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Introduzione

Come illustrato nel capitolo precedente, il tema dello sviluppo locale ha assunto in Italia un’importanza crescente negli ultimi decenni, soprattutto a partire dalla riforma del 1992 che ha segnato l’abbandono delle politiche di intervento straordinario nel Mezzogiorno “calate dall’alto” ed ha avviato, con l’istituzione della programmazione negoziata, un nuovo processo di sviluppo territoriale fondato sulla valorizzazione delle specificità e delle vocazioni locali. Questo nuovo processo è diventando un obiettivo strategico a livello comunitario e nazionale e ha previsto un nuovo modello di governance basato sulla definizione e sull’attuazione di un sistema integrato di politiche.

Schema sulla genesi delle politiche di sviluppo locale in Italia

Abbiamo già ampiamente sottolineato (confronta il primo capitolo) come a partire dal dopoguerra il modello italiano sia stato caratterizzato da una forte centralizzazione, per cui era riconosciuto allo Stato ed alle amministrazioni centrali un ruolo assolutamente preminente nella programmazione e gestione delle politiche economiche e sociali e delle iniziative connesse allo sviluppo. Negli anni ’90 si è passati ad un modello di governance fortemente “europeizzato”, legato alla nuova architettura istituzionale che ha posto l’Unione Europea come nuovo attore nella promozione e nell’attuazione di politiche sociali e di sviluppo. In relazione a tale europeizzazione, l’adozione del principio di sussidiarietà, sancito dal Trattato di Maastricht del 1992, ha introdotto importanti cambiamenti culturali e normativi nel contesto

1992

Fine delle politiche di intervento straordinario “calate dall’alto”nel Mezzogiorno

1992

Trattato di Maastricht

e adozione del principio di sussidiarietà

Riforma della PA e introduzione di principi di decentramento, in cui un ruolo maggiore nelle politiche di sviluppo è assegnato alle Regioni ed alle autonomie locali Sviluppo della programmazione negoziata (coinvolgimento delle istituzioni e dei diversi attori locali) e gestione unitaria delle politiche di sviluppo di un territorio Impulso alle politiche di sviluppo locale

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italiano. Questi cambiamenti, culminati con la Riforma del titolo V della Costituzione e con il rafforzamento dei principi istituzionali di federalismo politico ed amministrativo, hanno apportato novità nella pubblica amministrazione ed introdotto i principi di decentramento che hanno valorizzato il ruolo delle regioni e delle autonomie locali. In tale contesto, si è affermata una nuova filosofia basata su una maggiore ed attiva partecipazione delle istituzioni e dei diversi attori locali nella predisposizione delle politiche di sviluppo. Filosofia che è stata recepita nella programmazione negoziata, e che ha permesso di coordinare gli interventi di una pluralità di soggetti pubblici e privati, rendendo possibile la gestione unitaria delle iniziative e delle risorse destinate allo sviluppo di un determinato territorio, attraverso il favore attribuito al processo di decisione “dal basso”. All’interno di questa cornice le Regioni e gli Enti locali hanno assunto un ruolo fondamentale. È nel rispetto di tali principi che trovano attuazione i Progetti Integrati Territoriali.

I progetti integrati nella programmazione nazionale

Nelle Regioni Obiettivo 144, la programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2000-2006 assegna un ruolo di rilievo agli interventi integrati a livello territoriale nelle aree in ritardo di sviluppo.

44 Le regioni che rientrano nell’obiettivo 1 per il periodo di programmazione 2000-2006 sono quelle in cui il PIL pro- capite è inferiore al 75% della media comunitaria. Per quanto riguarda l'Italia, le regioni che rientrano nell’obiettivo 1 sono Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia. A queste si aggiunge il Molise in sostegno transitorio. P R I N C I P I O D I I N T E G R A Z I O N E Complementarietà tra organi comunitari e nazionali. Spinta all’integrazione dei progetti Integrazione progettuale. Integrazione nella gestione e attuazione delle politiche

Livello comunitario Livello nazionale

Progettazione integrata Programmazione regionale Programmazione Nazionale

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Il principio di integrazione che a livello comunitario trova la sua genesi nella complementarietà delle azioni comunitarie e nazionali (art. 8 reg. 1260/99), a livello nazionale, ed alla luce del contesto socio-economico delle aree in ritardo di sviluppo, è stato oggetto di riflessioni teoriche e applicazioni pratiche fino ad acquisire una sua autonomia. Ciò ha determinato la previsione, accanto alle note modalità ordinarie di integrazione sancite dai regolamenti comunitari, di una modalità di attuazione specifica (la Progettazione Integrata) che ha unito l’integrazione progettuale con specifici meccanismi di gestione e di attuazione45.

In un anno e mezzo circa di dibattito gli attori istituzionali nazionali, facenti capo al Dipartimento per le Politiche di Sviluppo (DPS) del Ministero dell’Economia e della Finanza, hanno definito i fondamenti programmatici della progettazione integrata inglobandoli all’interno del Quadro Comunitario di Sostegno obiettivo 1 e creando, in tal modo, i presupposti per la sua implementazione e attuazione a livello regionale, in coerenza con le strategie individuate in ciascun POR.

L’iter definitorio dei contenuti e delle modalità procedurali per l’implementazione della progettazione integrata è rintracciabile all’interno di alcuni documenti ufficiali. Si tratta di otto documenti chiave prodotti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze:

− Orientamenti per il programma di sviluppo del Mezzogiorno 2000-2006 (aprile 1999);

− Delibera CIPE n.71/1999 - Orientamenti per la programmazione degli investimenti nel periodo 2000-2006 per lo sviluppo del Mezzogiorno (maggio 1999);

− Linee Guida per la programmazione e la valutazione ex ante. Indicazioni metodologiche e di indirizzo per la programmazione operativa 2000-2006 (maggio 1999);

− Programma di Sviluppo per il Mezzogiorno (settembre 1999);

− Progetti Integrati Territoriali - Orientamenti per le Regioni (gennaio 2000);

− Linee guida per la formulazione del Complemento di programmazione per i Programmi operativi regionali e nazionali per le regioni obiettivo 1 2000-2006 (luglio 2000);

− Quadro Comunitario di Sostegno Obiettivo 1 (agosto 2000);

− Linee Guida per l’implementazione dei progetti integrati. I Progetti Integrati: dal QCS all’iniziativa regionale (ottobre 2000).

Ciascuno di questi documenti fornisce un apporto all’individuazione e definizione dei principi e delle modalità attuative della Progettazione Integrata. Il ruolo giocato da questi documenti è descritto nei paragrafi che seguono.

La strategia generale

Uno dei documenti più importanti, perché definisce la strategia generale alla base della progettazione integrata, è il Programma di Sviluppo del Mezzogiorno (PSM).

Il PSM pone in primo piano il valore della dimensione locale nella programmazione e nell’attuazione degli interventi cofinanziati dai fondi strutturali, e formula una strategia di sviluppo fortemente ancorata al territorio, il cui obiettivo è quello di «attirare e trattenere nell’area (aumentandone la convenienza) le risorse mobili (capitale e lavoro specializzato e imprenditoriale), attraverso la valorizzazione permanente delle risorse immobili (la terra, le tradizioni, il patrimonio naturale e culturale, le risorse legate alla posizione geografica, il capitale umano fortemente localizzato)» 46.

45Isfol, I progetti integrati territoriali nelle Regioni dell’Obiettivo 1. Una prima rilevazione ed analisi, in «Monografico

n. 4/2004 dell’Osservatorio Istituzionale e Normativo», Roma, 2004.

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La scelta conseguente è stata quella di far seguire a cascata, partendo dal Programma di Sviluppo del Mezzogiorno, tutto lo schema di programmazione, articolandolo in obiettivi globali, di livello nazionale, che descrivono le modalità con cui la strategia nazionale consegue l’obiettivo generale, e in obiettivi specifici, che descrivono il contributo di ogni settore di intervento, all’interno degli assi prioritari, al conseguimento degli obiettivi globali, secondo nessi causali caratterizzati da coerenza, convergenza, misurabilità.

Il PSM definisce i principi che ispirano la scelta dell’integrazione, senza entrare nel merito dei contenuti e delle caratteristiche della progettazione integrata.

In particolare la scelta di operare tramite programmi/progetti integrati regionali a forte valenza territoriale è motivata da un duplice convincimento:

∼ quello per cui sarà maggiore la probabilità di ottenere effetti incisivi dagli investimenti programmati, e quindi maggiore il livello di efficacia, se i progetti di investimento saranno concentrati sui luoghi ritenuti cruciali per lo sviluppo;

∼ quello per cui quanto più i progetti saranno assimilabili a pacchetti di azioni aventi una loro specifica identità, tanto più facile sarà mantenere la coerenza interna, la concentrazione e quindi anche la verificabilità dell’azione di sviluppo promossa e realizzata sul territorio.

Definizione degli elementi identificativi della progettazione integrata: dagli Orientamenti al QCS

Gli “Orientamenti per il Programma di Sviluppo del Mezzogiorno 2000-2006” prevedono una tipologia di intervento sul territorio definita “progetti integrati concentrati”, che sarà poi ripresa nel Quadro Comunitario di Sostegno. Questo tipo di progetti si caratterizzano per una forte valenza territoriale (infatti, nascono dalla necessità di legare obiettivi e interventi sulla base di scelte di priorità in contesti socio-economici specifici) e per l’individuazione di un’apposita struttura organizzativa in grado di assicurare l’unitarietà del progetto e il conseguimento degli obiettivi generali e specifici in esso prefissati.

La successiva Delibera CIPE “Orientamenti per la programmazione degli investimenti nel periodo 2000-2006 per lo sviluppo del Mezzogiorno” adotta gli Orientamenti per il PSM 2000- 2006 e definisce in via definitiva i progetti integrati territoriali come «un complesso di azioni intersettoriali, strettamente coerenti e collegate tra di loro, che convergono verso il conseguimento di un comune obiettivo di sviluppo del territorio».

A partire da questa definizione tutti i documenti successivi aggiungono ulteriori elementi alla identificazione delle caratteristiche della progettazione integrata.

Il documento “Linee Guida per la programmazione e la valutazione ex ante” connota i progetti integrati «quale la forma di intervento più efficace per conseguire una serie di obiettivi prioritari» e chiarisce la loro natura di “progetto complesso”, o meglio, di strumento operativo nel quale più tipologie di intervento convergono verso un unico obiettivo. Per tale motivo i progetti integrati non sono esplicitati nei Programmi Operativi, ma la definizione e l’implementazione dei loro elementi identificativi sono rimandate alle linee guida per i Complementi di Programmazione.

Il documento “Progetti Integrati Territoriali - Orientamenti per le Regioni” individua nell’integrazione e nel riferimento territoriale i due elementi costitutivi dei progetti e ribadisce la “specialità” dei progetti integrati. Si tratta di progetti complessi che devono inserirsi coerentemente all’interno della strategia regionale e degli obiettivi specifici indicati nel POR, e che richiedono forme di gestione speciale per la definizione delle modalità di collegamento tra le diverse misure e per l’individuazione di chiare forme di responsabilizzazione degli interventi.

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La novità del documento sta nel fatto che esso definisce una prima mappatura degli elementi identificativi dei PIT:

− individuazione dell’idea forza e della strategia del progetto, che si traduce nella definizione di obiettivi specifici concreti riferiti al progetto stesso;

− identificazione di un ambito territoriale o tematico specifico, che rappresenta il contesto di riferimento;

− identificazione del soggetto responsabile del progetto;

− identificazione delle modalità gestionali e procedurali e di monitoraggio più opportune a rendere effettiva la realizzazione del Progetto Integrato.

Risulta quindi chiara la duplice caratteristica dei PIT come modalità operativa da adottare per garantire un collegamento tra una serie di azioni e come progetto autonomo. Oltre a ciò, viene stabilito che le risorse finanziarie che contribuiranno alla realizzazione del progetto saranno distribuite tra le diverse misure/azioni, per cui le singole “schede di Misura” dovranno specificare la loro connessione col PIT e la quota di risorse ad esso destinata.

Il documento individua, inoltre, alcuni requisiti delle modalità di realizzazione dei PIT, che poi dovranno trovare esplicitazione nei Programmi Operativi Regionali (POR) e/o nei Complementi di Programmazione (CdP). Tra questi requisiti ci sono il monitoraggio efficace dei processi che precedono l’attuazione del progetto, la definizione di un soggetto responsabile della sua attuazione, la predisposizione di forme di raccordo tra soggetti istituzionali.

Il “Quadro Comunitario di Sostegno Obiettivo 1”, accoglie in pieno le indicazioni contenute nel documento “Orientamenti per le Regioni”. Inoltre prevede:

− alcune specificità di attuazione dei progetti integrati che i CdP delle singole regioni Obiettivo 1 devono evidenziare;

− che la Regione nomini con atto formale il coordinatore tra i vari responsabili di Misura del POR al fine di garantire unicità di azione e di intervento a tutte le attività di implementazione dei PIT.

Nel QCS 2000-2006 la finalità della programmazione integrata è individuata nella proposta di un nuovo approccio allo sviluppo nelle regioni meridionali, basato sul miglioramento dell’efficacia degli interventi pubblici (per aumentare l’effetto leva su quelli privati), e in grado di generare un tasso di crescita economica superiore alla media nazionale e comunitaria e di aumentare l'occupazione. Nel QCS i principi in grado di favorire il protagonismo dei territori ed il cambiamento dei comportamenti degli operatori pubblici e privati in campo economico, sociale ed ambientale, sono:

- la concentrazione degli interventi su azioni a favore delle attività produttive e la progressiva riduzione delle politiche degli aiuti diretti alle imprese;

- la definizione delle priorità legate al perseguimento degli obiettivi di sviluppo dei territori in coerenza con le strategie e le politiche nazionali e comunitarie;

- il decentramento per favorire una migliore gestione dei programmi e dei progetti, l’attribuzione in maniera precisa delle responsabilità di esecuzione, l’uso sistematico del monitoraggio per la verifica dei risultati, il rafforzamento del controllo e la realizzazione del sistema di valutazione indipendente47.

47 Nucleo di Valutazione e Verifica degli Investimenti Pubblici della Regione Puglia, Indagine valutativa su uno

48 Dal QCS all’iniziativa regionale: le Linee Guida del DPS

Con le indicazioni del Quadro Comunitario di Sostegno si conclude la fase della programmazione nazionale e si dà avvio all’iniziativa regionale di progettazione integrata. Il QCS, come abbiamo visto, fornisce indicazioni utili agli amministratori pubblici ma non contiene una precisa definizione dei confini della progettazione integrata, lasciando ai responsabili della redazione dei Programmi Operativi la strutturazione di questo tipo di interventi.

Il DPS, al fine di fornire alle Regioni ulteriori orientamenti sulle modalità con cui la valutazione delle proposte progettuali deve essere posta in essere, ha prodotto il documento “Linee Guida per l’implementazione dei progetti integrati - I Progetti Integrati: dal QCS all’iniziativa regionale”.

Le Linee guida del DPS, adottando il messaggio del QCS, richiedono che la progettazione integrata non subisca una proliferazione incontrollata ma sia invece il frutto di un’attenta valutazione, capace di selezionare quelle proposte in cui il metodo della progettazione integrata sia in grado di offrire un valore aggiunto rispetto alle normali forme di intervento. È affidata alle regioni la valutazione sulla necessità di proporre progetti integrati e la verifica sulla possibilità di conseguire l’obiettivo dell’integrazione fra gli interventi anche attraverso le procedure ordinarie.

Particolarmente interessanti, ai fini dell’attuazione della progettazione integrata, appaiono le indicazioni del DPS in merito alle modalità e ai criteri che le regioni possono utilizzare per individuare i singoli progetti.

Le soluzioni indicate sono due. Nella prima ipotesi la regione si spinge fino alla definizione della proposta di Progetto Integrato; nella seconda, essa si riserva il ruolo di stabilire limiti e priorità dell’attività di progettazione promossa direttamente dal territorio.

La regione dunque:

− può intervenire nella progettazione, decidendo in una prima fase quali sono i contesti territoriali e multisettoriali su cui intende operare, per poi promuovere (direttamente o attraverso enti locali o altre istituzioni) la progettazione delle proposte e organizzare l’attività di valutazione;

− può, alternativamente o congiuntamente alla prima opzione, scegliere di indicare le linee della programmazione e lasciare agli enti locali l’iniziativa di proporre e perfezionare le idee progetto, riservandosi di scegliere le proposte più meritorie in base nella successiva fase di valutazione.

La prima ipotesi rappresenta una soluzione molto lineare. La Regione, sulla base delle proprie valutazioni, individua gli obiettivi strategici da affrontare in modo integrato e fa convergere verso di essi tutte le attività di progettazione che sono necessarie a definire l’insieme coordinato delle iniziative da intraprendere.

Ulteriori indicazioni agli amministratori riguardano i principi con cui fissare i requisiti di ammissibilità e i criteri di valutazione, la cui determinazione assume il valore di scelta strategica in ragione dei loro effetti sulle caratteristiche delle proposte selezionate.

Infine, è importante ricordare alcune condizioni, previste nel documento, che le regioni devono rispettare nella fase di gestione dei progetti. I progetti integrati non devono essere caratterizzati da un’articolazione gestionale alternativa a quella ordinaria degli assi, delle misure e dei fondi, ma le procedure di attuazione devono risultare coerenti con la normativa comunitaria e nazionale che disciplina la realizzazione degli interventi, che attribuisce la gestione, l’esecuzione finanziaria ed il controllo delle spese ai responsabili di misura e di fondo. Un dato importante che emerge dall’analisi dell’iter della programmazione nazionale è la precisa scelta delle autorità nazionali di approfondire il principio generale di integrazione.

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L’orientamento proposto è quello di prevedere forme di integrazione specifiche, con l’obiettivo di assumere il riferimento territoriale come prioritario per le azioni di sviluppo, qualunque ne sia il soggetto attuatore e la fonte di finanziamento. Il riferimento territoriale viene concepito come “attivatore” di rapporti più che mero ricettore di interventi. È quindi l’elemento caratterizzante della progettazione integrata, quello che, attraverso l’integrazione funzionale dei diversi interventi, può generare un valore aggiunto in termini di sviluppo locale.

I progetti integrati nella programmazione nazionale

La progettazione integrata, definita come modalità di attuazione dei programmi operativi attraverso interventi intersettoriali e multisettoriali, non deve apparire come una scelta scontata, ma deve rispondere alla strategia di massimizzare l’efficacia delle azioni di sviluppo in contesti rischiosi e difficili come le aree in ritardo.

PSM

Programma di Sviluppo del Mezzogiorno

Mette in evidenza il valore e l’importanza della dimensione locale nella formulazione di una strategia di sviluppo ancorata al territorio Definisce i principi ispiratori dell’integrazione Orientamenti per il PSM 2000-2006 Prevede una tipologia di intervento definito

“progetto integrato concentrato” con una propria struttura organizzativa e di gestione Delibera CIPE n.71/1999 - Orientamenti

per la programmazione degli

investimenti nel periodo 2000-2006 per lo sviluppo del Mezzogiorno

Definisce i progetti integrati territoriali

Progetti Integrati Territoriali - Orientamenti per le Regioni

Sottolinea la “specialità” dei progetti integrati quale strumento di sviluppo, che si deve inserire nelle strategie regionali e nei POR

Definisce gli elementi identificativi dei PIT: idea forza, contesto territoriale, soggetto

responsabile, modalità gestionali

QCS Accoglie le indicazioni provenienti dagli altri

documenti Linee Guida per l’implementazione dei

progetti integrati. I Progetti Integrati: dal QCS all’iniziativa regionale

Regioni responsabili di individuare i PI attraverso 2 modalità:

1 progettazione della proposta di PI;

2 individuazione di limiti e priorità, mentre la progettazione è lasciata al territorio

Gestione dei PIT non alternativa a quella ordinaria di Assi, Misure e Fondi

La PI deve massimizzare le azioni di sviluppo e deve essere scelta solo se ciò non è possibile con le normali azioni ordinarie

Il DPS del Ministero delle Finanze, nel periodo 1999-2000, definisce i fondamenti programmatici delle progettazione integrata producendo una serie di documenti

F a s e d e l l a p r o g r a m m a z i o n e n a z i o n a l e

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Nello stesso tempo, e in ragione dello stesso principio di efficacia/efficienza, è previsto che le regioni possano ricorrere alla progettazione integrata solo se gli obiettivi di sviluppo non possono essere raggiunti attraverso le modalità ordinarie di attuazione. Per questo motivo è ritenuta necessaria, come riferiscono le “Linee Guida” del DPS, un’attenta valutazione da parte delle regioni nella selezione dei casi e dei contesti in cui questa modalità specifica di attuazione può offrire dei vantaggi comparati effettivi.

In conclusione, gli elementi che emergono dalle “Linee Guida” come caratterizzanti la progettazione integrata sono:

- la considerazione che i PIT costituiscono non uno strumento di intervento sostitutivo, ma una modalità innovativa con la quale intervenire per perseguire l’obiettivo dello sviluppo locale; - l’integrazione progettuale;

- il riferimento territoriale, inteso sia come destinatario di iniziative di sviluppo, ma anche come contesto di cui attivare le risorse e le potenzialità presenti o nascoste.

Sempre secondo le indicazioni del DPS le finalità generali dei PIT sono:

- dare rilievo agli interventi basati su un’idea di sviluppo chiaramente definita e condivisa, e fondati sul principio di integrazione e di concentrazione sia funzionale che territoriale;

- adottare modalità di attuazione e di gestione unitarie, organiche ed integrate, in grado di consentire l'effettivo ed il più efficace conseguimento degli obiettivi prefissati.

I principali elementi identificativi dei PIT nella totalità delle regioni Ob. 1 dovevano risultare i seguenti:

- individuazione dell'idea-forza e della strategia del progetto, da tradurre in obiettivi specifici; - identificazione di un ambito territoriale ben determinato, che avrebbe costituito il contesto di riferimento e di attuazione degli interventi;

- identificazione del soggetto responsabile del progetto dal punto di vista gestionale e di coordinamento;

- individuazione delle modalità gestionali, procedurali e di monitoraggio più efficaci per permettere l’effettiva realizzazione del progetto integrato48.

I progetti integrati territoriali nelle regioni dell’obiettivo 1