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I processi di open innovation per la co-creazione di valore

Processi di Open Innovation per la co-creazione di valore.

2. I processi di open innovation per la co-creazione di valore

2.1. Le dimensioni e le caratteristiche dei processi interactive coupled per la value co-creation

Il punto di partenza più adeguato per comprendere il modello che si intende iniziare a validare in questo contributo attraverso lo studio di un caso, appare quello di individuare, tra quelle già esplicitate in letteratura (Piller e West, 2014), le alternative delle dimensioni dei processi coupled che possano essere compatibili con la co-creazione di valore in senso strategico. La tabella sotto mostra in maniera sintetica tanto le dimensioni dei processi coupled - colonna di sinistra - quanto le alternative da prediligere se si voglia addivenire ad una co-creazione di valore in senso strategico - colonna di destra (Tab. 1).

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Tab. 1: Dimensioni dei processi open innovation coupled per la value co-creation

Dimensioni Dimensioni dei processi coupled per la value co-creation

Attori esterni Prospettiva individuale per tutti gli attori anche se appartenenti ad imprese o altre organizzazioni.

Tipologia di coupling

Ogni tipo di interazione che si dipana all’interno delle piattaforme di coinvolgimento (diadica, di rete, di community) dove le communities sono formate da individui appartenenti o meno a imprese o

organizzazioni o gruppi variamenti composti (es. lead users, consumatori)

Impetus della collaborazione

Non è rilevante se il processo è top-down o bottom-up se non per le caratteristiche dei processi; l’importante è che ogni partecipante ricopra un ruolo attivo ed ottenga dei benefici dalla sua

partecipazione.

Locus dell’innovazione Interactive

(innovazione creata congiuntamente al di fuori dei confini organizzativi)

Fonte: ns. adattamento da Aquilani (2016), p. 210.

Grazie alla tabella sopra riportata è possibile rintracciare come la prima dimensione rilevante per i processi coupled sia quella dell’attore esterno che può essere un’impresa, altre organizzazioni o individui (Piller e West, 2014). In effetti, questa dimensione, abbracciando la co-creazione di valore, perde molta parte della sua importanza in quanto, in seno a questa visione, non è tanto rilevante se l’individuo partecipante sia o meno appartenente ad un’impresa, un’organizzazione o agisca in autonomia, quanto che questi possa interagire con altri individui all’interno di una piattaforma di coinvolgimento creando valore per sé e per gli altri, a prescindere dal fatto che agisca solo nel suo interesse o anche nell’interesse della struttura a cui appartiene (es., Ramaswamy e Ozcan, 2014). Questa stessa considerazione permette di comprendere anche perché nella tipologia di coupling non sia rilevante quanti attori collaborino e la loro appartenenza. Il focus nell’approccio alla value co-creation è sulla capacità degli individui di relazionarsi gli uni gli altri in un ambito comune - la piattaforma di coinvolgimento - per generare le interazioni che sono il locus in cui si sviluppa il valore (Leavy, 2014), che, a sua volta, discende dalle esperienze degli individui, il cuore della co-creazione del valore (Prahalad e Ramaswamy, 2004a; Ramaswamy e Gouillart, 2010a; Ramaswamy, 2011; Ramaswamy e Ozcan, 2012)5. La prospettiva assunta è infatti quella dello spazio delle esperienze6 in cui la co-creazione viene solo agevolata dall’impresa che svolge il ruolo di facilitatore, ad esempio, attraverso la realizzazione della piattaforma in cui le interazioni si dipanano (Ramaswamy e Ozcan, 2014). Non sorprende che l’impetus della collaborazione non sia poi così rilevante per questi processi in quanto il focus è sul ruolo attivo che ogni partecipante deve ricoprire (es., Prahalad e Ramaswamy, 2003; Prahalad e Ramaswamy, 2004b) e sul fatto che lo stesso partecipante ottenga un beneficio dalla sua collaborazione - non importa se di tipo intrinseco e/o estrinseco (Ramaswamy e Gouillart, 2010b; Saarijärvi et al., 2013), ma in maniera simultanea rispetto a quello ottenuto dall’impresa7. Ovviamente, però, chi inizia il processo di co-creazione di valore, ne determina alcuni aspetti, mentre altri vengono co-creati dagli individui partecipanti; da qui si origina la differenza tra il modello di open innovation coupled per la co-creazione di valore

top-down e quello bottom-up (Aquilani, 2016).

5 Ramaswamy (2011, p. 195), a questo proposito scrive “co-creation is the process by which mutual value is

expanded together, where value to participating individuals is a function of their experiences, both their engaged experiences on the platform, and productive and meaningful human experiences that result”. Si chiarisce così tanto

il ruolo fondamentale delle esperienze individuali quanto quello delle interazioni che sono all’origine del valore co- creato (per un approfondimento su questo tema è anche possibile consultare Ramaswamy, 2015). Questo, così definito, appare poi particolarmente vicino al concetto condiviso di valore di lungo termine in cui la prosperità dell’impresa è legata in maniera indissolubile a quella della comunità in cui opera definito da Porter e Kramer (2011).

6 Lo spazio delle esperienze può essere definito come “a stratum of individual involvement, events, contexts, and

meaning, whose configuration of experiences embodies actualized outcomes in value creation. Experience domains span environments of interactions afforded by engagement platforms” (Ramaswamy e Ozcan, 2014, p. 53).

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Quest’ultimo aspetto rappresenta un tratto distintivo dell’approccio qui utilizzato rispetto alla Service-Dominant

logic certamente più orientata alla value capture e che vede colui che collabora trarre del valore in un momento

successivo; concetto esplicitato grazie al value-in-use (Vargo e Lusch, 2004), al value-in-context (Chandler e Vargo, 2011) e al value-in-social-context (Edvardsson et al., 2011).

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L’ultima dimensione sopra richiamata è quella più rilevante nell’ambito di questo contributo; è infatti indispensabile che il processo di open innovation coupled sia interactive - ossia veda la generazione del valore in un ambito terzo rispetto a quello dei singoli individui che partecipano alla co-creazione di valore - affinchè lo stesso processo possa dar luogo alla value co-creation intesa in senso strategico (Aquilani, 2016).

Le dimensioni, ma soprattutto le alternative selezionate e brevemente discusse grazie alla tabella sopra, hanno permesso di meglio esplicitare alcuni cardini dell’approccio alla co-creazione di valore, oltre a definire l’ambito in cui il modello preso in esame si innesta.

2.2. Verso un modello di analisi dei processi di open innovation per la co-creazione di valore

Il framework proposto, alla base di questo scritto, verrà brevemente illustrato di seguito (Fig. 1), prima di procedere con l’analisi del caso.

Fig. 1: Il modello di processo interactive coupled per la co-creazione di valore.

Fonte: ns. adattamento da Aquilani (2016), p. 216 e p. 232.

La figura sopra mostra, in realtà, le specificità di entrambi i modelli di coupled open innovation per la value co-creation, ossia quello top-down e quello bottom-up (le frecce tratteggiate e i caratteri in grassetto si riferiscono a quest’ultimo; il carattere corsivo identifica invece caratteristiche comuni ad entrambi i processi). La descrizione del modello illustrato sopra prende avvio dalle attività che l’impresa dovrebbe mettere in atto e, quindi, dalla strategia di coinvolgimento per la co-creazione che é da intendere come l’insieme delle azioni che l’impresa pone in essere per poter attrarre e far

1 6 4 1 2 3 Individui partecipanti appartenenti o meno a imprese/enti Individui partecipanti che forniscono conoscenza Progettazione Strategia di coinvolgimento per la co-creazione (con bisogni dei partners)

Selezione della tecnica di co- creazione Struttura e processi; Human Resource Management Collaborazione, dialogo per la co-

creazione; interazioni; accordo per la co-

creazione

Piattaforma di coinvolgimento

Cattura di parte del valore co-creato: Leveraging

Cattura di parte del valore co- creato: benefici-Leveraging

- Contributi;

- Benefici attesi per sé

e per l’impresa/organizzaz ione a cui eventualmente si appartiene; - Accettazione a partecipare. - Avvio dell’attività; - Realizzazione della piattaforma di coinvolgimento o adesione a una piattaforma già esistente; - Accoglimento dell’adesione dell’impresa; - Disponibilità/volont à a partecipare. Valore co-creato 5 5 Impresa

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rimanere coinvolti i partners nelle attività di open innovation8. È importante sottolineare che l’impresa, adottando il modello di open innovation, non soltanto dovrà considerare di aprire i propri confini - requisito essenziale affinché possano attivarsi i processi di open innovation9 -, ma dovrà tener conto di cosa è in grado di offrire in termini di benefici ai partners che vuole coinvolgere nelle attività di co-creazione di valore. Abbracciando, infatti, l’approccio alla value co-creation i benefici da trarre e di cui gli altri possano appropriarsi, perché corrispondenti ai loro bisogni, non possono essere scissi e questo spiega perché nella figura sopra il numero 1 si trovi tanto nella parte dedicata all’impresa quanto in quella dedicata ai partners. La tecnica di coinvolgimento (rif. 2 nella figura) attiene agli strumenti utilizzati per poter dar vita alla co-creazione di valore ed alle procedure per il loro utilizzo (Durugbo e Pawar, 2014); ne fanno parte, solo per citarne alcuni a titolo di esempio, tra i più recenti, i telefoni portatili, i tool kits, i software generici e specifici e/o professionali, le piattaforme online, e tra quelli più tradizionali, i workshop, i focus group, le story boarding e altro (Visser and Visser, 2005; Schirr, 2012). A questo proposito, è utile sottolineare che strumenti diversi, scelti dall’impresa, possono ingenerare un diverso empowerment percepito da parte dei

partners, così come la percezione di un diverso livello di divertimento ed una maggiore o minore

volontà di continuare ad essere coinvolti nella value co-creation (Füller et al., 2009). La scelta della tecnica di coinvolgimento non può prescindere dalla strategia di coinvolgimento dell’impresa - le due sono infatti strettamente legate tra di loro. D’altro canto è anche vero che quest’ultima, sposando l’approccio alla value co-creation, può diventare, dopo un primo momento, a sua volta, un elemento co-creato dai partners che vengono e rimangono coinvolti nei processi di innovazione aperta per la co-creazione di valore a cui partecipa l’impresa e che quindi possono cambiarla quando e secondo quanto necessario (Aquilani, 2016). Il terzo “blocco” della figura, appartenente all’impresa (rif. 3), rappresenta la necessità di evidenziare come l’organizzazione debba adattarsi e/o cambiare in maniera più profonda la sua struttura e/o i suoi processi tanto per avviare e mantenere processi di open innovation coupled quanto per aderire alla value co-creation, acquisendo dunque una flessibilità tale da rimanere aperta, eventualmente gemmando anche nuovi ruoli al proprio interno10. In questo blocco è rintracciabile la gestione delle risorse umane che corrisponde, in realtà, allo slogan coniato all’interno dell’approccio alla value co-creation, ossia “Employees First, Customers Second (EFCS)”, in cui si focalizza l’attenzione sul ruolo del personale all’interno dell’impresa che è quello che la rappresenta, che intrattiene le relazioni con i

partners, dalla cui capacità di individuare le opportunità migliori l’impresa può trarre beneficio,

ecc. (Ramaswamy e Ozcan, 2014, p. 207). Da questo blocco, infatti partono le due frecce tratteggiate verso la strategia e la tecnica di coinvolgimento, a sottolineare come i processi

interactive coupled bottom-up prendano avvio dagli addetti dell’impresa che avranno un ruolo

fondamentale nel definire tanto la strategia quanto la tecnica che poi saranno utilizzate per implementare questi processi.

8 Esempi di queste attività sono, solo per citarne alcuni: le comunicazioni attivate per far conoscere l’impresa ed i suoi

progetti per far in modo che i partners siano attratti dal partecipare alla co-creazione di valore (customer

engagement), oppure il coinvolgere i partners in attività di co-design di nuovi prodotti e/o servizi, o ancora

l’attivazione di nuovi strumenti tecnologici che permettano uno scambio più agevole di beni, servizi, ma anche risorse (self-service), o il generare la cosiddetta customer experience, o, infine, recepire attraverso appositi strumenti il problem solving sviluppato dai consumatori (Durugbo e Pawar, 2014).

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Il concetto di openness è assolutamente fondamentale affinché l’impresa possa implementare qualsiasi processo di

open innovation, ma anche di innovazione secondo un modello tradizionale secondo Zynga (2013), ed è ancor più

essenziale quando a dover essere implementati siano i processi cosiddetti coupled. In questo contesto è possibile richiamare brevemente la definizione di openness proposta da Laursen e Salter (2006, p. 131), che la considerano come “the way firms go about organizing search for new ideas that have commercial potential”, sottolineando come ad essere decisivo nei processi di innovazione sia proprio l’openness dei responsabili dei progetti (Jespersen, 2010). Non bisogna però sottovalutare come l’apertura verso l’esterno comporti dei rischi per l’impresa, ad esempio in termini di divulgazioni di informazioni strategiche, e come non sempre la maggiore apertura sia la scelta migliore; a diversi tipi di openness corrispondono, infatti, vantaggi e svantaggi di cui l’impresa tener conto nelle sue scelte (Dahlander e Gann, 2010).

10 Per una discussione dei ruoli organizzativi più adatti ad avviare e mantenere i diversi tipi di processi di open

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Passando alla parte centrale della figura, si rintraccia l’“ambito di incontro” di tutti gli individui partecipanti alla value co-creation, siano essi provenienti dall’impresa o individui indipendenti o addetti di altre organizzazioni e/o realtà. Tale ambito d’incontro rappresenta la “piattaforma di coinvolgimento” che può essere definita come “an assemblage of persons, processes, interfaces,

and artifacts, whose engagement design affords environments of interactions that intensify agential actions in value creation” (Ramaswamy e Ozcan, 2014, p. 34). La piattaforma di coinvolgimento

può essere realizzata dall’impresa (rif. 4 nella figura), usualmente quando i processi avviati sono di tipo top-down, oppure può essere creata da altri individui al di fuori della stessa, quando l’impresa aderisca a processi avviati da altri (rif. 6 nella figura). A seconda di chi avvia il processo, ma anche di chi crea la piattaforma - aspetti che possono non coincidere, si pensi ad esempio ad un’impresa che aderisce a processi di co-creazione avviati da altri, ma per cui realizza la piattaforma -, quanto rintracciabile nel box di destra della figura deve essere interpretato in maniera diversa. Infatti, se ad avviare il processo é l’impresa, gli individui che accetteranno di partecipare ai processi di co- creazione di valore dovranno ottenere dei benefici per sé, per l’organizzazione a cui appartengono o per entrambi in cambio dei loro contributi (carattere normale e corsivo del box). Se, invece, sono gli individui all’esterno dell’impresa ad avviare i processi, allora sarà l’impresa a dover essere accettata da chi ha intrapreso le attività di value co-creation, che dovrà confermare la volontà di partecipare, ottenendo però sempre benefici per sé e/o per l’organizzazione a cui l’individuo appartiene (carattere grassetto e corsivo del box di destra). Indipendentemente da chi abbia avviato la collaborazione e da chi abbia creato la piattaforma di coinvolgimento, quest’ultima rappresenta comunque il luogo di incontro in cui avvengono le interazioni che danno luogo al valore co-creato, dove si sviluppa il dialogo e si dipana la collaborazione senza soluzione di continuità perché “co-

creation is both the means and the end, in a continuous cycle” come affermano Ramaswamy e

Gouillart(2010a, p. 29). È nella piattaforma di coinvolgimento che il valore si co-crea e che, grazie al contributo di tutti, si sviluppano quei benefici, di cui poi gli stessi partecipanti alla value co-

creation si appropriano contemporaneamente e continuamente, rimanendo coinvolti nei processi

avviati che si auto-alimentano senza soluzione di continuità e che possono accogliere via via sempre nuovi partecipanti (Ramaswamy e Ozcan, 2014) (rif. 5 nella figura).

3. Metodologia

Il presente lavoro intende approfondire i processi di interactive coupled per la co-creazione di valore top-down rappresentando un primo tentativo per la validazione del modello teorico sopra richiamato. Pertanto, in questa parte dello studio si vuole illustrare ed esaminare come un’impresa manifatturiera proceda alla definizione, allo sviluppo e alla gestione dei processi appena considerati aventi la finalità di giungere alla co-creazione di valore. Al tal scopo, si è scelto il metodo del single

case study qui considerato come metodo di ricerca preferibile e funzionale agli obiettivi di ricerca

esplicitati in quanto consente l’approfondimento di aspetti concernenti il “come” di eventi contemporanei e recenti, sui quali il ricercatore abbia un controllo limitato (Yin, 1994). Un campionamento teorico ha consentito di individuare l’impresa Scarabeo come caso rappresentativo del fenomeno oggetto di ricerca. L’impresa Scarabeo, locata nel distretto ceramico di Civita Castellana, è stata selezionata per il forte orientamento verso l’attivazione e lo sviluppo di percorsi di innovazione che si caratterizzano per l’armonioso legame mantenuto con la tradizione. Difatti, l’impegno incessante profuso nella definizione e nello sviluppo di innovazione ha consentito il conseguimento di numerosi e importanti riconoscimenti nazionali ed internazionali. Tra questi, si annovera l’Iconic Awards 2015 al German Design Council di Monaco (05 ottobre 2016) e l’IF

Design Award 2017, un riconoscimento conseguito nell’ambito di una competizione internazionale

che riconosce e valorizza i prodotti di qualità dal design eccellente. Inoltre, la scelta dell’impresa Scarabeo è motivata dal fatto che la stessa è parte del settore manifatturiero, ossia un settore poco esplorato dalla letteratura manageriale focalizzata sui processi di open innovation di tipo coupled (Piller e West, 2014). Per l’approfondimento del caso studio sono state considerate ed utilizzate

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diverse fonti informative di tipo primario e secondario, le quali hanno consentito di procedere alla triangolazione dei dati e delle informazioni raccolte (Jick, 1979) garantendo in tal modo la validità dei risultati ottenuti. In proposito, si è fatto ricorso alle seguenti fonti informative: a) interviste in profondità semi-strutturate al Dott. Antonio Ferrero, Direttore Vendite e Marketing Italia di Scarabeo; b) presentazioni aziendali, sito istituzionale, riviste specializzate, articoli dedicati ed altri documenti di derivazione interna.

Lo schema di intervista utilizzato ha focalizzato l’attenzione su alcune macro-aree di maggior interesse. La prima macro-area ha inteso portare alla luce gli aspetti inerenti l’identificazione delle strategie di coinvolgimento dei vari partners nei processi di innovazione dell’impresa. La seconda macro-area ha avuto l’obiettivo di approfondire aspetti relativi alle tecniche, agli strumenti e ai processi individuati e utilizzati per giungere al coinvolgimento, alla partecipazione e alla collaborazione dei differenti partners nelle attività di innovazione avviate dall’impresa. La terza macro-area ha infine inteso investigare i benefici derivanti dall’adozione di un approccio di innovazione aperta con lo specifico intento di approfondire l’impatto sulla co-creazione di valore. La raccolta delle informazioni tramite intervista è stata realizzata nel mese di febbraio 2017. L’intervista, della durata di 3 ore circa, è stata registrata e successivamente trascritta. Il contributo, tanto nella versione inizialmente presentata quanto in quella revisionata è stato sottoposto all’attenzione dell’intervistato che ne ha approvato il contenuto, consentendo anche all’utilizzo esplicito del nome dell’impresa.

4. Il caso studio: analisi

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