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Processi inferenziali e livello vero-condizionale nella comunicazione esplicita

Marco Cruciani Università di Trento [email protected] 1. Introduzione

Lo scopo dell‘articolo è mostrare la dipendenza del contenuto esplicito della comunicazione da processi inferenziali legati agli scopi dei parlanti. Ta- li processi integrano la conoscenza linguistica (convenzioni semantiche e sin- tassi) con conoscenza fattuale (contesto) per ottenere il significato in uso. Es- si consistono di due premesse, la prima è costituita dalla forma linguistica dell‘enunciato usato da un parlante e dalle convenzioni semantiche legate alla forma, la seconda è costituita dall‘informazione legata alla situazione in cui l‘espressione è usata e, infine, la conclusione dell‘inferenza consiste nella proposizione veicolata esplicitamente dal parlante che usa l‘enunciato nella situazione specifica.

Vari tipi di processi inferenziali sono implicati nella comunicazione, ad esempio: il processo di saturazione, per cui le espressioni indicali presenti in un enunciato vengono saturate con (sostituite da) i valori di alcuni parametri contestuali (l‘identità del parlante e del destinatario, il tempo e il luogo del proferimento, ecc.); il processo di selezione per espressioni semanticamente e/o sintatticamente ambigue, che determina un‘interpretazione ammissibile ai fini della valutazione vero-condizionale, il processo di arricchimento libero delle condizioni di verità (free enrichment), che determina i modi in cui si possono ottenere proposizioni valutabili; il processo di bridging (inferenza ponte), che determina la relazione causale e/o temporale fra due proposizioni, ecc. (cfr. [1]).

La necessità di considerare fattori non-linguistici per la determinazione del significato in uso dipende dal fatto che il significato convenzionale (otte-

nuto da regole linguistiche e convenzioni semantiche) sottodetermina la pro- posizione esplicitamente espressa dall‘enunciato; vale a dire che con il solo ausilio del significato convenzionale non è possibile determinare una unica proposizione per un enunciato – ciò anche per enunciati privi di ambiguità sintattiche e/o semantiche e di espressioni indicali (cfr. [2], [3], [4], [5]).

La nozione vero-condizionale di significato qui considerata è attinta dalla filosofia analitica del linguaggio, per cui il significato di un enunciato si iden- tifica con le sue condizioni di verità e il significato di un‘espressione si iden- tifica con il contributo dell‘espressione alle condizioni di verità dell‘enunciato in cui compare (cfr. [6]).

Essenziale per il presente articolo è la distinzione fra il livello esplicito e il livello implicito della comunicazione, ovvero ‗cosa è detto‘ esplicitamente da un parlante con un enunciato e ‗cosa è comunicato‘ implicitamente da un parlante con un enunciato. In letteratura vige accordo circa la corrispondenza fra la nozione di speaker‟s meaning di Grice [7], cioè ‗cosa è comunicato‘ da un parlante, con il livello implicito della comunicazione, invece non vige ac- cordo circa la nozione di ‗cosa è detto‘ da un parlante, cioè il livello esplicito della comunicazione (cfr. [8], [9], [10], [11], [12], [13], [14], [15]). Il livello di ‗cosa è detto‘ è il livello in cui si ottiene una proposizione completa e quindi valutabile in termini vero-condizionali. Per determinare una unica proposizione (un unico insieme di condizioni di verità), quella esplicitamente espressa dal parlante con l‘enunciato, sono necessari alcuni processi inferen- ziali (o associativi) che contengono nelle premesse informazione contestuale non-linguistica (free enrichment, bridging, narrowing, broadening, ecc.). Una volta fissato ‗cosa è detto‘ esplicitamente da un parlante in una specifica situazione, poi eventualmente, l‘implicatura conversazionale determina, sulla base di ‗cosa è detto‘ esplicitamente e ulteriore informazione contestuale, ‗cosa è comunicato‘ implicitamente da un parlante determinando un ulteriore livello di senso. Non tutti i pragmatisti (filosofi, linguisti e relevant theorists) sono d‘accordo sulla sequenza temporale di questi processi e sulle relazioni logiche che intercorrono fra i livelli di senso (esplicito e implicito), ad esem- pio alcuni sostengono che l‘implicatura lavora in parallelo con i processi di

free enrichment, bridging, ecc.1 Ad ogni modo, la mia proposta concerne il livello di ‗cosa è detto‘, vale a dire il livello esplicito della comunicazione, che ritengo abbia priorità logica sul livello implicito (necessitiamo di prove, non di indizi, per ―leggere la mente‖).

2. Sottodeterminazione semantica Consideriamo il seguente enunciato: (1) ―Stai attento al cane‖.

In (1) il significato della parola ―cane‖ non è determinato, può corrispondere al simpatico mammifero domestico oppure al meccanismo di un‘arma da fuoco (qui non considero il significato figurato – che appartiene al livello im- plicito della comunicazione). In un caso del genere il contesto extra- linguistico fornisce le informazioni necessarie per selezionare l‘interpretazione plausibile, ad esempio se (1) è prodotto da un parlante in un‘armeria mentre il destinatario sta maneggiando un‘arma, con la parola ―cane‖ il parlante plausibilmente intende il meccanismo dell‘arma da fuoco, d‘altro canto se (1) è prodotto da un parlante entrando nel giardino di una vil- la assieme al destinatario, con la parola ―cane‖ il parlante plausibilmente in- tende il mammifero domestico. Per cui il significato di (1) è ottenuto tramite un‘inferenza che ha come premesse l‘enunciato (1) e l‘informazione conte- stuale in cui (1) è prodotto e la conclusione che si ottiene consta in una unica proposizione.

Si potrebbe obiettare che qui ci imbattiamo in un caso tipico di ambiguità semantica e che, risolta l‘ambiguità, il significato convenzionale fornisce le condizioni di verità (proposizione). Consideriamo allora (1) prodotto in un canile, nulla vieta semanticamente che con ―stare attento al‖ si intenda ―non calpestare il‖ o ―non farti mordere dal‖, e questo senza che l‘espressione ―stai attento‖ sia ambigua. Qui ciò che non è determinato tramite la forma dell‘enunciato e le convenzioni semantiche è il modo in cui dobbiamo stare attenti.

Consideriamo il seguente enunciato:

(2) ―Franco si è laureato e lavora in un laboratorio chimico‖.

L‘enunciato (2) può essere vero sia che Franco lavori in un laboratorio in quanto si è laureato, sia che lavori in un laboratorio indipendentemente dal conseguimento della laurea. Considerando solo il significato convenzionale e la sintassi di (2) non siamo in grado di determinare il livello vero condiziona- le di (2). In questo caso l‘informazione contestuale è determinante per fissare la relazione temporale e/o causale fra le due proposizioni.

3. Processi inferenziali e determinazione del significato

La struttura dei processi inferenziali qui considerati ha la forma seguente: P1 =

Forma e

convenzioni semantiche

C = proposizione, livello vero-condizionale, ‗cosa è detto‘. P2 =

Informazione contestuale

In particolare voglio porre attenzione sul fatto che la validità dell‘inferenza non dipende dalla relazione logica delle due premesse (come invece è richiesto per il processo di saturazione nel caso delle espressioni in- dicali), vale a dire non è richiesto che la conoscenza non-linguistica utilizzata nella seconda premessa dell‘inferenza sia riconducibile o resa accessibile, cioè vincolata, dalla forma linguistica dell‘espressione perché la comunica- zione avvenga con successo.

I processi inferenziali a cui abbiamo accennato nell‘analisi degli enuncia- ti (1) e (2) sono rispettivamente il processo di selezione dell‘ambiguità, di ar- ricchimento libero delle condizioni di verità e di bridging. Vediamoli un po‘ più nel dettaglio. In (1) abbiamo selezionato l‘interpretazione della parola ―cane‖ sulla base di informazione contestuale non vincolata alla forma dell‘espressione (a differenza della relazione fra l‘identità del parlante e la parola ―Io‖ nell‘enunciato ―Io sono adulto‖ – espressione indicale), cioè su informazione percepita direttamente dall‘ambiente fisico circostante al par- lante e al destinatario. La seconda inferenza, sempre nell‘esempio (1), si basa invece su una premessa prodotta per arricchimento libero delle condizioni di verità, vale a dire che le modalità in cui si sta attenti sono specificabili senza dover ricorrere alla forma dell‘espressione, ma a conoscenza enciclopedica condivisa (ad esempio la conoscenza che i cani tenuti nei giardini delle ville a volte mordono le persone che non conoscono come forma di difesa del terri- torio).

In (2) invece è possibile determinare una unica proposizione stabilendo la relazione causale/temporale tramite la conoscenza di Franco e delle sue at- tività (conoscenza locale condivisa), ad esempio sapendo che Franco si è lau- reato in chimica sei mesi fa e che poco prima lavorava in un tabacchino. An- che qui la conoscenza utilizzata per determinare un unico significato non è resa accessibile o vincolata dalla forma dell‘espressione, ma è accessibile in quanto condivisa fra parlante e destinatario.

4. Contenuto esplicito della comunicazione e scopi

La proposta dell‘articolo si basa sull‘ipotesi che il significato in uso di- pende dagli scopi dei parlanti in situazione (cfr. [17], [18]). In particolare considero l‘interesse del parlante una delle premesse del processo inferenzia- le che, assieme alle convenzioni semantiche legate alla forma, conduce al si- gnificato in uso. La nozione di interesse di un parlante è attinta dalla Teoria cognitiva sociale (cfr. [19]); l‘interesse di un parlante è visto come (la prefe- renza per) uno stato di cose che implica le condizioni di realizzazione di uno scopo del parlante.

Dunque l‘inferenza qui proposta ha due premesse, la prima è l‘enunciato e la seconda è l‘interesse del parlante. La plausibilità epistemologica della proposta risiede nel fatto che la premessa dell‘inferenza strutturata in termini di condizioni di realizzazioni di uno scopo è compatibile con la nozione di significato come condizioni di verità; vale a dire che le due nozioni sono cen- trate sulla nozione di stato di cose, da un lato abbiamo le condizioni di realiz- zabilità degli scopi e dall‘altro le condizioni di verità dell‘enunciato. La plau- sibilità cognitiva della proposta risiede nel fatto che l‘inferenza non dipende dalla logica del linguaggio ma dalla psicologia degli individui; vale a dire che l‘inferenza è prodotta sulla base di conoscenza condivisa da parlante e desti- natario che non necessita di essere resa accessibile o vincolata alla forma lin- guistica, ma di essere resa accessibile dalle intenzioni comunicative.

L‘ultimo aspetto che voglio porre all‘attenzione è che se consideriamo gli interessi come premessa nell‘inferenza, l‘informazione non-linguistica uti- lizzata concerne futuri stati di cose non ancora realizzati (e che forse non ver- ranno mai realizzati), legati agli scopi dei parlanti. In questi termini la deter- minazione del significato in uso nella comunicazione esplicita ottenuta trami- te processi inferenziali basati sugli interessi situazionali dei parlanti non è e- stranea ad una caratterizzazione costruzionista, per cui la variabilità conte- stuale del significato è riconducibile alla variabilità degli scopi situazionali extra-semantici che gli agenti coinvolti in interazione linguistica intendono realizzare.

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