L’art. 348 c.p. punisce, con la pena della reclusione sino a sei mesi o della multa da euro 103 a euro 516, chiunque eserciti abusivamente una professione per la quale sia richiesta una speciale abilitazione dello Stato.
La norma, che rappresenta una assoluta novità rispetto al sistema previgente, intende tutelare l’interesse della Pubblica Amministrazione a che determinate professioni, di pregnante rilievo sociale, siano esercitate solo da soggetti la cui competenza tecnica sia stata conseguenza di specifici studi e di appositi esami di abilitazione e, comunque, mediante altre analoghe garanzie (165).
165 M.ROMANO, Commentario sistematico al codice penale. I delitti contro la
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In tal modo viene garantito ai cittadini, che necessitino di un certo tipo di prestazione professionale, uno standard minimo di qualificazione: la norma, è bene precisarlo, non tutela l’interesse dei soggetti appartenenti alle varie categorie professionali, ma l’interesse generale della collettività (166).
Rispetto al momento in cui venne introdotta, laddove assumevano rilievo le sole professioni liberali, che non presentavano grossi problemi di inquadramento, la norma ha subito una vera e propria “dilatazione”, a causa della incessante espansione delle professioni il cui accesso richiede una speciale abilitazione e l’iscrizione in appositi albi tenuti dai rispettivi
Consigli dell’Ordine, innescata da meccanismi di
eterointegrazione con disposizioni extrapenali alle quali è
controlli, affidati anche ad ordini professionali, la Pubblica Amministrazione si ripromette di assicurare che lo svolgimento delle corrispondenti attività avvenga solo da parte di soggetti che diano sufficienti garanzie di serietà e competenza. Si veda anche Cass. pen., Sez. VI, 15 novembre 1984, in Cass. pen., 1986, p. 459; Cass., sez. VI, 29 novembre 1983, in Cass. pen., 1985, p. 1058.
166 G. FIANDACA – E. MUSCO, Diritto penale. Parte speciale, I, Bologna,
2002, p. 308. Nello stesso senso E.CONTIERI, voce Esercizio abusivo di professioni,
in Enc. dir., vol. XV, Milano, 1966, p. 606. Per la giurisprudenza: Cass. pen., Sez. VI, 18 ottobre 1990, Lupi, in Riv. it. med. leg., 1991, p. 264. In tema di esercizio arbitrario di una professione, benché il bene tutelato dall'art. 348 c.p. sia costituito dall'interesse generale a che determinate professioni, richiedenti, tra l'altro, particolari competenze tecniche, vengano esercitate soltanto da soggetti che abbiano conseguito una speciale abilitazione amministrativa, e debba quindi ritenersi che l'eventuale lesione del bene anzidetto riguardi, in via diretta ed immediata, la Pubblica Amministrazione, ciò non toglie, come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza di legittimità, che possano assumere veste di danneggiati quei soggetti che, in via mediata e di riflesso, abbiano subito un pregiudizio dalla violazione della norma penale in questione. Così Cass. pen., Sez. V, 18 novembre 2004, n. 3996, in Ced, rv. 230430.
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necessario fare riferimento per definire i profili di abusività dell’esercizio della professione (167).
La tutela in esame è limitata alle c.d. professioni protette, ovvero quelle il cui esercizio non è consentito a chi non abbia conseguito la richiesta abilitazione (ad esempio, avvocato, medico, veterinario, farmacista, architetto, geometra, dottore commercialista, ecc.) oppure non possieda i requisiti previsti dalla legge come equivalenti.
Si tratta, quindi, di professioni che si pongono in una zona grigia tra la funzione pubblica e le arti, industrie, commerci e mestieri, non prese in considerazione dalla disposizione che stiamo esaminando, anche se l’ordinamento richiede, per l’esercizio di queste ultime, una particolare licenza.
La normativa italiana relativa alle singole attività professionali deve essere coordinata con le norme del Trattato istitutivo della Comunità Europea, laddove, all’art. 52, secondo comma, contempla il diritto di stabilimento, ovvero il diritto per il cittadino di uno Stato membro di esercitare in un altro Stato membro attività non salariale alle condizioni stabilite per i cittadini dello Stato medesimo.
Per “speciale abilitazione” si intende l’atto con il quale la Pubblica Amministrazione accerta l’idoneità tecnica del soggetto all’esercizio della professione e rimuove un limite all’esercizio del diritto ad esercitare la professione. Generalmente, alla mancanza dell’abilitazione viene equiparata la mancanza di iscrizione all’albo, nel caso in cui questa sia prescritta dalla legge (168). Il carattere abusivo dell’esercizio della professione, infatti,
167 G. MARCONI, Abusivo esercizio di una professione, in (a cura di) M.
CATENACCI, Reati contro la Pubblica Amministrazione e contro l’amministrazione
della giustizia, Torino, 2011, p. 249.
168 Così F.ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Parte Speciale, II, Milano,
2003, p. 406. Per la giurisprudenza: Cass. pen., Sez. VI, 16 ottobre 2008, n. 41183, in Guida dir., 2008, f. 49, p. 92; Cass. pen., Sez. VI, 15 febbraio 2007, n.
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può rilevarsi anche altrove, come inosservanza dell’iter amministrativo che ammette il soggetto allo svolgimento della professione.
E’ evidente, però, che l’esercizio professionale da parte di chi non abbia conseguito un diploma sia, in concreto, cosa ben diversa dall’esercizio della professione da parte di chi sia in possesso del diploma ma non iscritto all’albo.
Alle ipotesi di mancata iscrizione all’albo o di difetto di abilitazione possiamo equiparare la radiazione o la sospensione dall’esercizio della professione, per qualsiasi causa, addivenendo a ritenere sussistente la fattispecie criminosa anche nel caso in cui vi sia una mera violazione del regime di incompatibilità, come nel caso di un impiegato statale che svolga l’attività di geometra, essendo iscritto all’albo, nonostante il divieto (169).
In conclusione, i requisiti oggettivi del reato possono così sintetizzarsi: a) un presupposto normativo dato dall’esistenza di altre norme che qualifichino l’attività come “professione” e prescrivano una speciale abilitazione dello Stato per il suo esercizio; b) un presupposto del fatto, a contenuto negativo, consistente nella mancanza di capacità giuridica all’esercizio della professione nel soggetto agente, c) la condotta, ovvero il compimento di atti di esercizio della professione.