o prestazioni).

Le categorie sono divise in base all’utilizzo che viene fatto di ciò che si baratta, abbiamo cosi: musica e film, gioca, telefona, computer, arreda, moda, guida, fotografa e riprendi, viaggi e vacanze, collezione, kindergarten & bebè, mangia e bevi, di tutto un po’, sport, igiene e bellezza, scuola e ufficio, prestazioni e tempo. (Nel capitolo successivo verrà utilizzata una diversa classificazione delle categorie di beni per poter definire cosa si scambia in modo più approfondito).

Sempre nella parte sinistra, subito sotto le categorie, è presente un link di rimando al blog di zerorelativo chiamato MondoZR, definito come un blog che parla di baratto e società risparmiose. Esisteva anche un altro sito satellite di Zerorelativo.it, si chiamava Zerorelativo.org, questo era una sorta di quotidiano online e nello stesso venivano anche segnalati i blog di vari barter di ZR.

Zerorelativo.org è stato cancellato nel Febbraio 2014 dopo una rivisitazione del sito da parte dei fondatori, che probabilmente avevano notato come lo stesso venisse poco visitato.

Nella parte destra della pagina principale abbiamo invece la mascotte di ZR, Zeronimo, che invita i visitatori a sostenere finanziariamente il progetto.

Ogni barter, una volta iscritto, ha a disposizione una sua pagina personale suddivisa in sei sezioni: (Figura 6)

(33)

33

 la seconda sezione da le informazioni generali sul barter, cioè indica la città di provenienza e i feedback ricevuti dopo gli scambi, nonché la percentuale di feedback positivi e una sottocartella che precisa il numero di feedback totali, positivi, neutri e negativi. Quest’ultima cartella è stata aggiunta molto di recente;

 la terza sezione riguarda gli annunci inseriti, uno per ogni oggetto messo a disposizione della community, sotto ogni annuncio è inoltre possibile inserire vari commenti per poter iniziare a barattare o definire lo scambio;

 la quarta sezione è dedicata agli “ultimi scambi” effettuati;

 la quinta agli ultimi “feedback ricevuti”, dove è possibile leggere per intero il testo degli stessi;

 infine si ha una sesta sezione che consente a tutti membri della community di rilasciare messaggi per quel singolo barter.

Ogni sezione indicata è visibile a tutti, bisogna infatti precisare che il sito non prevede lo scambio di messaggi privati.

(34)

34

L’unica parte del sito nella quale i barter possono comunicare contemporaneamente tra di loro ed anche con lo staff, sempre in modo pubblico ovviamente, è quella dedicata ad “aiuto e suggerimenti”, una sorta di chat comune, purtroppo poco visibile e con un link di richiamo che risulta essere particolarmente nascosto. Gli argomenti trattati sono di particolare interesse, si va dalle discussioni riguardo l’ultima novità del portale, cioè l’introduzione di un abbonamento annuale obbligatorio per chiunque voglia scambiare tramite la piattaforma; lamentele per il calcolo della percentuale di feedback positivi assegnata ad ogni barter e tutti gli altri problemi legati al funzionamento del sito; segnalazioni che riguardano persone che hanno comportamenti scorretti e non conformi alle regole ZR; post per segnalare mercatini di baratto live o altre iniziative legate allo scambio (www.zerorelativo.it).

2.2 Linee guida per la community

Come tutte le comunità, anche zerorelativo propone le sue linee guida, una sorta di insieme di regole di comportamento per i barter, o di inviti ad agire in un determinato modo. Le linee guida esordiscono parlando del baratto e definendolo “un gesto di attenzione verso uno stile di vita attento al risparmio ed a consumi intelligenti”. Sul sito si trovano suddivise nel modo seguente.

“Comprendi dove sei”

Lo staff invita a non confondere ZR con un sito di annunci di vendita ed informa che l'approccio con i barter è diverso e la trattativa è, di conseguenza, inconsueta data l’assenza di denaro.

Viene chiesto inoltre di comprendere che su ZR non ci si arricchisce nel senso economico e quindi vengono invitati gli utenti ad evitare di utilizzare

(35)

35

il portale per fare "affari", ma piuttosto cercare in modo critico e consapevole di condividere beni con altre persone.

“Sii corretto ed educato”

Parlando della community dei barter, si precisa che questa è formata da tante persone diverse. Non tutte la pensano allo stesso modo su qualsiasi argomentazione, quindi le motivazioni al baratto di ognuno possono essere differenti, l’invito è ad essere rispettosi e comportarsi sempre educatamente.

“Baratto prima di tutto”

Si precisa che Il baratto viene prima delle opinioni.

“Fai offerte congrue”

L’invito è di procedere sempre con offerte congrue e di buon senso, ciè di trattare gli altri nello stesso modo in cui si vorrebbe essere trattati.

“Sii tranquillo e attivo”

La proposta è quella di vivere la piattaforma con tranquillità in modo da potersi mettere nella posizione di imparare a conoscere gli altri membri e nuovi modelli di consumo. Inoltre poi si invitano i barter ad essere attivi segnalando sempre annunci poco in linea con la community attraverso il tasto "Scorretto?" presente sotto ogni annuncio inserito.

“Sii costruttivo”

Si invita a concepire messaggi e annunci in modo da essere costruttivi, per chiarire meglio le situazioni o le discussioni. Si chiarisce che qualsiasi azione di disturbo o provocazione (aka flame) sarà ammonita dallo staff e può portare all'esclusione dal sito.

Per dare ancora di più il senso della comunità, alla fine delle linee guida , si chiarisce che il miglioramento della stessa dipende dalla partecipazione di tutti e che vi sono vari modi per i barter “di dare una mano” a loro stessi e agli altri. Tra questi vengono evidenziati: la segnalazione attraverso il tasto

(36)

36

"Scorretto?", individuabile sotto ogni annuncio, di post non in linea con le condizioni del servizio; l’invito ad inviare proposte concrete e critiche costruttive, o a segnalare testi o "meccanismi" non chiari, precisando che magari non si potranno risolvere a breve ma che di sicuro lo staff prenderà in considerazione tutte le segnalazioni; la richiesta, rivolta a persone con competenze tecniche ed informatiche, a farsi avanti per partecipare allo sviluppo del portale; l’invito a sostenere finanziariamente la piattaforma se si è a favore del progetto e si utilizza il portale frequentemente. C’ è da precisare che una persona può essere “sostenitore” anche a prescindere dal fatto che i barter, da gennaio 2013, devono già pagare una quota annuale di abbonamento, obbligatoria per chiunque abbia effettuato più di venti scambi e voglia continuare a scambiare (www.zerorelativo.it).

Nel capitolo seguente verranno descritte le regole promosse dal portale per la fase dello scambio. Questo paragrafo aiuta a capire quale sia il senso che i fondatori intendano dare alla community. Un’impronta legata appunto al valore più puro della comunità stessa.

2.3 Filosofia Zerorelativo

ZR, acronimo utilizzato di frequente da chi conosce la piattaforma, nasce nel 2006 da un'idea di Paolo Severi, che, nonostante possedesse una vaga conoscenza di internet, con l'aiuto dei suoi amici Max e Lorenzo crea il primo portale italiano per barattare online.

Paolo doveva disfarsi di un divano che non utilizzava più ma che risultava essere comunque in buone condizioni, non voleva né venderlo su eBay ne gettarlo nella discarica ma preferiva scambiarlo con qualcosa che avesse per lui una maggiore utilità in quel momento, come ad esempio un libro o un disco.

(37)

37

Si sviluppa proprio cosi l’idea di realizzare una piattaforma web dove scambiare di tutto, dagli oggetti al “tempo, ed inoltre dove si potessero effettuare anche prestiti e donazioni.

Cosi nasce e si sviluppa Zerorelativo.it, un portale che si è evoluto fino a diventare una community.

ZR non vuole essere solo una piattaforma di baratto online ma anche “associazione culturale” che in prima istanza si propone di diffondere, tramite la rete ed anche con la partecipazione ad iniziative live, i valori del consumo consapevole e collaborativo.

Quindi si parla di un progetto distante da qualsiasi fine commerciale, ideato prendendo spunto da un’esigenza personale che il fondatore riteneva essere comune a molti, cioè il fatto di ridare valore alle cose scambiandole con coloro che ne possono trarre utilità piuttosto che buttarle via. Questa si potrebbe definire la colonna portante di quella che è stata ribattezzata “filosofia ZR”.

È possibile parlare di community perché uno degli aspetti caratterizzanti di questo sito è la forte partecipazione dei barter (utenti della piattaforma) che oltre ad utilizzarlo per concludere scambi popolano gli spazi web predisposti dagli organizzatori con numerosi commenti, proposte e inviti all’interazione sia verso i gestori della community sia verso gli altri utenti.

(Dalli e Fortezza 2013)

Il fatto che lo scambio sia del tipo “io do una cosa a te, tu ne dai una a me” (scambio sincrono) porta a sviluppare una chiusura verso l’esterno, perché rende impossibile confrontare la convenienza di un’offerta su altri “mercati” e quindi aumenta l’importanza della negoziazione all’interno del portale, rendendo la circolazione dei beni dentro la comunità molto simile ad una sorta di “forma di condivisione” se si considerano le risorse messe a

(38)

38

disposizione della piattaforma una “dotazione collettiva”, cioè se si sviluppa il cosiddetto sharing comunitario.

Vogliamo diffondere nuovi modelli di consumo orientati al benessere sociale e ambientale. Il fine di ZR è allenare ad un consumo critico e sdoganare una forma di scambio che può essere concretamente applicata alla vita quotidiana. Baratto, prestito e dono sono azioni ad alto valore educativo.

La scelta del nome è molto importante, infatti zerorelativo sta a significare che ogni oggetto ha un proprio valore, a prescindere da quello attribuito dal mercato.

Sul sito www.zerorelativo.it viene inserita, di rimando al link “chi siamo”, una presentazione di chi si trova attualmente a collaborare per mantenere attivo il portale e dei suoi fondatori, che amano definirsi semplicemente membri di una “associazione” o anche “staff”. Di seguito si riportano alcuni estratti:

«Non so far bene niente, quindi faccio un po' di tutto» «formalmente sono l'amministratore di ZR e il presidente dell'associazione». (Paolo.)

«Sono io che carico il bagagliaio della macchina con il materiale di ZR per una nuova fiera. Gestisco le e-mail con le varie richieste di informazioni, mi occupo di qualche pratica amministrativa e delle spedizioni, sono il vicepresidente dell'associazione». (Valeria).

«Mi butto con il cuore in Progetti che mi entusiasmano e ZR è oramai parte integrante delle mie giornate. Credo molto nel valore delle idee, nell'iniziativa delle persone e nella loro capacità di cambiare almeno il loro pezzo di mondo. Sono felice di affiancare Paolo in quest'avventura, nel tentativo di garantire al Progetto una vita sempre più lunga e di difendere allo stesso tempo la sua bellissima integrità».(Fulvio).

«Inguaribile rottamaio di materiale informatico obsoleto e per questo mi piace l'idea di collaborare con ZR che promuove il baratto online. Aiuto Daf nella gestione del server Web,

(39)

39

cercando - quando possibile - di evitare catastrofi e downtime».(Gabriele).

«Fin da quando ero adolescente ho iniziato ad abbracciare il mondo dell'Associazionismo perché credo che sia il vero motore della società. Ho conosciuto Paolo e ZR grazie a Fulvio, il progetto mi ha entusiasmata e ho deciso di buttarmici. In ZR seguo il BackOffice di zerorelativo.it, abusi, richieste degli utenti, e sono "quella" che risponde alle e-mail, questo mi ha permesso di vedere quante belle persone ne fanno parte e l'entusiasmo è aumentato!». (Giorgia).

Durante la presentazione di se stessi e del loro sito, lo staff tiene a precisare che nonostante il portale abbia raggiunto i 36996 utenti iscrit ti, sono un po' meno quelli che condividono il progetto.

Quelli che non vedono zerorelativo come un semplice sito di annunci, perché comprendono cosa c'è dietro ogni scambio. Questi barter costruiscono e contribuiscono a creare la nostra identità.

Sempre a conferma di quella che è la filosofia Zerorelativo si riportano, alcuni stralci di un’intervista rilasciata da Paolo Severi ad Andrea Bettini, un giornalista che scrive per il sito www.ilmecenatedanime.it (Bettini 2010):

Andrea Bettini: «riesci a farmi un identikit di un “barter” che frequenta e utilizza la vostra community?»

Paolo Severi: «Il barter (il neologismo che abbiamo utilizzato per definire chi scambia) è un utente sensibile, attento a consumare in modo più critico, crede nel baratto perché si crea coesione e ci si orienta ad uno stile di vita più sobrio. Chi baratta compie una semplice azione che invita a riflettere su diversi aspetti. Fra questi ci sono persone più coinvolte e già a conoscenza di temi che trattano la decrescita o il consumo critico ed altre che si approcciano ad un fenomeno del tutto nuovo. Il nostro non è un sito dove si fanno affari, ma dove si condivide un progetto».

(40)

40

Nella pagina che riguarda le linee guida, come in tutto il sito, si possono trovare varie esternazioni significative che aiutano a capire la considerazione del baratto che i fondatori vogliono dare alla community, in modo che lo stesso venga visto come un'azione ad alto valore educativo, che non fa bene solo a chi lo pratica ma anche all'ambiente, perché si cerca sempre di riutilizzare tutto. Si evidenzia anche come il baratto possa far bene anche all’economia familiare perché si evita di fare acquisti e di incrementare le produzioni. Ed infine si aggiunge che lo stesso fa bene alle relazioni, perché si condividono i propri oggetti con gli altri membri della community. Tutto ciò è un forte richiamo alle motivazioni che portano allo sviluppo dell’economia collaborativa già approfondite nel Capitolo 1. Un altro aiuto importante, per comprendere la filosofia che i fondatori vogliono attribuire al portale, può essere dato dalla spiegazione e reazione dello stesso all’introduzione di una quota obbligatoria per chi scambia tramite ZR. Dal messaggio pubblicato per introdurre la quota (Vedi 3.9) si evince chiaramente come il progetto voglia andare oltre qualsiasi logica di mercato, voglia promuovere un consumo critico e punti molto sul senso di una comunità unita, pronta a sostenere e condividere le idee prima di tutto. In seguito, durante lo sviluppo di questo elaborato, vedremo gli sviluppi di questa iniziativa e del tentativo di ZR di diffondere il “senso della comunità” e i pensieri sul consumo critico.

2.4 I barter

I barter di ZR, cioè gli utenti del portale oggetto di analisi, sono principalmente donne e soprattutto mamme. In questo paragrafo si vuole valutare la figura del barter per comprendere il suo rapporto e approccio con la filosofia Zerorelativo.

(41)

41

Il “barter tipo” è una persona che segue uno stile di vita responsabile orientato al downshifting3. La proposta è quella di dividere i frequentatori della piattaforma in due categorie, utilitaristi ed ortodossi. Coloro che appartengono alla prima categoria barattano in modo sporadico e non lo considerano uno stile di vita ma piuttosto un modo per risparmiare occasionalmente od ottenere un oggetto particolarmente desiderato. La logica degli utilitaristi li porta a scambiare oggetti che per loro non hanno più valore e quindi tendono a pensare solo al proprio tornaconto personale e ad utilizzare più piattaforme di baratto o anche siti di compravendita.

Coloro che invece sono definiti ortodossi, barattano perché rifiutano l’idea di utilizzare il circuito mercantile classico legato all’utilizzo di moneta corrente e quindi optano per un consumo critico ed uno stile di vita in linea con questo, sono portati a legarsi alla filosofia di zerorelativo e vedere nello stesso una community. Inoltre sono molto legati ai beni che mettono a disposizione dello scambio nella community e molto spesso gli stessi beni sono artigianali, cioè prodotti autoprodotti dal barter (Dalli Fortezza 2013).

Le interviste svolte nell’ambito di una ricerca accademica coordinata dai docenti Dalli e Fortezza, il cui metodo di elaborazione sarà esplicato più nel dettaglio nello spazio dell’elaborato inerente alla metodologia (Capitolo 5), sono state rivolte principalmente alla categoria degli “ortodossi” o comunque di coloro che, secondo lo staff, hanno un determinato approccio verso il baratto.

Soffermandosi ora solo sulla parte che lega i barter alla filosofia ZR si cercherà di spiegare come questi supportino la piattaforma e i suoi principi, anche con l’aiuto di alcuni estratti delle interviste, per approfondire il supporto dei barter all’idea di baratto promossa dai fondatori.

3 “emblematico il caso degli utenti che hanno deciso di trasferirsi in campagna e di vivere in abitazioni

ristrutturate in modo ecocompatibile e arredate con oggetti anche acquisiti su zerorelativo.it” (Dalli Fortezza 2013)

Riferimenti

Documenti correlati

In occasione della guerra del Golfo presi a voler risentire più spesso i ricordi che parlavano di guerra che avevano per me un significato più forte dal momento che il pensiero di

Ringrazio la Prof.ssa Nuti, non solo per la Sua supervisione in questo lavoro, ma per tutto ciò che mi ha insegnato in questi anni e per tutto il tempo che mi ha dedicato..

The technological advantages of using q-plates instead of other technologies for producing structured light beams are many: (i) the conversion efficiency (ratio of OAM-converted

In Danimarca il passaggio dal latino al volgare avviene in tutt’altra maniera. La creazione non solamente di un linguaggio giuridico bensì di una lingua scrit- ta danese in

We analysed three separate groups of subjects: the ILDF group included all subjects negative for serological markers of both HBV and HCV infection (HBsAg, anti-HBc, anti-HBs,

La loro eterogeneità, conseguenza, certo, di una personale ‘tradizione’ dei singoli autori, restituisce una (provvisoria) definizione, per dirla con Luciano Semerani, del